30
arbitrio’, si criticava la corruzione della Chiesa di Roma e del papato, si
dibatteva sul divieto delle immagini sacre e sull’inutilità dei sacramenti
nel conseguire la salvezza. Il termine ‘libertà’ cominciava ad essere
inteso non solo come possibilità di professare liberamente il proprio
‘credo’, ma anche, sulla scia del ‘mito’ di Ginevra e di Chiavenna, come
esigenza di ‘rinnovamento’, di indipendenza e di autonomia politica
dalla Serenissima
5
. “L’eresia mostra così il suo volto riformatore della
vita sociale e religiosa, rafforzando il dibattito sulle repubbliche ideali,
rinnovate dal ‘nuovo’ Vangelo”
6
.
Nel XVI secolo Vicenza conosce il rinnovamento dell’architettura
ad opera di Andrea Palladio negli anni di Alessandro Trissino, dei
mercanti Pellizzari, di Odoardo Thiene
7
. Molte delle figure che gravitano
intorno all’architetto, molti dei suoi committenti e dei suoi promotori
assimilarono le idee calviniste
8
presso la scuola del grammatico umanista
Fulvio Pellegrino Morato, lettore pubblico a Vicenza dal 1532 al 1539, e
principale responsabile, insieme a Giulio Trissino, dell’organizzazione
calvinista vicentina. L’ ‘eresia’ fu quindi la realtà che caratterizzò la
4
E. FRANZINA, Vicenza. Storia di una città 1404-1866, p. 455; E. NICCOLINI, Le Accademie, p. 96.
5
Sulla diffusione dell’’eresia’ a Vicenza e sulla volontà di farne una città ‘libera’: A. STELLA, Le
minoranze religiose, p. 199-219; A. STELLA, Aspetti eterodossi nel Cinquecento veneto, p. 11-119; A.
OLIVIERI, Riforma ed Eresia, p. 324-346; A.OLIVIERI, Alessandro Trissino e il movimento calvinista
vicentino, p. 34-56.
6
A. OLIVIERI, Riforma ed eresia, p. 2.
7
Sugli intrecci fra storia della cultura e storia dell’architettura: G. BARBIERI, Andrea Palladio e la
cultura veneta del Rinascimento, Roma 1983; sull’influsso esercitato su Palladio da Alessandro Trissino,
dai Pellizzari, da Odoardo Thiene Cfr. A. OLIVIERI, Palladio, le corti e le famiglie. Simulazione e morte
nella cultura architettonica del ‘500, Vicenza 1981.
8
Sui rapporti tra committenza di Palladio e calvinismo: A. OLIVIERI, Palladio, le corti e le famiglie.
Simulazione e morte nella cultura architettonica del ‘500, Vicenza 1981; G. ZAUPA, I committenti
vicentini di Andrea Palladio, p. 313-325; G. ZAUPA, Andrea Palladio e la sua committenza. Denaro e
architettura nella Vicenza del Cinquecento, Roma 1990.
31
Vicenza di Palladio in maniera talmente incisiva che solo nel secolo
successivo la Controriforma riuscì ad imporsi con successo
9
.
Il terzo paragrafo, percorrendo la vicenda biografica di Andrea
Palladio, illustra come l’architetto, pur non rimanendo insensibile al
fascino della cultura classica e all’ ’auctoritas’ di Vitruvio, fosse in
realtà un uomo del Rinascimento, più interessato alla pratica che alla
teoria. Egli progettò edifici privati e pubblici, miranti a soddisfare le
esigenze dei suoi committenti, tutti uomini di mentalità rinascimentale,
la cui richiesta era quella di ‘rinnovare’ il volto urbanistico di Vicenza,
tramite edifici ‘commodi’ e funzionali
10
, che rispondessero alle nuove
esigenze dell’uomo ‘moderno’.
