2
1 INTRODUZIONE
1.1 GEOMORFOLOGIA, RISORSE E OCCUPAZIONE DEL TERRITORIO:
breve quadro introduttivo.
L’area oggetto di studio è incentrata sul territorio settentrionale di Vetulonia,
limitato, a Nord, dalla necropoli dell’Accesa e dal bacino minerario delle Colline
Metallifere, a Sud-Ovest dalla necropoli di Val Beretta, ad Est dalla necropoli di
Selvello.
Quest’area e, più in generale, il territorio di Vetulonia, ha subito nel corso del
tempo sostanziali modificazioni da un punto di vista geomorfologico e
idrografico, soprattutto relativamente alla presenza, in antico, di corsi d’acqua e
bacini lacustri interni in diretto rapporto con il mare.
L’odierna piana di Grosseto, osservabile nella sua totalità dalle alture su cui
sorgeva l’antica città di Vetulonia, in epoca etrusca era interamente occupata dal
Lago Prile, ampio bacino lagunare dotato originariamente di uno o più sbocchi al
mare e le cui rimanenze si limitano, ad oggi, al padule della Diaccia Botrona
presso Castiglione della Pescaia.
Nel periodo preso in considerazione (VII-VI secolo a.C.), le indagini pedologiche
1
presentano il Prile come un’ampia laguna alimentata a NE dall’Ombrone,
provvista di una via di comunicazione con il mare a SE tra i rilievi di Poggiale e
Pingrosso. Le ricerche individuano il porto di Vetulonia nel tratto di costa tra i
Poggetti e Fattoria Badiola, restituendoci quindi l’immagine di un centro
marittimo nonostante fosse distante dalla costa una quindicina di chilometri; si
può pertanto presupporre che, al pari dei grandi centri dell’Etruria meridionale, la
città sviluppò una fiorente attività commerciale. In base alle indagini sopra citate
si può stimare che il cambiamento del bacino del Prile e le modificazioni del corso
1
MAZZOLAI 1960, p. 17; G. SCHMIEDT, Il livello antico del mar Tirreno. Testimonianze dei
resti archeologici, Firenze, Olschki 1972; CURRI 1978, p. 25, nota 122: vari studi «…propongono
la stessa curva di livello di m. 5 come probabile limite dell’antico invaso del Prile». Tuttavia,
sempre nella stessa nota: «…si può dire che il livello del lago nei secoli VII-VI a.C. fosse inferiore
alla isoipsa di m. 3 o 2,50. Sull’antica sponda settentrionale, dove il Bruna e il Sovata hanno
prodotto un costipamento maggiore, l’odierno piano di campagna tocca o supera la quota di m. 5.
A indiretto sostegno di queste affermazioni, dato che nel VII-VI sec. a.C. il Prile era in
comunicazione con il mare, addurremo che dal III sec. a.C. al I sec. d.C. il livello del Tirreno si è
innalzato in media di mm. 1,7 all’anno».
3
dell’Ombrone iniziarono tra il III e la fine del II secolo a.C.
2
. La definitiva
trasformazione in laguna con la chiusura del tombolo avvenne prima del I secolo
a.C.; il lago continuò comunque ad essere alimentato dal Bruna, dal Sovata e dal
torrente Ampio che, con i loro apporti detritici portarono all’apertura di nuove vie
di sfogo, sia per limitare il progressivo abbassamento dei fondali, sia per evitare
che il livello del lago superasse continuamente le sponde
3
.
Sicuramente il bacino del Prile ha da sempre costituito il limite meridionale
dell’intero agro vetuloniese; il confine con il territorio posto sotto il controllo di
Roselle, oltre al Prile, sfruttava probabilmente il corso del Bruna che, in epoca
etrusca, doveva presentare un tracciato differente, situazione intuibile dal difforme
assetto idrografico dell’area. A Nord, i limiti erano invece costituiti dal versante
meridionale delle Colline metallifere, il cui controllo era probabilmente ripartito
tra Vetulonia e Populonia; ad Ovest dal Tirreno
4
.
