Si potrebbe però obiettare, in modo convincente ,che anche
l’acqua a 99,5°C o a 99°C appartiene all’insieme “caldo
“.Diventerebbe quindi vera questa affermazione:
U
caldo
[X] = {X / X
temp ≥ 99°C
}
Ma ora che il confine è stato fissato a 99°C, possiamo incontrare un caso
in cui può essere considerata calda anche l’acqua ad una temperatura di
98,9°C. Se continuiamo a spostare il confine, arriviamo addirittura a
perdere il concetto di “caldo”, in quanto le continue risistemazioni possono
finire per includere nell’insieme in esame temperature che prima erano
considerate appartenere all’insieme “tiepido” o addirittura a quello
“freddo”.
La teoria degli insiemi “Fuzzy” è stata sviluppata proprio per consentire la
classificazione di concetti caratterizzati da questo tipo di “vaghezza”.
0
40 60 80 100 Temperatura. °C
U
Grado di
appartenenza
0,5
1
Per esempio volendo esprimere graficamente una classificazione del
concetto di caldo basata sugli insiemi Fuzzy, si può far riferimento al
grafico che segue:
Il grafico indica il valore di 40°C come la temperatura minima che in
qualche circostanza può essere ritenuta “calda”. E’ invece ritenuta “calda”
in ogni caso una temperatura di 100°C. Il grafico definisce un’appartenenza
parziale all’insieme “caldo”. Ad esempio, il grado di appartenenza
all’insieme “caldo” della temperatura di 60°C , è uguale a 0,5 , mentre
quello della temperatura ≥ 100°C è praticamente uguale a 1. La vaghezza
del concetto di “caldo” deriva dalla mancanza di precisione nella sua
definizione. La teoria degli insiemi Fuzzy ha appunto l’obiettivo di fornire
una struttura matematica adatta a classificare in modo formale i concetti di
questo tipo.
Lotfi Zadeh, dell’Università di California (Bercheley) ha ideato e messo a
punto la teoria degli insiemi Fuzzy verso il 1965; da allora è stata condotta
una notevole attività di ricerca.
Una delle cause dell’improvviso aumento d’interesse verso la logica Fuzzy
può essere dovuta al tipo di applicazione con caratteristiche “vaghe” alle
quali essa si adatta meglio delle metodologie tradizionali. Non è un caso
che oggi siano in corso d’introduzione nel mercato o in corso di sviluppo,
molti prodotti “amichevoli” (come ad esempio quelli che si riferiscono alla
scrittura a penna o al riconoscimento vocale) per i quali una soluzione
Fuzzy risulta particolarmente pertinente, in quanto affine all’abilità umana
di generare soluzioni imprecise pur partendo da dati incerti o imprecisi. Gli
insiemi sfocati ( fuzzy-subsets ) e la loro algebra, introdotti da L.A. Zadeh,
si presentano oggi come un nuovo strumento matematico capace di
interpretare e trattare questioni relative a situazioni “reali”,
necessariamente viziate da ambiguità e da incertezza, questioni che non
trovano interpretazioni soddisfacenti nella matematica classica ancorata
alla logica bivalente, o alla logica probabilistica.
Capitolo 1 - Gli insiemi sfocati – Definizioni e proprietà
1.1 Teoria degli insiemi ordinari
Da alcuni anni è apparsa una teoria che generalizza quella degli insiemi
ordinari, la teoria degli insiemi sfocati (fuzzy-sets), che sembra
potenzialmente adatta in processi decisionali in fase di progettazione, di
controllo, e nei processi di classificazione.
Secondo Cantor, un insieme viene definito come una “riunione di oggetti
in un tutto”.
Nel caso di insiemi ordinari un elemento può appartenere ad un insieme
oppure no; ciò corrisponde alla logica classica che una qualunque
proposizione può presentarsi vera oppure, falsa; ossia la cosidetta logica
classica pone come base due elementi che potrebbero essere (si, no),
oppure (1,0), oppure (vero, falso), sulla base dei quali essa si sviluppa. La
logica degli insiemi sfocati rappresenta una estensione di quella classica,
in cui un elemento di un determinato insieme sfocato può appartenere ad
esso con un certo grado compreso tra i valori (0,1); questo significa che
una certa proposizione avrà un certo grado di verità.
Questo ci porta a capire come la teoria degli insiemi sfocati sia più vicina
alla natura umana di quanto non lo sia quella classica degli insiemi
ordinari, intesi come casi estremi di quelli sfocati.
