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INTRODUZIONE
In un mondo sempre più globalizzato e distratto, mul-
tietnico e veloce, smarrire il significato di “casa” è di-
ventata ormai consuetudine. Per gli abitanti delle città 
l’attaccamento al proprio paese diventa evanescente, 
incosistente, e si è disposti sempre meno a sacrificar-
si per qualcosa che non sentiamo che ci appartiene. I 
nuovi cittadini che si sono appena trasferiti trovano un 
clima d’indifferenza, e certamente non vengono coin-
volti nel partecipare alla comunità. A San Giovanni, 
piccola città di provincia, tutto questo non ha raggiun-
to gli apici che ho notato in altre città, tuttavia sta ini-
ziando la sua lenta e inesorabile corrosione.
Con questo progetto ho cercato di risvegliare i senti-
menti sopiti delle persone, che si sentano partecipi di 
qualcosa e che abbiano ancora voglia di uscire fuori 
soltanto per la voglia di vivere la propria città. Vorrei 
che rammentando l’esperienza straordinaria della co-
operativa IVV si riscoprissero le voglia di mettersi in 
gioco per qualcosa che ci appartiene e se ne sentis-
se la mancanza quando si è lontani. Giovanni Billi ha 
scritto: “Ogni terra ha un sapore particolare. La mia 
ha il suo; un sapore diverso dagli altri, impastato di 
argilla, di pulino e di fumo. E’ quel sapore che ognuno 
scopre e impara da bambino, quando il gioco più bello 
è sporcarsi di fango. E’ l’unico modo che mi è rimasto 
per riconoscerla, il sapore, quando ci torno lo assapo-
ro con ostentata voluttà e la memoria sprigiona imma-
gini incantate di un mondo perduto(...)”.
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CAPITOLO 1
Storie di uomini
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1.1 Il racconto di una città
La storia di San Giovanni nel Valdarno ha inizio alla fine 
del XIII secolo: fu la Repubblica Fiorentina che, nel quao
dro di un ambizioso progetto di espansione politica e como
merciale, progettò e costruì la “terranuova” di Castel San 
Giovanni. Vista l’origine particolare della città, gli storio
ci hanno rintracciato i documenti relativi alla fondazione 
dell’ insediamento, allo scopo di determinare l’anno della 
posa della prima pietra. È del 1285 la prima delibera delo
la Repubblica Fiorentina nella quale si parla dell’intenzio
ne di costruire un castello nella valle dell’Arno, al fine di 
far cessare il potere esercitato dai nobili e dai feudatari in 
quei luoghi: le famiglie dei Pazzi, degli Ubertini, dei Rio
casoli contrastavano, arroccati nei loro castelli in collina, 
le pretese egemoniche di Firenze. Giovanni Villani, lo stoo
rico trecentesco autore delle famose Croniche, colloca nel 
1296 la nascita della nuova terra, con il nome di Castel San 
Giovanni. La data, plausibile anche se non confermata da 
fonti documentarie, viene posticipata di qualche anno dao
gli storici moderni.”Che però cotesto castello continuasse a 
fabbricarsi anche nel Trecento avanzato non lascia dubbio 
il fatto raccontato dall’anonimo autore di una vita dei Teo
trarca, dove si legge, qualmente Petracco cittadino fiorentio
no, padre dell’insigne poeta, nel 1300 fu sostituito a Cione 
di Ruggero Minerbetti per invigliare alla fabbrica di Castel 
San Giovanni nel Val d’Arno di sopra che s’edificava per 
conto del Comune di Firenze sotto la direzione del celebre 
Arnolfo” (1). Ad Arnolfo viene tradizionalmente attribuita
1. Dizionario geografico-fisico-
storico della Toscana, E. Repetti
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fig.1 - Vincenzo Ferrati, incisio-
ne, 1704
la paternità del progetto urbanistico di San Giovanni c’il 
disegno del Palazzo Pretorio (denominato appunto Palazzo 
d’Arnolfo). La regolarità della pianta con le strade diritte 
che si intersecano ad angolo retto conferiscono al centro 
storico di San Giovanni un aspetto ordinato, arioso, molto 
lontano dall’architettura “spontanea” che di solito caratteo
rizza i paesi medievali della Toscana. Le mura formavano
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un rettangolo regolare intorno all’insediamento, quattro 
porte si aprivano sulla pianura circostante interrompendo 
a metà alla linea delle mura. La strada provinciale, l’antica 
via Maestra, attraversa in senso longitudinale tutto il paeo
se, sfociando al centro di una grande piazza. Questo era il 
cuore dell’insediamento medievale, ed è qui che vennero 
costruiti il Palazzo Pretorio, la pieve di San Giovanni e la 
chiesa di San Lorenzo. La piazza incrociando la via Maestra 
suddivideva la terra di San Giovanni in quattro quarti della 
medesima estensione.