L’architetto si trovò inserito nei dibattiti religiosi e culturali del
Cinquecento. Negli anni dell’amicizia con il letterato ed umanista
Giangiorgio Trissino, ossia nel periodo in cui frequentava la Villa di
Cricoli, Andrea aderì progressivamnete alle istanze di riforma religiosa
di natura irenica e neoplatonica. Negli anni successivi al 1543 non
mancarono occasioni di contatto con l’eresia calvinista. Gli influssi delle
‘novità’ eretiche affascinarono silenziosamente Palladio tramite i
mercanti Pellizzari e, soprattutto, tramite Odoardo Thiene, una delle
figure più incisive del calvinismo vicentino
11
. L’architetto riuscì a
nascondere, a “simulare” le sue inquietudini religiose, celando dietro
l’aspetto armonico delle sue ‘fabriche’ il sentimento d’angoscia e la
9
Sull’attuazione della Controriforma in Vicenza: F. GASPARINI, La Riforma Tridentina, p. 223-250; E.
REATO, Profilo storico della Diocesi, p. 21-190; G. MANTESE, Ricerche vicentine (IV) – Nuovi
Documenti relativi all’attuazione dei Decreti Tridentini in Vicenza, p. 27-39.
10
Sul concetto di “commodità’: A. OLIVIERI, La città “commoda” e utile: cultura e sensibilità religiosa
nel patriziato mercantile fra ‘400 e ‘500, p. 355-396.
11
A. OLIVIERI, Palladio, p. 32-33, 36-52.
32
paura della morte, due realtà che tanto afflissero gli uomini del
Rinascimento
12
.
Il secondo capitolo illustra come in Vicenza l’ ‘eresia’ non manca
di ripercuotersi anche sulla cultura medica
13
. Il 1543 segna lo spartiacque
tra la medicina antica e la nascita di quella ‘moderna’: è l’anno in cui a
Basilea viene pubblicato il “De humani corporis fabrica” di Andrea
Vesalio, ‘magister’ presso lo Studio di Padova. Il XVI secolo è, infatti,
quello in cui viene scossa la solidità del sistema speculativo galenico, in
auge da quattordici secoli. La ‘nuova’ medicina nel Cinquecento si avvia
a divenire ‘scienza’ autonoma e dotata di un proprio metodo, basato sulla
sperimentazione diretta, “sull’anatomia, sulla fisiologia e sulla
patologia”
14
.
In Vicenza, con la nascita nel 1555 del Collegio dei Medici, si
assiste ad una graduale ‘riforma’ della medicina, grazie a importanti
personalità della cultura medica vicentina del Cinquecento: Conte Da
Monte, Alessandro Massaria, Fabio Pace, tutti e tre membri anche
dell’Accademia Olimpica. Questi tre medici non si posero con un
atteggiamento di chiusura di fronte alle innovazioni metodologiche
provenienti da Basilea e dallo Studio di Padova, ma tentarono di
conciliare tradizione e innovazione, senza mai porsi in maniera
antigalenica, ma rivalutando, sulle orme paracelsiane e vesaliane, la
pratica, affiancata come importanza alla teoria
15
.
12
Sull’angoscia del Rinascimento: J. DELUMEAU, Il peccato e la paura. L’idea di colpa in Ocidente dal
XIII al XVIII secolo, Bologna 1987; A. TENENTI, Il senso della morte e l’amore della vita nel
Rinascimento (Francia e Italia), Torino 1957.
13
Sui rapporti fra medicina ed eresia interessante è il saggio di T. PESENTI, La cultura scientifica:
medici, matematici, naturalisti, p. 255-271.
14
C. MACCAGNI, Le scienze nello Studio di Padova e nel Veneto, p. 136.
15
Sul Collegio dei medici di Vicenza: G. B. ZANAZZO, Lo Statuto dei Medici di Vicenza nell’anno
1555. Contributo alla storia della medicina, p. 29-49; G. MANTESE, Per una storia dell’arte medica in
Vicenza alla fine del secolo XVI: con un dizionaretto di antichi farmaci, Vicenza 1969.
33
Fabio Pace fu dotato di una personalità intellettualmente dinamica,
ricettiva verso le novità di carattere religioso, artistico e scientifico.
