1 INTRODUZIONE
1.1 Leguminose Il grande interesse, che l’uomo ha sempre nutrito per le leguminose ( o
Fabaceae) , nasce dalla loro notevole importanza economica. Esse sono seconde
solo ai cereali per quanto riguarda l’importanza e l’impiego in agricoltura. Le
leguminose provvedono per circa un terzo al fabbisogno di azoto, proteine ed oli
vegetali nella dieta umana (Graham e Vance, 2003), integrando, con il loro
apporto proteico, i cereali e i tuberi, fonti di carboidrati. I legumi sono inoltre
importanti specie foraggiere sia nelle zone temperate che tropicali.
Le leguminose forniscono inoltre i minerali essenziali richiesti nella dieta
umana e producono metaboliti secondari, che difendono le piante dall’attacco dei
patogeni e favoriscono la salute umana, proteggendo contro il cancro e
abbassando la colesterolemia e la glicemia (Gepts et al ., 2005); pertanto trovano
anche applicazioni in campo industriale e farmaceutico.
I legumi sono le uniche specie d’interesse commerciale che sono in grado
di fissare l’azoto atmosferico grazie allo loro capacità di instaurare relazioni di
simbiosi con i batteri del genere Rhizobium. Questa loro caratteristica riduce
l’impiego di sostanze chimiche d’utilizzo agricolo e promuove la fertilità del
suolo (May and Dixon, 2004). Come altre famiglie di piante, ma a differenza delle
Brassicacee a cui appartiene Arabidopsis thaliana , i legumi sono in grado di
instaurare anche relazioni di simbiosi con i funghi micorrizici che facilitano
l’uptake di fosforo dal suolo.
La ricerca scientifica, volta alla comprensione della biologia delle
leguminose e, in particolare, delle basi molecolari delle vie metaboliche, coinvolte
nella fissazione dell’azoto e nelle interazioni simbiotiche tra piante e batteri, ha
reso necessaria l’individuazione di un organismo modello appartenente a questa
famiglia di piante (Cook, 1999). Medicago truncatula insieme a Lotus japonicus
(Fig. 1) costituiscono due modelli poiché le scoperte relative ai loro genomi sono
estendibili anche ad altri legumi, tra cui quelli appartenenti alla sottofamiglia delle
Papilionoideae (Young et al ., 2005).
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Figura 1. I due importanti sistemi modello delle Leguminose. (A) Medicago truncatula Gaertn.
(da http:// www.fao.org ). (B) Lotus japonicus (da http://www.botanic.jp).
1.1.1 Medicago truncatula come pianta modello
M. truncatula è una specie omni-mediterranea coltivata come legume
annuale da foraggio (Fig. 2.1 e 2.2). E’ strettamente correlata con l’erba medica
(Medicago sativa ) che è una delle principali leguminose foraggere.
M. truncatula oltre ad essere una pianta d’interesse commerciale per la
produzione di foraggio è stata scelta come sistema modello per i legumi perché
possiede le seguenti caratteristiche: ha un genoma diploide piccolo (2X8
cromosomi per un totale di circa 500 Mbp), è autogama, ha un breve tempo di
generazione, è possibile e facile trasformarla con Agrobacterium tumefaciens e
rigenerare piante fertili (Trieu e Harrison, 1996; Hoffmann et al ., 1997).
Inoltre recenti analisi indicano la presenza di elevati livelli di micro-
sintenia tra i genomi di soia, pisello, fagiolo e M. truncatula (Cook, 1999). Studi
condotti su un modello, in questo caso M. truncatula , possono essere facilmente
utilizzati per la mappatura e clonazione di geni in altre leguminose, per poi tornare
alla specie modello per l’analisi funzionale.
Sono disponibili ampie collezioni di cultivar e possono essere prodotte
velocemente collezioni di mutanti per mutagenesi fisica e mediata dai trasposoni.