Gli interessi di Vetulonia cominciarono presto ad estendersi in varie direzioni: la
prima direttrice di espansione fu quasi certamente verso le Colline Metallifere e le
ricche miniere poste a ridosso del lago dell’Accesa. Tale direttrice era
particolarmente favorita dalle naturali vie di comunicazione costituite dal corso
del Bruna, che esce infatti dal lago dell’Accesa e punta verso Vetulonia, e del
Sovata che, in origine, non confluiva nel Bruna ma costituiva un immissario
indipendente del Prile. Le colline circostanti a l lago dell’Accesa sono ricche di
giacimenti di minerali metallici, per lo più relativi al gruppo delle
mineralizzazioni a solfuri scarsamente argentiferi, quali Cu, Fe, Pb, Zn
5
.
Purtroppo non è possibile stabilire con certezza l’uso effettivo di quanti e quali
giacimenti in epoca etrusca, anche perché in molti casi le vecchie miniere sono
state riutilizzate nelle epoche successive
6
. Se da un lato i prodotti di bronzo e ferro
di cui sono ricche le necropoli vetuloniesi ben si adattano al panorama delle
2
CURRI 1978, pp. 49-50 (osservazioni geofisiche a cura del geom. Livio Borghi).
3
CURRI 1978, pp. 25-31, con bibl. prec.
4
Per un generale inquadramento del territorio, Signori di Maremma 2009, pp. 43-53; Gavorrano
2008, pp. 27-37; CURRI 1978, pp. 11-51.
5
I maggiori giacimenti sono localizzati nei filoni di Fenice Capanne e Serrabottini; nell’area di
Poggio al Montone-Castellaccia sono stati individuati filoni di pirite, calcopirite e blenda, a Poggio
Ventura-Pod. il Santo quarzo e calcite con impregnazioni di galena, blenda, pirite e calcopirite,
mentre a Montoccoli è stata di recente estratta una lente di pirite da un filone di quarzo, cfr.
Inventario del patrimonio minerario e mineralogico in Toscana, vol. 1.pp. 211 ss.
6
Accesa 19 97a, pp. 9-13, per una trattazione più ampia sulla geologia e le risorse minerarie
connesse al sito dell’Accesa.
4
risorse minerarie del territorio, ciò non vale evidentemente per le oreficerie,
anch’esse frequenti nei corredi funerari ma probabilmente realizzate grazie a
metallo proveniente dal Vicino Oriente, allo stesso modo di alcuni prodotti allotri
recuperati nelle tombe di VII secolo. Proprio questi reperti ci mostrano l’ampiezza
degli scambi commerciali intrattenuti da Vetulonia con Egitto, Siria, Grecia, area
halstattiana, area baltica, Sardegna e, non da ultimo, altre città dell’Etruria come
Caere e Bologna. Non dovevano certo mancare le esportazioni, soprattutto di
materia prima, ma anche di bronzi, che in alcuni casi superarono i confini
geografici dell’Etruria e dell’Italia. Tra VII e VI secolo a.C., alla fondamentale
economia mineraria, si affiancano una serie di produzioni, come quella degli
unguenti e dei profumi, facilmente deducibile dalla frequenza dei balsamari
rinvenuti nelle tombe, evidentemente inscindibili dalla coltivazione dell’olivo che
forniva la materia prima necessaria
7
.
Il costante incremento della ricchezza di varie gentes vetuloniesi doveva
sostenersi con un capillare controllo del territorio e delle risorse ad esso connesse.
In questa direzione si spiega il proliferare, a partire dal VII secolo a.C., di vari
nuclei abitativi dipendenti, economicamente e politicamente, dalla capitale. Se si
osserva la localizzazione di questi centri minori, si comprende facilmente che la
loro disposizione risponde alla necessità di creare una rete viaria stabile, che
assicuri alla città il completo controllo dell’approvvigionamento del minerale
metallico. La viabilità si articolava seguendo percorsi naturali e collegava le zone
frequentate ad un percorso principale che permetteva un collegamento anche con
le altre città vicine: Populonia e Roselle. Tale tracciato univa probabilmente la
valle del Bruna con il bacino del Pecora e, con poche varianti, esso si fossilizza
nel tempo come dimostrano la viabilità granducale e l’attuale tracciato ferroviario
della linea Roma-Pisa.
