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alcool e acido, essendo il genere Mycobacterium caratterizzato dalla proprietà
dell’acido-alcool resistenza.
La classificazione dei micobatteri è piuttosto complessa; attualmente il genere
include microrganismi patogeni per l’uomo e per gli animali, facenti capo a
M. tuberculosis e come tali inclusi nel gruppo dei micobatteri tubercolari
(M. africanum, M. bovis, M. microti). Gli altri micobatteri patogeni
(M. paratuberculosis, M. lepraemurium, M. leprae e i responsabili di tubercolosi
cutanea come M. farcinogenes e M. senegalense) sono raggruppati separatamente e
denominati MOTT (Mycobacteria Other Than M. tuberculosis).
I micobatteri atipici, saprofiti o patogeni occasionali, sono stati raggruppati nel
1959 da Runyon in 4 gruppi (denominati “gruppi di Runyon”), in base alla
pigmentazione, alla morfologia delle colonie e alla velocità di crescita che può essere
lenta, se necessitano di più di 7 giorni d’incubazione, o veloce se hanno bisogno di
meno di 7 giorni d’incubazione
(Caldora et al., 2001).
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Classificazione
Micobatteri
Micobatteri
tubercolari
(M. africanum,
M. bovis, M. microti)
MOTT -Mycobacteria
Other Than M.
tuberculosis
(M. paratuberculosis,
M. lepraemurium,
M. leprae
M. farcinogenes
M. senegalense)
4 gruppi di Runyon
micobatteri atipici,
saprofiti o patogeni
occasionali
(M.kansasii,M.simiae,
M.marinum,M.scrofula
ceum,M.avium,M.intra
cellulare,M.ulcerans,
M.xenopi,M.chelonae,
M.fortuitum,
M.smegmatis)
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§ 2 MYCOBACTERIUM AVIUM SUBSPECIES PARATUBERCULOSIS
L’agente eziologico della paratubercolosi, M.a. paratuberculosis, è un bacillo
gram positivo, aerobio, che ha dimensioni di 1,0-2,0 µm di lunghezza e di 0,5 µm di
larghezza. La sua temperatura ottimale per l’accrescimento è di 37°C (Chiodini,
1986), è un batterio ad accrescimento lento, difficile da coltivare e che richiede un
apporto di micobactina (Cocito et al., 1994; Taylor, 1949).
Nel terreno di coltura solido forma piccole colonie (1-5 mm), rugose e
generalmente non pigmentate, visibili dopo 4-8 settimane e, solo in alcuni casi anche
dopo 6 mesi (Chiodini et al., 1984 a).
Ci sono ceppi di M.a.partuberculosis che producono un pigmento giallo-
arancio, osservabili sia nel mezzo di coltura solido, sia nella mucosa intestinale.
Questi micobatteri pigmentati sono caratteristici degli ovini (Stamp e Watt, 1954;
Taylor, 1951; Taylor, 1945) anche se alcune volte sono stati riscontrati anche nei
bovini (Watt, 1954; Stuart, 1965 a).
Mahmouud et al. (2002) descrissero il primo caso di una lesione pigmentata
granulomatosa nel fegato di una pecora.
La struttura della parete cellulare è comune a tutti i micobatteri, (vedi foto 2)
ed è formata da quattro strati. Il più interno è il peptidoglicano formato da N-
acetilglucosammina, acido N-acetilmuramico e da un piccolo gruppo di aminoacidi
rappresentato da L-alanina, D-alanina, acido D-glutammico e lisina o, in alternativa,
acido diaminopimelico (DAP).
Questi costituenti sono assemblati insieme in modo da formare un’unità di
ripetizione, il glican-tetrapeptide (Thomas D. Brock et al., 2003). Questo strato è lo
scheletro del batterio che gli da forma e rigidezza. Di seguito vi è uno strato
composto da polimeri di arabinosio e galattosio che mette in contatto il
pepticoglicano con lo strato che segue, formato da acidi micolici. Questi sono acidi
grassi formati da 60 a 90 atomi di carbonio con catene ramificate, e con un punto di
fusione molto alto (Goodfellow et al., 1982).