Inoltre i geni di M. truncatula hanno un'identità di sequenza di oltre il 98%
(Watson et al. , 2003; May and Dixon, 2004) con i loro ortologhi in M. sativa . I
trascrittomi di M. truncatula possono essere usati per tracciare il profilo di
espressione di M. sativa .
Queste varie caratteristiche rendono M. truncatuala un eccellente modello
per studiare la genetica e la biologia molecolare di legumi d’interesse agronomico
e aventi genomi più complessi (www.noble.org).
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Figura 2.1 Piante di Medicago truncatula ,
coltura idroponica.
Figura 2.2 Particolari di strutture fogliari, di
fiore e frutto.
Esistono ampie risorse bionformatiche che facilitano il confronto dei dati
di M. truncatula e che possono essere usati per altre leguminose di interesse
agronomico (May and Dixon, 2004). Sono disponibili circa 200.000 ESTs
(Expressed Sequence Tags ) in siti di dominio pubblico. M. truncatula sarà il terzo
organismo modello vegetale, dopo Arabidopsis thaliana e riso, il cui genoma sarà
completamente sequenziato. Infatti esiste già un progetto di sequenziamento
internazionale di M. truncatula a cui stanno partecipando diversi laboratori negli
USA, in Inghilterra e Francia. Il sequenziamento sarà completato entro il 2006 e
la sequenza genomica di M. truncatula servirà come base per studi di genomica
strutturale di altre specie di legumi come M. sativa e soia (May and Dixon, 2004).
Inoltre le complesse interazioni tra i microrganismi hanno portato le
piante, tra cui M. truncatula , a produrre tutta una serie di prodotti naturali che
intervengono nelle interazioni di simbiosi o nei processi di difesa. Tra queste
sostanze ci sono gli isoflavonoidi (una sottoclasse di fenilpropanoidi) che, oltre ad
essere molecole segnale che intervengono nella nodulazione batterica, sono
composti antimicrobici che possiedono proprietà importanti per la salute
dell’uomo.
M. truncatula è anche una ricca fonte di saponine che sono triterpeni
glicosidici che possiedono molte attività biologiche. Alcune saponine hanno
proprietà allelopatiche, antimicrobiche, insetticida, ma possono essere anche
tossiche per gli animali monogastrici, agire come fattori che possono rendere
sgradevole il gusto di alcuni alimenti, o avere un impatto negativo sulla
digeribilità del foraggio nei confronti dei ruminanti; altre saponine hanno
potenziali attività farmacologiche, incluse quelle anti-colesterolo, anti-cancro,
coadiuvanti e emolitiche (Suzuki et al. , 2002).
M. truncatula è stata scelta, data la sua abbondanza di saponine e la
disponibilità di ampie fonti di EST, come specie adatta per condurre studi sulla
biosintesi dei terpeni, di cui rimangono ignoti molti passaggi nel processo di
sintesi. Questi studi sono condotti poiché c’è interesse nel facilitare o inibire la
produzione delle saponine triterpeniche per il miglioramento dei raccolti
d’interesse economico o per lo sviluppo di agenti farmacologici (Suzuki et al. ,
2005).
Le piante sono le migliori industrie sulla terra: efficienti, sostenibili, e non
inquinanti. Per questo manipolazioni di un piccolo numero di geni o dei loro
regolatori porterebbero a miglioramenti della resa e della qualità dei prodotti
esistenti delle piante (Trethewey et al. , 1999). M. truncatula è perciò una pianta
che può essere di grande interesse biotecnologico dato che alcuni dei suoi prodotti
sono importanti per la salute dell’uomo e visto che rappresenta un modello per le
leguminose che sono di notevole interesse commerciale e di largo utilizzo come
foraggio.
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1.2 Morte cellulare programmata (PCD)
La morte cellulare programmata (PCD, Programmed Cell Death ) è un
processo fondamentale per la vita della pianta con cui la cellula promuove la sua
morte attraverso l'attivazione di sistemi autodistruttivi (Gan and Amasino, 1997).
