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sviluppo di apprendimento individuale, ma è anche rivolto a migliorare lo stato della conoscenza 
del singolo individuo e della comunità, sia che si tratti di essa come classe, scuola o società. 
 Da queste riflessioni prende spunto questo elaborato che cerca di dimostrare in che modo è 
possibile ripensare la classe come comunità che costruisce conoscenza. 
 Il primo capitolo offre una panoramica delle nuove tecnologie che possono migliorare il 
processo di apprendimento e ne valuta la loro diffusione. Viene definito il significato di “nuove 
tecnologie” e vengono analizzati gli strumenti delle tecnologie didattiche che possono aumentare le 
potenzialità formative. 
 Il secondo capitolo presenta le  teorie dell’apprendimento che possono indirizzare l’utilizzo 
delle tecnologie digitali a scuola. Si prendono in esame il comportamentismo, il costruttivismo di 
Piaget, l’approccio socio-culturale di Vygotskij, la psicologia culturale di Bruner e la teoria delle  
intelligenze multiple di Gardner. 
 Con il terzo capitolo si cerca di comprendere quali sono i principi fondamentali per costruire 
un ambiente di apprendimento supportato dalle tecnologie digitali e si propone un ipotetico progetto 
che utilizza la tecnologia per l’apprendimento da attuare nelle scuole valdostane o del territorio 
nazionale. 
 Infine il quarto capitolo si occupa di come formare gli insegnanti in modo da poter far loro 
gestire autonomamente un insegnamento basato non solo sul metodo trasmissivo di tipo tradizionale 
ma su un approccio costruttivista sociale basato sull’utilizzo delle tecnologie. 
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CAPITOLO 1  
 
LE TECNOLOGIE DIGITALI PER LA SCUOLA 
 
 
 
 
 
 
 
 
Alle soglie del nuove millennio possiamo affermare che l’uomo vive quotidianamente a 
contatto con le  tecnologie digitali  e che esse hanno rivoluzionato il suo modo di vivere. Questo 
discorso vale anche per la scuola in quanto, con l’impiego sempre maggiore delle tecnologie a 
servizio della didattica, anche l’apprendimento ha subito forti cambiamenti. E’ facile pensare che 
l’utilizzo della tecnologia nelle scuole possa favorire un abbassamento qualitativo degli 
apprendimenti; ciò potrebbe portare ad una scuola più allettante ma anche più futile. In realtà non è 
detto che sia così. Le nuove tecnologie possono anche liberare nuove potenzialità che la scuola ha il 
compito di far emergere; si possono affrontare nuove sinergie tra mente e media e possono 
emergere opportunità per l’attività costruttiva del pensiero. L’introduzione dei nuovi media non è 
dunque una operazione da lasciare al caso. 
Questo capitolo ha lo scopo di far riflettere sull’innovazione tecnologico-didattica. Inizia 
definendo il concetto di nuove tecnologie, prosegue con alcuni esempi di tecnologie che possono 
migliorare la formazione e si conclude con alcune ricerche che ne valutano la diffusione.  
 