La posizione di Vetulonia, rispetto a questo asse viario principale, rimaneva
evidentemente in seconda linea; la città sfruttava probabilmente il percorso lungo
il crinale di Giuncarico, tra il Rigo ed il Sovata, a Nord, seg uendo così uno
schema tattico di numerosi centri preromani, etruschi e non, che organizzavano la
rete di comunicazione in modo tale da garantirsi un controllo, ma evitando che le
strade principali attraversassero i l centro urbano. Proprio la rete viaria interna
rimase caratterizzata, fino a tutto il VI secolo, da una serie di siti periferici,
7
CAMPOREALE 2004, pp. 357-361.
5
disposti secondo uno schema radiale, grazie ai quali la città otteneva il controllo
capillare del territorio.
La nascita e lo sviluppo, talvolta notevole, di questi siti periferici è probabilmente
riconducibile allo sfruttamento delle risorse, sia minerarie come nel caso
dell’Accesa, sia prettamente agricole come Col di Sasso e Val Molina, sia
connesse al commercio come Poggio Pelliccia, poste in corrispondenza di nodi
viari, in posizioni che probabilmente agevolavano gli scambi commerciali.
La rete viaria secondaria era poi completata dal percorso che collegava l’area
mineraria con la fascia collinare di Scarlino; questo itinerario, benché impervio,
sfruttava il corridoio che il torrente Rigo ha formato nella parte più alta del suo
corso, fra la Serra degli Impiccati, Poggio Bomberto, il Colle della Zinghera e la
Collacchia
8
. Un secondo tragitto si divideva invece poco prima dei mulini della
Zinghera con una biforcazione che, fiancheggiando a Nord-Ovest il sinuoso fosso
di Santa Lucia, entrava nella valle del Pecora.
8
Questo tracciato è stato utilizzato sino a non molto tempo fa, anche per la rilevanza della
selvicoltura della zona, tanto da essere denominato la “via di Scalino”, CUCINI in Scarlino I 1985,
pp. 280-286, con bibl. prec.
6
Rete viaria di Vetulonia tra VII e VI secolo a.C., da CURRI 1978.
7
1.2 L’ARCHEOLOGIA VETULONIESE: cenni sulla storia delle ricerche
La reale ubicazione dell’antica città etrusca di Vetulonia è rimasta per molto
tempo incerta. Oggetto di controversie da parte di vari eruditi, tale localizzazione
fu più volte ipotizzata in differenti località dell’Etruria costiera
9
. Il problema
della sua individuazione nasce essenzialmente dalla scarsa presenza di citazioni
nelle fonti storiche che non permettevano la determinazione precisa della sua
posizione. La città in antico doveva comunque aver goduto di una notevole fama
se, seguendo una tradizione tramandata da Silio Italico, al tempo della monarchia
etrusca la città avrebbe trasmesso a Roma le insegne del potere: i fasci littori, la
sella curule e la toga porporea
10
. Il racconto non sempre è stato accettato dagli
studiosi, in quanto altre fonti parlano del dono delle insegne da parte dell’Etruria
in generale o da parte della sola Tarquinia
11
.
Resta il fatto che, di Vetulonia, si persero in fretta le tracce tanto che, nel
Medioevo, essa non fu scelta come diocesi, al contrario di altre città etrusche
12
, e
bisognerà aspettare solo il XV secolo, con gli studi umanistici, per vedere un
rinnovato interesse verso questa antica metropoli.
La polemica sulla posizione di Vetulonia terminò solo in seguito alle scoperte di
Isidoro Falchi che la individuò nel paese di Colonna di Buriano, come era
chiamato fino al 1887
13
, anno del decreto regio che restituì l’antico nome.
Proprio le attività di scavo che il Falchi svolse segnano l’inizio dell’archeologia
vetuloniese; iniziate già nel 1880, esse proseguiranno fino al 1900, portando alla
luce estese necropoli con ricchi corredi, alcuni resti urbani e avanzi di mura, ma
soprattutto monete che riportavano l’antico nome di Vetulonia, Vatl. Nonostante
queste fondamentali scoperte, la diatriba sull’ubicazione non si spense e si
alimentò nuovamente con le ricerche a Poggio Castiglioni nei pressi di Massa
Marittima
14
. Nell’ambito di questi nuovi scavi s’inserisco le esplorazioni da parte
di Doro Levi nei dintorni del lago dell’Accesa che portarono alla scoperta di una
9
CAMPOREALE 2004, pp. 353-363.
