Introduzione
4
strumenti della comparazione giuridica, è possibile esplorare le esperienze,
in tema di applicazioni informatiche nella giustizia civile, collaudate in altri
ordinamenti.
La comparazione giuridica, è noto, consiste in un’operazione di confronto,
nella misura delle differenze tra sistemi giuridici su un istituto o su un
complesso di istituti che di questi sistemi giuridici fanno parte
4
. Non è
possibile comparare globalmente un certo sistema con altri, si tratterebbe di
un’attività illusoria
5
, mentre è possibile compararne alcuni aspetti. In questa
ricerca ci si riferisce all’implementazione dell’informatica nella giustizia
civile. In detto ambito la comparazione tra gli ordinamenti dovrebbe
superare le nozioni che la tradizione del diritto comparato è solita
distinguere, ovvero tra sistemi civil law e sistemi common law, sia nel senso
processuale (in merito all’applicazione o meno dell’adversarial system, per
esempio) sia nel senso sostanziale (e. g. per ciò che concerne il trasferimento
della proprietà nell’alienazione dei beni). In questo caso, un’eventuale
suddivisione dei modelli si potrebbe fondare su presupposti differenti da
quelli che raggruppano le classificazioni tradizionali dei sistemi giuridici.
Essa si caratterizzerebbe dalle scelte di policy effettuati dagli ordinamenti,
quali permettere a programmi software di interagire con gli utenti nella
concessione di provvedimenti giurisdizionali; oppure limitarsi ad una mera
informatizzazione della procedura e degli uffici, rifiutando totalmente
l’ipotesi dell’emanazione di provvedimenti giurisdizionali da parte di una
procedura automatizzata. Si fa riferimento, in particolare, all’emanazione
automatica di ingiunzioni di pagamento, che nel sistema inglese e tedesco
sono concesse attraverso un procedimento automatizzato accessibile via
Internet.
La separazione tra i sistemi che si servono i due modelli di informatizzazione
esiste, ma non è così netta, nei fatti, rispetto a quanto potrebbe apparire: la
conversione delle procedure amministrative informatizzate nell’E-
governement è comune a molti sistemi giuridici, a differenza dell’emanazione
di alcuni provvedimenti giurisdizionali automatizzati, rifiutati da certuni
ordinamenti, come per esempio quello italiano.
Secondo tale direzione si indirizza lo studio del modello tedesco, onde
chiedersi, con l’apporto di statistiche giudiziarie, quanto detta soluzione
possa dirsi sia efficiente e sia rispettosa dei diritti delle parti, creditore e
debitore. Da questo punto di vista, oltre alla prestigiosa tradizione storica, ci
si chiede se il modello tedesco può ancora trasmettere qualcosa.
Nel quarto capitolo si tratta dell'esame dei progetti di informatizzazione
realizzati, ovvero in corso di realizzazione, nel sistema giudiziario che per
primo ha applicato l’informatica alla giustizia: ci si riferisce
all’amministrazione della giustizia statunitense.
4
R. Sacco, Introduzione al diritto comparato, Torino, 1990, p. 14.
5
R. Fideli, La comparazione, 1998, p. 29.
Introduzione
5
Nel capitolo successivo si approfondisce il contributo che Internet può dare
all’accesso alla giustizia, attraverso le on line dispute resolutions (ODR), che
seppur non facendo propriamente parte del contesto tradizionale
dell’amministrazione della giustizia, a detta di molta parte della dottrina
possono avvantaggiare l’efficienza della medesima sottraendo parte del
contenzioso derivante da controversie su diritti disponibili, specie in tema di
commercio elettronico e attribuzione dei nomi di dominio. Internet non
ospita esclusivamente le on line dispute resolutions, ma è diventato anche parte
attiva di alcune esperienze di cybercourt, delle quali vengono qui prese in
considerazione le più originali e innovative.
Il capitolo conclusivo, è dedicato all’analisi dei programmi informatici
conosciuti come “Sistemi Legali Esperti”, e la generazione successiva degli
“Agenti Software”, modelli dei quali vengono utilizzati in presenza di search
engines di giurisprudenza o della legislazione, nei programmi di ODR, o per
la gestione di una corte virtuale. La tematica degli agenti software è di
grande interesse per il giurista in quanto permette il confronto con gli
orientamenti del contraddittorio interdisciplinare con altre aree scientifiche
quali la linguistica, la logica matematica, la filosofia ontologica, le scienze
cognitive.
La realizzazione dell’apparato che serve all’utilizzo della Rete
nell’amministrazione giudiziaria coinvolge anche molti aspetti della
legislazione, sia nazionale sia comunitaria, per ciò che concerne la firma
digitale, al fine di verificare la genuinità sia del documento, sia della
provenienza di esso, e della protezione della sicurezza dei dati sensibili.
Si è detto che l’applicazione della tecnologia informatica alle procedure civili
rientra in un più vasto fenomeno di E-governement, ovvero di
implementazione delle procedure informatiche nelle pubbliche
amministrazioni. In questo senso si è preferito concentrare l’attenzione
sull’aspetto pubblico della tematica rispetto all’informatizzazione degli studi
legali privati, perché tale aspetto dell’E-governement è un motore di
innovazione trainante rispetto alle iniziative provenienti dagli studi legali,
specie per ciò che concerne gli studi legali di medie piccole dimensioni che si
occupano principalmente di contenzioso. Diverso è il ruolo delle grandi law
firm che trattano le tematiche del diritto privato internazionale proponendo
servizi legali alle imprese. Chi scrive ritiene che detta questione esuli
dall’oggetto della presente ricerca.
Secondo le intenzioni di ricerca, l’innovatività di questo lavoro riguarda lo
sforzo di superare le barriere specialistiche nell’affrontare un dato problema
(in questo caso l’efficienza dell’amministrazione della giustizia e il contributo
ad esso dell’informatizzazione), guardandolo in primo luogo sotto l’aspetto
degli effetti concreti che ad esso conseguono, secondariamente nella sua
tipicità, infine per ciò che concerne l’approccio multidisciplinare alla
conoscenza della natura degli strumenti adottati per risolverlo.
