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INTRODUZIONE
Il presente lavoro di tesi approfondisce, sotto diversi aspetti, l‟approccio
rivoluzionario che le terapie mirate hanno creato, già da qualche tempo, nel mondo
scientifico e soprattutto in ambito clinico e diagnostico, dove ad oggi rivestono un
ruolo di primaria importanza. L‟aggettivo “mirata” evidenzia una caratteristica
specifica del farmaco che si serve di questo nuovo approccio terapeutico per la cura
di particolari patologie: la sua spiccata selettività e specificità d‟azione su un target
molecolare. Più precisamente, quando si parla comunemente di target therapy ci si
riferisce ad una terapia che ha come target (bersaglio) uno specifico fattore alla base
di una patologia, sia di natura infiammatoria che neoplastica. Si parla, quindi, di
terapie che prendono di mira passaggi cruciali per lo sviluppo e la progressione di
una patologia.
In oncologia, in particolare, i nuovi farmaci vanno a colpire i meccanismi con
cui le cellule normali si trasformano in cellule tumorali, crescono a dismisura e si
diffondono ad altre parti del corpo. Colpire il target specifico è la peculiarità di tale
approccio terapeutico, che fonda le proprie radici su un concetto teorico che, già agli
inizi del novecento, aveva rivoluzionato la vecchia concezione scientifica delle
patologie: il “magic bullet” di Paul Ehrlich. Il cambiamento apportato da tale
concetto - rivoluzionario per l‟epoca - mostra nelle moderne terapie mirate tutta la
sua valenza scientifica. Direzionare in maniera altamente selettiva e specifica un
agente farmacologico su una cellula target, come se fosse un vero e proprio
“proiettile magico” crea, indubbiamente, i presupposti per una migliore risoluzione
della patologia, risparmiando, in tal modo, le cellule sane dall‟azione tossica.
La conoscenza approfondita di specifici bersagli all‟interno di una cellula
rappresenta uno degli elementi più critici per lo sviluppo di una terapia mirata,
soprattutto in ambito oncologico, dove il gruppo dei tumori - caratterizzato da
particolari target terapeutici - sembra essere, ancora oggi, molto ristretto. Proprio
perché interferiscono in maniera specifica con i processi responsabili della nascita di
un tumore, della sua crescita e della sua diffusione attraverso le metastasi, queste
cure risparmiano in genere i tessuti sani. Le terapie mirate rappresentano, infatti, uno
dei più importanti e potenti strumenti nella medicina definita “personalizzata”,
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secondo cui per ogni malato occorre trovare una cura più appropriata che produca i
migliori risultati con il minor carico possibile di effetti collaterali indesiderati.
Dunque, considerata l‟importanza e la complessità dell‟argomento oggetto del
presente lavoro, si è ritenuto opportuno focalizzare l‟attenzione - nella prima parte -
sui principali processi produttivi e sulle differenze che caratterizzano la classe dei
farmaci biotecnologici, diversamente definiti farmaci a bersaglio molecolare o
biofarmaci. A tal proposito è stato senz‟altro utile fornire una ricostruzione storica
delle principali scoperte biotecnologiche che hanno caratterizzato i secoli passati e
che sono stati, come noto, precursori dei moderni farmaci biotecnologici. Infatti, la
moderna concezione di farmaco biotecnologico si basa su un metodo di
progettazione differente rispetto alle vecchie metodiche di sintesi organica, ma
soprattutto, su una nuova teoria produttiva, che si avvale dei naturali e fisiologici
eventi che accadono all‟interno di una cellula.
L‟attenzione è stata rivolta, successivamente, ad una classe specifica di
farmaci biotech che rappresenta una delle più importanti conquiste in ambito clinico
e diagnostico per la cura di alcune neoplasie: gli anticorpi monoclonali. In
riferimento a tali molecole sono state ampiamente illustrate sia le caratteristiche che
le particolarità che il nostro sistema immunitario mostra nel produrle come risposta
ad uno stimolo di natura antigenica. A tal proposito, sono state anche analizzate le
principali tecniche estrattive ed identificative di cui si servono i moderni operatori
del settore per la progettazione di classi anticorpali utilizzate al solo scopo
terapeutico. A fronte delle principali differenze che emergono tra la classe degli
anticorpi policlonali e quella degli anticorpi monoclonali, si arriva ad affermare, nel
proseguo della trattazione, la preferenza di quest‟ultimi in ambito clinico e
diagnostico.