Divisa cosi in quartieri, sul modello della città fondatrice, 
San Giovanni rispecchiava fin dal progetto un ideale di ra-
fig.2 - Cartina del Comune di 
San Giovanni Valdarno
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zionalità, non solo urbanistica, ma anche amministrativa.
Friedman (2), uno storico americano, eminente studioso 
delle “terrenuove” dello Stato fiorentino, ritiene che i quaro
tieri di San Giovanni assolovessero anche un’altra impor o
tante funzione legata alla nascita dell’insediamento con la 
costruzione del perimetro delle mura. Oltre che apportare 
una valida difesa ai futuri abitanti, si sperava di attrarre una 
numerosa popolazione all’interno del castello, assicurando 
a coloro che decidevano di fissare la propria dimora a San 
Giovanni un’esenzione fiscale di dieci anni e un lotto di tero
ra dove costruire la propria casa. L’opera di convinzione era 
rivolta principalmente agli abitanti dei piccoli centri delle 
colline vicine, sottoposte all’autorità dei feudatari nemici 
di Firenze. 
San Giovanni entra cosi nella storia. II compito che Firenze 
aveva affidato alla sua creatura, di difendere gli interessi 
politici e commerciali della Repubblica alla frontiera del 
Valdarno, venne assolto in maniera egregia durante le nuo
merose guerre e battaglie del Trecento. Nel 1342 le fortificao
zioni di San Giovanni resistettero all’attacco da parte degli 
Ubertini, Ubaldini e Pazzi, in guerra aperta con il Comune 
di Firenze. Tre anni dopo furono respinti i potenti Tarlati di 
Arezzo, che avevano cercato di impadronirsi di San Gioo
vanni. Nel 1356 le mura vennero restaurate e munite di dio
fese più valide, dopo che le scorrerie dei nemici di Firenze 
le avevano quasi diroccate. Nella seconda meta del secolo 
si collocano gli episodi più significativi per il ruolo militare 
del castello di San Giovanni. É sempre il Repetti (3) che deo
scrive, con colorita partecipazione, gli episodi guerreschi: 
“Nel 1375 la Repubblica fiorentina, nel la guerra che aveva 
con il pontefice Sisto IV , stabilì uno dei quartieri del suo 
2. David Friedman, Terre nuove 
- La crezione delle città fioren-
tine nel tardo medioevo, Torino, 
1996. Questo libro costituisce la 
prima analisi storico-esaustiva 
del processo che ha condotto 
alla formazione dei complessi 
urbani valdarnesi
3. Emanuele Repetti, Dizionario 
geografico-fisico-storico della 
Toscana, Firenze, 1843
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esercito nel castello di San Giovanni e fu costa dove due 
anni dopo si accampo loro generale Giovanni Aguto, allora 
quando gli mise in fuga le masnade di ventura venute fino 
nel Val d’Arno superiore per derubare quelle ricche ed ino
dustriose popolazioni. Anche più pericoloso sarebbe stato 
l’anno 1390 senza l’accortezza e fedeltà degli abitanti di 
San Giovanni che non si lasciarono ingannare da un frate 
loro conterraneo comecché egli avesse indotto il castellano 
Ciampolo de’ Ricasoli, che vi era dentro con alcuni soldao
ti di presidio, a consegnare la terra medesima a Giovanni 
d’Azzo degli Ubaldini, ribelle della Repubblica. Ma i sano
giovannesi appena ebbero sentore di ciò, presero le armi e 
fecero diligente guardia, non permettendo né a Ciampolo 
né al frate di godere frutti del loro tradimento […]”.La feo
deltà di Castel San Giovanni alla Repubblica Fiorentina rio
mase costume per tutto il XIV secolo, a difesa del territorio 
valdarnese contro le pretese dei nemici di Firenze. È facile 
