7
Tuttavia, si può suddividere il processo di purificazione delle acque in tre
categorie fondamentali:
ξ Trattamento fisico (meccanico): eliminazione di sostanze oleose e/o
grossolane (es. sedimentazione).
ξ Trattamento chimico: interventi di disinfezione (clorazione), oppure di
eliminazione delle sostanze organiche ed inorganiche ad elevata tossicità,
mediante, ad esempio, processi di ossidazione e di precipitazione.
ξ Trattamento biologico: utilizzo di microrganismi deputati alla demolizione
ossidativa delle sostanze organiche, in soluzione o in sospensione.
E’quest ultimo il processo maggiormente utilizzato per le acque industriali di rifiuto
contenenti inquinanti organici facilmente biodegradabili, ma risulta efficiente
solo quando il carico organico è presente in concentrazioni non troppo elevate.
Le discipline scientifiche interessate dalla ricerca sono svariate. Oltre ai metodi tradizionali,
come quelli fisici, chimici e biologici sopracitati, hanno assunto notevole importanza
tecniche innovative come ad esempio quelle elettrochimiche.
Le tecnologie elettrochimiche possono fornire, infatti, soluzioni a numerosi problemi
ambientali in quanto presentano una buona versatilità di impiego. Tramite queste
metodologie di ossidazione e di riduzione è infatti possibile operare reazioni sia dirette che
indirette applicate a molti tipi di inquinanti (gassosi, solidi o liquidi). Tali tecniche
permettono, inoltre, di trattare sia piccoli che grandi quantitativi di acque inquinate (da
microlitri a milioni di litri). Poiché i processi elettrochimici richiedono temperature più
basse rispetto a quelli non elettrochimici (incenerimento termico) essi offrono anche
un’ottima efficienza energetica. Inoltre è possibile controllare i valori di potenziale e
progettare elettrodi e celle tali da minimizzare le perdite di corrente dovute alle reazioni
parassite.
8
Particolarmente importante nel trattamento delle acque industriali è l’ossidazione
elettrochimica, da usarsi in alternativa o in parallelo al trattamento di ossidazione
biologica.
L’impiego dell’ossidazione elettrochimica su larga scala è favorito anche dalla possibilità
di eseguirla in condizioni di elevata automazione poiché le variabili elettriche proprie
dei processi elettrochimici (I, E) sono particolarmente adatte per facilitare l’acquisizione di
dati, l’automazione ed il controllo del processo, permettendo di operare, in condizioni di
sicurezza, anche trattando inquinanti pericolosi. Inoltre, i processi elettrochimici di
depurazione presentano un’ottima compatibilità ambientale in quanto il reagente principale,
l’elettrone, è un “reagente pulito” e spesso non è necessario aggiungerne altri. L’alta
selettività di questi processi permette, inoltre, di prevenire la produzione di prodotti
indesiderati che a loro volta presenterebbero problemi di smaltimento e depurazione.
9
1.1 CLASSIFICAZIONE DEGLI INQUINANTI
Il problema delle acque di scarico industriali varia notevolmente con la natura delle singole
industrie ed anche, per industrie uguali, con l’ubicazione, la potenzialità, il sistema di
lavorazione, la diversa disponibilità di acqua, etc. Se si pensa all’elevato quantitativo di
acque consumate per le varie produzioni industriali, si vede subito come il loro
smaltimento debba costituire in molti casi un serio problema, specie nelle zone ad
elevata industrializzazione o dove manchino corsi d’acqua di notevole portata, etc.
Le acque reflue industriali, contengono sostanze organiche ed inorganiche.
Per esempio i macelli, gli zuccherifici, le cartiere e i caseifici introducono sostanze
organiche. I composti organici presenti nelle acque reflue vengono classificati come azotati
e non azotati. I principali composti azotati sono l'urea, le proteine, le ammine e gli
aminoacidi; le sostanze non azotate comprendono, tra l’altro, i carboidrati, i lipidi e i
saponi.
Le miniere e le industrie metallurgiche immettono, invece, acidi e sali di metalli e altri
rifiuti inorganici. Ad esempio i bagni di decapaggio del ferro contengono in media 5-10 g/l
di acido cloridrico e circa 300 g/l di cloruro di ferro III (o quantità all’incirca equivalenti di
acido solforico e di solfato ferroso).
2
Un’altro esempio è rappresentato dai liquami
bisolfitici residui dell’estrazione della cellulosa dal legno.
L’inquinamento industriale delle acque, è dunque estremamente vario, in quanto è dovuto
a residui di lavorazione spesso tossici, quali metalli pesanti, coloranti, grassi e oli,
idrocarburi. Rispetto all’inquinamento derivato dall’impiego domestico dell’acqua e
dai fluidi biologici, le altre forme di inquinamento risultano più gravi e sono pertanto
causa di cambiamenti dei caratteri organolettici, con odori e sapori sgradevoli, pericolo
di infezioni e di tossicità. Risulta quindi evidente l’importanza di trattamenti
innovativi come ad esempio i metodi elettrochimici.
