Introduzione
Le armi di Milano erano tra le principali produzioni della città; in questo
testo mi occupo degli armaioli milanesi, più precisamente studio le
implicazioni politiche del commercio delle armi tra Milano e l’Europa, anche
se, da quanto risulta, particolarmente importanti erano i rapporti commerciali
intrattenuti con la Francia. Base di tutto il testo sono le lettere commerciali
pubblicate dell’Archivio del mercante Francesco di Marco Datini da Prato ,
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le quali riguardano il periodo compreso tra 1380 e 1407.
Egli è forse il mercante imprenditore più studiato e noto del suo tempo,
grazie anche all’ampiezza e alla dovizia di informazioni lasciateci.
Apparteneva alla schiera dei grandi mercanti-banchieri: lo si comprende
leggendo le lettere, dalla grande varietà di commerci di cui si rendeva
“protagonista” . Per comprendere l’importanza rivestita in campo
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economico, può risultare utile qualche cenno biografico. Francesco di Marco
Datini, mercante originario di Prato, dovette la sua fortuna alla sua
intraprendenza: a soli 15 anni partì per cercare fortuna ad Avignone, a quel
tempo tra i più importanti empori d’Europa, grazie alla presenza della corte
di Clemente VI, la quale era considerata la corte più brillante d’Europa ; qui
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mercanti italiani ed ebrei detenevano il monopolio del commercio del lusso ,
4
infatti, il Datini si rese conto dell’opportunità offertagli dalla corte papale,
come strada rapida per fare fortuna, quindi iniziò la sua attività come
intermediario nel commercio delle armi . Poco più tardi scelse di
5
diversificare i suoi commerci: pelletterie, selle, lino, fustagno, lana, seta e
L. Frangioni, Milano fine trecento:il carteggio milanese dell’archivio Da ni da Prato, Firenze 1994, vol. 2
1
I. Origo, Il mercante di Prato: Francesco di Marco Da ni, Milano 1958, p.115
2
Ibid. pp.5-‐6
3
Ibid. p.7
4
Ibid. p.9
5
3
paramenti ecclesiastici . A contribuire alla sua fortuna fu anche un episodio
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del 1374: all’epoca vi era un dissidio tra il comune di Firenze e Gregorio XI
e una colonia di seicento mercanti fiorentini fu disciolta: essi, prima di
disperdersi, avevano affidato al Datini tutti i loro averi in Provenza: questo
fatto contribuì al veloce arricchimento del mercante . Quando il commercio
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di lusso si spostò verso l’Italia, grazie al ritorno della corte papale a Roma
nel 1378, il mercante decise di tornare in patria, tra molte incertezze, tornò
definitivamente nel 1382 lasciando gli affari di Avignone al collaboratore
Buoninsegna di Matteo .
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A Prato, ogni quartiere aveva un comitato preposto alle esercitazioni di
guerra, il Datini era presente come uno dei capitani di porta Fuia e per i
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vantaggi derivanti dal far parte di una corporazione si iscrisse all’arte della
lana . Successivamente, essendo Prato dominio fiorentino dal 1351 , scelse
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come luogo di residenza Firenze: la città a quel tempo era dominata da
banchieri e mercanti, qui infatti sperava di trovare leggi che agevolassero i
suoi commerci . Francesco di Marco Datini riuscì ad aprire fondaci in Italia
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e all’estero come a Firenze, Pisa, Genova, Barcellona, Valencia, Maiorca .
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Il mercante di Prato, così lo chiama Iris Origo nel titolo del suo libro ,si
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mostrò nell’arco della sua vita meticoloso nel registrare ogni suo affare e
movimento di merce, lo stesso pretendeva dai collaboratori. A Prato sono
Ibid. p. 13
6
I. Origo, Il mercante di Prato , cit. p. 22. A p. 24 Sapori sos ene che il Da ni fornì armi e denaro al papa per la lo a
7
contro Firenze.