E' una forma di suicidio che porta alla condensazione e restringimento cellulare, e
al disassemblamento ordinato della cellula (Pennel and Lamb, 1997). Il suo
programma si svolge in maniera ordinata ed è controllato geneticamente (Quirino
et al. , 2000). La PCD è suddivisa tre fasi: fase d'induzione, fase effettrice, fase di
degradazione. Durante la prima fase la cellula percepisce i segnali di morte; nella
seconda fase la cellula attiva i meccanismi molecolari necessari per l’attuazione
del processo di morte, nell'ultima fase il processo di morte viene completato.
La PCD presenta alcuni tratti caratteristici: restringimento cellulare, lo
shrinking del protoplasto e del nucleo, mantenimento dell’integrità degli organelli,
condensazione e frammentazione del DNA (il ladder ) dovuta all'attivazione di
specifiche endonucleasi che tagliano il DNA nelle regioni internucleosomali.
Quest'ultimo è una conseguenza della degradazione controllata della cromatina. Il
marker per distinguere la PCD dalla necrosi è proprio il ladder del DNA. Inoltre a
differenza della necrosi, le cellule che stanno morendo e quelle morte non
riversano il loro contenuto all'esterno ma lo tengono confinato al loro interno. La
PCD aiuta, quindi, a prevenire eventuali infezioni durante la senescenza (Pennel
and Lamb, 1997).
Nelle piante la PCD interviene in diversi processi di sviluppo e di risposta
a stress. Alcuni esempi sono: lo sviluppo degli elementi tracheali, la risposta
ipersensibile (HR) contro i patogeni incompatibili, la formazione dell’arenchima,
la senescenza, l'embriogenesi, la determinazione del sesso delle piante monoiche,
la formazione di zone di abscissione (Pennel and Lamb, 1997) (Fig.3).
In tutte queste situazioni la cellula è uccisa attivamente e rapidamente per
uno scopo strutturale o di difesa (Buchanan-Wollaston et al. , 2003). La PCD nelle
piante elimina le cellule che hanno una funzione temporanea, quelle non più
necessarie o non volute, o dà origine a tessuti specializzati e si verifica in alcuni
tipi d'interazione tra la pianta e l'ambiente (ipossia, attacco da patogeno
avirulento) (Pennel and Lamb, 1997). Le ROS ( Reactive Oxigen Species ) e alcuni
fitormoni come l'etilene e l'ABA (acido abscissico) possono indurre la PCD nelle
piante, mentre altri fitormoni come le citochinine e le GA (giberelline) possono
reprimerla (Pennel and Lamb, 1997).
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Figura 3: esempi di processi associati a PCD nelle piante (Buchanan et al ., 2000)
1.3 Il processo di senescenza La senescenza nelle piante è un importante processo di sviluppo che si
conclude con la morte cellulare programmata. Tutte le cellule e i tessuti che sono
giunti al termine del loro periodo di vita vanno incontro a senescenza. E’ un
processo relativamente lento che comporta il disassemblamento dei componenti
cellulari, ma viene mantenuta l’integrità delle membrane cellulari, e durante il
quale la maggior parte dei nutrienti contenuti nel tessuto vengono recuperati e
ridistribuiti alle parti della pianta che sopravvivono.
Il processo di senescenza può essere suddiviso in tre fasi (Fig 4): una fase
iniziale in cui eventi endogeni o ambientali innescano vie di trasduzione del
segnale a cascata che portano all'attivazione e repressione di numerosi geni
accompagate da cambiamenti metaboloci; una fase degenerativa che porta al
disassemblamento delle strutture cellulari e alla degradazione delle
macromolecole; la fase terminale è la fase che porta la cellula alla morte, durante
la quale si possono riconoscere molte delle caratteristiche tipiche della PCD, tra
cui il ladder del DNA.
Molte domande sul processo di senescenza rimangono ancora senza
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risposta. Per adesso ci sono evidenze che la senescenza è un processo controllato
durante il quale sono espressi geni specifici.
Le conoscenze su questo fondamentale processo di sviluppo possono
fornire dei metodi per la manipolazione della senescenza in campo agricolo per
evitare perdite post-raccolto e aumentare la resa di specie vegetali d'interesse
commerciale.