1.2 Concetto d’insieme secondo l’impostazione di Russel
Il Russel caratterizza gli insiemi attraverso delle funzioni enunciative:
Def. - Dicesi funzione enunciativa, una qualunque espressione contenente
una, o più , indeterminate e tale che quando si assegna un valore (un
nome) ad ogni indeterminata, l’espressione si muta in un enunciato , vero
o falso, e non avviene mai che essa diventi un’espressione priva di
significato.
Ad esempio:
P(x) = “ x è un essere umano “
è una funzione enunciativa. Essa fin quando x sta ad indicare una
indeterminata, cioè un qualunque nome non precisato, non è ne vera , ne
falsa, ma se ad x si sostituisce un nome ben precisato diventa un enunciato
e come tale è vero, o falso. Così se ad x sostituisco il nome “ gatto “, P(x)
diventa:
P(gatto) = “ Il gatto è un essere umano “
e tale enunciato risulta essere certamente falso; se invece sostituisco il
nome “Cesare “, la P(x) diventa:
P(Cesare) = “ Cesare è un essere umano “
risultando in questo caso un enunciato vero.
Naturalmente appare scontato che gli enunciati scaturiti dalla sostituzione
di nomi nella funzione enunciativa P(x) sono caratterizzati da un giudizio
di verità qualora abbia senso l’intera proposizione. Nel caso in cui la
sostituzione di qualche nome nella P(x) porti ad ambiguità o, addirittura, al
rifiuto di dare un giudizio di verità per la P(x), si considera la P(x) come
una frase priva di senso.
Queste possono essere eliminate se si considerano le conoscenze di
ognuno di noi in merito ai concetti espressi in una qualunque funzione
enunciativa P(x) e alla sua semantica complessiva, consentendo di
individuare gli argomenti che è possibile sostituire alla indeterminata x
perché la funzione si trasformi in una espressione che abbia senso .
Questi argomenti costituiscono il cosidetto Universo del discorso della
funzione che verrà indicato con U.
Le stesse conoscenze suggeriscono un complesso ∏ di norme, algoritmi e
procedure, dicesi criterio di verificazione di P(x), il quale permette di
assegnare un valore di verità ad ogni enunciato P(e), essendo e un
generico argomento dell’Universo del discorso U.
Il principio del terzo escluso (non esistenza di un terzo valore di verità oltre
al “vero” ed al “falso” ) ed il principio logico di non contraddizione
(impossibilità che P(e) risulti contemporaneamente “vero” e “falso” )
implicano che l’universo del discorso U di P(x) è diviso, tramite ∏ in due
parti :
I
v
– detta estensione di P(x) costituita dagli argomenti “e” di U per i quali
P(e) risulta vera;
I
f
– detta estensione di P(x) costituita dagli argomenti “e” di U per i quali
P(e) risulta falsa.
In merito a quanto è stato detto per le funzioni enunciative, il Russel
delinea il concetto di insieme nel seguente modo :
“Ogni insieme è definito da una funzione enunciativa vera per i membri
dell’insieme e falsa per tutto il resto”. Cioè ogni funzione enunciativa,
tramite il suo criterio di verificazione ∏ , individua l’estensione I
v
della
funzione stessa e questa, è un insieme che viene indicato con I
v
= {x: P(x)}
- ( insieme degli x per i quali P(x) è un enunciato vero ).
Riassumendo si può affermare che:
la coppia ( P(x), ∏ ), costituita dalla funzione enunciativa e dal suo
criterio di verificazione, definisce l’insieme U, universo del discorso di
P(x) e la sua partizione di U nelle parti I
f
ed I
v
, (rispettivamente estensione
ed esclusione di P(x)) l’una complementare dell’altra rispetto ad U.
1.3 La funzione di appartenenza
Dire che la coppia ( P(x), ∏ ) individua l’insieme U e la sua partizione
dicotomica in I
f
ed I
v
, equivale a dire che essa determina una funzione
c(x) di dominio U che dicesi funzione di appartenenza , la quale associa
ad ogni elemento “e” di U uno dei due numeri zero ed uno
(1)
e
precisamente il numero zero, se e solo se, P(e) è falsa ed il numero 1, se e
solo se, P(e) è vera.
In base a questa osservazione possiamo affermare che:
la classe delle funzioni formalmente equivalenti ad una data funzione
enunciativa P(x) definisce l’universo del discorso U di P(x) e la partizione
di U determinata dalla funzione di appartenenza c(x).
(1) - I numeri 1 e 0 sono stati scelti perché spesso nelle tabelle di verità vengono assunti per rappresentare
rispettivamente il “vero” ed il “falso”.