Un elemento di riflessione conclusivo in questa sede riguarda
l’autorevolezza di Internet quale strumento di ricerca giuridica, ovvero
Introduzione
6
quanto la Rete sia affidabile, non solo come strumento per migliorare
l’efficienza dell’amministrazione della giustizia ma soprattutto quale mezzo
di divulgazione delle informazioni giuridiche e quale strumento della
trasparenza dell’azione amministrativa. I mezzi che Internet mette a
disposizione del giurista sono molteplici e non limitati alle banche dati
tradizionali quali Westlaw o Lexis, ovvero gli archivi di giurisprudenza
disponibili sui siti istituzionali delle Corti. Ci si riferisce anche al nuovo
motore di ricerca Scholar.google, oggetto di un vivace dibattito rispetto alle
presunte violazioni del diritto d’autore, reso disponibile dal gigante della
Rete. Anche in questo caso è determinante il controllo e la provenienza delle
fonti.
Infine, premettendo che tutti gli errori e le omissioni che vivacizzano la
lettura di questa dissertazione dottorale sono propri ed esclusivi dell’autrice,
chi scrive desidera ringraziare coloro che si sono resi disponibili al confronto
intellettuale e al sostegno del progetto che ha condotto all’elaborazione della
dissertazione finale del corso di dottorato. La realizzazione di questo
progetto di dottorato è stata possibile grazie ai fondi Marie Curie, contratto n.
HPMT-CT-2001-00331, e ai fondi del Deutsche Akademischer Austausch Dienst,
Kennziffer A/05/29716. In particolare, un doveroso e sentito ringraziamento è
indirizzato ai Professori Thomas Hoeren e Reiner Schulze dell’Università di
Münster per l’ospitalità e le occasioni di confronto offerte nell’ultimo anno e
mezzo, al Professor A.A.S. Zuckerman dell’University College di Oxford, per
la disponibilità e l’ospitalità offerta presso la Bodleian Law Library, alla
Professoressa Barbara Pozzo, al Professor Michele Graziadei e al Professor
Antonio Gambaro.
Münster – Torino, 5 febbraio 2006
Cap. I. L’informatica strumento del fair trial e dell’efficacia della giustizia
7
CAPITOLO I
L’ informatica strumento del fair trial e dell’efficacia della
giustizia
Sommario. §1. Introduzione. §2. Il pluralismo giuridico proveniente da Strasburgo: le
raccomandazioni del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa. §3. Le sentenze della
Corte di Strasburgo in tema di irragionevole durata del processo. Il caso Italia e le sue
conseguenze. §4. Effetti del malfunzionamento dell’amministrazione giudiziaria
sull’equilibrio del “Sistema Paese”. §5. L’irragionevole durata delle esecuzioni di sfratto e
la violazione del diritto di proprietà. §6. L’irragionevole durata del processo esecutivo:
sentenze e statistiche. §7. L’efficacia della giustizia, gli accordi di Basilea 2 e la
cartolarizzazione dei crediti. §8. Bibliografia.
§1. Introduzione.
Nel presente capitolo si affronta prima il contributo apportato dal
Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa a favore delle applicazioni
informatiche nel processo sia civile, sia penale, esaminando le diverse
Raccomandazioni che questo organo ha emanato a partire dal 1984. Si
chiarisce come il contributo di policy del Consiglio d’Europa si avvalga,
grazie al principio di sussidiarietà, anche delle decisioni della Corte
europea dei diritti dell’uomo, con sede a Strasburgo, la quale è deputata a
verificare il coordinamento tra ordinamenti nazionali degli Stati membri e
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle
libertà fondamentali. Per lo Stato italiano questo controllo è stato faticoso,
ma anche occasione di crescita e miglioramento della legislazione e del
riconoscimento ai cittadini italiani del diritto ad una durata ragionevole
dei processi civili e penali.
Si parte da questa prospettiva poiché essa evidenzia uno stato di fatto, se
non di bisogno, relativamente all’intervento di modernizzazione delle
strutture amministrative. Per renderne ancora più concreta la misura della
gravità ci si basa sull’esame di fonti statistiche messe a disposizione
dall’Istituto nazionale di Statistica al fine di valutare i flussi giudiziari in
due ambiti del diritto che hanno molta influenza sulla vita delle persone e
sull’esistenza delle imprese. Si fa riferimento alla violazione del diritto di
proprietà a causa della lunghezza dei procedimenti di sfratto e della
difficoltà del recupero crediti da parte dei fornitori verso quelle imprese
che spesso lucrano sulla questa lentezza per avere finanziamenti senza
rivolgersi ai canali preposti all’erogazione degli stessi. A chi obietta che il
costo delle procedure esecutive è alto ed è a carico della parte
inadempiente, le statistiche rivelano come frequentemente le parti,
creditore e debitore esecutato, addivengono ad un accordo conciliativo
Cap. I. L’informatica strumento del fair trial e dell’efficacia della giustizia
8
stragiudiziale con conseguente compensazione delle spese legali. Per i
debitori esecutati tali spese legali possono effettivamente rappresentare un
costo necessario per essersi rivolti a fonti di finanziamento non ortodosse.
In un ottica più ampia, si dedica una breve attenzione agli effetti
macroeconomici della situazione appena illustrata, specie in relazione agli
accordi internazionali conosciuti come “Basilea 2” e all’implementazione
delle direttive europee sulla cartolarizzazione dei crediti.
In questa parte non si dà diffusamente conto della normativa comunitaria
in tema di armonizzazione delle procedure e del diritto in quanto esso
tratta un diverso ambito di azione: il diritto comunitario si interessa, per
esempio, del titolo esecutivo europeo ovvero della notificazione degli atti
giudiziari negli Stati membri. Tuttavia esso ha recepito nei diversi Trattati
comunitari, e nella ratificanda Costituzione europea, la giurisprudenza di
Strasburgo relativa i diritti umani come riconosciuti dalla Cedu e di
riflesso il diritto all’efficiente amministrazione della giustizia. Non si
tratterebbe, quindi, di una fonte “primaria” in questa prospettiva.
