2indefinitamente a queste sollecitazioni; si ammette, anzi, che la struttura stessa
sia destinata ad avere una vita utile limitata nel tempo. Di conseguenza,
l’esigenza di metodi C.N.D., che siano in grado di rilevare ogni possibile
indizio di avaria e di seguirla nel suo progredire, si è fatta sempre più grande e,
nello stesso tempo, la maggiore affidabilità dei C.N.D. ha permesso di cambiare
i criteri di progettazione dal “SAFE-LIFE” al “DAMAGE-TOLERANCE”.
Il primo criterio, il “SAFE-LIFE ”, presupponeva che la struttura fosse in grado
di impedire che il danno si verificasse prima che la sua utilizzazione avesse
raggiunto un prefissato periodo di tempo. L’adozione di questo criterio
comportava vantaggi nelle operazioni di manutenzione e nella determinazione
del livello delle scorte. Gli svantaggi erano dovuti al fatto che i componenti
dovevano essere sostituiti nonostante la loro perfetta efficienza e che il livello
delle scorte era ugualmente notevole; inoltre, la probabilità di avere avarie
infantili era alta per il gran numero di sostituzioni effettuate. Questo principio è
ancora usato nei particolari in cui non è possibile individuare il danno prima che
la resistenza residua del pezzo stesso sia ridotta sotto i limiti accettabili. Un
altro criterio, che tuttora è applicato sugli aeromobili civili e militari, è il
“ FAIL-SAFE ”. Secondo questo principio si ammette la possibilità dell’inizio
del danno per fatica, ma la struttura è progettata in modo da contenere il danno,
grazie alla sua resistenza residua, nei limiti di sicurezza, sino alla sua sc perta
visiva durante le operazioni di manutenzione. Con questa filosofia, quindi, una
struttura lavora in presenza di un danno finché questo non raggiunge dimensioni
tali da essere visto dall’operatore. Il vantaggio principale è quello dello
sfruttamento più esteso dei componenti, contro un aumento di peso dovuto alla
duplicazione della struttura (ridondanza) e, di conseguenza, ad un incremento
dei costi. Al criterio del “DAMAGE-TOLERANCE ” si è arrivati con il
progredire della conoscenza sul comportamento dei materiali sotto
3sollecitazione. Conoscendo le leggi della meccanica della frattura, si può
stabilire, con sufficiente approssimazione, il tempo occorrente perché l’avaria si
sviluppi completamente e il minimo intervallo di tempo per eseguire le
ispezioni periodiche, mediante naturalmente opportuni C.N.D., i quali
assicurano un determinato rilevamento del difetto minimo. Con questa filosofia,
infatti, oltre ad avere una struttura con una elevata resistenza residua, si deve
avere la possibilità di identificare il danno prima che la resistenza sia ridotta al
di sotto dei limiti esistenti. In conclusione, i C.N.D. sono tecniche che
consentono di rilevare discontinuità nel materiale in esame o modifiche rispetto
ad un “campione originale”, permettendo quindi di tenerne sotto osservazione i
danni fino al momento in cui si avvicina il limite di sicurezza. I metodi
d’indagine sono molteplici e, solo per esempio, si possono citare la radiogr fia,
gli ultrasuoni, le correnti indotte, l’endoscopia, i liquidi penetranti e la
magnetoscopia, l’emissione acustica, la termografia, l’olografia, l’olografia
ultrasonica, la radiografia neutronica e protonica, la tecnica a microonde, ecc..
1.2 Generalità sui controlli non distruttivi
I controlli non distruttivi (C.N.D.) sono utilizzati per stabilire l’affidabilità di un
prodotto dal punto di vista della sua integrità fisica. Con essi si possono
individuare le discontinuità, che per tipo, dimensione e orientamento possono
comportare una situazione di pericolo durante l’impiego del pezzo. Il compito
pertanto dei C.N.D. è quello di segnalare la presenza di discontinuità nei pezzi
esaminati, identificandone anche il tipo. Nati negli ospedali per la diagnostica
medica (i più noti sono i raggi X, gli ultrasuoni, gli endoscopici), hanno trovato
applicazione nelle industrie, dove è necessaria la sicurezza e la qualità del
prodotto, e nei laboratori di restauro e conservazi e delle opere d’arte. I
metodi a disposizione per i C.N.D. sono tantissimi. Oltre a quelli noti in
4ALITALIA (indagine endoscopica, indagine e misure ultrasoniche, soniche e di
correnti indotte, liquidi penetranti e polveri magnetiche, raggi X e gamma,
indagine termografica), ve ne sono molti altri quali le emissioni acustiche,
l’olografia, la fotogrammetria, la betagrafia, ecc.. Si chiamano controlli non
distruttivi in quanto non modificano, nemmeno su scala microscopica, le
caratteristiche fisico-chimiche e le proprietà del prodotto in esame. I mezzi
utilizzati per un C.N.D. costituiscono un sistema di controllo composto da due
componenti:
1) L’elemento penetrante (radiazione penetrante per raggi x e gamma, fascio
d’onde ultrasoniche per gli ultrasuoni, campo magnetico per le polveri
magnetiche, fluido per i liquidi penetranti, corrente elettrica per le E.C.).