10
1.2 METODI ELETTROCHIMICI DI TRATTAMENTO DELLE ACQUE REFLUE
Le acque di scarico industriali possono essere trattate elettrochimicamente nei seguenti
modi:
ξ Le sostanze inquinanti presenti nell’acqua vengono trasformate per ossidazione
parziale in composti biodegradabili; in tal caso gli elettrodi usati devono avere
elevata attività catalitica e selettività per le reazioni di apertura dei cicli aromatici
(sono usati a questo scopo elettrodi in platino, oppure i sistemi Ti/IrO
2
e Ti/RuO
2
),
lasciando invece intatti gli acidi carbossilici alifatici, che sono facilmente
biodegradabili (ad es. per β-ossidazione mediata da batteri, con la rimozione di due
atomi di carbonio per volta, (RCH
2
CH
2
CH
2
CO
2
H →RCH
2
CH
2
CO
2
H + CH
3
CO
2
H).
ξ Si ossidano drasticamente i composti organici fino all’ottenimento di CO
2
e H
2
O. In
tal caso l’attività catalitica degli elettrodi deve essere massima nei confronti delle
reazioni di combustione dei composti organici (si usano allo scopo elettrodi di
Ti/SnO
2
oppure di Ti/PbO
2
).
L’ossidazione elettrochimica diretta dei composti organici, che in teoria si potrebbe
effettuare direttamente con l’ossigeno sviluppato dal processo di ossidazione dell’acqua
(
232
644HO e HO O
ο ), non è poi praticamente utilizzabile, in quanto, l’ossidazione
ad ossigeno, presenta un’elevata sovratensione, che abbassa la resa di processo e fa
lievitare i costi energetici necessari per portare e mantenere il sistema nelle opportune
condizioni operative.
In alcuni casi, per ovviare ai problemi connessi con la bassa cinetica di alcuni processi di
ossidazione elettrochimica, dovuti alla natura dell’elettrodo, è di fondamentale importanza
l’introduzione di materiali elettrodici diversi che svolgano nel contempo attività catalitica
nei confronti delle reazioni di interesse.
11
Il problema che si pone a questo punto è il seguente: lavorando a potenziali più bassi di
quello dell’ossidazione dell’acqua ad O
2
(E°=1,23V) si ha una bassa spesa energetica, ma
al tempo stesso un rapido decadimento delle caratteristiche dell’elettrodo dovuto al
depositarsi sullo stesso di particelle di ossidi o di films polimerici (avvelenamento
dell’elettrodo). Lavorando invece al potenziale di sviluppo dell’ossigeno, l’anodo non è
solitamente interessato da processi di avvelenamento; tuttavia il processo comporta
notevoli consumi energetici.
Le ricerche effettuate in questo campo hanno portato all’individuazione di alcune famiglie
di elettrodi :
ξ Quelli di Pt, di Ti/IrO
2
e di Ti/RuO
2
che sono efficaci nella conversione delle
molecole aromatiche in acidi carbossilici alifatici
3
, pur con basse efficienze in
termini di corrente;
ξ Gli elettrodi delle famiglie Ti/SnO
2
e Ti/PbO
2
che si sono dimostrati molto efficaci
per le reazioni di ossidazione completa dei composti aromatici, con in più
un’elevata efficienza di corrente.
Denominatore comune a tutti gli elettrodi di cui sopra è la presenza di un supporto in
titanio, di gran lunga il più utilizzato nell’industria come migliore compromesso tra qualità
e costi, ma anche fonte di problemi per la service life di tali elettrodi. Questi problemi sono
dovuti alla tendenza del titanio a formare uno strato di ossido TiO
2
all’interfaccia con gli
ossidi elettrocataliticamente attivi (IrO
2
; RuO
2
) (supportati), che riduce drasticamente la
conducibilità del dispositivo e ne altera quindi le sue caratteristiche funzionali. Questi
problemi incidono sulle capacità degli elettrodi industriali, limitandone le prestazioni e la
vita operativa. È stata recentemente suggerita la possibilità di ovviare a tali problemi,
utilizzando elettrodi a film di diamante conduttore (in seguito indicati come BDD, boron
12
doped diamond), che sono stati oggetto di crescente interesse per via della loro elevata
inerzia chimica e dell’ampia finestra di potenziale utilizzabile. Al momento, i settori che
hanno maggiormente beneficiato della loro introduzione sono quello dell’elettroanalisi e
dell’elettrosintesi, ma anche il loro impiego per il già menzionato trattamento delle acque
reflue è stato oggetto di studi approfonditi.
