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INTRODUZIONE
L’architettura. Il tempo. Indagare il nesso esistente
tra la nozione temporale e la realtà architettonica è
compito lungo e articolato: i livelli di lettura sono
molteplici, le intersezioni occupano un’estensione
disciplinare vastissima. Oggetto di questo studio non
può (e non vuole) essere un’analisi sistematica di tutte
le possibili relazioni esistenti tra i due termini del
discorso: sarà necessaria una scelta di campo. La
ricerca delle definizioni è il punto di partenza
necessario in ogni studio, in quanto rende valide certe
domande e consente di eliminarne altre come prive di
senso.
Si tenterà innanzitutto una definizione di architettura,
il cui carattere poliedrico si evince dalla semplice
osservazione che, nella storia, chiunque si sia
confrontato con questa disciplina, abbia cercato di
definirla o, per lo meno, di darne una propria
interpretazione. In quest’ottica di complessità, la triade
vitruviana (firmitas, utilitas, venustas) costituirà un punto
di riferimento irrinunciabile.
Definire il tempo risulterà ancora meno immediato,
per via della sua valenza profonda, connaturata
all’esistenza stessa dell’uomo. Nel corso dei secoli si è
cercato di carpirne il carattere e le definizioni che si
sono succedute, legate alle concezioni filosofiche e
religiose, ne sottolineano sempre la duplice entità: un
eterno fluire che si concretizza in segni materiali. Il
problema del tempo (della sua genesi e della sua
natura finita o infinita) rimarrà ancora aperto e resterà
un tema nodale dell’analisi scientifica e filosofica.
Sarà indispensabile operare una contaminazione:
come in una reazione chimica, in cui combinando due
sostanze si ottiene un prodotto che ingloba e modifica
le caratteristiche degli elementi base, così il tempo
assume configurazioni diverse a seconda dei concetti
ai quali lo si associa. Ora, che significato assume
l’architettura, se confrontata con la nozione di tempo?
Indagare il legame architettura-tempo significa
portare allo scoperto una rete composta da fitte
interconnessioni: un multiforme repertorio di argomenti
(progettuali, rappresentativi, cognitivi, storici, tecnici,
estetici, programmatici...) che si offrono a differenti
relazioni reciproche. Un tema complesso da trattare
per la molteplicità di significati e di intersezioni con il
reale. Si sceglierà, allora, una possibile chiave di lettura
in grado di addensarne i contenuti all’interno di tre
contesti di riferimento: storia, durata, fruizione. Sulla
base di questa articolazione, si organizzeranno una
serie di concetti cardine che legano la disciplina
architettonica alla dimensione temporale.
Un tentativo di classificazione e organizzazione dei
significati del tempo nell’architettura atto a chiarire un
tema quasi impalpabile. Quale elemento immateriale,
il tempo non è visualizzabile se non attraverso i suoi
effetti: cercare di comprenderne il modo di interagire
con l’architettura (fatto materiale) significherà operare
per associazione di concetti e immagini, di temi e fatti
architettonici. Ne discende una schematizzazione forse
opinabile me che, attraverso un regesto di architetture
realizzate, possa divenire almeno condivisibile.
Tempo storico: l’architettura è la materializzazione
concreta e visibile della storia e della cultura di un
popolo, il risultato di successive stratificazioni che
costituiscono la memoria collettiva di una società.
Tempo di durata: l’architettura come processo
(ideativo, costruttivo e d’uso) prevede una temporalità
intrinseca; progettare è perseguire uno scopo,
ricucendo passato, presente e futuro.
Tempo di fruizione: l’oggetto architettonico, con la
sua grandezza, costringe l’uomo ad averne una
conoscenza parziale, fatta di sensazioni successive
basate sul movimento e il ricordo.
E’ possibile leggere l’architettura sulla base delle tre
figurazioni del tempo indicate? Si tenterà di trovarne
verifica attraverso un percorso nella storia recente; in
più, per ridurre il campo d’indagine, si prenderà in
considerazione solo la tipologia museale, soprattutto
per il suo legame immediatamente evidente con il
tema temporale. In questo senso, il museo sembra in
grado di racchiudere in sé un grande numero di
significati del tempo, che verranno esplicitati da una
serie di caratteri (tipologici, morfologici, tecnologici e
simbolici) specifici. Così, si evidenzieranno i modi in cui
gli architetti hanno risposto al problema del tempo
(inteso come conservazione e rappresentazione) e
quale ruolo abbia la temporalità nella definizione dei
caratteri di un’architettura museale. Non solo, le opere
architettoniche, in ordine cronologico, costituiranno la
traccia per individuare i processi di trasformazione che
hanno coinvolto l’architettura (museale e non) negli
ultimi settant’anni.