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Lo strato più superficiale è costituito da glicolipidi e lipopolisaccaridi
(lipoarabinomanano, LAM). Il LAM gioca un ruolo importante nella patogenesi della
tubercolosi (Barnes et al., 1992 a), della lebbra (Barnes et al., 1992 b) e della
paratubercolosi (Sugden et al., 1989; McNab et al., 1991 b). A prova di questo, sono
stati descritti microrganismi con una parete cellulare deficiente (cell Wall Deficient,
CWD), denominati sferoplasti, isolati da tessuti di pazienti con il morbo Crohn
(Chiodini, 1989) e animali con la malattia di Johne (El Zaatari et al., 2003). Secondo
alcuni ricercatori è proprio questa forma con la parete modificata che scatena la
risposta immune anomala che causa la malattia.
I quattro strati della parete cellulare conferiscono a M.a.paratuberculosis due
caratteristiche molto importanti:
• Acido-alcool resistenza, che costituisce la base per il riconoscimento dei
micobatteri secondo la colorazione di Ziehl-Neelsen. Grazie all’elevata
composizione lipidica della loro parete che varia dal 20-40% del peso secco
(Smith, 1969) hanno la capacità di trattenere la colorazione della fucsina di
Ziehl anche se trattati con decoloranti come l’alcol e gli acidi minerali (alcol-
acido di Ziehl-Neelsen).
• Elevata capacità di sopravvivenza in ambienti sfavorevoli per periodi di tempo
elevati, questo ha una ripercussione molto importante nell’epidemiologia della
malattia. A causa dell’importanza che ha la resistenza di M.a.paratuberculosis
fuori dell’ospite, per il controllo della malattia, questa caratteristica verrà
ripresa in seguito, nel capito corrispondente.
Foto 1: Bacilli acido alcool resistenti
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Foto 2: Struttura della parete dei batteri Acido-alcool resistenti
Il bisogno di metalli per l’accrescimento microbico è un fattore comune a tutti i
batteri, in pratica il ferro si chela grazie ai siderofagi presenti nel liquido
extracellulare (exocheline) o nella membrana cellulare (micobactine). Il primo
siderofago isolato da un micobatterio fu la micobactina, che è caratterizzata da una
struttura idrofobica che facilita il trasporto del ferro attraverso la complessa parete
cellulare (Schwartz e De Voss, 2001). M.a.paratuberculosis si distingue per non
avere questo composto e, pertanto, richiede l’apporto esterno di micobactina per
l’isolamento in vitro (Merkal e Curran, 1974; Thorel et al., 1990; Barclay et al.,
1985). Inizialmente nel terreno di coltura si usava la micobactina P, ottenuta a partire
da M.phelei, oggi la maggior parte dei laboratori impiegano la micobactina J, ottenuta
a partire dagli isolati di M.a.paratuberculosis adattati all’accrescimento in un mezzo
sintetico in laboratorio (Merkal e McCullough, 1982).
In passato questa dipendenza da micobactina veniva utilizzata per
l’identificazione di M.a.paratuberculosis, in quanto si riteneva tipica di questa specie,
attualmente differenti fattori hanno portato ad una diversa valutazione, infatti:
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• Sono stati evidenziati ceppi di M.avium e M.avium subspicium silvaticum che
richiedono l’apporto esterno di micobactina (Thorel et al., 1990; Bono et al.,
1995);
• Ci sono ceppi di M.a.paratuberculosis capaci di crescere in mezzi solidi senza
micobactina, se ad essi viene aggiunto citrato ferrico ammonico al 1% che
apporta la quantità di ferro necessaria per il metabolismo di
M.a.paratuberculosis (Merkal e Curran, 1974);
• Alcuni ceppi isolati da M.a.paratuberculosis mantenuti in laboratorio e
sottoposti a frequenti seconde risemine possono perdere la dipendenza da
micobactina e possono così crescere più rapidamente che nell’isolamento
primario (Gunnarsson e Fodstad, 1979; Merkal e Curran, 1974).