immaginare le difficoltà della vita quotidiana degli abitano
ti della San Giovanni trecentesca, impegnati ad un tempo 
nell’edificazione di un centro urbane e nella difesa dello 
stesso nei momenti di crisi militare. Una vita certamente 
non dissimile a quella di altri castelli del contado fioreno
tino collocati lungo importanti vie di comunicazione o al 
confine con territori posti sotto giurisdizioni autonome da 
Firenze, ma nel caso di San Giovanni la fatica quotidiana 
era aggravata anche dal continuo lavoro a cui la comunità 
era obbligata per bonificare i terreni sottoposti alle quasi peo
riodiche inondazioni dell’Arno. Il Trecento non è soltanto il 
secolo dell’edificazione e degli assedi, ma Castel San Gioo
vanni acquista in questo periodo una centralità giuridica ed 
amministrativa sul territorio circostante (nel 1371 divenne
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sede di una Podesteria.). Il Quattrocento non conobbe una 
riduzione degli episodi bellici, anche se ora il pericolo arrio
vava da più lontano: le truppe dei Visconti, signori di Milao
no, vinsero la resistenza di Castel San Giovanni nel 1431 e 
la saccheggiarono. Ancora, l’esercito papale, in guerra con 
Firenze, vinse il castello nel 1478. Con questo nuovo secoo
lo la documentazione sulla storia di San Giovanni aumeno
ta e permette di aprire uno spiraglio sulla vita e le attività 
economiche di suo abitanti. Nel 1401 la comunità di San 
Giovanni affitta allo Stato fiorentino il palazzo d’Arnolfo, 
fino ad allora sede del Potestà cittadino, per ospitarvi il Vio
cario. Risale a questo avvicendamento la ristrutturazione e 
l’ampliamento del palazzo, con l’aggiunta del portico, cosi 
come lo vediamo ancora oggi. L’anno 1401 fu davvero un 
anno importante, nacque, infatti, da un modesto notaio uno 
dei figli più illustri di San Giovanni, Tommaso Cassai detto 
Masaccio. Di lui rimane la casa natale a San Giovanni, visto 
che già nel 1422 si stabilì a Firenze e non lasciò nessuna 
opera dietro di se. II Catasto del 1427 o il fondo documen o
tario dove è raccolta la denuncia fiscale di Masaccio - è una 
fonte preziosa per la ricostruzioone della sua vita quotidia o
na, che ci porta anche a conoscere le attività economiche e 
le strutture familiari della popolazione di San Giovanni nel 
Quattrocento. L’immagine, che viene fuori dall’elaborazioo
ne dei dati documentari (4), è quella di un paese con una 
popolazione stimata intorno ai 1500 abitanti, dedita per la 
maggior parte ai lavori agricoli nei campi fuori dalle mura. 
Non mancano gli artigiani, sono specialmente le botteghe 
dei calzolai e dei fabbri ad aprire gli usci lungo le vie cittao
dine. Un albergo, collocato ad angolo nella piazza della via 
Maestra, accoglieva i viaggiatori in cammino tra Arezzo e 
4. Chiara Galli e Gianni Sinni, 
San Giovanni Valdarno, Guida 
storico-turistica, Firenze, 1989
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Firenze. In una via secondaria, a rio
dosso delle mura, il Comune riscuoo
teva l’affitto per una casa adibita a 
lupanare. Nonostante la condanna 
ecclesiastica, la pratica della proo
stituzione era ammessa dalla legge, 
diffusa e tollerata purché non vi foso
se scandalo per la popolazione. Gli 
abitanti di San Giovanni non risulo
tano essere molto ricchi, solo alcune 
famiglie hanno proprietà e denaro in 
quantità tale da rientrare in una cateo
goria che potremmo definire agiata. 