2) L’elemento rivelatore (p llicole radiografiche per i raggi x o gamma, segnale
su un tubo a raggi catodici per gli ultrasuoni, polveri magnetiche per il
metodo con polveri magnetiche, il rivelatore per i liquidi penetranti, il
segnale su un tubo a raggi catodici o l’indicazione di uno strumento per le
correnti indotte).
La breve esposizione che segue ha lo scopo di fornire un quadro informativo
generale sui vari metodi C.N.D. impiegati in ALITALIA.
1.2.1 Liquidi penetranti
Principio del metodo: la tecnica di controllo con liquidi penetranti è basata sulle
proprietà “bagnanti” di particolari liquidi e viene impiegata per individuare
difetti superficiali su materiali sia metallici che non metallici. Schematicamente
si opera applicando sulla superficie del pezzo in esame un liquido in grado di
penetrare per capillarità all’interno delle discontinuità affioranti in superficie;
dopo aver rimosso il liquido residuo dalla superficie stessa, la frazione
introdottasi nelle discontinuità è messa in evidenza da un particolare agente
5assorbente, dando luogo ad un’indicazione visibile corrispondente ai difetti
superficiali. Le indicazioni ottenute devono essere osservate in luce bianca o in
luce di Wood (radiazione UV) a seconda che siano utilizzati, rispettivamente,
liquidi penetranti a contrasto di colore o fluorescenti. Questi ultimi, in virtù
dell’elevato contrasto luminoso risultante, garantiscono una sensibilità di
rivelazione più elevata di quella ottenibile con i liquidi penetranti a contrasto di
colore, i quali, pertanto, vengono generalm te utilizzati nei casi in cui non è
richiesta una sensibilità particolarmente elevata. La visualizzazione del difetto,
quindi, avviene direttamente sul pezzo in esame, per contrasto fra penetrante e
rilevatore.
Limiti del metodo:
• Non rivela discontinuità sotto pelle o chiuse in superficie;
• Non è normalmente applicabile all’esame di superfici troppo rugose rse;
• Si presta all’automazione solo per quanto riguarda la parte esecutiva, mentre
l’interpretazione dei risultati deve essere fatta da personale qualificato;
• L’esame è di solito limitato a zone facilmente accessibili;
• Il campo di temperatura, in cui è possibile il controllo con i prodotti per
impiego normale, va da 56°C a 120°C (esistono comunque prodotti specifici
per alte temperature, applicabili fino 130°C);
• La sensibilità del metodo è condizionata dal grado di finitura superficiale.
Applicazioni e sviluppi: il metodo con liquidi penetranti è adatto a rilevare
difetti affioranti in superficie di qualunque tipo, a condizione che siano “aperti”.
Possono essere rilevati difetti di fusione come giunti freddi, cricche di ritiro,
ecc.; difetti di fabbricazione come cricche di tempra o di saldatura, filature,
sdoppiature di laminazione, ecc.; difetti di servizio come cricche di fatica, di
tensocorrosione, ecc.. II metodo non è vincolato al tipo di materiale o alla sua
6struttura; il materiale tuttavia non deve essere poroso in superficie, come certi
materiali ceramici. Possno essere controllati: acciaio, alluminio, materiali
compositi, ghisa, vetro, ecc.. I liquidi penetranti rilevano con esattezza ed
estrema semplicità l’ubicazione del difetto sulla superficie, ma le sue
dimensioni di solito risultano ingrandite rispetto a quelle reali. La ricerca dei
grandi gruppi industriali che operano in questo settore ha permesso lo sviluppo
di nuovi prodotti più sensibili, meno tossici e facilmente biodegradabili.