§ 2.1 Infezione e patogenesi
Inizialmente si credeva che dopo l’ingestione, M.a.paratuberculosis, si
localizzasse nelle tonsille e nei linfonodi retrofaringei e di qui si disseminasse
nell’intestino e nei linfonodi mesenterici (Payne e Rankin, 1961b); sperimentazioni
successive hanno dimostrato che la maggior parte delle lesioni negli stadi iniziali
dell’infezione, si riscontrano nelle placche di Peyer intestinali e nei linfonodi
mesenterici associati (Brostherstone et al., 1961; Nisbet et al., 1962; Sigurdardottir et
al., 1999). Per questo attualmente si ritiene che l’infezione paratubercolare inizi con
l’invasione del tessuto linfoide intestinale (vedi figura 3).
M.a.paratuberculosis penetra nel tessuto linfoide intestinale attraverso le
cellule epiteliali M, che ricoprono la cupola dei follicoli linfoidi della placca di Peyer
(Momotani et al., 1988). A seguito della penetrazione nelle cellule M, i micobatteri
sono trasportati tramite i vacuoli, nei macrofagi subepiteliali e intraepiteliali della
lamina propria adiacente alla placca di Peyer, dove si localizzano all’interno dei
fagosomi (Clarke, 1997; Momotani et al., 1988; Bendixen et al., 1981).
Uno dei punti cruciali per lo stabilimento definitivo e la progressione della
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malattia, è la persistenza di M.a.paratuberculosis in questo tipo di cellula (Valentin-
Weigand e Goethe, 1999).
I micobatteri intracellulari diversi da M.a.paratuberculosis hanno sviluppato
meccanismi di difesa differenti per adattarsi alle condizioni avverse che esistono
all’interno del fagosoma quali: fusione fagosoma-lisosoma, pH acido, proteasi,
difensine e intermediari tossici dell’ossigeno.
In particolare i micobatteri sono in grado di provocare:
1) La modificazione del fagosoma mediante l’inibizione dell’acidificazione e la
produzione di sulfatidina, che previene la fusione fagosoma-lisosoma e attività
enzimatica lisosomale;
2) La resistenza o neutralizzazione delle sostanze intermediarie del metabolismo.
Si è dimostrato che M.a.paratuberculosis, nonostante i meccanismi
antimicrobici all’interno del fagosoma, può persistere nel macrofago in vitro per varie
settimane senza una significativa perdita di vitalità (Zurbrick e Czuprynski, 1987;
Bendixen et al., 1981). I meccanismi, grazie ai quali M.a.paratuberculosis resiste alla
degradazione intracellulare e si moltiplica nei macrofagi, ancora non sono del tutto
chiari (Bendixen et al., 1981) anche se si crede che lo strato lipidico giochi un ruolo
importante nella resistenza ai meccanismi di difesa intracellulare (Sibley et al., 1990;
Tanaka et al., 1996). Tooker et al., 2002 hanno pubblicato uno studio che suggerisce
tre possibili modi mediante i quali M.a.paratuberculosis sopravvive nei macrofagi
bovini:
1) L’interferenza dell’espressione proteica e l’inibizione della maturazione del
macrofago;
2) L’espressione di proteine che interferiscono direttamente con l’attivazione
del macrofago;
3) La penetrazione nella cellula in una maniera particolare, che inibisce
meccanismi di attivazione. In tale studio si è analizzata l’espressione genica
notando che, dopo la fagocitosi di M.a.paratuberculosis, la stessa era molto
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diversa rispetto a quella osservata nel medesimo esperimento con Escherichia
Coli.
Se il sistema antimicrobico dei macrofagi mediante una stimolazione
immunologica è capace di distruggere i micobatteri, l’animale supera l’infezione; se
però i micobatteri sopravvivono all’interno del macrofago, l’animale può sviluppare
la malattia o rimanere per un lungo periodo portatore asintomatico, espellendo
M.a.paratuberculosis nelle feci.
Foto 3: Invasione del tessuto linfoide intestinale da parte del micobatterio