L’Olimpico, consapevole del nuovo ruolo sociale del medico, diede
prova della sua mentalità ‘moderna’ nel riuscire a fondere Classicismo e
Rinascimento, tradizione e innovazione, ideali umanistici e interessi
scientifici
16
.
I tre illustri medici vicentini furono sensibili alla cultura
umanistica, all’amore per le ‘belle lettere’, giacchè composero per
l’Olimpica commedie, tragedie, poesie ed orazioni.
Alessandro Massaria e Fabio Pace si trovarono probabilmente
inseriti nella matrice prevalentemente calvinista del mondo colto
cittadino; rimasero influenzati e affascinati dalle ‘novità’ eretiche
provenienti dal Nord Europa
17
.
Il terzo capitolo è focalizzato sulla sensibilità religiosa e
umanistica di Fabio Pace, che si può definire eretico ‘silenzioso’,
diversamente dal fratello Giulio, calvinista ‘dichiarato’.
L’analisi di alcune sue composizioni poetiche ha consentito di
evidenziare come nel medico-umanista convivino e si equilibrino i due
volti opposti del Rinascimento: il senso della morte e l’amore della vita.
L’ultimo capitolo ha, inoltre, cercato di porre un confronto tra
Palladio e Pace, tra l’architetto e il medico, sottolineando come entrambi
furono consapevoli del loro nuovo ruolo sociale: quello di contribuire al
progresso e al benessere di Vicenza, città ‘moderna’ anche grazie alla
loro opera artistica e scientifica.
16
ANGIOLGABRIELLO DI SANTA MARIA, Biblioteca e Storia di quegli scrittori così della città
come del territorio di Vicenza, V, p. 123-134; G. MANTESE, Memorie storiche della Chiesa vicentina,
IV/2, p. 1006-1010.
17
A. OLIVIERI, Palladio, p. 40-42.
34
In Appendice sono riportate le composizioni poetiche e l’
“Orazione funebre in morte di Conte da Monte” di Fabio Pace; inoltre è
possibile leggere sei lettere del 1620, concernenti il viaggio di Giulio
Pace da Valenza a Padova, rinvenute presso l’Archivio Antico
dell’Università di Padova.
35
I. VICENZA NEL SECOLO DI ANDREA
PALLADIO
I.1 Le Accademie.
Nel Cinquecento si assiste in Italia e in maniera più consistente nel
Veneto alla nascita delle Accademie. Esse si istituzionalizzano con gli
statuti, i quali prescrivono le norme che ne regolano la vita interna e,
pertanto, devono essere rispettate da tutti i membri accademici. Nelle
città della terraferma, dalla seconda meta’ del XVI a tutto il XVII secolo,
proliferano più che altrove, anche per la mancanza di una politica
d’intervento del governo della Serenissima, volta a reprimerle in modo
uniforme
18
. La maggior parte delle accademie di questo periodo hanno
un carattere umanistico; sono volte alla promozione delle lettere, delle
arti, della cultura in generale.
Gli intellettuali, sentendosi emarginati e privi di una propria identità
19
in
seguito alla crisi dei valori umanistici, la recuperano proprio all’interno
di tali istituzioni, dove respirano un’atmosfera di “solidarietà, di
concordia, unione e rispetto”
20
. Questi sodalizi corporativi distoglievano
la nobiltà locale dalla politica e attenuavano la violenza delle fazioni
cittadine e la loro tendenza alle risse. Le accademie “letterarie” del ‘500,
come è espressamente contemplato negli statuti, tacciono su temi
18
G. BENZONI, Aspetti della cultura urbana nella società veneta del ‘5-‘600. Le Accademie, p.108.
19
G. BENZONI, Aspetti della cultura urbana, p. 126-128.”Gli intellettuali italiani sono e si sentono
emarginati”; sul caso di Vicenza Cfr. B. GUTHMÜLLER, Il movimento delle Accademie nel
Cinquecento. Il caso di Vicenza, p. 12-13 (“crisi d’identità”).