L’ultimo aspetto è senz’altro rilevante, in quanto il costo della depurazione, con
leggi sempre più severe in materia, è uno degli elementi che incidono
maggiormente sul costo dell’impianto. Un esempio significativo può essere
tratto dall’introduzione degli emulsificatori a base d’acqua in luogo di quelli a
base oleosa, che ha permesso di elevare la sensibilità dell’esame, e nel
contempo di ridurre considerevolmente i costi della depurazione delle acque
reflue.
1.2.2 Polveri magnetiche (o magnetoscopia)
Principio del metodo: il metodo magnetoscopico, atto ad evidenziare difetti
superficiali e subsuperficiali su materiali ferromagnetici, è basato sulla
generazione di un flusso magnetico disperso in corrispondenza delle
discontinuità, in grado di attrarre delle particelle magnetiche, a granulometria
molto fine, applicate sulla superficie dei particolari in esame. In tal modo si
ottengono indicazioni visibili, relative ai difetti presenti. La tecnica di controllo
è molto sensibile e può rilevare difetti anche su particolari ricoperti da sottili
strati protettivi (ad esempio vernici), seppure con lieve riduzion di sensibilità.
La rilevazione dei difetti può essere effettuata impiegando particelle magnetiche
applicate a secco o mediante una sospensione in un opportuno agente liquido,
(tali particelle evidenziano il flusso magnetico disperso dalle discontinuità), o
7mediante sonde che individuano il flusso disperso, trasformandolo in un segnale
elettrico. Le particelle possono essere colorate per risultare visibili in luce
bianca o fluorescenti in luce di Wood (radiazione UV). La tecnica in esame che
impiega particelle magnetiche fluorescenti raggiunge una sensibilità più elevata.
Limiti del metodo:
• Applicabilità ai soli materiali ferromagnetici;
• Scarsa sensibilità per i difetti rotondeggianti;
• Si presta all’automazione solo per quanto riguarda la parte esecutiva, mentre
1’interpretazione dei risultati deve essere fatta da personale qualificato;
• L’interpretazione dei risultati, sebbene esistano specifiche e tabelle con
standards fotografici, presenta sempre un certo margine di soggettività;
• L’esame è normalmente limitato a zone facilmente accessibili;
• Il campo di temperatura in cui è possibile il controllo arriva fino a 50°C con
rivelatori umidi, e fino a 300°C con rivelatori a secco.
Applicazioni e sviluppi: l’esame magnetoscopico, detto anche esame con
particelle magnetiche, è un metodo atto a rilevare difetti superficiali e
subsuperficiali in materiali ferromagnetici come cricche, incollature, inclusioni,
ripiegature, sdoppiature, mancanze di penetrazione nelle saldature, ecc.. Casi
tipici di applicazione del metodo magnetoscopico sono le fusioni in acciaio a
struttura ferritica, i fucinati, gli estrusi, gli stampati, le saldature ed altri
componenti a matrice ferritica. Importante per la rilevazione dei difetti è che
questi siano orientati in modo da essere “intercettati” dalle linee di forza del
flusso magnetico indotto; per tale ragione, lo stesso pezzo deve essere come
minimo magnetizzato in due direzioni, fra di loro ortogonali. L’impiego di
lettori ottici ha permesso un significativo sviluppo per l’interpr tazion
automatica dei risultati.
81.2.3 Ultrasuoni
Principio del metodo: la tecnica di controllo si basa sull’impiego d’onde
ultrasonore. Nell’applicazione più consueta viene emesso un impulso
ultrasonoro che, propagandosi nel particolare da controllare, viene riflesso dalle
eventuali discontinuità presenti, e quindi rilevato e convertito in segnale
elettrico tale da essere presentato su uno schermo oscilloscopico. Il tipo di
presentazione più frequentem e adottata consiste nel visualizzare i segnali in
funzione del tempo (A-scan); poiché gli spazi percorsi dagli impulsi ultrasonori
sono proporzionali ai rispettivi tempi di transito, sullo schermo oscilloscopico
risulteranno visualizzati nell’ordine: l’impulso di emissione (coincidente con la
superficie cui è applicato il trasduttore), eventuali echi di difetti ed, infine, l’eco
di “fondo” (relativo alla superficie opposta del pezzo). Le tecniche di esame si
dividono in due classi: le “tecniche per contatto”, in cui il trasduttore è
accoppiato direttamente al pezzo in esame, e le “tecniche per immersione” che
realizzano l’accoppiamento acustico mediante l’acqua, nella quale viene
immerso il particolare da controllare. L’impiego dell’una e dell’altra tecnica è
subordinato a considerazioni inerenti la forma geometrica dei pezzi da
esaminare, il tipo e l’orientazione dei difetti da rl vare, la semplicità operativa
e la velocità d’ispezione richiesta. Il difetto, quindi, appare sullo schermo di un
tubo a raggi catodici con la forma di un oscillogramma prodotto da un segnale
elettrico. Oltre a questo tipo di rappresentazione, che è la più comune, ne
esistono altre più sofisticate dove può essere evidenziata l’intera sezione del
pezzo con le relative difettosità. Gli U.S., oltre che per rilevare difetti, sono
anche impiegati per misure di spessore.