Molte delle informazioni fino ad oggi acquisite sul processo di senescenza
derivano dallo studio di tale processo nelle foglie.
Figura 4. Fasi che caratterizzano la senescenza (Yoshida, 2003).
1.3.1 Senescenza fogliare
La senescenza fogliare è un evento fondamentale del processo di sviluppo
di una pianta, poiché è il periodo durante il quale il materiale, prodotto dalla
pianta durante la sua fase di crescita, è mobilizzato nei semi in sviluppo per
prepararsi alla generazione successiva (Chandlee, 2001).
Alla fine del periodo in cui la foglia è fotosinteticamente produttiva, essa
entra in senescenza durante la quale le cellule fogliari subiscono cambiamenti,
altamente coordinati, nella struttura, metabolismo, ed espressione genica. A livello
macroscopico la senescenza porta al cambiamento di colore delle foglie, risultato
della degradazione della clorofilla (ingiallimento), che inizia ai margini della
foglia e procede poi al suo interno, e termina con la morte e l’abscissione fogliare
(Fig. 5).
Gli eventi molecolari e cellulari che contribuiscono a questi sintomi
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visibili includono la disgregazione dei cloroplasti (che contengono più del 70%
delle proteine fogliari), un declino dell'attività fotosintetica e la perdita di proteine
e acidi nucleici. Lo scopo principale della senescenza fogliare nelle piante è la
mobilizzazione e il riciclo dei nutrienti che si verifica quando la foglia non è più
utile alla pianta. La senescenza fogliare non è, quindi, solamente un processo
degenerativo ma anche un processo di riciclo in cui i nutrienti sono traslocati dalle
cellule senescenti alle foglie giovani, ai semi in sviluppo, o ai tessuti
d'immagazzinamento.
Figura 5. (a) Le foglie senescenti sono riconoscibili dalla loro caratteristica perdita di clorofilla.
Spesso le aree della foglia che vanno incontro a senescenza sono vicino alle venature,
probabilmente perché in quest'ultime avviene la rimobilizzazione dei nutrienti. La foglia in alto a
sinistra comincia ad andare incontro a senescenza; la foglia in basso a destra è nello stadio
senescente più avanzato. (b) Quando una foglia va incontro a senescenza i nutrienti tra cui l'azoto
(Nt), il fosforo, e i metalli sono ricollocati alle altre parti della pianta come per esempio i semi e le
foglie che si stanno sviluppando (Quirino et al. , 2000).
A livello molecolare i cambiamenti che avvengono durante la senescenza
sono accompagnati, e guidati, da cambiamenti nell'espressione genica (Gan and
Amasino, 1997). La diminuzione dell'attività fotosintetica durante la senescenza è
dovuta a un declino nella quantità di Rubisco e del suo mRNA e di altri costituenti
dell'apparato fotosintetico. La riduzione delle proteine e degli acidi nucleici è
causata da un aumento della loro degradazione e/o alla riduzione della loro sintesi.
Altri sintomi caratterizzanti il processo di senescenza a livello molecolare sono la
perdita dell'integrità della membrana plasmatica e delle endomembrane cellulari
con il concomitante aumento della permeabilità ai soluti organici e inorganici
(Chandlee, 2001). Oltre alla degradazione della clorofilla e alla disgregazione dei
cloroplasti (uno dei primi organelli ad essere distrutto) anche altri organelli sono
soggetti a diversi cambiamenti biochimici man mano che la senescenza procede. Il
nucleo che è richiesto per la trascrizione genica e i mitocondri, che sono essenziali
per il rifornimento di energia, rimangono intatti fino agli ultimi stadi della
senescenza (Quirino et al. , 2000).