L’insieme così definito viene indicato con
I ={(x , c(x)} ∀ x ∈ U , (1.1)
dove la funzione di appartenenza c(x) è definita da :
=
veroenunciatounèePsesoloese
falsoenunciatounèePsesoloese
xc
)(,,1
)(,,0
)(
Ovvio che l’insieme definito dalla funzione enunciativa ‘ non P(x) ‘ è
caratterizzato dalla funzione di appartenenza:
c’(x) = 1 - c(x) (1.2)
Invero l’estensione di ‘non P(x) ‘ è l’esclusione di P(x) e viceversa , e lo
scambio tra l’estensione ed esclusione si realizza appunto calcolando
1 – c(x) .
L’insieme definito da una funzione enunciativa P(x) può essere
rappresentato graficamente attraverso la rappresentazione cartesiana della
funzione di appartenenza come indicata nella
fig (1.1).
Esempio
Sia data la funzione enunciativa
P(x) = “ x è maggiore di 3 “
che ha come universo del discorso tutti gli argomenti per i quali ha senso dire che sono
maggiori di 3, cioè tutti i numeri reali , allora l’insieme definito da P(x) verrà indicato
con
I ={(x , c(x)} ∀ x ∈ R
dove
0, se e solo se, x ≤ 3
c(x) =
1, se e solo se, x > 3
0
1
C(x)
X
I
v
I
f
U
Fig 1.1
1.4 Assiomi , leggi e proposizioni della logica classica
In questo ambito dedichiamo il nostro studio alla sintassi , e in riferimento
alla logica standard (cioè quella derivante da quella classica, o aristotelica,
a due valori di verità). Dunque le espressioni fondamentali del linguaggio
formale (che potremmo chiamare anche matematico) sono le proposizioni
(detti anche enunciati) ossia frasi per le quali ha senso dire se sono vere o
false. Simbolicamente il valore di verità viene indicato con 1 ovvero 0. Ad
esempio :
a) 100 è un numero naturale
b) Venezia è la capitale d’Italia
Ci si accorge immediatamente che la a) è vera e la b) è falsa; più
precisamente che la proposizione a) è vera, la proposizione b) è falsa.
Infatti la frase che segue non è una proposizione, cioè
Questo è il mio libro?
perché di essa non possiamo dire se è vera o falsa.
1.5 Proposizioni composte
Le proposizioni riportate nell’esempio di sopra rappresentano proposizioni
(enunciati) semplici, (elementari), ossia costituite soltanto dal soggetto e
dal predicato. Si possono formare proposizioni più complesse attraverso
l’uso dei cosidetti “connettivi”, quali ad esempio:
la congiunzione indicata con ∧ , and, ( e )
la disgiunzione indicata con ∨ , or, ( o )
ed i connettivi se…allora, se e solo se oppure utilizzando degli operatori
che mutano il significato stesso della frase quali la negazione non ed i
quantificatori nessuno, tutti , almeno una.
- CONGIUNZIONE
Siano date le seguenti proposizioni semplici
P
1
= Parigi è la capitale della Francia
P
2
= Torino è una città italiana
Entrambe possono formare una proposizione composta e cioè:
P = Parigi è la capitale della Francia e Torino è una città italiana
Simbolicamente si esprime P = P
1
∧ P
2
ed essa risulterà una proposizione
composta vera se sono vere
P
1
ed P
2
. Se indichiamo rispettivamente con
(v) ed (f) il vero ed il falso, si può formulare la seguente tabella di verità:
P
1
P
2
P
1
∧ P
2
v v v
v f f
f v f
f f f
L’operazione di congiunzione gode della proprietà commutativa e
associativa . Si può riflettere sul fatto che la congiunzione di due
proposizioni corrisponde alla intersezione di due insiemi.
- DISGIUNZIONE
Simbolicamente essa viene indicata con il simbolo ∨ (dal latino vel ) e tale
operazione corrisponde all’unione di insiemi ordinari, pertanto nella
disgiunzione una proposizione composta risulterà vera quando almeno una
delle proposizioni componenti è vera. Anche la disgiunzione gode della
proprietà associativa e commutativa. Diamo di seguito la tabella di verità:
P
1
P
2
P
1
∨ P
2
v v v
v f v
f v v
f f f
- CONDIZIONALE
L’enunciato indicato con P = P
1
→ P
2
può leggersi in vari modi quale
ad esempio : se P
1
allora P
2
, oppure P
1
implica P
2
.L’enunciato P è
detto condizionale . Di esso si riporta la tabella di verità:
P
1
P
2
P
1
→ P
2
v v v
v f f
f v v
f f v
- NEGAZIONE
La negazione di una proposizione si ottiene dalla precedente aggiungendo
il suffisso NON davanti alla proposizione.