A fronte di tale ricostruzione introduttiva, il presente lavoro ha preso altresì in
considerazione la moderna concezione terapeutica della cura del cancro mediante
l‟utilizzo dei farmaci a bersaglio molecolare. Il loro utilizzo non viene limitato
unitamente al solo anticorpo monoclonale ma, come è stato ampiamente argomentato
nei paragrafi successivi al primo, può basarsi su una serie di approcci terapeutici
risolutivi per la cura della neoplasia. Infatti, l‟anticorpo monoclonale può essere
utilizzato come un vero e proprio carrier su cui viene trasportato il farmaco
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citotossico (tossina, chemioterapico, isotopo radiattivo), creando, in tal modo, una
nuova molecola terapeutica che và sotto il nome di immunoconiugato. L‟anticorpo
monoclonale può, inoltre, essere coniugato ad un enzima e somministrato in
concomitanza ad un profarmaco. Il principio generale d‟azione su cui si basa tale
approccio terapeutico prende il nome di processo ADEPT (Antibody Directed
Enzyme Prodrug), e riconosce, nell‟enzima coniugato all‟anticorpo monoclonale, il
suo elemento distintivo. Infatti, tale enzima, veicolato dal legame selettivo
dell‟anticorpo monoclonale nelle immediate vicinanze della cellula neoplastica, è in
grado di convertire il profarmaco (variante inattiva del farmaco priva della valenza
farmacologica) in farmaco attivo, quindi, capace di esplicare la sua azione citotossica
sulle cellule neoplastiche.
Il secondo capitolo ha ad oggetto lo studio di una patologia specifica che
viene comunemente riconosciuta e trattata con un anticorpo monoclonale umanizzato
(trastuzumab): il cancro mammario e, nello specifico, una variante più aggressiva e
dalla prognosi più sfavorevole per il paziente, il cosiddetto tumore HER-2 positivo.
Questo tipo di patologia esprime sulla membrana delle proprie cellule malate il
recettore HER-2 appartenente alla famiglia dei recettori per il fattore di crescita
dell‟epidermide, riconosciuto e successivamente legato da un anticorpo monoclonale,
che già da qualche anno riveste un ruolo di primaria importanza in ambito medico: il
trastuzumab.
Questo anticorpo monoclonale umanizzato, ottenuto mediante transfezione
del DNA codificante in cellule di roditore (cellule CHO), rappresenta l‟argomento
centrale dei capitoli 3,4 e 5. Nel primo di questi tre capitoli viene considerato il suo
approccio rivoluzionario nella terapia del tumore mammario HER2+; la sua
straordinaria selettività di legame sulle cellule neoplastiche e la minima ripercussione
su quelle sane. Il meccanismo d‟azione che esplica sulle cellule neoplastiche non è,
ancora oggi, del tutto chiarito, ma si pensa possa nascere da un‟insieme di azioni ed
effetti che l‟anticorpo monoclonale esercita sulle cellule neoplastiche. Il suo legame
ai recettori HER-2, overespressi sulla membrana delle cellule cancerose, provoca una
serie di eventi pro-apoptosi diretti ed indiretti, servendosi anche attivamente della
risposta mediata dalle cellule del nostro sistema immunitario e delle proteine che
fanno parte del complemento. L‟effetto finale è la morte delle cellule malate che
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iperesprimono il recettore HER-2 e la totale salvaguardia delle cellule sane che
vengono risparmiate totalmente dalla sua azione terapeutica.
Il quarto capitolo è incentrato sulla comprensione del costrutto dell‟anticorpo
monoclonale trastuzumab ma, soprattutto, sui vari meccanismi d‟azione che esplica a
livello delle cellule malate. A fronte delle note proprietà del trastuzumab nei
confronti delle cellule neoplastiche del tumore mammario HER-2+, nonché del suo
legame selettivo e specifico su tali cellule, è stato creato recentemente un farmaco
che rappresenta il capostipite degli anticorpi definiti “armati”, il T-Dm1, ottenuto dal
legame tra il trastuzumab ed un potentissimo agente chemioterapico. In un paragrafo
del quarto capitolo è stata trattata, dunque, la sua specificità d‟azione e l‟effetto
terapeutico che esplica sulle cellule neoplastiche del tumore mammario HER-2+.
Pertanto, alla luce della ricostruzione effettuata, è parso utile soffermarsi,
nella parte conclusiva del lavoro, sugli elementi a favore e quelli contrari derivanti
dall‟utilizzo della terapia con trastuzumab per la cura del tumore mammario HER2+.
Sono stati, perciò, analizzati i suoi effetti collaterali e le principali differenze esistenti
tra questo nuovo approccio terapeutico, ricco di evidenti risvolti pratici in ambito
clinico e le comuni ed invalidanti risposte derivanti dalle vecchie terapie basate sui
chemioterapici.