10
SIL. ITAL VIII 483-487, “Maeoniaeque decus quondam Vetulonia gentis. bissenos haec
prima dedit praecedere fasces et iunxit totidem tacito terrore securis. haec altas eboris
decorauit honore curulis et princeps Tyrio uestem praetexuit ostro.”.
11
STRAB. V, 2, 2.
12
CAMPOREALE in Signori di Maremma 2009, p. 43.
13
FALCHI 1887, pp. 471 ss, FALCHI 1891.
14
D. DE’ DAULI, Vetulonia falsamente giudicata a Colonna per errore, ostinazione e vanità,
Pitigliano, Tip. Ed. della Lente, 1896.
8
necropoli alla fine degli anni ’20 del secolo scorso
15
. Gli scavi in quest’area
vennero ripresi in seguito nel 1980 a cura di Giovannangelo Camporeale che
individuò un consistente insediamento incentrato sull’attività estrattiva nei bacini
minerari circostanti, posto sotto il controllo di Vetulonia e in contatto con essa
grazie alla valle del Bruna
16
.
Dopo le folgoranti scoperte di Isidoro Falchi, nuove indagini e nuovi studi furono
intrapresi solo negli anni ’60 del secolo scorso. A Giovannangelo Camporeale si
deve il fondamentale studio del contesto della Tomba del Duce di Vetulonia che
ha fornito un primo dettagliato quadro sull’Orientalizzante vetuloniese
17
; ad esso
sono seguiti numerosi lavori dello Studioso incentrati soprattutto sui rapporti
commerciali di Vetulonia con altri centri dell’Etruria ed altre culture
18
.
In quello stesso periodo, varie ricognizioni sul territorio, condotte da Claudio
Curri, hanno consentito di comprendere l ’ effettiva estensione del distretto
sottoposto al predominio politico e all’influenza culturale ed economica di
Vetulonia
19
. In questa occasione, quando ancora il tipo di agricoltura consentiva
una buona lettura del terreno, vennero rilevate numerose evidenze archeologiche,
per lo più riferibili a tombe isolate e a piccole necropoli. I casi più noti sono la
necropoli di San Germano, posta all’altezza del chilometro 209 dell’Aurelia
Nuova, lungo il corso del torrente Sovata
20
; la necropoli di Selvello
21
, a ridosso
della piana grossetana, a Nord-Est di Vetulonia e l’ampia necropoli di Val
Berretta, posta a circa 13 chilometri ad Ovest del centro etrusco, a poca distanza
dall’attuale linea di costa
22
.
All’interno di queste ricognizioni s’inserisce lo scavo di Anna Talocchini del
monumentale tumulo di Poggio Pelliccia, condotto agli inizi degli anni ’70 del
secolo scorso. L’ubicazione del monumento era conosciuta da tempo e ,
nonostante le ripetute violazioni, il recupero della ricca suppellettile restante
permise di fare chiarezza sulle aristocrazie del territorio e sulla loro vicinanza
rispetto a quelle cittadine
23
.
15
LEVI 1933, cc. 5-132.
16
CAMPOREALE 2004, p. 363; CAMPOREALE-GIUNTOLI 2000, Accesa 1997a.
17
CAMPOREALE 1967, La Tomba del Duce.
18
CAMPOREALE 1969, I commerci di Vetulonia in età orientalizzante.
19
CURRI 1978, Forma Italiae.
20
CURRI et Alii, 1971, pp. 175-191; CURRI 1977b, pp. 462-464; CURRI 1978, pp. 68-76.
21
DANI 1969, pp. 165-176; CURRI 1978, pp. 53-61.
22
CURRI 1977a, pp. 259-358; CURRI 1978, pp. 183-194.
23
CURRI 1978, p. 65 s., n. 4; TALOCCHINI 1981, pp. 99-131.