A parere di chi scrive, il diritto alla ragionevole durata del processo
coincide con il diritto all’efficiente armonizzazione della giustizia. In
questa tesi, come anticipato, si indaga sui contributi di diritto comparato
rispetto alle applicazioni informatiche nella giustizia civile. Tuttavia si
ritiene opportuno scegliere, quale punto di partenza e di confronto, la
problematica dell’amministrazione giudiziaria in Italia, privilegiando
l’esposizione di dati e statistiche, onde conferire oggettivi parametri di
confronto con le situazioni in comparazione. Il contributo del diritto
comparato è il prisma nel quale si riflettono le altre esperienze di
applicazioni informatiche alla giustizia civile.
§2. Il pluralismo giuridico proveniente da Strasburgo: le raccomandazioni del
Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa.
L’applicazione delle tecnologie informatiche all’amministrazione della
giustizia non è soltanto un apporto dell’epoca di Internet con cui chiunque
è costretto a confrontarsi, ma diventa una necessità ineluttabile quando
proveniente da fonti di pluralismo giuridico, quali i provvedimenti del
Consiglio d’Europa
6
, cui si sono vincolati quarantasei Paesi europei
7
.
6
La paternità dell’idea del Consiglio d’Europa è attribuibile a Sir Winston
Churchill, che nel 1942 scriveva in una comunicazione al War Cabinet: “It would be a
measureless disaster if Russian barbarism overlaid the culture and the indipendence of the ancient
States of Europe. Hard it is to say now I trust that the European family may act unitedly as one
under a Council of Europe. I look forward to a United States of Europe in which the barriers
between the nations will be greatly minimised and unrestricted travel will be possible”(A. H.
Robertson, The Council of Europe, London, 1956, p.1). Sei mesi più tardi in un discorso alla
Radio, Sir Winston Churchill dichiarava: “One can immagine that under a world institution
embodying or representing the United Nations there should come into being a Council of Europe.
We must try to make this Council of Europe into a really effective league, with all the strongest
forces woven into its texture, with a High Court to adjust disputes, and with armed forces,
Cap. I. L’informatica strumento del fair trial e dell’efficacia della giustizia
9
Il Consiglio d’Europa persegue i suoi obiettivi attraverso una strategia che
si sviluppa su un duplice piano: ovvero da una parte attraverso una
funzione di orientamento della policy degli Stati membri, mentre dall’altra
parte con il controllo dell’applicazione, nell’ordinamento nazionale dei
Membri, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali da parte della Corte europea dei
diritti dell’uomo di Strasburgo.
La funzione di orientamento viene svolta dal Consiglio d’Europa sia
attraverso la discussione, lo studio di programmi per la collaborazione e
l’emanazione di Trattati che successivamente vengono ratificati dai Paesi
membri, sia per mezzo delle “Raccomandazioni” del Comitato dei Ministri
su temi di interesse per gli Stati membri. Il ruolo svolto dalla Convenzione
europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dal suo giudice
riguarda, invece, l’armonizzazione dei diritti umani soprattutto per mezzo
dell’applicazione del principio di sussidiarietà
8
rispetto all’efficacia delle
national or international or both, held ready to enforce these decisions and to prevent renewed
aggression and the preparation of future wars. This Council when created, must eventually
embrace the whole of Europe, and all the main branches of the European family must someday be
partners in it”( A. H. Robertson, Op. Cit., p. 2). Churchill non era isolato nella costruzione
di questo progetto. L’idea di una confederazione tra Stati europei era conseguente al
particolare contesto storico – politico che ha caratterizzato la storia europea nel ventennio
intercorrente le due guerre mondiali. Si ricordano le iniziative più rilevanti: la “Pan
European Union” creata dal conte Coudenhove-Kalergi esisteva sin dal 1924, mentre la
prima (e sola) proposta ufficiale di un’ unione europea anteriore alla Seconda Guerra
Mondiale era formulata nel Memorandum sull’Unione Federale Europea di M. Briand,
indirizzato ai membri europei della Lega delle Nazioni nel 1930 (A. e F. Boyd, Western
Union, UNA’s Guide to Western Recovery, London, 1949, appendice A
).
7
Il fine del Consiglio è «di realizzare una più stretta unione tra gli Stati membri al
fine di salvaguardare e promuovere gli ideali ed i principi che costituiscono il loro
patrimonio comune e di facilitare il loro progresso economico e sociale» [art.1, lett. a)
dello Statuto]. Detto scopo viene perseguito «per mezzo degli organi del Consiglio – con
la discussione delle questioni di interesse comune, la conclusione di accordi e l’adozione
di una linea di azione comune nel campo economico, sociale, culturale, scientifico,
giuridico ed amministrativo, e con la salvaguardia e l’ulteriore sviluppo dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali» [art.1, lett. b) dello Statuto]. Nel corso degli anni
il Consiglio d’Europa ha attuato un sistema di protezione dei diritti umani che può essere
considerato quale il più avanzato nel panorama mondiale attuale (P. Lauprecht,
Innovations in the European System of Human Rights Protection: is Enlargement Compatible
with Reinforcement? in 8 Transnat'l L. & Contemp. Probs. 313, 1998, p. 314).
8
L’obbligo delle amministrazioni degli Stati contraenti di interpretare e applicare il
diritto interno, nella misura del possibile, in ossequio ai principi della Convenzione
deriva dal principio di sussidiarietà: la Corte di Strasburgo è infatti chiamata a verificare
come il diritto interno è interpretato e produce i suoi effetti conformemente ai principi
della Convenzione e della giurisprudenza della Corte medesima (Corte europea dei
diritti dell’uomo, 30 maggio 2000, Ventura contro Italia, consultata on line sul sito
www.echr.coe.int in data 12 aprile 2004; Corte Europea dei diritti dell’uomo, 22 marzo
2001, Streletz, Kessler et Krenz contro Germania, in Revue trimestrielle des droits de l'homme,
2001, p. 1183. Si riferisce a questa interpretazione la Cass., 10 settembre 2003, n. 13211, in
Mass. Giust. civ., 2003, f.9. In dottrina, Randazzo, Giudici comuni e Corte europea dei diritti,
Cap. I. L’informatica strumento del fair trial e dell’efficacia della giustizia
10
sentenze della Corte di Strasburgo all’interno degli ordinamenti nazionali.