La senescenza fogliare è un processo attivo e ordinato (Buchanan-
Wollaston, 2003), richiesto per la sopravvivenza della pianta, più che un processo
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passivo che porta alla morte (Yoshida, 2003). Questo processo viene anche
definito come lo stadio finale dello sviluppo fogliare per evidenziare il fatto che la
senescenza è altamente regolata e geneticamente programmata (Weaver et al. ,
1998). Tale processo va, quindi, distinto dal processo di invecchiamento ( ageing )
che è un processo che comporta deterioramento, mentre la senescenza è un
processo attivo che può essere influenzato da ormoni o condizioni ambientali
(Pontier et al. , 1999).
1.3.2 Eventi metabolici che si verificano durante la senescenza fogliare
1.3.2.1 Degradazione della clorofilla La via di degradazione della clorofilla è nota e l'enzima feoforbide a
ossigenasi, che taglia l'anello tetrapirrolico per produrre l'RCC ( Red Cholophyll
Catabolite ), sembra essere un enzima chiave in questo processo. Infatti un
mutante stay-green di Festuca pratensis (sid ) accumula la feoforbide a e si pensa
che ciò sia dovuto ad un difetto genico nel gene che codifica per la feorbide a
ossigenasi (Buchanan-Wollaston et al. , 2003).
L'NCC (Non-flourescent Chorophyll Catabolites ), il prodotto finale del
catabolismo della clorofilla, è depositato nel vacuolo senza che avvenga il reciclo
di nessuno degli atomi azoto contenuti in esso. Il processo di degradazione della
clorofilla è energeticamente dispendioso per la cellula e ha il suo scopo che però
non corrisponde alla mobilizzazione dei nutrienti ma serve per detossificare la
cellula dall'NCC che è altamente reattivo. Questo è un modo per mantenere la
cellula vegetale viva durante la senescenza.
1.3.2.2 Gli acidi nucleici Gli acidi nucleici, soprattutto l’RNA, costituiscono una fonte di fosforo
nelle foglie mature. Sono state identificate diverse RNasi nucleari il cui livello di
espressione aumenta durante la senescenza. Infatti il livello dell’RNA totale
diminuisce rapidamente con il progredire della senescenza, mentre il DNA è
degradato in tarda senescenza per permettere che l’espressione dei geni specifici
della senescenza continui fino agli ultimi stadi di tale processo.
1.3.2.3 Degradazione delle proteine Nei cloroplasti si trovano la maggior parte delle proteine della foglia (oltre
il 75%) che durante il processo di senescenza vengono degradate e mobilizzate.
Molte delle proteasi espresse in senescenza però sono localizzate nel vacuolo e
non vengono a contatto con le proteine del cloroplasto fino a che le membrane
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non si disgregano in tarda senescenza. Le proteasi vacuolari non sembrano
prendere parte alla degradazione proteica se non negli ultimi stadi litici dopo che
le membrane sono state distrutte. Infatti ci sono dati che dimostrano che alcune
proteasi si accumulano nel vacuolo durante la senescenza ma restano aggregati
inattivi e maturano a enzimi solubili e attivi solo negli ultimi stadi della
senescenza. Inoltre alcuni mutanti nella via proteolitica mediata dall’ubiquitina
dimostrano che questa via ha un ruolo importante durante la senescenza. Non
sono ancora state identificate le proteine che controllano la degradazione delle
proteine durante la senescenza. (Buchanan-Wollaston et al. , 2003).
Ci sono dati che indicano che la degradazione di alcune proteine stromali,
come per esempio la Rubisco, possa avvenire non enzimaticamente ma grazie alle
specie reattive dell’ossigeno (ROS) quando i cloroplasti sono incubati in
condizioni di stress ossidativi (Buchanan-Wollaston et al. , 2003). I livelli di ROS
aumentano durante la senescenza ma sembra essere un effetto della degradazione
delle macromolecole e quindi ciò avviene quando inizia la degradazione delle
proteine e dei lipidi.
Figura 6 . Stadi di senescenza fogliare in Arabidopsis thaliana e corrispondente diminuzione nei
livelli di proteine, clorofilla eRNA (Lohman et al. , 1994).
1.3.2.4Degradazione lipidica Durante il processo di senescenza aumenta l’espressione di alcuni lipasi
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