1. 1. Le tecnologie digitali 
Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione ICT (Information and 
Communication Technologies) sono “nuovi media”. Essi trovano il loro emblema nel personal 
computer e sono tutte quelle tecnologie che consentono il trattamento e lo scambio delle 
informazioni, siano esse testuali, visive o sonore, in formato digitale. 
Queste tecnologie hanno portato profondi cambiamenti nella società sia a livello economico 
che sociale. Nello spazio di una generazione i canali di informazione si sono moltiplicati creando 
difficoltà di comprensione e di comunicazione intergenerazionale. Premesso ciò bisogna 
sottolineare che le conquiste tecnologiche recenti non hanno trovato terreno fertile nel mondo 
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scolastico, anche a causa del corpo docente che non sempre è stato sufficientemente motivato a 
recepirle. Nel contempo gli studenti se ne sono appropriati per i loro usi, amplificandone la 
separazione tra generazioni. Sembra quindi necessario riavvicinare la scuola ai suoi studenti e 
questo può essere fatto solamente tenendo conto del contesto profondamente mutato in cui essi 
vivono. 
Secondo Calvani (1999) il processo di diffusione dei nuovi media nella scuola può essere 
articolato in diverse fasi: la prima riguarda la fase dell’istruzione programmata e dei tutoriali, in cui 
il computer è visto come un sostituto dell’insegnante che gestisce il percorso di apprendimento 
dell’allievo; la seconda vede l’avvento del computer come utensile cognitivo, caratterizzata dagli 
ambienti general purpose (scrittura, archiviazione, disegno, foglio elettronico); la terza fase trova 
l’emblema nel computer come utensile comunicativo multimediale; la quarta fase vede il computer 
come utensile cooperativo e si presenta sempre più caratterizzata da una ricerca di ambienti che 
favoriscono l’apprendimento collaborativo a distanza. 
Bisogna attendere gli inizi degli anni ottanta per vedere la diffusione del personal computer 
nelle scuole di tutti i paese avanzati del mondo. Da allora si è cercato di capire come sarebbe stato 
possibile utilizzare il computer per insegnare e sono state elaborate diverse tipologie di rapporti tra 
docente e studente. Sono state descritte tali funzioni attraverso acronimi dei quali però non esiste 
ancora uno standard internazionale e questo porta talvolta a fraintendimenti. I più frequenti sono: 
Computer Assisted Learning (CAL), Computer Assisted Instruction (CAI), Computer Based 
Teaching (CBT) (Fierli, 2003). 
 
1.2. Elementi caratterizzanti le tecnologie a scuola 
Secondo Mumford (1961) gli artefatti si classificano in tre categorie: gli utensili, le 
macchine, gli automi. Gli utensili forniscono un aiuto al lavoro umano, come il cacciavite, ma 
l’uomo deve continuare a fornire energia e controllo; le macchine sostituiscono l’uomo 
nell’erogazione dell’energia, come l’automobile, ma gli lasciano il controllo; gli automi 
sostituiscono l’uomo in tutto e per tutto, come un robot, garantendo energia e controllo.  Alcuni 
strumenti però, come ad esempio il telescopio non hanno a che fare con l’energia, ma con 
l’informazione. Sono anche questi dei facilitatori del lavoro umano, anche se non di quello fisico, 
ma di quello intellettuale. In un certo senso, quindi, anche essi si possono chiamare utensili. Le ICT 
(Information and Communication Technologies)  offrono una grande quantità di tali strumenti, che 
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in qualche caso sono l’evoluzione di quelli antichi. Nelle pagine che seguono analizzo come gli 
strumenti delle ICT possono aumentare le potenzialità formative. 
 