13
1.3 IL DIAMANTE
Si è venuti a conoscenza della composizione chimica del diamante solo verso la fine del
diciottesimo secolo. Nel 1796, Smithson Tennant studiò la combustione del diamante e
mostrò che questo ha la stessa composizione delle altre forme del carbonio.
4
La conferma della struttura del diamante si è avuta dagli studi di cristallografia con i raggi
X nella prima metà del ventesimo secolo.
5
La figura 1.1 mostra la struttura e la simmetria del diamante.
Fig. 1.1 La struttura del diamante
14
Il diamante insieme alla grafite è uno degli allotropi principali del carbonio.
Il diamante ha:
ξ Ibridizzazione sp
3
.
ξ Gli atomi di carbonio formano legami covalenti tetredrici con i quattro atomi più
vicini.
ξ I cristalli hanno una struttura cubica (figura 1).
La grafite ha:
ξ Ibridizzazione sp
2
.
ξ Gli atomi di carbonio formano tre legami complanari forti con gli atomi vicini.
ξ Gli atomi di carbonio si dispongono in una struttura esagonale.
ξ La grafite presenta l’orbitale 2p non ibridizzato con legami p fra atomi di carbonio
vicini (figura 2).
ξ Tra i vari piani si instaurano solo legami deboli.
ξ La grafite è l’allotropo più comune del carbonio (termodinamicamente più stabile).
Fig. 1.2 Struttura della grafite
15
Il diamante puro è un isolante elettrico con un largo band-gap (5.45 eV) ma le proprietà
elettriche del diamante, come quelle degli altri elementi del gruppo IV, possono essere
alterate tramite l'aggiunta di impurità, ossia drogando il materiale.
Con il termine drogaggio, nell'ambito dei semiconduttori, si intende l'aggiunta al
semiconduttore di piccole percentuali di atomi non facenti parte del semiconduttore stesso
allo scopo di modificare le proprietà elettriche del materiale.
Il drogaggio può essere:
ξ di tipo n: l'atomo drogante ha un elettrone in più di quelli che servono per
soddisfare i legami del reticolo cristallino e tale elettrone acquista libertà di
movimento all'interno del semiconduttore.
ξ di tipo p: l'atomo drogante ha un elettrone in meno di quelli che servono per
soddisfare i legami del reticolo cristallino e tale mancanza o vacanza di elettrone,
indicata con il nome di lacuna, si comporta come una particella carica
positivamente e si può spostare all'interno del semiconduttore.
Le quantità di elementi droganti utilizzate per effettuare il drogaggio sono, in termini
percentuali, bassissime: si parla per l'appunto di impurità elettroniche in quanto tali
impurità sono in grado di modificare le proprietà elettriche del semiconduttore ma non le
proprietà chimiche dello stesso.
L'entità del drogaggio si misura in atomi per centimetro cubo, atomi/cm³.
16
Li (0.17 eV sotto CB)
Donatori N (2 eV sotto CB)
band-gap
5.45 eV
V (2.85 sopra VB) Accettori
B (0.37 sopra VB)
Fig. 1.3 Diagramma energetico di stati selezionati nella band-gap del diamante
Nel caso del diamante il drogaggio con boro può generare un comportamento di tipo p nel
materiale.
Gli atomi sostituenti del boro drogante formano un livello di accettori a ~ 0.37 eV sopra la
banda di valenza come indicato nella figura 3.
6
A bassi livelli di drogaggio, il diamante
funge da semiconduttore estrinseco. Ad alti livelli di drogaggio il materiale si comporta da
semiconduttore.
7-8
Fino al tardo ventesimo secolo, la grafite ed il diamante erano gli unici allotropi conosciuti
del carbonio. Poi, negli esperimenti con fasci molecolari, si osservarono molecole con
massa corrispondente in modo esatto a quella di 60, 70 o anche oltre, atomi di carbonio.
Harold Kroto, dall'University of Sussex, James Heath, Sean O'Brien, Robert Curl e Richard
Smalley, dalla Rice University, scoprirono il C
60
ed gli altri fullereni nel 1985
BANDA DI CONDUZIONE (CB)
BANDA DI VALENZA (VB)
B = boro
N = azoto
Li = litio
V = vacanza
17
Fig. 1.4 Fullerene
La struttura del carbonio C
60
è quella di un icosaedro troncato, cioè quella di un icosaedro
cui sono stati troncati i 12 vertici. Ogni vertice è quindi sostituito da un pentagono. Alla
fine la molecola di C
60
sarà perfettamente uguale ad un pallone da calcio
Fig. 1.5 Icosaedro a sinistra ed Icosaedro troncato a destra
18
Il fullerene C
60
è costituito da 12 pentagoni e 20 esagoni, con ciascun pentagono circondato
da cinque esagoni. Questa rappresenta la molecole più simmetrica possibile nello spazio
euclideo tridimensionale, essendo “la più rotonda” delle molecole rotonde. Nel fullerene il
carbonio ibridato sp
2
è caratterizzato da un doppio legame, uno sigma ed uno pi greco. Di
solito gli atomi di carbonio sp
2
e i suoi tre vicini sono complanari.