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CAPITOLO 1
ARCHITETTURA E TEMPO:
DEFINIZIONI E RELAZIONI
L’analisi del rapporto tra l’architettura e il tempo si
fonda su due presupposti: la nozione temporale è
istintiva, addirittura legata all’esistere dell’uomo e del
mondo; l’architettura è la risposta ad una necessità
umana primitiva, ovvero la protezione.
L’esperienza umana si costruisce su successioni di
eventi che implicano trasformazioni di materia. Tutte le
cose materiali si modificano, ovvero si caratterizzano
per un divenire continuo che ne certifica l’esistenza
(nel tempo) attraverso il cambiamento materiale. Una
trasformazione presuppone uno stato di riferimento
iniziale e uno stato finale (un prima e un dopo), vale a
dire un intervallo temporale più o meno lungo. Il
concetto (immateriale) di tempo, di conseguenza, si
esplica nella trasformazione della materia: la sua
percezione è la presa di coscienza che la realtà di cui
facciamo parte si è (materialmente) modificata.
Per proteggersi ed assicurarsi condizioni di vita
migliori, l’uomo modifica la realtà naturale in cui vive. È
evidente che riparare dal caldo e dal freddo è
funzione primaria del costruire, già questo primitivo
processo è architettura. Eppure, con la progressiva
soddisfazione di ulteriori bisogni, essa si arricchisce di
nuovi compiti e significati. Creazione del pensiero e
delle mani dell’uomo, l’architettura rimane soprattutto
trasformazione di materia, svelando una fortissima
valenza temporale.
Riportare i due poli del discorso ai loro significati e
valori fondativi significa innanzitutto ricercarne il
legame più profondo (spesso nascosto), prendere atto
della complessità del tema e, di conseguenza, porsi
l’obiettivo di delimitare (semmai restringere) il campo
di ricerca. Occorre praticare una riduzione, pensare
uno schema interpretativo del fenomeno in esame:
schematizzare è un’operazione difficile, molto spesso
nasce da una forzatura, ma si tratta di operazioni
necessarie alla comprensione del reale. Bisogna
basarsi su una serie di approssimazioni (fig. 1).
Un rapporto che, se letto in termini universali, non si
configura mai né in maniera lineare né in relazione
semplicemente biunivoca. E ciò per due ragioni
fondamentali: in primo luogo perché architettura e
tempo rappresentano sistemi complessi, ognuno
dotato di una propria sfera autonoma di significato; in
secondo luogo perché questi due sistemi si relazionano
di continuo ad altri concetti, dotati a loro volta di
significati autonomi e irriducibili, capaci di interferire e
interagire coi termini di composizione del rapporto
principale. Ne consegue una frantumazione del
problema che conduce ad una pluralità di temi
affrontabili.
Il sistema di relazioni che costituisce il sostrato
significante del binomio architettura-tempo può essere
paragonato ad una ragnatela: l’intreccio di filamenti
sottilissimi, alcuni quasi invisibili, rappresenta lo sfondo
sul quale operare; il campo di ricerca può essere
6
esplorato in molte direzioni, ovvero lungo ognuno dei
filamenti; sono possibili infinite deviazioni e derivazioni.
Si tratta di un tema sfuggevole, insieme concreto ed
immateriale (che spesso sconfina oltre i limiti disciplinari
dell’architettura), i cui significati si legano in modi
imprevedibili, offrendo molteplici possibilità di lettura.
Il primo passo è quello di definire i concetti in gioco,
o meglio consiste nello scegliere delle definizioni in
grado di individuare le direzioni di approfondimento.
La riproposizione di alcune definizioni è già atto critico
in sé, in quanto sottintende delle scelte e libera il
campo di indagine da questioni ritenute secondarie. È
doveroso ricercare una modalità di lettura che
restringa il campo proprio dell’architettura, la quale è
in grado di coniugare numerosi aspetti del reale: è
filosofia e matematica, tecnica ed arte, pensiero e
pietra. Allo stesso modo si deve cercare di individuare
una possibile interpretazione del concetto di tempo,
senza entrare nei meandri di un dibattito filosofico e
scientifico che ancora oggi è vivo e lontano da una
definitiva conclusione (tav. 1).