In realtà, l’intervento delle istituzioni del Consiglio d’Europa è ad ampio
respiro e comprende pressoché tutti i settori legati all’amministrazione
della giustizia sia civile, sia penale, come dei diritti umani. In questa sede
si preferisce concentrare l’attenzione sulle scelte di indirizzo strategico
operate da questa istituzione in tema di applicazioni informatiche alla
giustizia civile.
Specificamente in relazione all’utilizzo di strumenti informatici all’interno
del processo va osservato che il primo intervento del Comitato dei
Ministri, organo esecutivo del Consiglio d’Europa, è risalente al 1984, con
la prima Raccomandazione, la Nr. (1984)5, sul miglioramento del
funzionamento della giustizia
9
. Il Comitato dei Ministri già rilevava che
alcune norme del processo civile adottate nei Paesi membri risultavano
essere d’ostacolo all’amministrazione efficiente della giustizia perché non
più in grado di affrontare i bisogni di una società moderna. Inoltre dette
norme erano suscettibili di manipolazione o abuso per provocare la
dilatazione dei tempi processuali. Veniva altresì dedotto come la
procedura civile dovesse essere semplificata, resa più flessibile e veloce,
mantenendo allo stesso tempo le garanzie previste per i litiganti dalle
regole tradizionali e un alto livello di giustizia, come richiesto da una
società democratica. Per il raggiungimento di questi obiettivi si riteneva
necessario rendere disponibili alle parti forme di tutela processuali più
semplificate e più rapide, in modo da proteggerle dalle tattiche dilatorie
abusive, in particolare, attribuendo alle corti il potere di dirigere il
processo più efficientemente.
in Riv. it. dir. pubbl. comunitario, 2002, p. 1357). Con la sentenza Kudla contro Polonia la
Corte di Strasburgo modifica il suo orientamento: anteriormente, la Corte aveva ritenuto
che sussistesse un rapporto di specialità tra l’art. 6§1 Cedu e l’art.13, nel senso che la
violazione dell’art.6§1 assorbiva anche la violazione dell’art.13. In questa importante
decisione, la Corte di Strasburgo afferma che quando vi è una violazione del diritto alla
ragionevole durata del processo, lo Stato deve rispettare anche l’obbligo previsto
dall’art.13 Cedu, ovvero l’obbligo a suo carico di predisporre meccanismi effettivi di
ricorso alle autorità nazionali per garantire il rispetto dei diritti umani sanciti dalla Cedu
[Corte europea diritti dell’uomo, 26 ottobre 2000, Kudla contro Polonia, cit., §§ 146 – 160. In
dottrina, M. De Salvia, La Convenzione europea dei diritti dell’uomo, Torino, 2002, p. 169; A.
Pertici, - R.Romboli, Art. 13. Diritto ad un ricorso effettivo, in Commentario della Convenzione
europea dei diritti, cit., p. 392 e ss; R. Gordon – T. Ward – T. Eicke, The Strasbourg Case Law.
Leasing Cases from the European Human Rights Reports, London, 2001, p. 1329; J. A. Frowein,
Art.13 as a growing pillar of Convention law, in Festschrift fur Ryssdal, Köln, 2000, p. 545. È
stato rilevato come con la promulgazione della legge 24 marzo 2001, n. 89, lo Stato
italiano si sia adottato non solo di un rimedio interno atto al risarcimento dei danni da
irragionevole durata del processo, ma come questo sia configurabile quale mezzo di
ricorso ai sensi dell’art.13 Cedu (O. Porchia, La ragionevole liquidazione del danno per
irragionevole durata dei procedimenti tra conformità alla giurisprudenza europea e margine di
autonomia del giudice interno, in Contratto e impresa – Europa, 2004, p. 542).
9
Questa raccomandazione è reperibile sul sito Internet www.coe.int, consultato in
data 22 ottobre 2005.
Cap. I. L’informatica strumento del fair trial e dell’efficacia della giustizia
11
Tra i principi suggeriti si ricordano quelli che favoriscono lo svolgimento
del processo in non più di due udienze
10
, la riforma delle regole
processuali al fine di sanzionare coloro che agiscano deliberatamente in
malafede per abusare degli strumenti processuali
11
e altre indicazioni che
si inserivano in una prospettiva di riforme processuali tradizionali, ovvero
di modifica delle regole di rito. Tuttavia la Raccomandazione (1984) 5 era
innovativa rispetto al passato. Infatti, essa suggeriva l’utilizzo dei mezzi
tecnici più moderni, i quali “possono dare alla giustizia le migliori
condizioni possibili di efficienza, in particolare facilitando l’accesso alle
diverse fonti del diritto e velocizzare l’amministrazione della giustizia
12
”.
Dopo un silenzio durato circa dieci anni, nel 1994, il Comitato dei Ministri
del Consiglio d’Europa riprendeva il tema con due Raccomandazioni,
entrambe dell’11 settembre 1995. Nella specie, la Racc. N. (1994)11
concernente “i principi generali applicabili ai sistemi di recupero dei dati
legali, con riguardo alla selezione, elaborazione, presentazione e
archiviazione delle decisioni delle corti” e la Racc. N. (1994)13 attinente ai
“problemi concernenti il processo penale collegato alle tecnologie
informatiche”.
La prima si proponeva lo scopo di sollecitare i Paesi membri ad
approvvigionarsi di tecnologie che facilitassero il lavoro dei giuristi
attraverso l’utilizzo di supporti, in particolare banche dati, aggiornati,
rapidi e completi, ovvero che fornissero informazioni a coloro che sono
direttamente o indirettamente interessati nell’evoluzione della
giurisprudenza, rendendo disponibili le decisioni dei tribunali sulle
questioni di fatto e di diritto, e in materie giuridiche in via di veloce
sviluppo
13
. La seconda Raccomandazione riguardava l’informatica
applicata al processo penale con particolare attenzione alla difficoltà di
conciliare due esigenze apparentemente contrapposte. Precisamente, da
10
la prima, preliminare, preparatoria alla seconda dove dovrebbero essere assunte
le prove, ascoltate le parti, e deliberate la sentenza (Principio 1, Raccomandazione (1984)
5).