Fig. 1.6 Struttura del C , in cui si nota
che i doppi legami covalenti sono
localizzati tra i lati degli esagoni
19
1.4 IL BDD
Gli studi elettrochimici sui films di diamante iniziarono a metà degli anni ottanta. Il numero
di laboratori coinvolti in questo studio e il numero di pubblicazioni, crebbe rapidamente.
9
Questi studi mostrarono che gli elettrodi di diamante conduttore potevano essere realizzati
per mezzo di un processo di deposizione chimica di vapore (CVD) su diverse matrici, come
il silicio, il titanio, il niobio, il molibdeno, etc. (vedi cap 3). Molti di questi substrati
vengono ancora utilizzati, anche se presentano qualche problema. Infatti, il substrato di
silicio è molto fragile; Nb,Ta,W sono molto costosi e la stabilità del diamante depositato su
un substrato in Ti non è ancora soddisfacente, perchè potrebbe aver luogo il crack che
causa il deterioramento del film di diamante durante l’elettrolisi. Il BDD presente nello
stato fondamentale ha una superficie con spiccate caratteristiche idrofobiche che lo
rendono inadatto al trattamento di reflui acquosi. È necessario, quindi, sottoporre il
BDD ad un trattamento in grado di rendere la sua superficie maggiormente idrofilica.
Il film di diamante dopo la deposizione si presenta tipicamente con gruppi apolari CH e la
sua superficie è idrofobica. Ad esempio, una polarizzazione anodica in H
2
SO
4
1M a 10 mA
cm
-2
per 30 minuti permette di trasformare la superficie dell’elettrodo da idrofoba (gruppi
apolari CH) a idrofila (gruppi polari contenenti ossigeno).Per rendere i films di diamante
conduttori, essi vengono dopati con diverse concentrazioni di boro. Per un drogaggio
moderato servono 10
8
atomi di B per cm
3
, la resistività è 10
4
Ωcm e l’elettrodo assume il
carattere di semiconduttore, mentre per un elevato dosaggio, da 10
20
a 10
21
atomi di B per
cm
3
, la resistività decresce a 10
-3
Ωcm e, di conseguenza, acquista la caratteristica di
semimetallo.
10-11
Gli elettrodi BDD altamente drogati, esibiscono importanti proprietà
tecnologiche che li distinguono dagli elettrodi convenzionali:
ξ un’ampia finestra di potenziale negli elettroliti acquosi e non-acquosi. Nel caso di
un’alta qualità del diamante, lo sviluppo dell’idrogeno inizia a circa -1,25V (vs
20
SHE) e lo sviluppo dell’ossigeno a +2,3V (vs SHE), la finestra di potenziale può
quindi superare i 3V.
12-13
ξ stabilità alla corrosione in mezzi molto aggressivi: la morfologia degli elettrodi di
diamante resta stabile, a lungo termine, durante i cicli di sviluppo di ossigeno e
idrogeno.
14-15
ξ una superficie inerte con basse proprietà di adsorbimento e una forte tendenza a
resistere alla deattivazione: la risposta voltammetrica rispetto al ferri/ferrocianuro è
rimarcabilmente stabile per oltre due settimane di cicli di potenziale continui.
16
Grazie a queste proprietà, il diamante conduttore è divenuto nel tempo, un materiale
elettronico promettente, tanto da essere usato anche nel trattamento delle acque.
1.5 SCOPO DELLA TESI
Oggetto del presente studio è l’applicazione degli elettrodi BDD ai processi di
depurazione delle acque di scarico industriali. Gli elettrodi BDD rappresentano, infatti,
un interessante materiale anodico per la degradazione di inquinanti refrattari come
ammoniaca, cianuri, fenoli, aniline, coloranti, agenti tensioattivi, alcooli e molti altri
composti.
17-18
A questo proposito sono stati riportati alcuni esempi di ossidazione
elettrochimica, che hanno dato i seguenti risultati:
ξ Per l’ossidazione della 3-metil priridina si è osservato che nella regione di
potenziale di stabilità dell’acqua, le reazioni dirette di trasferimento di elettroni
avvengono sulla superficie del BDD, che subisce una caduta dell’attività dovuta alla
formazione di film polimerici.
ξ Gli acidi carbossilici vengono completamente ossidati a CO
2
su elettrodi BDD con
un’alta efficienza di corrente, ed inoltre, tutti i risultati ottenuti mostrano che gli
elettrodi BDD si comportano come anodi “non-attivi”.