20
G. BENZONI, L’Accademia: appunti e spunti per un profilo, p.46-47.
36
riguardanti la politica e la religione pena lo scioglimento di esse. Inoltre,
queste stabiliscono contatti frequenti tra loro, tanto che i membri di una
possono appartenere anche ad altre.
Proprio in virtù di questi rapporti incrociati esse danno vita alla
unificazione culturale italiana, circa tre secoli prima di quella politica.
Verso la metà del XVI secolo, si assiste al convergere degli interessi di
Venezia verso la terraferma dove rafforza, di fatto, la sua presenza
statale. Questo nuovo stato di fatto comporta l’esclusione del patriziato
di terraferma, e, quindi, anche di quello del vicentino dagli incarichi di
potere. In questo periodo due sono a Vicenza le fazioni contrapposte: da
un lato i Gualdo, i Muzzan, i Chiericati, i Piovene, che detenevano i
seggi del Consiglio dei 100 e che erano indirizzati a difendere la proprie
prerogative esclusive, tramite un ulteriore rafforzamento oligarchico;
dall’altro lato i Trissino, i Valmarana, i Capra, tutte famiglie che dopo la
costituzione della lega antiveneziana del 1508
21
avevano palesato il loro
spirito filoimperiale e avevano sempre dimostrato un’apertura verso le
novità che si presentavano in seno alla società
22
.
Nel 1555 questi ultimi fondano l’Accademia Olimpica, che, come
vedremo più avanti, in arte come in politica ha un atteggiamento aperto
verso i nuovi fermenti e che ammette come suoi membri anche
intellettuali non appartenenti all’élite nobiliare. L’anno successivo la
fazione “oligarchica” dà vita all’Accademia dei Costanti, che assunse
anche in campo artistico, oltre che istituzionale, una posizione di
chiusura. Infatti, membri del sodalizio sono “nobili e virtuosi”,
promotori di una cultura aristocratica e tradizionale, i quali si pongono
21
F. C. LANE, Storia di Venezia, p. 284-285.
22
S. ZAMPERETTI, Poteri locali e governo centrale in una città suddita d’antico regime dal dopo
Cambrai al primo Seicento, p.104, 105; A. VENTURA, Nobiltà e popolo nella società veneta del ‘400 e
‘500, p. 167-186.
37
con un atteggiamento di sospetto verso qualsiasi “novità”, sia essa di
carattere religioso, scientifico o culturale
23
.
Per fornire un quadro completo dei circoli, delle accademie, dei luoghi in
cui gli intellettuali vicentini, nel corso del ‘500 discutevano su temi
culturali, in particolare letterari e artistici, si devono ricordare i giardini
e le case patrizie, ove all’inizio del secolo si tenevano incontri letterari.
Fra questi, il “giardino” di casa Trissino, famiglia nobile d’antica
origine
24
, ha un ruolo preminente per la diffusione e la discussione di
temi umanistici. Fra il 1504 e il 1506 negli orti di Giangiorgio
Trissino
25
, una figura che avrà un influsso significativo nella formazione
di Andrea Palladio, si incontrano non solo i nobili delle famiglie più in
vista di Vicenza (i Pigafetta, i Thiene, I Da Porto), ma anche gli
“intellettuali innovatori”
26
della città, fra i quali Bartolomeo Pagello e
Luigi Da Porto. “Innovare” è il termine che caratterizza gli argomenti
discussi in quegli anni: tutto muta, le lingue, i costumi e, più in generale,
la storia dell’uomo. Giangiorgio, studioso del mondo classico, in questi
anni si dedica allo studio dell’architettura, probabilmente attenendosi ai
precetti e alle regole del Vitruvio dei “ Dieci Libri dell’Architettura “. In
questo periodo a Cricoli si discute di retorica, di oratoria, di filosofia
neoplatonica, dei turchi, dei viaggi oceanici, di medicina, di storia , di
archeologia. Si rintraccia una vena erasmiana nella costante presenza del
tema della “pace universale”.