11
Principio n.7.
12
“The most modern technical means should be made available to the judicial authorities so
as to enable them to give justice in the best possible conditions of efficiency, in particular by
facilitating access to the various sources of law and speeding up the administration of justice”
(Principle 7, Reccomandation (1984) 5).
13
Nell’appendice la Raccomandazione indicava anche i parametri attraverso i
quali la creazione di una banca dati venisse considerata adeguata alla soddisfazione dei
bisogni sopra elencati. In particolare venivano evidenziate la definizione dei criteri di
selezione dei casi: gerarchica, territoriale, per materia. Di ogni documento selezionato
doveva essere resa disponibile l’intestazione, le parole chiave, il compendio del caso, le
note, i riferimenti legislativi, dottrinari e giurisprudenziali, oltre alle informazioni sulla
presentazione delle istanze d’appello e del risultato di esse, qualora si trattasse di
giurisprudenza di merito (Raccomandazione N. (1994) 11 dell’11 settembre 1995). È
interessante notare come questa Raccomandazione faccia solo un minimo accenno alle
questioni relative alla riservatezza dei dati personali delle parti coinvolte nelle cause,
rimandando la soluzione del problema alla legislazione nazionale dei Paesi membri.
Cap. I. L’informatica strumento del fair trial e dell’efficacia della giustizia
12
un lato la necessità di adattare e potenziare gli strumenti di indagine delle
autorità investigative alle esigenze di una società che sempre più
utilizzava i mezzi informatici per le proprie relazioni sociali ed
economiche. Dall’altro lato la Raccomandazione evidenziava il rischio che
non tutti i sistemi legali degli Stati Membri fossero in grado di affrontare
questa prova in modo appropriato, specie per ciò che concerneva la
raccolta delle prove in formato digitale
14
.
Va osservato che, seppure interessanti e di un certo spessore, le citate
Raccomandazioni per le applicazioni informatiche nell’amministrazione
della giustizia ancora non indicavano la necessità di un piano di riforma
strutturale. Le tecnologie informatiche venivano considerate solo quale
aiuto per la ricerca delle fonti giuridiche e per l’archiviazione dei
provvedimenti emanati. Obiettivi importanti, ma che non registravano il
mutamento di approccio organizzativo dell’amministrazione della
giustizia. Ancora un intervallo di tempo di qualche anno e l’intervento del
Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa si faceva più incisivo nel
senso indicato. Nel 2001 il Comitato emanava due Raccomandazioni, la
Racc. Nr. (2001)2, sulla riprogettazione dei sistemi giudiziari in una
prospettiva efficiente di costi benefici e la Racc. Nr. (2001)3, attinente al
deposito dei provvedimenti giurisdizionali e di altri servizi legali ai
cittadini attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie.
La prima delle due Raccomandazioni del 2001 si focalizzava
sull’orientamento delle riforme processuali che percorrevano tutta
l’Europa
15
e che coinvolgevano sia l’organizzazione e la gestione delle
corti, sia i sistemi informatici che a dette corti facevano da supporto
16
. In
questa occasione il Comitato dei Ministri offriva una strategia che aveva
quale fulcro l’Information Technology applicata alle diverse realtà degli Stati
Membri attraverso alcuni criteri comuni, in particolare la differenziazione
e la valutazione degli obiettivi divisi tra breve e lungo periodo, la
14
Anche se l’utilizzatore di questi dati doveva essere sempre autorizzato e
identificato al fine dell’utilizzo della prova digitale nel processo penale, va notato che in
questa raccomandazione non veniva fatto alcun accenno alle questioni relative alla
riservatezza dei dati personali.
15
Il più autorevole riferimento all’applicazione delle tecnologie informatiche nel
processo è stato fatto da Lord Woolf sia nel Access to Justice, Interim Report, 1995, Cap.
XIII, sia nel Access to Justice, Final Report, 1996, Cap. XXI, dati consultati sul sito Internet
http://www.dca.gov.uk/civil/reportfr.htm, in data 30 ottobre 2005.
16
Oltre ad una notevole incentivazione a favore dell’utilizzo delle nuove
tecnologie nell’amministrazione della giustizia, il Comitato dei Ministri si dichiarava
favorevole all’uso di discipline che tradizionalmente non sono state considerate in questo
ambito, in quanto legato al riconoscimento delle garanzie giurisdizionali dei cittadini
indipendentemente dalla spesa che occorre per raggiungere questo risultato. In altri
termini, il Consiglio dei Ministri suggerisce l’applicazione dei criteri di efficienza in
rapporto ai costi/benefici per razionalizzare risorse e spese nell’ambito giustizia. A
parere di chi scrive, questo è un approccio innovativo, che non si registra
precedentemente.
Cap. I. L’informatica strumento del fair trial e dell’efficacia della giustizia
13
creazione di standard comuni, la realizzazione di protocolli di azione, la
divisione di compiti e responsabilità tra risorse interne e collaborazioni
esterne all’apparato giudiziario
17
.
La Raccomandazione 2001(3) si poneva quale ponte tra il raggiungimento
dell’efficienza dell’amministrazione della giustizia con l’impiego delle
tecnologie informatiche e l’accesso alla giustizia statuito dall’art.6 della
Convenzione europea dei diritti dell’uomo. In particolare, l’applicazione
sistematica delle nuove tecnologie dei Paesi membri doveva agevolare la
possibilità di iniziare un procedimento attraverso strumenti elettronici, la
possibilità di ottenere informazioni sull’andamento della causa grazie
all’accesso al sistema informativo della corte e la possibilità di ottenere i
risultati della procedura in forma elettronica
18
.