Fra questi alcuni che tenevano una 
bottega di spezieria, un pellicciaio e 
il gestore dell’albergo. La maggior 
parte delle famiglie possiede, però, 
la casa di abitazione e un pezzo di 
terra fuori dalle mura. A più di un seo
colo dalla fondazione, San Giovano
ni sembra affiancare ad una dubbia 
centralità amministrativa un’uguale 
importanza economica nei confronti 
degli altri centri del Valdarno come 
dimostra il sempre poco affollato 
mercato cittadino del lunedì e l’inuo
tile quanto estenuante tentativo di 
contrastare il rivale mercato del grao
no di Montevarchi. Nell’ultima paro
te del secolo una grave pestilenza, 
contemporanea alla guerra del 1478
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fig.3 - Uno dei quadri affre-
scati da Montevarchi (1510), 
situati nella parete nord della 
Basilica, raffigurante Monna 
Tancia che invoca l’aiuto del-
la Madonna dipinta sopra la 
torre della porta di S. Lorenzo
5. Capitoli dell’Oratorio, 1486
già ricordata, ridusse la popolazione di San Giovanni in grao
vissime condizioni. É in questo quadro di desolazione che 
si colloca l’episodio miracoloso di Monna Tancia, in cono
seguenza del quale fu iniziata riedificazione dell’Oratorio 
della Madonna delle Grazie. Ecco come il miracolo è stato 
riportato (5): “[ ... ] seguì una grandissima pestilentia nel 
contado e distretto di Firenze, e maxime net decto Castello 
[di San Giovanni], peroché vi morì più di due terzij degli 
habitetori: Et essendo nel decto Castello una donna vecchia 
di età d’anni 75 decta per nome Mona Tancia, di Giovanni, 
di Necio, di Lippo havea un suo tigliolo chiamato Franceo
sco, quale havea moglie: e per decta muria parturì, e fece un 
bello fanciullo, al quale posero nome Lorenzo: Et morendo 
il padre, c la madre del decto Lorenzo in capo di tre mesi, 
rimase il decto bambino alla sopradecta Mona Tancia: e per 
rispetto del morbo non trovava chi gli volesse nutricare, e 
allevare la decta creatura. Et perché la fede, è quella che 
sopravanza ogni cosa, e sempre sta verde, essendo ella stao
ta devotissima alla Vergine Maria, e maxime in un figura 
della nostra donna, quale è dipinta sopra la Porta San Loo
renzo del decto Castello di San Giovanni: Et havendo ella 
havuto molte grazie da quella, andando devotissimamente a 
impetrare da quella devotissima Madonna gratia di allevare 
el decto Bambino, pregandola cordialmente, condolendosi 
della perdita facta del suo figliolo, che almeno gli dessi tano
ta gratia che quello potessi sostentare, e allevare; havendo 
facto el priego la nocte seguente trovandosi la decta vecchia 
nel lecto con decto bambino, perché stessi cheto mettendoo
gli la sua poppa in bocca, secca e guizza, e cominciando el 
bambino, a poppare e succhiare, si sentì miracolosameno
te tornare nel suo pecto una fonte abundantissima di lacte,
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in tal modoché alactò, e nutricò il decto bambino, per ino 
sino a mesi 20. E fu manifestissimo a tucto il Popolo: e il 
decto Fanciullo è vivo, e pare una rosa: e simili molti altri 
miraculi e gratie ha facto, e fa continuamente”. La comunità 
di San Giovanni chiese agli Ufficiali della Torre di Firenze 
il permesso per costruire un tabernacolo intorno all’immao
gine miracolosa della Madonna, che non venne mai spostao
ta dalla sua collocazione originaria sopra la porta cittadio
na. Nel 1484 il Consiglio Generale del Comune deliberò di 
costruirvi un oratorio, furono così detti quattro Operai (reo
sponsabili per la comunità dell’Opera dell’oratorio) incario
cati di redigere i Capitoli, una sorta di regolamento interno, 
e di amministrare le offerte e le donazioni che giungevano 
per l’edificazione della chiesa. Sorse così il primo nucleo 
dell’Oratorio della Madonna, una costruzione segnata aro
chitettonicamente dalla sua particolare origine: le mura peo
rimetrali, gli arredi sacri, le scale si adattarono all’immagine 
della Madonna posta sopra la porta del castello e quest’ulo
tima non venne chiusa ma continuò ancora per qualche 
tempo a veder passare gente e merci sotto di sé. L’Oratorio 
subì nei secoli continui rifacimenti per adattano al numero 
dei devoti che nel Valdarno e da altre parti del Granducato 
giungevano a venerare la Madonna miracolosa. L’edificao
zione dell’Oratorio, la crescita d’importanza del santuario, 
l’afflusso di fedeli a San Giovanni nei giorni del Perdono 
mariano sono forse gli episodi più significativi della storia 
di San Giovanni nei secoli XVI e XVII. Il Settecento, secolo 
di riforme e di contrasti politici e sociali, investì il Valdarno 
e il nostro San Giovanni sembro risvegliarsi dopo due secoo
li di apparente immobilità. All’inizio del secolo iniziarono i 
lavori di canalizzazione dell’Arno, che fra polemiche, suco
cessi e fallimenti continueranno per un centinaio di anni.