Il senso è quello di uno sforzo di classificazione che
riesca a chiarire e specificare i termini del discorso.
Nella consapevolezza che non si può godere di un
punto di vista assoluto, lo studio qui affrontato riflette le
condizioni culturali all’interno delle quali si opera. Forse
è questo l’aspetto fondamentale da tener presente
nell’affrontare uno studio sul tempo: la relatività del
proprio punto di vista.
1
1
Sullo studio del tempo e dell’architettura: Sigfried Giedion,
Spazio, tempo ed architettura, Milano, Hoepli, 1984 (ed.
orig. 1941).
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1.1 _ Definire l’architettura
Architetto è una parola che deriva direttamente dal
greco. Il termine architékton, infatti, è composto dalla
preposizione archè (il principio, l’inizio) e da tékton
(l’artefice, il tecnico). Quindi l’architetto è colui che dà
inizio: il tecnico (ma anche l’artista, visto che téchne
significa anche arte) che pensa (ovvero progetta) e
poi presiede alla costruzione di un edificio.
2
Si intuisce
subito che, nel cercare una definizione di architettura,
si deve riflettere su una complessità: già nell’etimologia
della parola è intrinseca una coppia di dualità. La
téchne greca indica sia la tecnica che l’arte, ovvero
unisce l’aspetto scientifico a quello artistico, la mente
allo spirito; mentre la preposizione archè implica una
processualità, quindi una sequenza di attività che, da
un’idea iniziale della mente, porta alla costruzione
della fabbrica, alla materializzazione del pensiero. La
natura complessa dell’architettura, con il suo oscillare
tra differenti poli di significato (pensiero-costruzione,
scienza-arte), si può considerare il motivo principale
del numero elevato di definizioni di cui è stata oggetto
nei secoli. Eppure, si ritiene che proprio questo sistema
polare sia in grado di interpretarne al meglio l’insieme
di significati. A questo scopo è opportuno individuare i
concetti cardine intorno a cui costruire il sistema.
Vitruvio comincia così il suo trattato: “L’architettura
è una scienza, arricchita da più discipline e da vari
2
Umberto Galimberti, “L’Architettura e le figure del tempo”,
in Tempo e Architettura, a cura di Laura Borroni, Paola
Coppola Pignatelli, Sergio Lenci, Piero Ostilio Rossi, Roma,
Gangemi, 1987, p. 36.
saperi, grazie ai quali giudica tutte quelle opere che
sono perfezionate dalle arti rimanenti. Essa nasce
dall'esperienza non meno che dalla teoria”.
3
Il passo
evidenzia due particolarità dell’architettura. Da un lato
è scienza tra le arti, il cui carattere si completa solo
relazionandosi ad altre discipline. L’architettura nasce
dalla necessità di proteggere l’uomo dagli agenti
atmosferici (il che la rende disciplina presente in ogni
civiltà), successivamente, con il passare dei secoli, vi
sono confluiti una serie di altri valori: alle esigenze
strutturali iniziali (scientia), si sono aggiunte valenze
simboliche, sacre, rappresentative, sociali, culturali ed
estetiche (ars), che ne hanno aumentato i significati e
le funzioni. Dall’altro lato, l’architettura è costruzione
(fabrica) e pensiero (ratiocinatio): è il risultato che si
ottiene ponendo materia su materia secondo l’ordine
dato dal progetto, a sua volta inteso come operazione
mentale; non c’è idea separata dalla materia, non c’è
anima senza corpo; l’architettura è costruzione e,
come tale, non è subordinata alla composizione, ne è
la semplice continuazione.