a) L’ipertesto 
Gli ipertesti hanno cominciato la loro diffusione alla fine degli anni ottanta e hanno avuto 
una serie di precursori tra cui Nelson (1980) che ha creato anche il termine ipertesto. 
Un ipertesto è un programma la cui caratteristica principale è quella di consentire 
associazioni tra elementi testuali. In parole semplici sono costituiti da blocchi di informazione e 
associazione (link) tra essi. Queste applicazioni permettono di saltare in modo istantaneo da un testo 
presente nello schermo ad un altro testo associato e da questo far apparire un’immagine, attivare un 
suono o semplicemente passare ad un ulteriore testo. Ciò porta il lettore a costruirsi un percorso di 
conoscenza non lineare, ma associativo. Bisogna distinguere due modi in cui caratterizzare 
l’impiego degli ipertesti: essere lettore (navigare in un ipertesto già costruito) o essere autore 
(costruire l’ipertesto). 
Per quanto riguarda la navigazione ipertestuale in ambito scolastico molto spesso si sottovaluta 
come questa possa essere dispersiva per studenti troppo piccoli e inesperti della materia. La 
navigazione ipertestuale, lasciando il soggetto libero di muoversi, rinuncia a ogni gradualità per 
quanto riguarda la difficoltà. Secondo Calvani (1999)  i problemi della lettura ipertestuale possono 
essere riassunti nei seguenti punti: 
 Il link può essere compiuto dal lettore in modo casuale; 
 Si diventa consapevoli della natura del link solo dopo averlo attivato; 
 Il link, specialmente se comporta cambio di videata, può far dimenticare l’idea che lo ha 
motivato; 
 Spesso l’associazione ha senso per l’autore, ma non per il lettore; questo può trovarsi 
intrappolato in percorsi non desiderati, che non comprende; 
 Le esigenze di “effetto” (video, audio, ecc…) possono prendere il sopravvento rispetto ai 
reali bisogni di comprensione del lettore; 
La navigazione in ambienti ipertestuali pertanto non è adatta a studenti inesperti. Viene da 
chiedersi allora quali condizioni deve avere un ipertesto per presentarsi utile all’apprendimento. 
Calvani risponde a ciò proponendo uno schema che tiene conto dei fattori del soggetto e dei fattori 
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dell’ipertesto multimediale. Le variabili inerenti il soggetto (preconoscenze e metacognizione) 
incidono sul minore o maggiore grado di intenzionalità della comunicazione. Senza una minima 
capacità di navigare consapevolmente i prodotti ipermediali rimangono didatticamente non fruibili. 
Ciò che fa la differenza, a parità di prodotto, è la capacità che ha il soggetto di orientarsi. Per quanto 
riguarda le caratteristiche di cui l’oggetto dovrebbe disporre, una principale è l’usabilità. Con 
questo termine ci si riferisce alla facilità d’uso nell’utilizzo del prodotto. 
Nel caso della costruzione dell’ipertesto il primo problema che si incontra è quello di esplicitare 
in modo chiaro gli obiettivi didattici. Si tratta di scegliere consapevolmente la direzione in cui 
giocare la carta della multimedialità finalizzando bene l’obiettivo. Si possono utilizzare queste 
tecnologie per motivare gli alunni che presentano difficoltà con l’insegnamento tradizionale, ma 
non bisogna dimenticare che esistono mezzi alternativi all’ipertestualità (Es: brain storming) che 
favoriscono l’alunno nell’apprendimento, altrettanto utili e che richiedono tempi di creazione meno 
lunghi. La costruzione attiva di un ipertesto però può far anche comprendere come un problema 
possa essere visto da diverse angolature. Qualunque sia l’orientamento che si segue è importante 
che si mettano in chiaro i termini delle scelte e che sia presente un’esplicita consapevolezza circa le 
finalità e il processo didattico cui di intende dar vita. 
 
b) Le animazioni e le simulazioni 
Le animazioni non si servono di immagini reali e permettono un livello di interattività basso, 
ma sono degli strumenti potenti specialmente come mezzi per rendere più accattivanti e 
comprensibili immagini statiche. Le animazioni possono essere utilizzate per motivare l’alunno, per 
dimostrare concetti ed enfatizzare dettagli o aspetti di fenomeni complessi. 
L’utilizzo delle animazioni permette di poter apprezzare e capire fenomeni che in natura 
avvengono troppo velocemente (Es: reazioni chimiche) oppure troppo lentamente (Es: morte di una 
stella), ma consentono anche al docente di poter far osservare agli studenti fenomeni che possono 
risultare pericolose (Es: esplosioni atomiche). 
L’utilità delle animazioni risiede anche nel fatto che permettono la visualizzazione di 
ambienti difficilmente visitabili o fenomeni che avvengono lontano da noi, evitando in tal modo che 
gli studenti ne elaborino immagini stereotipate ed errate. 
Le simulazioni sono caratterizzate da un alto livello di interattività e dall’opportunità 
all’alunno di modificare valori e condizioni di un fenomeno per analizzare le conseguenze: questa 
possibilità spinge lo studente a formulare ipotesi, a discuterne con i compagni e testarle. Tale