Limiti del metodo:
• Difficoltà nel controllo di pezzi a geometria complessa;
9• Difficoltà a controllare i materiali ad alta attenuazione acustica (legno,
calcestruzzo e materiali ferrosi e non ferrosi a grano grosso) o ad alta
temperatura;
• Sensibilità d’esame condizionata dallo stato superficiale del pezzo;
• Relativa difficoltà nell’interpretazione dei segnali, che richiede una
prolungata esperienza ed uno specifico addestramento del personale.
Applicazioni e sviluppi: gli U.S. sono onde acustiche con frequenze superiori
alla soglia dell’udibile (0.5÷25 MHz). L’impulso ultrasonoro viene trasmesso
nel materiale da un apposito trasduttore, detto comunemente sonda. Gli impulsi
riflessi dalle superfici del difetto o dalle pareti del pezzo sono captati dal
trasduttore, trasformati in segnali elettrici e rappresentati sullo schermo a raggi
catodici dell’apparecchio. È sempre possibile stimare con una certa accuratezza
le dimensioni reali del difetto interno, e quindi, accettare o scartare il pezzo
sulla base delle prescrizioni dei codici o delle specifiche applicabili. Il campo di
maggiore applicazione è il controllo di saldature, lamiere, fucinati, stampati,
fusioni e materiali compositi. Il metodo ad U.S. è sicuramente il più diffuso e
con fattore di crescita più elevato rispetto ad altri metodi non distruttivi
impiegati per il rilievo dei difetti interni. Tale diffusione è dovuta: alla facilità
con cui è possibile condurre l’esame, alla velocità d’esecuzione, all’elevato
livello di sensibilità e all’ampio campo di spessori controllabili (fino a 10 m).
Nel settore aeronautico, nucleare, petrolchimico e siderurgico, gli U.S. hann da
tempo un impiego estensivo nei collaudi di accettazione, nei controlli di
processo e nell’inservice inspection. Trova spazi sempre più vasti anche nella
caratterizzazione dei materiali (ne è un esempio la valutazione della resistenza
del cemento in base alla velocità di transito degli U.S.). Recenti applicazioni
degli U.S. si sono avute nel controllo della qualità dei materiali compositi e
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nella verifica degli incollaggi del legno, delle materie plastiche, ecc.. Esso può
praticamente individuare qualsiasi tipo di difetto. Richiede però un attento
studio per la scelta delle apparecchiature, delle sonde e delle procedure d’esame
per ottenere la sensibilità richiesta. Per superare il tradizionale sistema di
valutazione delle indicazioni, basato sulla misura delle ampiezze dei segnali
ricevuti, si tanno sperimentando delle tecniche alternative. Notevoli speranze si
nutrono per i buoni risultati ottenuti dall’analisi spettrale del segnale per la
caratterizzazione dei difetti. In tal caso, sarebbe superata l’attuale fase di stallo,
in cui la valutazione delle indicazioni è affidata solo alla capacità dell’operatore
che, in base al comportamento del segnale in relazione al movimento della
sonda, lo interpreta per definire le dimensioni, la forma, e la localizzazione del
difetto. Si sta cercando di superare, mediante la realizzazione di sistemi automa-
tici d’acquisizione e d’elaborazione dei dati, i tradizionali sistemi di
rappresentazione in A, B e C-scan con sistemi che danno migliori informazioni
sulla localizzazione dei difetti. Sono state infine messe a punto nuove sonde in
grado di trasmettere gli U.S. senza accoppiamento (sonde EMAT), garantendo
la riuscita dell’esame anche su superfici ad alta temperatura e sonde in grado di
localizzare con grande facilità difetti superficiali.