23
E. NICCOLINI, Le Accademie, p. 103. I fondatori di quest’Accademia, in primis Girolamo Gualdo,
autore delle “Rime”, con orgoglio aristocratico mirano a riaffermare l’inveterato valore della nobiltà di
sangue, che temevano venisse travolta dalle nuove figure professionali emergenti (l’architetto, il medico,
l’avvocato).
24
Sulla nobiltà remota dei Trissino: E. FRANZINA, Vicenza, p. 310 (“e i Trissino nel 1236”).
25
Per un completo profilo biografico di questo importante letterato vicentino fondamentale è la
monografia di B. MORSOLIN, Giangiorgio Trissino o monografia di un letterato nel secolo XVI,
Vicenza 1878.
38
Un’altra finalità del “giardino” era la costituzione di una biblioteca ricca
di testi principalmente latini e greci. Infatti, “ si voleva fare di Cricoli un
centro dell’Umanesimo, non inferiore a quelli delle grandi capitali
italiane”
27
e in grado di porre in comunicazione Vicenza con le corti
della penisola.
In seguito alla guerra di Cambrai (1509) gli incontri diventano meno
frequenti.
Nel 1522 il Trissino dà il nome di “cenacolo” al giardino, dove
argomento principale delle discussioni sarà la ricerca delle virtù del
principe ideale, da Giangiorgio identificato in Andrea Gritti
28
.
Nel 1537 il Trissino fonda a Cricoli un’Accademia, che denomina
“Villa”, la quale sarà istituzionalizzata nel 1539 e che stabilirà stretti
contatti con la corte di Mantova. Il fatto che il fondatore consenta
l’ingresso a giovani d’umili origini permetterà ad Andrea Palladio, figlio
di un mugnaio, di stabilire contatti con gli intellettuali del Cinquecento.
Fra i membri del consesso leggiamo nello statuto il nome di Daniele
Barbaro, figura che ci indica l’entrata dell’architettura tra i temi ivi
discussi.
Tra il 1505 e il 1537 si nota un mutamento nel tipo di studi: nel 1505
molti sono gli studiosi di medicina, archeologia, oratoria, etc.; nel 1537,
a vent’anni dalla diffusione della Riforma di Lutero in Italia, si discute
su questioni teologiche e dottrinali, si parla di “grazia” e “libero
arbitrio”. Giangiorgio non è insensibile ad alcuni suggerimenti luterani,
26
A. OLIVIERI, Riforma ed Eresia, p. 203-207. L’ ”Epistola” del 1524 di Giangiorgio Trissino è un
piccolo manuale sul termine “innovare”, nato con Aristotele e presente in tutta la storia della retorica
occidentale.
27
E. NICCOLINI, Le Accademie, p. 91.
28
A. OLIVIERI, Riforma ed Eresia, p. 209-212. L’ossequio alle autorità fu la costante della vita di
Giangiorgio: ambasciatore presso Massimiliano I, cortigiano di Leone X, esaltatore di Andrea Gritti.
39
quali il rifiuto della corruzione e la ricerca delle fonti del
Cristianesimo
29
.
Nel 1556, dopo la morte di Giangiorgio, il figlio Giulio, una delle figure
calviniste più significative di Vicenza, affitta la “Villa” a Bernardino
Partenio, che ne fa un collegio aperto ai figli dei nobili vicentini e veneti,
i quali riceveranno una formazione umanistica, derivante dalla lettura di
testi latini e greci, come stabilito dal programma di studi. Cricoli ebbe un
ruolo d’avanguardia tra i “circoli” del primo trentennio del ‘500, grazie
alla personalità dinamica del suo fondatore Giangiorgio.
Non condivisa da tutti gli storici è, invece, l’esistenza dell’Accademia
dei Sociniani, dove, tra il 1546 e il 1547, forse, si sarebbero incontrati un
consistente gruppo di antitrinitari non solo vicentini, ma provenienti da
tutta Italia.