Ibid. p. 25
8
Ibid. p. 32
9
Ibid. p. 39
10
Ibid. p. 25. Niccolò Acciaiuoli vende e la ci à di Prato a Firenze per la somma di f. 17.500. a p. 28 si apprende che
11
da fine 1200 la fortezza “Castello dell’Imperatore” era occupata da ufficiali del comune di Firenze, quindi da allora si
era imposto il dominio de facto .
Ibid. p.49
12
L. Frangioni, Milano fine trecento, cit. vol. 1 p. 13
13
I. Origo, Il mercante di Prato, cit.
14
4
conservate le sue scritture commerciali in un grande archivio, per molti
aspetti ancora bisognoso di essere studiato. Le lettere commerciali da me
prese in considerazione sono pubblicate da Luciana Frangioni , allieva dello
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studioso di storia economica Federigo Melis che a sua volta, si occupò dello
studio delle lettere del Datini, e riguardano il periodo compreso tra 1380 e
1407. Quelle di mio interesse si sviluppano, lungo un arco di tempo di poco
più breve, il periodo tra 1383 e 1407. Esse sono lettere commerciali scritte
dai collaboratori del Datini dalle diverse sedi dei suoi commerci, destinatario
è il Datini stesso o altri suoi collaboratori. Non si trovano mai lettere scritte
dal mercante stesso. Leggendo una lettera, si trova che al suo interno le
notizie sono le più varie: da notizie strettamente attinenti a compravendita di
merce, alla descrizione di eventi bellici.
Le lettere dell’archivio, qui prese in considerazione, mostrano l’importanza
della produzione milanese di armi, quindi, al fine di analizzare le
implicazioni politiche derivanti dal commercio di armi, è bene approfondire
il tema armaioli milanesi. Essi si occupavano della produzione di armi
richiestissime in tutta Europa; il loro commercio è considerato da alcuni
autori soggetto a pesante concorrenza nonché ad ostacoli politici .
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Nell’ultimo quarto del XIV secolo, gli armaioli di Milano non erano ancora
costituiti in paratico, infatti i loro primi statuti sembra furono redatti nel
1525 , ma da un rogito notarile del 1474 risulta che essi formassero
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un’universitas .
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Per quanto riguarda la produzione di armi e armature, in rilievo era le
produzione di cotte di maglia, mentre l’armatura “classica” diffusa
nell’immaginario collettivo, denominata armatura a piastre venne prodotta a
partire dal XV secolo. Rilevante risultava essere la produzione di cotte per
L. Frangioni, Milano fine trecento, cit. vol. 1-‐2
15
L. Frangioni, Milano fine trecento , cit. vol. 1 p. 292
16
M.P. Zanoboni, Ar giani, imprenditori, mercan : organizzazione del lavoro e confli sociali nella Milano sforzesca
17
(1450-‐1476),Firenze 1996, p. 145 n 254
Ibid. p. 146
18
5
fanciulli , probabilmente per bambini e ragazzi di status sociale elevato, i
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quali, in questo modo, potevano esercitarsi alla guerra fin dall’infanzia. La
produzione milanese prendeva in considerazione anche gli accessori come
sonagli, esclusiva di Milano, utilizzati per la falconeria, speroni, guanti di
ferro, chiodi per pettorine, fibbie, staffe di ferro e infine spade, tra le più
importanti produzioni milanesi a livello offensivo: si ricorda che a Milano è
ancora oggi presente “Via Spadari”, per ricordare dove essi ubicavano le loro
botteghe nonché la loro importanza a livello economico cittadino. Le spade,
che sono documentate sul mercato provenzale dal 1366 , erano
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richiestissime ad Avignone.