A parere di chi scrive, le Raccomandazioni emanate nel 2001 costituiscono
il contributo più consistente nella strategia di policy da parte delle
istituzioni del Consiglio d’Europa. Nel 2003 il Comitato dei Ministri del
Consiglio d’Europa ha emanato altre due Raccomandazioni, a parere di
chi scrive, di portata più tecnica. Si trattava della Raccomandazione Nr.
(2003) 14
19
sulla interoperabilità dei sistemi informatici nel settore della
giustizia e della Raccomandazione Nr. (2003)15
20
in tema di archiviazione
dei documenti elettronici nei sistemi legali.
La prima poneva in evidenza l’importanza dello scambio efficiente e
sicuro delle informazioni e dei dati tra i sistemi giudiziari dei Paesi
membri, in considerazione che l’efficienza del “sistema giustizia”
diventava essenziale per consolidare la democrazia e incrementare la
pubblica fiducia nelle autorità statali, soprattutto nella lotta alla
criminalità e rispetto alla soluzione delle controversie.
Questo il ruolo di indirizzo delle scelte è svolto anche dalla Corte europea
dei diritti dell’uomo di Strasburgo, come già accennato. La quale,
attraverso il meccanismo risarcitorio previsto dall’art.41 Cedu in accordo
con il principio di sussidiarietà affermato nell’art.35 della stessa
Convenzione.
Per quanto concerne il diritto comunitario, il Trattato di Amsterdam,
entrato in vigore nel 1999, ha esplicitamente incorporato gli standard di
protezione dei diritti umani elaborati dalla Corte europea dei diritti
17
Raccomandazione (2001) 2 consultata on line sul sito Internet
http://www.coe.int/T/CM/home_en.asp. La Raccomandazione è molto dettagliata in
merito alla suddivisione dei ruoli e dei compiti all’interno della gestione e realizzazione
del proteggo e propone una dettagliata architettura del sistema, l’utilizzo di Internet e
l’accesso pubblico alle banche dati.
18
Raccomandazione (2001) 3, consultata on line sul sito Internet
http://www.coe.int/T/CM/home_en.asp.
19
Raccomandazione (2003) 14, consultata on line sul sito Internet
http://www.coe.int/T/CM/home_en.asp.
20
Raccomandazione (2003) 15, consultata on line sul sito Internet
http://www.coe.int/T/CM/home_en.asp.
Cap. I. L’informatica strumento del fair trial e dell’efficacia della giustizia
14
dell’uomo nel diritto comunitario
21
. Tra questi si ricomprende certamente
il diritto alla ragionevole durata del processo, nel più ampio quadro del
diritto all’accesso alla giustizia.
L’art. 6 § 2 del Trattato di Amsterdam
22
prevede che “the Union shall respect
fundamental rights, as guaranteed by the European Convention for the Protection
of Human Rights and Fundamental Freedoms”. Dalla lettura del testo di
questo articolo appare evidente come questo possa considerarsi una
“doppia fonte” di diritto. Da un lato richiama la tradizione costituzionale
della maggioranza degli Stati membri dell’Unione Europea, mentre
dall’altro fa espresso riferimento alla Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali
23
. Con la
riorganizzazione delle politiche comunitarie, in tema di cooperazione
giudiziaria in materia di politica criminale (il c.d. Terzo Pilastro), la
giurisdizione della Corte Europea di Giustizia si è estesa fino ad includere
materie inerenti al diritto di immigrazione, asilo, visti, attraversamento di
confini, di polizia e cooperazione giudiziaria in materia penale
24
.
Per ciò che concerne il rapporto tra Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali e la Carta
21
E. F. Defeis, Human Rights and the European Union: Who Decides? Possible Conflicts
between the Europan Court of Justice and the European Court of Human Rights, in 19 Dick. J.
Int'l L. 301, 2001, p.302;
22
L’art. 6 della Convenzione CEDU è stato integrato nel trattato di Maastricht, il
cui art. F, n.2 stabilisce che «l’Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti
dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali (B. Sassani, La durata ragionevole del processo civile, in Il nuovo articolo 111
della Costituzione, cit.). Una voce dottrinale evidenzia come l’art. F, n.2, come modificato
dal Trattato di Amsterdam, ovvero l'art. 6 Trattato UE (A. Tizzano, Il Trattato di
Amsterdam, Milano, 1998, p. 37 ss.), diventi perno di una ricostruzione delle fonti
comunitarie che è possibile descrivere come segue: la Convenzione CEDU, richiamata dal
citato art. F, n.2, vede estesa la propria applicabilità anche nell’ambito del diritto
comunitario, e «fruisce della capacità di prevalere sulla base della necessaria
disapplicazione o comunque di conforme interpretazione da parte del giudice nazionale,
sul diritto interno in contrasto» (F. Carpi, Prime considerazioni sulle garanzie processuali della
Carta dell’Unione Europea, in AA.VV., I diritti fondamentali e giustizia civile in Europa, a cura
di V. Varano e M. Taruffo, Torino, 2002, p. 220; S. Peers, EU Justice and Home Affairs Law,
Harlow, 2000, p. 138; B. Randazzo, Giudici comuni e Corte europea dei diritti, in Riv. it. dir.
pubbl. comunitario, 2002, p. 1358 ss;). In dottrina vi è chi si domanda se lo stretto legame
instaurato in base all'art.6 del Trattato U.E. tra diritto convenzionale e comunitario
permetta al giudice nazionale di «adire la Corte di Lussemburgo ex art. 234 del Trattato
per questioni interpretative sorte sulle norme pattizie invocate in quanto principi generali
del diritto comunitario» [Randazzo, Op. cit., p. 1382; F. Picod, Le juge communautaire et
l’interprétation européenne, in L’interprétation de la Convention européenne des droits de
l’homme, a cura di F. Sudre, Bruxelles, 1998, p. 292; J. R. Wetzel, Improving Fundamental
Rights Protection in the European Union: Resolving the Conflict and Confusion between the
Luxembourg and Strasbourg Court, in 71 Fordham L. Rev. 2823, 2003, p. 2836 ss.]