Questi incontri, come si apprende da Bernardo Morsolin, proprio nel
motivare i suoi dubbi riguardo la presenza in città di un simile sodalizio,
sarebbero avvenuti sotto la guida di Lelio Socino appena ventenne:
“Non torna forse inverosimile a credere che egli (Lelio Socino), giovane
di circa vent’anni si avesse potuto guadagnare così larga autorità da
animare e condurre, qual capo, l’assemblea di Vicenza?”
30
. Altro motivo
di perplessità è fornito agli studiosi, tra i quali, oltre il Morsolin, il
Cambianca e il Lampertico
31
, dal fatto che non si hanno notizie dirette
dagli storici circa i tempi e i luoghi precisi di tali convegni. Tale
incertezza, però, non mette in discussione il fatto che i Sociniani, in
29
A. OLIVIERI, Riforma ed Eresia, p. 211; L. ALESSI, Vicenza e la cultura medico-farmaceutica. A
proposito di eresia e farmacia, p. 50: Giangiorgio in persona “dimorato lungamente alla corte di Roma,
‘da Leone X a Clemente VII’, aveva visto da vicino i disordini, la corruzione del clero, dei preti di
Roma”.
30
B. MORSOLIN, L’Accademia de’ Sociniani in Vicenza, p.12.
31
J. CABIANCA – F. LAMPERTICO, Vicenza e il suo territorio, p. 85-86; G. BENZONI, Aspetti della
cultura urbana, p. 114: “Da scartare l’ipotesi di un’Accademia eterodossa vissuta a Vicenza attorno alla
metà del “500”.
40
Vicenza, s’incontravano per discutere di dottrine adogmatiche e
formulare insieme gli errori antitrinitari, almeno fino a quando
l’Inquisizione, con la persecuzione e le conseguenti condanne, non li
costrinse a fuggire in Moravia. La tradizione sociniana fa risalire le
origini di questi incontri ai “Collegia Vicentina”
32
, convegni clandestini
cui avrebbero partecipato, insieme con Lelio Sozzini, i principali eretici
italiani di quel tempo
33
. Non si trattava di Accademie regolari,
caratterizzate da “leggi inalterabili e inviolabili”
34
, ma di incontri negli
anni in cui gli intellettuali erano sensibili al problema dell’ “innovare”
la vita
35
.
Nella seconda metà del XVI secolo tre sono a Vicenza le Accademie,
che scandiscono la vita culturale: quella dei Secreti, quella Olimpica e
quella dei Costanti.
Nella prima di queste gl’ “ingegni che la componevano” discutevano di
scienze fisiche e naturali, di verità eterne, di cosmografia medievale
36
.
Argomento delle loro conversazioni erano i quattro elementi (acqua,
aria, terra e fuoco), le stelle, i cieli, nei quali ultimi aveva termine, per
gli uomini virtuosi, la ricerca delle verità eterne. Infatti, “per attingere al
sapere, forse esoterico, dal quale la gente comune è del tutto esclusa, agli
iniziati sono necessari l’isolamento e la separazione dal resto del mondo
32
A. STELLA, Anabattismo e Antitrinitarismo in Italia nel XVI secolo. Nuove ricerche, p. 33: “Intorno al
1546”.
33
A. OLIVIERI, Riforma ed Eresia, p. 4; E. FRANZINA, Vicenza, p. 479. Questi i nomi : Nicolò Paruta,
l’abate Girolamo Busale, Giampaolo Alciati, Giorgio Biabndrata, Francesco Negri, Matteo Gribaldi
Mofa, Valentino Gentile, Francesco della Sega: una quarantina di uomini di cultura, studenti universitari,
docenti, medici, di varie parti d’Italia..
34
G. BENZONI, Le Accademie, p. 139. Questo potrebbe indurre a credere che nell’Accademia si
incontrassero “novatori religiosi”, che erano soliti riunirsi in circoli ereticali di tal fatta.