1.2.4 Radiografia (Raggi X e Gamma)
Principio del metodo: il metodo radiografico consiste nel rilevare su pellicola, o
altri dispositivi, variazioni d’attenuazione che un fascio di radiazioni
elettromagnetiche di elevata energia, generate da apposite apparecchiature
(raggi X), oppure emesse spontaneamente da sorgenti radioattive (raggi
gamma), a spettro continuo, subisce in funzione degli spessori attraversati
penetrando nei particolari in esame. Le discontinuità eventualmente presenti nei
materiali risultano pertanto evidenziate sulla pellicola radiografica sotto forma
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di zone diversamente annerite. La visualizzazione del difetto, quindi, può
avvenire sulla pellicola radiografica, sullo schermo fluorescente o sul monitor.
L’immagine del difetto, pur con qualche deformazione, appare nella sua forma e
dimensioni reali.
Limiti del metodo:
• Il massimo spessore di acciaio esaminabile con radiografia è dell’ordine di
400÷500 mm, impiegando gli acceleratori lineari ad alta energia; con
apparecchi monoblocco tale spessore si abbassa a 70÷100 mm. In radioscopia
gli spessori esaminabili si riducono ulteriormente: 10÷20 mm per l’acciaio e
50 mm per le leghe leggere;
• I difetti bidimensionali come le cricche possono non essere rilevati se il loro
orientamento rispetto all’asse del cono radiante è inclinato;
• L’utilizzazione, sotto qualsiasi forma delle sorgenti di radiazioni ionizzanti,
richiede il rispetto delle leggi italiane in materia di radioprotezione, con
conseguente ovvio aumento dei costi di controllo.
Applicazioni e sviluppi: il metodo radiografico è stato tra i primi metodi
d’indagine non distruttiva ad essere introdotto nell’industria per il rilievo dei
difetti interni. Il campo applicativo della radiografia è molto vasto. Include il
controllo di saldature, getti, prodotti stampati, fucinati, materiali compositi,
materie plastiche, componenti di costruzioni civili, ecc.. Alla radiografia di
oggetti statici, si è aggiunta la radiografia di processi dinamici, come la
traiettoria di un proiettile lungo la canna, il percorso di un metallo liquido
durante la colata, la combustione del carburante all’interno di un missile, lo
studio di un processo di saldatura, ecc.. Il progresso tecnologico ha portato
grandi innovazioni nelle tecniche d’esame con il metodo radiografico. Tra le più
significative figurano:
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• L’impiego degli intensificatori di brillanza e di tubi da ripresa, che hanno
reso possibile negli impianti di radioscopia il trasferimento dell’immagine
radiografica dallo schermo fluorescente al monitor, con un notevole
miglioramento della sensibilità;
• La digitalizzazione dell’immagine radiografica, per il trasferimento della
radiografia su calcolatore, che permette un’elaborazione dell’immagine, con
conseguente miglioramento del contrasto e della definizione. È possibile
inoltre la memorizzazione di una gran quantità di lastre in grado di facilitare
l’archiviazione e la consultazione;
• La tecnica microfocus la quale, utilizzando apparecchiature con dimensioni
del fuoco radiografico dell’ordine dei centesimi di millimetro, può eseguire
ingrandimenti dell’oggetto radiografato;
• La tomografia computerizzata in grado di rappresentare la sezione
radiografica del pezzo.
1.2.5 Correnti indotte (Eddy Current)
Principio del metodo: una bobina, percorsa da corrente alternata, genera un
campo magnetico primario, variabile nel tempo, che induce delle correnti
indotte (dette anche parassite o di Foucault) nel materiale conduttore da
esaminare, posto in prossimità di essa. Le correnti indotte generano, a loro
volta, un campo magnetico secondario che, interagendo con quello primario, dà
luogo ad una variazione d’impedenza della bobina induttrice. Determinando il
valore di tale impedenza, si valutano intensità e fase delle correnti parassite, le
quali dipendono dalla conducibilità elettrica e dalla permeabilità magnetica del
materiale in esame. I valori rilevati possono essere correlati, mediante taratura
con campioni di rife imento, all’entità dei difetti o alle caratteristiche chimi o-
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strutturali quali comp sizione chimica, stato di trattamento termico, ecc., del
materiale oggetto del controllo. La profondità di penetrazione delle correnti
parassite è inversamente proporzionale alla frequenza della corrente eccitatrice
e può giungere, ad esempio, sino a circa 10 mm nei materiali ferromagnetici,
impiegando basse frequenze (circa 3 kHz). Per rilevare difetti superficiali e
subsuperficiali su materiali sia ferrosi che non ferrosi, vengono utilizzate
correnti parassite ad alta frequenza (da 1 kHz a 1 MHz circa). La selezione dei
materiali in base alla composizione chimica ed alle caratteristiche metallurgiche
viene effettuata, invece, a bassa frequenza (da 3 a 100 kHz circa), in funzione
dello spessore da esaminare, per i materiali ferromagnetici e, a frequenza più
elevata, per gli altri materiali conduttori. Con le correnti parassite è inoltre
possibile misurare lo spessore di rivestimenti su materiali conduttori. Eventuali
discontinuità del materiale in esame possono essere rilevate con due diverse
tecniche: misurando le variazioni di corrente nel circuito, associate al diverso
valore d’impedenza che di volta in volta assume la bobina, oppure osservando
le variazioni di ampiezza e dell’angolo di fase del vettore dell’impedenza. Nel
primo caso è utilizzato un semplice microamperometro; nel secondo caso invece
è necessario un oscilloscopio capace di visualizzare il piano d’impedenza della
bobina.