23
I. Pernice, Integrating The Charter Of Fundamental Rights Into The Constitution Of
The European Union: Practical And Theoretical Propositions, in 10 Colum. J. Eur. L. 5,
2003, p. 16;
24
E. F. Defeis, Human Rights and European Union, cit., p. 306.
Cap. I. L’informatica strumento del fair trial e dell’efficacia della giustizia
15
costituzionale europea si osserva che i costituenti europei affermano che i
diritti della Cedu fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi
generali, e che questi posseggono una “ineluttabile forza espansiva”
25
. La
Carta costituzionale europea, firmata a Roma il 29 ottobre 2004, rende i
diritti umani nel loro complesso più visibili all’interno dell’ordinamento
giuridico dell’Unione Europea
26
.
§3. Le sentenze della Corte di Strasburgo in tema di irragionevole durata del
processo. Il caso Italia e le sue conseguenze.
È noto il contenzioso che ha visto contrapposti cittadini italiani e Stato
italiano per irragionevole durata del processo di fronte ai giudici della
Corte europea dei diritti dell’uomo. Parrebbe possibile suddividere la
cronaca dei ricorsi italiani ai giudici di Strasburgo in due fasi: dapprima
sono stati diretti ricorsi che concernevano i più significativi avvenimenti
politico giudiziari degli anni Settanta del Secolo scorso
27
; solo
successivamente la Corte di Strasburgo è diventata la destinataria dei
ricorsi dei cittadini italiani che lamentavano l’irragionevole durata dei
processi
28
.
25
R. Calvano, Verso un sistema di garanzie costituzionali dell’UE? La giustizia
costituzionale comunitaria dopo il Trattato di Nizza, in Giust. Cost., 2001, p. 245; A. Weber, Il
futuro della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, in Riv. it. dir. pubbl. comp., 2002,
p. 42; G. de Búrca, The Fundamental Rights and Citizenship, in European University Institute,
Ten Reflections on the Constitutional Treaty for Europe, Firenze, 2003, 21.
26
B. Rudolf, European Union, in 1 Int'l J. Const. L. 135, 2003, p. 139. L’autrice
prosegue nella sua riflessione osservando che: “the need to consult the E.C.H.R. to determine
the permissible limitations of the rights runs counter to the purpose of clarifying the human rights
protected within the E.U. For this reason, critics fear that the lack of clear limits will lead citizens
to misjudge the extent of the criticism overlooks the fact that all human rights catalogues require
interpretation to determine the reach of their provisions and that there is no evidence that this
weakens citizens’ trust in these texts”.
27
Ci si riferisce al caso di Piazza Fontana, al caso Lockheed, ai fatti di Reggio
Calabria: tutti con un minimo comune denominatore: l’irragionevole durata dei rispettivi
procedimenti penali, con lo scopo di annunciare alla stampa e all’opinione pubblica
l’intenzione di ricorrere a Strasburgo (V. Grementieri, L’ Italia e la Convenzione dei diritti
dell’uomo: bilancio di quindici anni di ricorsi individuali, in Riv. int. diritti uomo, 1989, p. 187).
28
Di fronte a questi avvenimenti, in Italia si è cercato di reagire: si devono
registrare alcune iniziative provenienti non dal legislatore, ma dagli operatori del diritto.
Per esempio, la magistratura togata ha intrapreso un’iniziativa lodata da più parti. Ci si
riferisce al «Programma Strasburgo», messo a punto dal Presidente del Tribunale di
Torino, «per l’eliminazione mirata ed immediata del vecchio arretrato». Il Programma
Strasburgo è «incentrato sull’uso rigoroso del potere di direzione del processo ex art.175
c.p.c. e sulla rivitalizzazione di alcune regole processuali cadute in desuetudine». Anche
presso il Tribunale di Monza si è instaurata una prassi relativa ai processi esecutivo e
fallimentare che vede l’intervento di Internet, con l’ausilio di altri software informatici,
per assicurare la pubblicità delle vendite all’asta e l’accesso alle informazioni relative alle
procedure esecutive. Frattanto, il legislatore in sede di revisione costituzionale canonizza
«giusto processo», il quale deve svolgersi «in contraddittorio tra le parti, in condizioni di
parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata»
(art. 111 Cost., 2° comma), come modificato dalla legge costituzionale 23 novembre 1999,
Cap. I. L’informatica strumento del fair trial e dell’efficacia della giustizia
16
La prima condanna della Corte di Strasburgo all’Italia per l’eccessiva
durata del procedimento penale, e conseguente violazione dell’art.6 §1
della Cedu è stata adottata il 10 dicembre 1982, per la causa Foti e altri
contro Italia
29
; mentre la prima condanna per l’irragionevole durata del
processo civile italiano è del 25 giugno 1987, Capuano contro Italia
30
.
Il sistema internazionale, sostanziale e processuale, di tutela dei diritti
dell’uomo attuato con la Convenzione ha posto gli operatori del diritto
italiani di fronte al malfunzionamento del sistema giudiziario cogliendoli
impreparati di fronte alle condanne della Corte di Strasburgo
31
. È
sufficiente leggere le parole che un giurista ha pronunciato in uno degli
innumerevoli convegni sulla crisi della giustizia italiana nel 1995: «Quale
la concreta portata del sistema internazionale di tutela del diritto in
n. 2. La riforma costituzionale del 1999 è chiaramente ispirata dall’art. 6 della
Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e ci si è chiesti
come la revisione costituzionale dell’art.111 abbia influito sul rapporto tra le fonti
nell’ordinamento italiano considerato che la legge di recepimento della Cedu ha una
posizione privilegiata nell’ordinamento nazionale. Questa posizione è attribuibile alla sua
natura di norma «derivante da una fonte riconducibile ad una competenza atipica e,
come tale, insuscettibile di abrogazioni o modificazioni da parte della legge ordinaria
anche successiva». La particolare resistenza della normativa di origine convenzionale
(rispetto alla normativa ordinaria successiva) non solo è stata riconosciuta dalla
giurisprudenza, ma non è neppure posta in discussione dalle dottrina. Alla luce di
quanto esplicato è possibile sostenere che la revisione costituzionale apportata con la
legge cost. del 23 novembre 1999, n.2 sia stata superflua: le supreme magistrature italiane
avevano compiutamente allineato, «nel momento applicativo della legge», l’ordinamento
italiano ai canoni europei. Per contro, è possibile evidenziare come essa sia stata
provocata da una reazione emotiva del Parlamento nei confronti della Corte
costituzionale, dopo l’emanazione della sentenza del 2 novembre 1998, n. 361. È altresì
possibile sostenere che la riforma costituzionale citata sia figlia di quel clima di profonda
spaccatura esistente nell’ordinamento italiano tra il potere politico – legislativo e il potere
giudiziario, cui si faceva cenno anteriormente. Come si accennava in precedenza, in
questo panorama, viene promulgata la 24 marzo 2001, n. 89, conosciuta come «legge
Pinto», quale rimedio interno per contrastare l’eccessivo affollamento dei ricorsi italiani
presso la Corte europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
29
Corte europea dei diritti dell’uomo, 10 dicembre 1982, Foti e altri contro Italia, in V.
