presta attenzione riguardano le aspettative di vita che le persone hanno
al momento della loro nascita, al tipo di nutrizione cui possono
accedere, al loro livello di alfabetizzazione, in generale alle loro reali
‘capacità’. L’eguaglianza, quindi, deve essere considerata nello spazio
delle capacità, perché il concetto di capacità è oggettivo, “in quanto si
riferisce a caratteristiche osservabili di una persona, tali da consentire
l’effettuazione di confronti interpersonali.”
3
La versione di Nussbaum,
in particolare, si preoccupa di rilevare le disparità nelle capacità basate
sul sesso all’interno di singole nazioni.
Uno degli aspetti che distinguono l’approccio delle capacità dalle
teorie classiche sullo sviluppo e il benessere, forse quello che più di
tutti rappresenta la novità dell’approccio, è l’importanza attribuita alla
diversità umana. Le persone differiscono tra loro sotto diversi punti di
vista. Ci possono essere differenze di tipo fisico e psicologico, relative
al sesso, all’età, alla condizione di salute, alla presenza o meno di
handicap, alle abilità naturali; di tipo ambientale, ad esempio persone
che vivono in ambienti naturali ostili conducono stili di vita molto
diversi da quelli di chi vive in ambienti più ospitali. Non sono da
dimenticare poi le differenze sociali e culturali che definiscono i valori
e le priorità. Di conseguenza, la conversione di beni o di risorse di
base in utilità o, meglio, in ‘funzionamenti’, per usare la terminologia
propria dell’approccio delle capacità, è condizionata da queste
differenze. Persone diverse, quindi, hanno necessità diverse e qualsiasi
teoria dell’egualitarismo dovrebbe tenere in considerazione questa
semplice quanto evidente verità. E’ quello che si propone di fare
l’approccio delle capacità ogni volta che deve essere valutato il
benessere delle persone.
L’approccio delle capacità considera le persone ‘fini’ e non ‘mezzi’;
per questo mira ad assicurare le capacità ad ognuno individualmente
(anche se possono esistere capacità collettive, come ad esempio la
3
E. GREBLO, Dai diritti alle capacità. L’universalismo contestuale di Martha Nussbaum, in
“Filosofia politica”, n. 2, 2002, p. 258.
2
capacità di vivere in un ambiente sano, libero dalla malaria
4
). Le
persone, tuttavia, non sono destinatarie passive dei progetti di
sviluppo delle capacità. Al contrario, uno degli obiettivi principali
dell’approccio è quello di rendere le singole persone gli agenti primi
della realizzazione delle condizioni necessarie per lo sviluppo delle
proprie capacità. Se, per esempio, si vuole assicurare alle persone una
condizione di salute, bisogna fare in modo che le persone stesse
partecipino attivamente alla creazione delle risorse indispensabili per
questa capacità, e cioè l’accesso all’acqua potabile, la protezione dalle
malattie, la presenza di strutture sanitarie, nonché una conoscenza di
base in materia di salute.
5
Per capacità si intende ciò che le persone sono effettivamente in grado
di essere e di fare, le loro reali opportunità di intraprendere quelle
attività cui esse attribuiscono importanza, la libertà di godere ciò che
fa della vita una vita pienamente umana (per esempio: essere in salute,
essere istruiti, essere in pace, andare in giro senza vergogna, essere
rispettati, trovare un lavoro soddisfacente, essere parte di una
comunità, ecc.).
Intendendo le capacità in questo senso, necessariamente si pone il
confronto con i diritti, attribuiti agli individui in quanto esseri umani,
che generalmente vengono interpretati come assenza di interferenza da
parte delle istituzioni e che spesso sono validi solo sulla carta senza
avere una reale attuazione pratica, (è il caso delle donne in India, dove
esistono diritti costituzionali di eguaglianza che nella realtà non si
traducono nella capacità di godere di quei diritti).
6
Proprio per questo,
Sen e Nussbaum preferiscono parlare di capacità, cioè delle reali
possibilità che le persone hanno di esercitare i loro diritti, e
sostengono la superiorità del discorso sulle capacità rispetto a quello
sui diritti per diversi motivi.
4
J. M. ALEXANDER, Capabilities, human rights and moral pluralism, tratto dalla conferenza
“From sustainable development to sustainable freedom”, Università di Pavia, 2003, p. 17.
5
I. ROBEYNS, The capability approach: an interdisciplinary introduction, testo scritto per il
“Training course” in preparazione alla conferenza “From sustainable development to sustainable
freedom”, cit., p. 7.