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CAPITOLO I
L’EVOLUZIONE BIOTECNOLOGICA: STORIA E
INNOV AZIONI
Il termine “biotecnologia” è un neologismo la cui etimologia deriva
dall‟unione di due sostantivi distinti: biologia, intesa come scienza che mira allo
studio di tutto ciò che riguarda la vita, compresi i fenomeni e le leggi che la
governano; tecnologia, intesa come studio primario delle scienze applicate e dei
procedimenti per la trasformazione della materia prima in prodotti d' impiego o di
consumo.
Nell‟accezione moderna del termine, le biotecnologie s'identificano con le
tecnologie che impiegano organismi viventi (microrganismi, piante, animali), le loro
componenti cellulari e subcellulari o i loro prodotti (ormoni, tossine, enzimi), per
l‟ottenimento di materiali utili all‟uomo.
Le biotecnologie tradizionali, intese semplicemente come utilizzazione di
organismi viventi (batteri, lieviti, cellule vegetali), risalgono a tempi preistorici. Pur
senza la minima conoscenza teorica, per lungo tempo, gli uomini hanno ottenuto
bioprodotti secondo metodi tradizionali, sperimentando tecniche di manipolazione
degli alimenti prima ancora di tramandarne testimonianza scritta.
V olendo tracciare un breve profilo storico dell‟impiego quotidiano delle
metodiche basate su processi biotecnologici, potremmo addirittura partire dagli
antichi Sumeri, con la fermentazione della birra, sino ad arrivare all‟origine reale ed
effettiva delle biotecnologie avanzate, con la scoperta di batteri e lieviti, responsabili
dei processi di trasformazione di sostanze alimentari. Tutto questo avvenne verso la
metà del 1800, periodo in cui gli studi di Luigi Pasteur cominciano a far
comprendere fenomeni usuali (fermentazione della birra, del vino e dell‟aceto) ma
fino ad allora inesplicabili: questa è la ragione per cui Pasteur è considerato il padre
della biotecnologia. Faranno seguito importanti e fondamentali scoperte, nei secoli
successivi, che porteranno in rassegna processi e metodiche di fondamentale
importanza per la moderna concezione “biotecnologica”.
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Nell‟applicazione delle biotecnologie innovative, l‟industria farmaceutica
ricopre un ruolo pioneristico e la cura della salute è il settore al quale le
biotecnologie hanno finora dato l‟apporto e il contributo più efficace, sia in termini di
prodotti (terapeutici, profilattici e diagnostici) che di ricerca e sviluppo. I primi anni
‟80 hanno visto comparire per la prima volta i prodotti della moderna biotecnologia
farmaceutica dal momento in cui la Food and Drug Administration (FDA) ha
approvato - nel 1982 - l‟insulina prodotta da batteri ricombinanti mediante
l‟inserimento nel loro DNA dell‟informazione genetica specifica. Si affianca, nel
1985, la produzione attraverso la tecnica del DNA ricombinante (rDNA) dell‟ormone
della crescita, cui seguiranno altri ormoni peptidici, citochine, enzimi, fattori della
coagulazione, vaccini biotecnologici e anticorpi monoclonali (mAb).
La realizzazione biotecnologica di prodotti farmaceutici ha trasformato
radicalmente l‟intero gruppo dei sistemi preventivi, diagnostici, curativi, ma anche
produttivi. L‟industria farmaceutica biotecnologica è soprattutto un‟industria
microbiologica, che utilizza la biologia molecolare come strumento per la messa a
punto di bio-processi industriali che, partendo da microorganismi, permettono la
produzione di farmaci di nuova concezione (farmaci biotecnologici).
Difatti, la principale attività della bioindustria - definibile come comparto
produttivo che abbraccia diversi settori che vanno dai prodotti farmaceutici e
diagnostici sino all‟industria alimentare - è rivolta alla produzione di articoli
farmaceutici e diagnostici. In questo settore in rapida crescita, le potenzialità offerte
dalle biotecnologie sono rivoluzionarie. La terapia, infatti, può trarre vantaggio da
farmaci molto più selettivi ed efficaci che, mimando meccanismi molecolari, naturali
e fisiologici per la cellula, possono permettere il ripristino di condizioni
compromesse, fornendo specificità d‟azione e riducendo gli effetti collaterali negativi
[1].
L‟argomento di base della bioindustria che approfondiremo nel prossimo
paragrafo riguarda, appunto, l‟ampio e variegato mondo del farmaco biotecnologico,
anche conosciuto come “biofarmaco”.