Grementieri, L’Italia e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, Milano, 1989, p. 366; V.
Grementieri, L’ Italia e la Convenzione dei diritti dell’uomo: bilancio di quindici anni di ricorsi
individuali, cit., p. 190. V. Grementieri, Ragionevole durata del processo ed eccezioni poco
ragionevoli, in Riv. dir. int, 1983, p. 426.
30
Corte europea dei diritti dell’uomo, 25 giugno 1987, in V. Grementieri, L’Italia e
la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, Milano, 1989, p. 189. Si veda altresì la pronuncia
della Commissione europea dei diritti dell’uomo, 15 ottobre 1985, Capuano contro Italia, in
Temi romana, 1986, p. 792, con nota di F. Rosi, La lunghezza dei processi civili: il caso della
dottoressa Capuano dinanzi alla Commissione europea dei diritti dell’uomo.
31
La dottrina riferisce di un leit motif presente nell’amministrazione della
giustizia, ovvero la carenza della cultura dell’organizzazione, oltre alllo sperpero di
risorse e moltiplicazione dei fattori di disorganizzazione, oltre alla scarsità di favore
all’innovazione (L. Marini, I giudici, la produttività, i luoghi comuni, in Rivista trimestrale di
diritto e procedura civile, 2005, p. 285).
Cap. I. L’informatica strumento del fair trial e dell’efficacia della giustizia
17
parola
32
? Si può rispondere a tale domanda notando che esso serva a far
accertare le numerosissime violazioni della norma che riconosce il diritto
medesimo, ciò che altrimenti non avrebbe luogo, come dimostra la
constatazione che, in base ai meccanismi di tutela del nostro ordinamento,
un accertamento del genere non si ha praticamente mai»
33
.
Nella lunga storia delle riforme processuali italiane, non si è quasi mai
partiti dall’intento di ridurre i tempi del processo, convinti come si era che
si trattasse di un problema «di natura meramente organizzativa»
34
, mentre
la giurisprudenza della Corte di Strasburgo ha dimostrato che
l’inosservanza del termine ragionevole della durata dei processi viola
l’art.6 §1 Cedu sotto il profilo del diritto di accesso alla giustizia
35
, ed
impedisce che la giustizia sia resa in modo efficace e credibile
36
.
Seppure la Cedu sia stata recepita nell’ordinamento italiano con la legge di
ratificazione del 4 agosto 1955, n. 848
37
, i suoi effetti giuridici non sono mai
stati vagliati
38
dagli operatori giuridici, fino alla revisione costituzionale
del 1999, la quale ricalca i canoni convenzionali del due process of law.
32
Si sottintende il diritto alla ragionevole durata del processo.
33
V. Starace, Durata ragionevole del processo e impegni internazionali dell’Italia,
relazione esposta al convegno di Riva dei Tessali (Taranto) il 30 settembre e il 1° ottobre
1994, «I rinvii nell’arretrato nel processo civile», pubblicato nel Foro Italiano, 1995, V, 262.
Nello stesso senso, A. Cerino Canova, Durata del processo in Italia e art. 6 della Convenzione,
in Studi parmensi, XVIII, 1977, p. 199; I. Iai, La durata ragionevole del procedimento nella
giurisprudenza della Corte europea sino al 31 ottobre 1998, in Riv. dir. proc. 1999, p. 549.
34
G. Verde, Ma la colpa non è dei rinvii, relazione esposta al convegno di Riva dei
Tessali (Taranto) il 30 settembre e il 1° ottobre 1994, «I rinvii nell’arretrato nel processo
civile», pubblicato nel Foro it., 1995, V, 272.
35
Consiglio Superiore della magistratura, Deliberazione del 15 settembre 1999, in
Diritto penale e processo, 1999, p. 1315; A. Saccucci, In tema di ragionevole durata dei processi
(a margine di una delibera del Consiglio Superiore della Magistratura), in Riv. dir. proc., 2000, p.
211.
36
Ex multis, Corte europea dei diritti dell’uomo, 24 ottobre 1989, H contro Francia, §
38 consultata on line in data 11 ottobre 2004 sul sito Internet www.echr.coe.int.; in
dottrina, M. Chiavario, Art. 6. Diritto ad un equo processo, in Commentario della Convenzione
europea dei diritti dell’uomo, cit., p. 209; C. Zanghì, Protezione internazionale dei Diritti
dell’Uomo, Torino, 2002, p. 207. Quest’ultimo autore rileva un ulteriore profilo critico,
ovvero che «l’obbligo di assicurare una giustizia rapida ed efficiente incombe non
soltanto sulle autorità giudiziarie, ma sull’amministrazione pubblica nel suo complesso».
37
Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 24 settembre 1955, n.221 ed entrata in
vigore il 26 ottobre 1955.
38
La dottrina si domandava «che effetti può produrre lo stesso art. 6, cioè la norma
internazionale, sullo svolgimento dei nostri processi interni?» (A. Cerino Canova, Durata
del processo in Italia, op. cit., p. 194) concludendo che «la norma interna di esecuzione
all’art.6 della Convenzione non reagisce sulla disciplina processuale vigente» (A. Cerino
Canova, Durata del processo in Italia, op. cit., p. 195).