6
M. C. NUSSBAUM, Diventare persone. Donne e universalità dei diritti, Bologna 2001, p. 18.
3
Innanzi tutto, il discorso sulle capacità è più concreto, poiché
assicurare una capacità significa garantire le condizioni pratiche per il
suo effettivo esercizio. Inoltre, mentre la libertà riconosciuta dai diritti
è spesso intesa in senso negativo, è cioè libertà da qualcosa, la libertà
che scaturisce dall’esercizio delle capacità è positiva, vale a dire è
libertà di fare o di essere ciò che si è in grado di fare o di essere.
7
Le capacità evitano anche le critiche cui il discorso sui diritti può
andar soggetto, vale a dire la critica alla legittimità, la critica alla
coerenza e la critica culturale.
8
La critica alla legittimità sostiene che
“i diritti vanno intesi in termini post-istituzionali, come strumenti, e
non come titoli etici anteriori alle istituzioni stesse.” Le capacità,
invece, sono proprie di ciascun individuo, indipendentemente da un
loro riconoscimento legale. La critica alla coerenza afferma che “al
diritto di un individuo a una certa cosa si deve accoppiare, (…), il
dovere di qualche altro agente di procurare quella cosa a quella
persona.” Le capacità, al contrario, non devono essere procurate da
qualcun altro, sono già proprie di ciascuno, anche se ovviamente
devono essere garantite le condizioni necessarie al loro pieno
esercizio. Infine, i diritti vanno incontro alla critica culturale che li
vuole appartenenti esclusivamente all’occidente e, quindi, di difficile
applicazione alle culture orientali.
9
Sen e Nussbaum non condividono
questa critica, perché, come fa notare Nussbaum, “questa convinzione
(…) non è molto precisa: sebbene il termine ‘diritto’ sia associato
all’illuminismo europeo, le idee che lo costituiscono hanno radici
profonde in molte tradizioni.”
10
È, tuttavia, innegabile che i diritti
continuino a essere, di fatto, pensati come occidentali, mentre le
capacità sono più facilmente attribuibili a tutti gli individui.
11
Il più
7
A. K. SEN, La diseguaglianza. Un riesame critico, Bologna 1994, capitolo IV.
8
A. K. SEN, Lo sviluppo è libertà, cit., pp. 228-234.
9
Cfr. Ibidem, p. 233: “In America ed Europa esiste una chiara tendenza, sia pure implicita, a dare
per scontato che la libertà politica e la democrazia siano da molto tempo caratteri basilari della
cultura occidentale e che non sia facile trovarli in Asia.”
10
M. C. NUSSBAUM, Diventare persone, cit., p. 118.
11
Cfr. Ibidem: “(...) parlando semplicemente di quello che le persone sono di fatto in grado di fare
e di essere, noi non diamo nemmeno l’impressione di privilegiare un’idea occidentale. Idee di
attività e di abilità sono dovunque, e non c’è cultura in cui la gente non si chieda che cosa sia in
grado di fare e quali opportunità di funzionamento abbia.”
4
ampio universalismo dell’idea di capacità è, forse, l’elemento su cui
maggiormente si fonda la superiorità del discorso sulle capacità
rispetto al discorso sui diritti.
Sen e Nussbaum non negano, tuttavia, il valore dei diritti e
l’importanza che essi hanno avuto nel migliorare le condizioni di vita
di molte persone, soprattutto delle donne, ma preferiscono pensare ai
diritti come a diritti alle capacità fondamentali.
12
Nussbaum a questo
riguardo è, tuttavia, più chiara di Sen, come lei stessa riconosce
nell’introduzione del suo Diventare persone quando analizza le
differenze tra la sua versione dell’approccio delle capacità e quella di
Sen.
13
Nussbaum, infatti, definisce esplicitamente i diritti come
capacità combinate
14
, vale a dire capacità di funzionare ad esempio
nell’area dell’integrità fisica e della salute o dell’istruzione (nel
capitolo secondo saranno esaminate più dettagliatamente la lista delle
capacità combinate elaborata da Nussbaum e la sua concezione dei
diritti come capacità combinate).