Il ferro, materiale utilizzato per la produzione di armi e armature proveniva
dalle valli bresciane, alle quali spetta il primato di produzione, e dal
bergamasco e da quanto scrive Patrizia Mainoni l’attività mineraria era
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presente anche nel lecchese . Infatti, la Lombardia settentrionale, dal lago
22
Maggiore al lago di Garda, fu sempre una delle principali aree minerarie
europee, la presenza di grandi disponibilità di ferro spiega la tradizione
dell’armamento nota dall’età imperiale romana .
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Tra la fine del 1300 e l’inizio del 1400, l’organizzazione della produzione in
tutto il settore metallurgico appariva complessa: vi era sia l’artigiano
autonomo proprietario di bottega e materie prime, sia il modo di produzione,
che vedeva al vertice un mercante imprenditore al quale erano sottoposti
maestri e lavoranti, questo tipo di organizzazione è emersa dallo studio dei
libri contabili dell’archivio Datini .
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Nel XV secolo, famoso maestro armaiolo e imprenditore era Antonio
Missaglia, il quale vantava con il duca Galeazzo Maria un credito di £
L. Frangioni, Milano fine trecento , cit. vol. 1 p. 279
19
M.P. Zanoboni, Ar giani, imprenditori, mercan , cit. p. 145
20
L. Frangioni, Milano fine trecento , cit. vol. 1 p. 244-‐245
21
P. Mainoni, La poli ca dell’argento e del ferro nella Lombardia medievale in La sidèrurgie alpine en Italie (XII-‐XV
22
siècle), Roma 2001, p. 417
Ibid. pp. 417-‐418 n.3
23
M.P. Zanoboni, Ar giani, imprenditori, mercan , cit. p. 105
24
6
130.000 , questo dato può far capire l’importanza economica assunta dalla
25
produzione di armi nel medioevo.
Collegati alla produzione di armature, ma indipendenti e costituiti in
corporazione autonoma, erano i traversatori. Essi realizzavano cerniere per
fissare le visiere al coppo ; esistono due documenti che testimoniano il
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rapporto di parità esistente tra traversatori e armaioli: il primo riguarda una
società costituita nel 1477 tra Antonio Missaglia e Angelino de Burris q.
Donato (traversatore); il secondo documento è costituito da una lettera al
duca, nella quale il Missaglia si trovava impossibilitato nel fornirgli le
armature richieste a causa della malattia del traversatore .
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Le armi milanesi considerate le migliori per qualità, fatto che portava
prestigio ai maestri stessi, conosciuti in tutto l’occidente, erano, richieste in
occasione di eventi bellici di rilievo. In guerra, ma non solo, le armi erano
soggette a boicottaggi, non potevano passare attraverso determinati territori,
dove vigeva il veto per i milanesi a causa di controversie oppure venivano
semplicemente rubate, in genere da gente d’armi di passaggio sul territorio. Il
fermo non si rilevava solo per le armi, ma in determinate occasioni per la
merce in genere , nonostante ciò, i boicottaggi erano più frequenti per le
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armi a causa della loro portata bellica.
Contribuiva, all’andamento commerciale anche la “politica di potenza”
portata avanti in particolare da Gian Galeazzo Visconti, signore di Milano,
provocando scontri bellici per realizzare il suo sogno di conquista della
penisola italiana; nell’arco di tempo in cui fu al potere, Gian Galeazzo fu
continuamente impegnato nel tentativo di conquista di Firenze stringendo
alleanze con i comuni tradizionalmente nemici della città: Siena e Pisa .
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Inoltre, era anche impegnato su scala più vasta: riprese i contatti con
L. Frangioni, Milano fine trecento, cit. vol.1, p.304
25
M.P. Zanoboni, Ar giani, imprenditori, mercan , cit. pp.151-‐152
26
Ibid. pp. 156-‐157
27
L. Frangioni, Milano fine trecento, cit. vol. 2 p.60 le . n. 68
28
F. Cognasso, L’unificazione della Lombardia so o Milano in Storia di Milano: la signoria dei Viscon , Milano
29
1955,vol.5 p. 542
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