La triade vitruviana di firmitas, utilitas, venustas
rappresenta un tentativo di sintesi di questa doppia
conflittualità interna all’architettura; esso si fonda su un
insieme organico di tre fattori: strutturale, funzionale e
formale. La firmitas concerne la tecnica edilizia, la
natura dei materiali e la loro evoluzione; ovvero
3
«Architecti est scientia pluribus disciplinis et variis
eruditionibus ornata, cuius iudicio probantur omnia quae ab
ceteris artibus perficiuntur opera. Ea nascitur ex fabrica et
ratiocinatione.», Vitruvio De Architectura, Libro I, Capitolo I.
l’aspetto più prettamente materico dell’architettura,
strettamente legato al sistema di saperi che fanno ne
fanno una scienza. Ora, se l’architettura fosse soltanto
firmitas, il suo essere scienza e costruzione, sarebbe
banalmente evidente. L’utilitas riguarda le necessità a
cui deve obbedire la costruzione, che siano singole o
collettive, laiche o religiose, politiche o sociali; in
pratica, essa fa riferimento all’insieme di condizioni al
contorno che ne determinano il programma. Lo
specifico dell’architettura sta proprio nella sua
capacità di soddisfare dei bisogni, in primis quello della
protezione. La venustas, infine, va messa in relazione
alle qualità che un edificio è in grado di esprimere,
legate a canoni proporzionali ed estetici e che
consentono di elevarla a forma d’arte, a espressione
di uno spirito creativo e di un gusto. Ciò che
apparentemente allontana l’architettura dalle altre
arti sono l’aspetto strutturale e funzionale; tanto che,
se l’architettura fosse solo venustas, forse sarebbe più
facile dimostrare il suo essere arte. In sostanza, è una
questione di dosi, di quantità, di equilibrio tra le parti
componenti: l'attenzione alla bellezza non può venir
prima di un’attribuzione funzionale; né un utilizzo, né un
ornamento possono realizzarsi, se manca la stabilità
strutturale; eppure un edificio, per essere architettura,
deve corrispondere a dei criteri estetici. Stabilità, utilità
e bellezza sono le tre condizioni necessarie, ma non
singolarmente sufficienti all’architettura; senza tali
peculiari caratteristiche, certamente essa verrebbe
snaturata e non sarebbe più tale.
La scissione tra un’architettura come scienza e una
architettura come arte è un fenomeno che ha le sue
8
origini nel Seicento: infatti, con l’affermarsi del metodo
scientifico (per il quale l’unica conoscenza possibile è
quella sperimentale) l’arte come pensiero e creazione
dello spirito perde gradualmente la sua posizione di
fattore trascinante della cultura. Prima l’illuminismo, poi
la rivoluzione industriale, manifestano l’importanza del
progresso tecnologico e scientifico, relegando ad un
ruolo di secondo piano le attività artistiche. Con la
fondazione dell’Ecole Polytechnique nel 1794, e poi
dell’Ecole Des Beaux-Arts nel 1806, la separazione tra
scienza e arte diventa sistematica: l’architettura degli
ingegneri è l’emblema del compito marginale affidato
agli architetti nell’Ottocento. Eppure, fino ad allora,
l’architetto era stato artista e tecnico insieme: una
figura come quella di Brunelleschi (per esempio) non
sarebbe esistita o, quanto meno, non avrebbe potuto
raggiungere il meraviglioso risultato della cupola del
Duomo di Firenze senza essere artista e, nel contempo,
tecnico (fig. 2). Il fatto che Fidia, Michelangelo (e tutti
coloro i quali hanno impresso il loro nome nelle pagine
della storia attraverso opere architettoniche) fossero
non solo architetti, ma anche scultori, pittori e poeti, è
la verifica più immediata dell’inscindibilità tra arte e
tecnica nell’architettura: una disciplina in cui “l’unione
dell’elemento pratico e tecnico con quello estetico è
sempre diretta e intima”.
4
Proprio nel senso della riconciliazione tra aspetti
estetici e tecnici, umanistici e scientifici, il Movimento
4
Voce “architettura” in Enciclopedia Italiana, Istituto della
Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani, Istituto
Poligrafico dello Stato, Roma, 1949, vol. IV, p. 63.
Moderno compì un importantissimo passo. “Si impiega
pietra, legno, cemento; se ne fanno case, palazzi:
questo è costruire. L’ingegnosità lavora. Ma, di colpo, il
mio cuore è commosso, sono felice, dico: è bello.
Ecco l’architettura. L’arte è qui”.
5
Le Corbusier indica
l’arte come il carattere peculiare dell’architettura, ciò
che fa della semplice costruzione un oggetto che
coinvolge i sentimenti: l’architettura è tale se all’aridità
matematica del pensiero tecnico si associa il
coinvolgimento spirituale dato dall’ispirazione artistica.