L’approccio delle capacità non è un dogma o una teoria chiusa che si
limita a definire una volta per tutte e in maniera astratta la lista delle
capacità che hanno valore, è da considerarsi piuttosto una teoria che
parte, sì, da basi normative ma che si presta ad essere uno strumento
pratico per valutare le disuguaglianze in varie realtà del mondo, senza
mai trascurare le differenze che possono esistere nelle priorità delle
capacità a seconda delle realtà locali in cui opera. Nussbaum, infatti,
definisce l’approccio un approccio orientato all’esito
15
. L’esito è la
creazione di un mondo giusto dove tutti abbiano le capacità per vivere
una vita degna di essere vissuta e completamente umana, nella quale i
bisogni e i desideri siano soddisfatti. Per vita completamente umana
Nussbaum intende una vita in cui siano garantite un’adeguata
12
J. M. ALEXANDER, Capabilities, human rights and moral pluralism, cit., p. 11.
13
M. C. NUSSBAUM, Diventare persone, cit., pp. 25-29.
14
Ibidem, pp. 116-117.
15
M. C. NUSSBAUM, Beyond the social contract: capabilities and global justice, tratto dalla
conferenza “From sustainable devolopment to sustainable freedom”, cit., p. 16.
5
nutrizione, l’educazione delle proprie facoltà mentali, protezione
dell’integrità fisica, libertà di parola, di religione e così via.
16
Essa presenta la propria versione dell’approccio delle capacità come
una teoria filosofica che può essere tradotta in principi politici, ma che
proprio per questo ha bisogno della collaborazione di altre discipline.
Molto deve essere ancora fatto, dice Nussbaum, per dare corpo a
queste teorizzazioni e questo compito pratico spetta agli economisti,
agli studiosi di scienze politiche, agli agenti della politica.
17
Come Nussbaum ha auspicato, l’elaborazione della teoria
dell’approccio delle capacità ha determinato un considerevole
intensificarsi di ricerche in vari campi, non solo in filosofia morale,
economia o teoria politica, ma anche e soprattutto in aree più
specifiche concernenti l’educazione, la salute, la disponibilità di cibo,
l’ecologia e tutti gli aspetti che riguardano la vita delle donne.
Alcune di queste ricerche sono state condotte dagli agenti che si
occupano direttamente dello sviluppo, come ad esempio le agenzie
dell’Onu. Tali agenzie, all’interno dell’United Nations Development
Programme, si sono servite dell’approccio delle capacità per stendere
gli annuali rapporti sullo sviluppo umano, intitolati appunto Human
Development Reports, già esistenti ma ristrutturati sulla base dei
principi teoretici elaborati da Sen e Nussbaum (che contribuiscono in
prima persona alla stesura dei rapporti). Nel terzo capitolo si
esaminerà in particolare il “Rapporto sullo sviluppo umano n. 6” del
1995, interamente dedicato alla condizione delle donne in varie parti
del mondo. Analizzando i dati prodotti, si tenterà di evidenziare in
quali modi i redattori del rapporto si sono serviti dell’approccio delle
capacità come base concettuale del loro lavoro.
L’approccio delle capacità costituisce il fondamento filosofico anche
di altre organizzazioni e associazioni che operano e fanno ricerche nel
campo dello sviluppo umano. Tra queste c’è la Sewa (Self Employed
Women’s Association). Questa associazione si occupa della
16
Ibidem.
17
Ibidem, p. 17-18.
6
condizione delle donne indiane partendo da una prospettiva
economica, garantendo loro tutti quei diritti che in India sono
riconosciuti solo nominalmente, cioè il diritto di essere libere dalla
povertà, di avere un lavoro, di mantenerlo, di poter ottenere un credito
e di essere, quindi, indipendenti dalla famiglia, di raggiungere un certo
livello di istruzione e anche di poter usufruire di assistenza sindacale.
La Sewa non dichiara di servirsi dell’approccio delle capacità come
proprio presupposto teoretico, ma il modo in cui opera ne richiama
chiaramente i fondamenti. Nussbaum stessa parla ampiamente di
questa associazione nel suo Diventare persone, portandola come
esempio dell’importanza che deve essere riconosciuta alle capacità se
si vuole concretamente migliorare le condizioni delle persone, in
questo caso delle donne.
18
Il quarto capitolo sarà dedicato all’operato e
all’attività di ricerca di questa associazione.
La caratteristica dell’approccio delle capacità che gli permette di
essere usato dai diversi agenti dello sviluppo in contesti differenti, è il
suo universalismo. Come già detto, il concetto di ‘capacità’ è più
universale di quello di ‘diritto’ e proprio per questo più facilmente
applicabile alle realtà in cui le organizzazioni non governative e le
altre organizzazioni operano. Inoltre, nello stesso momento in cui si
presenta come universale, tale approccio riconosce anche che ogni
società e ogni cultura hanno le loro peculiarità che non possono non
essere tenute in debita considerazione.