35
A. OLIVIERI, Riforma ed Eresia, p. 210 e 241: gli intellettuali alla “ricerca della quiete dell’animo”.
36
I. SAVI, Memorie antiche e moderne intorno alle pubbliche scuole in Vicenza, p. 65; M.
MAYLENDER, Storia delle Accademie d’Italia, V, p. 148-149; E. NICCOLINI, Le Accademie, p. 94-95.
41
perché sia loro concesso di tender gli spiriti verso l’estremo limite dei
cieli”
37
.
A quest’impostazione medievale dei Secreti, si oppone il carattere
decisamente moderno dell’Accademia Olimpica. Questa fu fondata nel
1555 da intellettuali, da esperti di varie scienze, anche d’origini non
nobili, da “uomini tutti di cuore e di ingegno”
38
, interessati ad ogni
aspetto della cultura.
Tra i promotori troviamo, oltre a patrizi come Valerio Chiericati,
studiosi di medicina, come Elio Belli, Conte Da Monte e Alessandro
Massaria, il matematico Silvio Belli, l’umanista Bernardino Trinagio,
l’architetto Palladio
39
. Questi nomi lasciano intendere la novità del
sodalizio rispetto a quelli degli anni precedenti, consistente nell’interesse
verso gli argomenti scientifici preminenti rispetto a quelli letterari. Lo
Statuto del 1556 dichiara che lo scopo dei membri dell’Olimpica
consiste nell’ “imparare tutte le scientie, et specialmente le
Mathematiche, le quali sono il vero ornamento di tutti coloro che hanno
l’animo nobile e virtuoso”
40
. Quindi, durante gli incontri, gli argomenti
discussi riguardavano la medicina, le arti, l’astrologia, l’astronomia,
scienze che avevano come fondamento la matematica. Illustri studiosi di
queste discipline, fra i quali il medico Fabio Pace, presentano le loro
ricerche in quest’accademia dove possono trovare orecchie ben disposte
alle novità. Proprio questa disponibilità verso i fermenti innovativi e il
genere di testi appartenenti alla biblioteca accademica o di proprietà di
alcuni degli iscritti all’istituzione, come l’ ”Architettura” di Leon
37
E. NICCOLINI, Le Accademie, p. 95.
38
J. CABIANCA – F. LAMPERTICO, Vicenza, p. 84.
39
E. FRANZINA, Vicenza, p. 455; B. GUTHMÜLLER, Il movimento delle Accademie, p. 25, 26; E.
NICCOLINI, Le Accademie, p. 96; I. SAVI, Memorie antiche e moderne, p. 66: “I primi suoi fondatori al
numero di 21, tutti dei più qualificati e distinti soggetti della città”.
40
E. NICCOLINI, Le Accademie, p. 96.
42
Battista Alberti, la “Geografia” di Tolomeo, l’ ”Etica” di Aristotele, il
“Principe” del Machiavelli
41
, suscitano sospetti presso l’Inquisizione.
Nel primo trentennio della sua esistenza l’Olimpica non ebbe una sede
fissa, ma i suoi membri si riunivano “in vari siti della città”
42
: prima a
Porta Nova e poi, dal 1556 al 1576, a S. Francesco Vecchio
43
.
L’Accademia Olimpica alla fine del secolo rivolge la propria attenzione
agli interessi mondani, a scapito della sua originaria caratteristica
scientifica e del suo desiderio di indagare i misteri della natura.
L’Olimpica nutriva un particolare interesse per il teatro , tanto che fu
proprio il Teatro Olimpico del Palladio, inaugurato il 3 marzo 1585 con
l’ “Edipo Re” di Sofocle, a consacrare Vicenza come centro teatrale
d’eccellenza
44
.
Essa diviene centro di rappresentazioni teatrali e, sempre più spesso nel
1600, organizzatrice di feste, banchetti, tornei, ricevimenti in onore di
personaggi illustri
45
.