Forse è proprio in Le Corbusier che la dicotomia tra
arte e scienza in architettura trova una fondamentale
figura di sintesi: l’elogio della macchina quale
prodotto dell’intelletto, attraverso l’applicazione della
tecnica costituisce il motivo fondante di tutta la sua
opera, in un’epoca di assoluta fiducia nel progresso
scientifico; eppure egli è anche e soprattutto artista,
“in nessun altro architetto le idee nuove e nuovissime
fioriscono così copiose come nella [sua] mente... e le
parole non sono in grado di descrivere quanto
l’architetto ha realizzato... è questa la voce di un
grande artista, non v’è alcun dubbio...”.
6
Alla luce di quanto detto, ritornare a considerare
l’architettura come téchne sembra l’unica strada
percorribile: mezzi tecnici e cognizioni scientifiche
costituiscono il sostrato necessario che deve sublimarsi
poi nell'atto creativo.
5
Le Corbusier, Verso un’architettura, Milano, Longanesi,
2005 ( ed. orig. 1923), p. 145.
6
Nikolaus Pevsner, “Le Corbusier e Pierre Jeanneret”, in
Casabella n.423, 1977 (ed. orig. 1930), pp. 65,66.
9
La dipendenza dell’architettura dalle leggi della
fisica, dalle caratteristiche della materia e dalla
materia stessa, non le sottraggono il valore artistico,
anzi sono indispensabili alla sua realizzazione come
arte. Non si può considerare l’architettura scissa
dall’aspetto tettonico, materiale, di opera realizzata: i
suoi materiali non solo sono necessari per soddisfare
diversi bisogni dell’uomo, ma concretizzano anche
l’idea progettuale di uno spirito umano. Sempre Le
Corbusier esprime al meglio questa seconda doppia
natura dell’architettura: pensiero e ideazione da un
lato, costruzione materiale dall’altro (fig. 3). “Ma i muri
si alzano verso il cielo in un ordine che mi commuove...
I miei occhi guardano qualche cosa che esprime un
pensiero. Un pensiero che si rende manifesto senza
parole e senza suoni, ma unicamente attraverso prismi
in rapporto tra loro... Questi rapporti non hanno niente
di necessariamente pratico o descrittivo. Sono la
creazione matematica dello spirito. Sono il linguaggio
dell’architettura. Con materiali grezzi, su un
programma più o meno unitario, che voi superate,
avete stabilito rapporti che mi hanno commosso. E’
l’architettura”.
7
Se nella parola archè esiste sottinteso il processo in
grado di tradurre l’atto del progettare in fabbrica,
allora è necessario interpretare l’architettura come un
connubio tra il pensiero immateriale e la costruzione
materiale: non può esserci architettura costruita senza
7
Le Corbusier, op.cit., p. 145.
progetto, non c’è progetto che non possa essere
architettura costruita.
Ecco che prende corpo la possibile definizione di
architettura suggerita all’inizio: affondando le sue
radici nell’etimologia stessa della parola, il senso
dell’architettura oscilla tra quattro poli di significato.
Definire l’architettura come “scienza e arte del
progettare e del costruire”,
8
significa considerarne la
polisemia in una formula ricca di relazioni e significati
nascosti, esprimibili attraverso i concetti esposti sopra:
- archè come processo intellettuale e materiale;
- téchne come arte e scienza;
- firmitas come scienza e costruzione;
- utilitas come programma individuale o collettivo;
- venustas come arte e creazione dello spirito.
L’individuazione di questi concetti cardine, attorno
ai quali si costruisce il sistema polare che organizza i
significati dell’architettura, consente quell’operazione
di riduzione del campo d’indagine cui si mirava:
esclude, infatti, tutte quelle interpretazioni che ne
considerano di volta in volta aspetti diversi e parziali,
aspetti politici, religiosi, simbolici, economici, tecnici,
sociali e così via.
Ai fini di questo studio, che vuole sondare l’insieme
di relazioni che l’architettura instaura con la nozione
temporale, è ora indispensabile capire cosa si intende
per tempo.
8
Voce “architettura” in Francesco Sabatini, Vittorio Coletti,
Dizionario della Lingua Italiana, Rizzoli Larousse, 2007.