18
M. C. NUSSBAUM, Diventare persone, cit., p. 30.
7
II. L’APPROCCIO DELLE CAPACITÀ NELLA
FORMULAZIONE DI AMARTYA SEN
1. Il preliminare concetto di eguaglianza
Amartya Sen parla per la prima volta di capacità nel saggio
Equality of what? scritto per la Tanner Lecture del 1979
19
. In quel
saggio, dopo aver preso in esame tre tipi di uguaglianza, quella
utilitaristica, quella dell’utilità totale e quella di Rawls, Sen passava a
spiegare cosa in quelle teorie mancava: “ (…) un qualche concetto di
capacità fondamentali: la capacità di una persona di fare certe cose
fondamentali.”
20
Veniva così definito un nuovo tipo di uguaglianza
chiamata “uguaglianza delle capacità fondamentali.”
21
E’ poi in un’opera successiva che Sen riprende il discorso
sull’eguaglianza in maniera più approfondita, parlando più
dettagliatamente anche di capacità e funzionamenti
22
.
In quest’opera sono preliminarmente poste due domande di base,
“perché eguaglianza?” ed “eguaglianza di che cosa?” tra loro
interdipendenti
23
. La prima di queste domande trova la sua ragion
d’essere nella seconda, perché non si può spiegare per quale motivo
vogliamo parlare di eguaglianza se prima non definiamo lo spazio
dell’eguaglianza, vale a dire quali siano gli oggetti da eguagliare
24
.
Ogni teoria che si occupa degli assetti sociali, dice Sen, ricerca
l’eguaglianza nello spazio di qualcosa, “qualcosa che riveste
particolare importanza nella teoria di volta in volta presa in
19
A. K. SEN, Equality of what?, trad. it. Uguaglianza, di che cosa?, in ID., Scelta, benessere,
equità, Bologna 1986.
20
Ibidem, p. 357.
21
Ibidem, p.358.
22
A. K. SEN, La diseguaglianza, cit.
23
Ibidem, p. 29.
24
Ibidem.
8
considerazione.”
25
Per l’utilitarismo, ad esempio, l’eguaglianza deve
essere ricercata nell’ambito delle utilità, per Rawls in quello della
distribuzione di ‘beni primari’, per Dworkin in quello delle risorse, per
Nozick in quello dei diritti alla libertà
26
. Ciò che accomuna questi
approcci degli assetti sociali è la domanda ‘eguaglianza di che
cosa?’
27
e ciò che li differenzia è la risposta che è data da ciascuno di
essi.
L’approccio elaborato da Sen per analizzare la diseguaglianza tra le
persone si serve, come già detto, del concetto di ‘capacità
fondamentali’ e poiché ogni individuo si distingue dagli altri in base
alle doti personali e alle opportunità offertegli dall’ambiente e dalla
società in cui vive di portare alla massima espressione tali doti,
l’elemento primo cui bisogna prestare attenzione è la diversità umana.
Per Sen la diversità umana può essere determinata da cinque cause:
l’eterogeneità delle persone, le diversità ambientali, le variazioni del
clima sociale, le differenze relative e la distribuzione intrafamiliare
28
.
Non è, perciò, possibile formulare una qualsiasi teoria
dell’eguaglianza senza tenere presente che a parità di reddito,
ricchezza, libertà, diritti e quant’altro, persone diverse fruiranno di
tutto questo in maniera diversa.
Prima di tutto, gli esseri umani differiscono tra loro per “età, sesso,
invalidità o malattie, e queste differenze diversificano anche le loro
necessità”
29
. Una persona anziana o un neonato ha bisogno di
maggiori cure rispetto a un adulto nel pieno delle forze; una donna in
stato di gravidanza ha bisogno di più calorie; una persona con
difficoltà motorie necessita di aiuti meccanici per spostarsi da un
luogo a un altro.
25
Ibidem, pp. 29-30.
26
Si vedano le note 1 e 2 di Ibidem.
27
Cfr. Ibidem, p. 35: “La mancanza di tale eguaglianza renderebbe la teoria colpevole di
discriminazioni arbitrarie e difficile da difendere. Una teoria può accettare-e addirittura richiedere-
diseguaglianza in termini di molte variabili, ma nel difendere tali disuguaglianze sarebbe difficile
ignorare il bisogno di collegarle, in ultima istanza, a una considerazione eguale per tutti in qualche
modo adeguato e sostanziale.”
28
A. K. SEN, Lo sviluppo è libertà, cit., pp. 74-76.
29
Ibidem.
9