Ad Andrea Palladio fu commissionato l’allestimento di un arco trionfale,
in occasione dell’entrata in Vicenza del cardinale Nicolò Ridolfi. La
fama e il successo raggiunti nel XVII secolo dal sodalizio sono ben poco
dovuti a fatti culturali, ma sicuramente attribuibili ai frequenti spettacoli
41
Sulla biblioteca dell’Olimpica L. PUPPI, Scrittori vicentini d’architettura del secolo XVI (G. G.
Trissino, O. Belli, V. Scamozzi, P. Gualdo), p. 57 nota 175.
42
I. SAVI, Memorie antiche e moderne, p.68.
43
M. MAYLENDER, Storia delle Accademie, IV, p. 110: “andavano gli accademici vagando di casa in
casa, d’orto in orto: dapprima convenivano in una casa dei Todeschini a Portanova; nel 1556 si
trasferirono a S. Francesco Vecchio in una casa che poi passò al Vescovo per uso seminario; un anno
dopo li vediamo raccolti a recitare una commedia nella corte di Elio De Belli; nel 1558 nei giardini del
Porto lungo le mura del Pallamaglio… Non per tanto si ha notizia di ulteriori traslochi in casa Brasco sul
Corso (1579) ed in casa Tavola concessale dalla Comunità per 36 ducati all’anno”.
44
Sul Teatro Olimpico e sui suoi spettacoli teatrali : B. GUTHMÜLLER, Il movimento delle Accademie,
p. 28, 31-32, 40, 43.
45
Sui divertimenti sfrenati dei vicentini dalla metà del ‘500 in poi: F. BANDINI, Una “grida” del 1561
contro il lusso dei signori a Vicenza, p. 87-103.
43
allestiti per il carnevale
46
. Solo alla fine del XVIII secolo le scienze
torneranno ad avere un ruolo primario negli incontri accademici.
Insieme alle precedenti istituzioni, anche l’Accademia dei Costanti
47
contrassegna, nella seconda metà del ‘500, la vita culturale della società
vicentina. Questo consesso si distingue e si contrappone a quello
Olimpico sia per quanto riguarda l’estrazione sociale dei fondatori e dei
suoi membri sia per quel che concerne i temi di conversazione.
Promotori nel 1556 del sodalizio in questione sono un gruppo di uomini
nobilissimi e virtuosissimi, appartenenti alle più grandi famiglie nobili
vicentine
48
,tra cui una posizione di primo piano occupa il prelato
Girolamo Gualdo, nella cui casa in “contrà Pusterla” s’incontravano gli
iscritti, i quali, come previsto dallo statuto, dovevano essere d’estrazione
nobiliare ed aristocratica. Il Conte Gualdo fondò l’Accademia per
“ritorsione”, per sfida agli Olimpici
49
. Scopo dei Costanti era non solo
“promuovere la cultura, ma anche mantenere viva la tradizione
cavalleresca, organizzando tornei e altre manifestazioni di corte”
50
. Di
questa Accademia si nota, in netta antitesi rispetto a quella Olimpica, il
carattere di “chiusura” verso le novità sia sociali sia religiose e il suo
esclusivismo aristocratico, rivolto verso una gelosa conservazione dei
propri privilegi.
Il dualismo notato da Ackerman è rivelatore di un mutamento all’interno
della società: da un lato, i tecnici, gli artisti, gli studiosi delle nuove
scienze cominciano ad incontrarsi in strutture istituzionalizzate, dove
riescono a trovare una loro identità e un giusto riconoscimento del loro
46
G. CATTIN, La musica nelle Accademie, p.169.
47
M. MAYLENDER, Storia delle Accademie, II, p. 114-117.
48
Sui fondatori dell’ Accademia dei Costanti (Girolamo Gualdo, Luigi Valmarana e Giovanni Porto): B.
GUTHMÜLLER, Il movimento delle Accademie, p. 18-20; M. MAYLENDER, Storia delle Accademie,
II, p. 115; G. GUALDO, 1650. Giardino di Chà Gualdo, p. XIX.
49
E. FRANZINA , Vicenza, p. 454.