9
Lungo la statale 322 in direzione Follonica, superato il bivio per Punta Ala e
girando poi in una stradina a destra, si raggiunge invece l’area sepolcrale di
Poggio Tondo, sulla destra del torrente Alma. L’area, indagata dalla fine degli
anni ’80 del secolo scorso, ha svelato un insediamento etrusco (VII-V secolo
a.C.). Gli scavi hanno quindi mostrato numerose tracce di frequentazione
dall’epoca etrusca in poi, soprattutto legata allo sfruttamento della principale
risorsa locale, il legname
24
.
Nuove indagini archeologiche all’interno della stessa Vetulonia hanno riacceso
l’interesse sulle più antiche fasi dell’insediamento. Al momento, gli scavi hanno
permesso di individuare alcuni nuovi settori della città ellenistica e resti di alcune
domus e altre strutture in uso dall’età repubblicana fino al tardo impero e oltre
25
.
Recentemente, tra il 2005 e il 2008 è stata indagata da Luigi Donati la piccola
necropoli di Santa Teresa
26
, posta in posizione strategica allo sbocco del
collegamento tra la valle del Sovata e quella del Bruna, in prossimità di un antico
diverticolo che conduceva verso l’insediamento dell’Accesa. A queste ricerche si
deve anche la scoperta di un’altra piccola necropoli sul poggio de L’Ajone,
anch’essa in un punto nevralgico del percorso di collegamento tra l’Accesa ed il
mare
27
.
24
Valle dell’Alma 2001, pp. 1-3.
25
Ns 2005, pp.307-312; Ns 2006, pp. 336-343.
26
Gavorrano 2008.
27
L. CAPPUCCINI, Esordi dell’architettura funeraria vetuloniese, in StEtr LXXIV, 2011, c.d.s.
10
1.3 METODO E OBIETTIVI
L’indagine oggetto dello studio vuole inserirsi nell’ambito delle ricerche
condotte all’interno del territorio di Vetulonia, nel tentativo di definire una
tipologia dell’architettura funeraria tra il VII ed il VI secolo a.C.
Per lo svolgimento di questo lavoro si è considerato come punto di partenza il
volume “Vetulonia” pubblicato nella collana Forma Italiae da Claudio Curri nel
1978, nel quale lo studioso aveva concentrato i risultati delle svariate ricerche di
superficie operate nel corso degli anni ’60 e ’70 del secolo scorso. Ancora oggi,
il Suo lavoro costituisce il principale punto di riferimento per il censimento delle
evidenze archeologiche del territorio vetuloniese.
Tuttavia, nel corso di questi ultimi decenni, alla ricerca estensiva sul territorio
operata dal Curri, si sono succedute nuove scoperte e nuovi progetti rivolti
all’indagine di alcuni siti già conosciuti. I nuovi dati, per lo più relativi all’area
settentrionale del territorio vetuloniese, consentono ora di aggiornare il quadro
tracciato in precedenza.
Le nuove indagini stratigrafiche condotte sugli insediamenti, nonostante abbiano
apportato nuove e fondamentali conoscenze sull’organizzazione territoriale e sul
controllo del territorio praticato da Vetulonia tra VII e VI sec. a.C., si riferiscono
per lo più a due soli siti, i quartieri dell’abitato dell’Accesa e la fattoria tardo
arcaica di Poggio Tondo (Pian d’Alma).
Differente il discorso per quanto concerne le necropoli. Come già era emerso dal
lavoro del Curri, relativamente alla parte meridionale del territorio vetuloniese, il
numero e la dislocazione delle evidenze funerarie (piccole necropoli o tumuli
isolati) indica un’occupazione capillare del territorio. I nuovi scavi, assieme alle
indagini svolte a suo tempo in varie necropoli, permettono di effettuare alcune
considerazioni sulla tipologia tombale adottata nelle differenti aree del territorio
in relazione al periodo compreso tra VIII e VI sec. a.C..
Dei siti indagati verranno quindi analizzate le tombe, nel tentativo di costruire
una serie tipologica che permetta di tracciare una linea evolutiva.
Ogni necropoli verrà approfondita singolarmente, prima attraverso un breve
quadro introduttivo per poi passare ad enumerare le tombe appartenenti al
periodo suddetto, descrivendone la struttura dello spazio destinato alla sepoltura.
Si cercherà quindi di proporre un quadro di classificazione degli elementi