Prenderemo, dunque, in esame, sia la sua struttura fondamentale, i processi ed
i sistemi relativi al loro impiego, che i vari aspetti peculiari che possono derivare
dalla scelta di una terapia basata su farmaci biotech rispetto alla già nota terapia
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basata su farmaci ottenuti con procedimenti estrattivi o per sintesi organica. Infine,
focalizzeremo l‟attenzione su un gruppo specifico di farmaci biotecnologici, che oggi
giorno ha quasi soppiantato completamente le prime proteine, ottenute mediante le
tecniche del DNA ricombinante (rDNA): gli anticorpi monoclonali. Una classe di
farmaci che si riveleranno preziosi per numerose applicazioni, sia come tali che come
carrier di farmaci su specifici siti bersaglio.
1.1. STRUTTURA E FUNZIONI DEL FARMACO
BIOTECNOLOGICO
La maggior parte delle ricerche in campo biotecnologico è oggi diretta alla
diagnosi, terapia e prevenzione delle patologie dell‟uomo. Dagli anni 70, grazie
all‟introduzione di metodologie innovative, quali la tecnologia del DNA
ricombinante, la PCR e la tecnologia degli ibridomi, le biotecnologie farmaceutiche
hanno avuto un‟enorme spinta che ha permesso la produzione - su larga scala - di
proteine tipiche dell‟organismo umano, ottenibili per altre vie in quantità molto
limitata. Il processo di ricerca e sviluppo di nuovi farmaci, con l‟avvento delle
moderne tecniche molecolari e biotecnologiche, sta nettamente cambiando:
l‟approccio odierno è, infatti, più che altro di tipo biologico (cellulare e molecolare),
a differenza di 10-20 anni fa in cui era, in prevalenza, di tipo chimico ed estrattivo
[2].
I farmaci biotecnologici, diversamente anche detti “biofarmaci” o “farmaci a
bersaglio molecolare”, possono essere definiti come il prodotto di organismi
geneticamente modificati.
Ne sono esempi le “prime” proteine ricombinanti (ottenute mediante la
tecnica del rDNA), gli ormoni polipeptidici, i derivati del sangue (agenti sia
trombolitici che coagulanti), le citochine (interleuchine, interferoni, fattori di
crescita) e i vaccini ricombinanti che, diversamente dai vaccini tradizionali,
impiegano solo l‟antigene e non il patogeno intero. A differenza dei farmaci
tradizionali, costituiti da piccole molecole (small molecules), i farmaci biotech sono
costituiti da macromolecole di natura proteica o derivati degli acidi nucleici. Sono,
quindi, prodotti che, a differenza dei primi, mostrano un peso molecolare (PM)
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molto più alto [3]. Tra le due classi di farmaci sussistono dunque differenze rilevanti
nelle fasi di ricerca, sviluppo e produzione. Tali differenze costituiscono dei fattori
critici, che devono essere valutati attentamente nello sviluppo e nell‟utilizzo clinico
di un farmaco biotecnologico. I principali fattori critici sono sintetizzati di seguito
[4]:
Contrariamente ai farmaci convenzionali, le proteine terapeutiche (farmaci
biotech.) non possono essere prodotte per sintesi, ma soltanto per fermentazione o
mediante colture di cellule di mammifero.
I biofarmaci sono progettati generalmente a partire da un meccanismo
d‟azione (o da un target biologico) noto, o almeno atteso.
Rispetto ai farmaci tradizionali, che possono avere più siti d‟azione e più vie
di escrezione, le proteine sono dotate di una maggiore specificità e garantiscono una
maggiore purezza e sicurezza d‟impiego.
La presenza di sostanze contaminanti (ad esempio composti azotati di origine
batterica) legate al processo di produzione, può provocare reazioni avverse di
incompatibilità.
La degradazione del farmaco, lungo il tratto gastrointestinale, impone la
somministrazione per via parenterale (non per tutti i prodotti biotech) e, in taluni
casi, il rilascio al sito target può risultare critico, a causa della degradazione da parte
di enzimi metabolici.
Per aumentare l‟emivita plasmatica della proteina ricombinante possono
essere richieste dosi elevate e somministrazioni frequenti, con la conseguente
insorgenza di effetti indesiderati a carico di differenti organi o compartimenti
corporei (per esempio la frequente reazione di ipersensibilità).
Mentre per i farmaci tradizionali la data di scadenza viene stabilita mediante
test accelerati di stabilità, condotti a temperature e gradi di umidità superiori a quelle
di stoccaggio, per le proteine ciò non è attuabile, data la loro palese termolabilità. La
data di scadenza si deve, quindi, stabilire mediante studi di stabilità condotti in
condizioni reali.