Limiti del metodo: le limitazioni del metodo sono in stretta relazione con le
caratteristiche dei materiali in prova.
• Il metodo è applicabile soltanto su materiali conduttori, nei quali si possono
localizzare discontinuità superficiali o subsuperficiali a profondità non
superiori a 10÷15 mm, per materiali di conduttività med o-bassa. Questa
profondità diminuisce drasticamente per valori di conduttività più elevati e
per i materiali ferromagnetici;
• L’interpretazione delle indicazioni, agli effetti del riconoscimento del tipo di
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difetto, è difficoltosa;
• L’automazione del metodo risulta difficile n taluni casi, come ad esempio
quando il controllo dei tubi deve esser condotto dall’intero anziché
dall’esterno.
Applicazioni e sviluppi: il metodo E.C. è di grande versatilità, in quanto
permette ogni tipo di applicazione che possa essere correlata alle variazioni
delle caratteristiche chimico-fisiche di un qualsiasi conduttore. In altri termini,
attraverso la bobina di prova uò essere rilevata anche la minima disomogeneità
di un materiale, sia essa determinata da variazioni di tipo geometrico, elettrico o
magnetico, quindi, adattando il metodo a ciascuna specifica esigenza, si
possono eseguire controlli per rilevare:
• Disomogeneità associate alla geometria del materiale come cricche,
deformazioni, inclusioni, variazioni di spessore, ossidazioni, ecc.;
• Spessori di riporti non conduttivi su base conduttiva, o di riporti conduttivi su
base di diversa conduttività;
• Variazioni associate alla conduttività del materiale, disomogeneità delle
leghe, surriscaldamenti localizzati, errori di trattamento ermico, ecc.;
• Variazioni associate alla permeabilità del materiale attraverso la misura
dell’intensità dei campi magnetici.
Il metodo di indagine con correnti indotte, oltre ad una grande varietà di
applicazioni, offre numerosi altri vantaggi: elevata sensibilità d’esame, grande
affidabilità, rapidità di esecuzione, basso costo di esercizio. Inoltre, risulta di
grande utilità il poter eseguire l’indagine senza che vi sia contatto diretto tra
sonda e pezzo in prova, permettendo l’esame di pezzi in movimento. Ad
esempio, in campo metallurgico è possibile il controllo dei materiali
direttamente all’uscita delle trafile o dei laminatoi, nonostante la loro elevata
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velocità e temperatura. Per la stessa ragione, in campo artistico ed archeologico,
non esistono rischi di danneggiamento delle opere d’arte o dei reperti durante i
controlli.
1.2.6 Indagine endoscopica
Principio del metodo: l’indagine consiste nell’esaminare una superficie non
accessibile con i mezzi degli altri metodi C.N.D.. È un’indagine a vista con
l’ausilio di apposite apparecchiature denominate boroscopi ed endoscopi, che
per i loro diametri possono accedere all’interno di complessi o parti strutturali.
Il boroscopio si compone di un tubo di opportuno diametro e lunghezza, munito
di lampadina posta all’estremità, necessaria per illuminare l’interno della zona
da ispezionare, e di un sistema ottico oculare-specchio, onde permettere la
visione della zona. L’endoscopio, invece, si compone di un fascio di fibre
ottiche di opportuno diametro e lunghezza, necessario per trasmettere la luce, la
cui sorgente di illuminazione è remota, e di un sistema ottico oculare-specchio.
Il boroscopio è rigido, mentre l’endoscopio è flessibile, permettendo così di
accedere in posti defilati rispetto al foro d’accesso. La visualizzazione del
difetto, quindi, è basata sull’osservazione della superficie esaminata così com’è
o leggermente ingrandita.