9
Capitolo 1
APEA, normativa nazionale e concetti base
Uno dei temi di discussione più attuali e dibattuti riguarda la relazione tra
crescita economica ed ambiente. L attività economica è un processo di
trasformazione di materiali ed energia, al termine del quale, inevitabilmente,
vengono prodotti dei rifiuti. Poiché nell attuale modello economico è necessario
produrre sempre di più, anche la quantità di rifiuti sarà inevitabilmente sempre
maggiore. La crescita economica però non è infinita, ha taluni limiti: innanzitutto, il
vincolo maggiore è dato dal consumo delle risorse limitate, o esauribili o non
rinnovabili, come combustibili fossili, minerali e materie prime, al fine della
produzione; un secondo rilevante vincolo riguarda l inquinamento, che è limitato se
lo consideriamo come la capacità predefinita dell ambiente di ricevere
continuamente rifiuti ed energia degradata. Proprio a questo proposito, ci troviamo
attualmente in una situazione di disequilibrio tra uomo e ambiente, poiché l aumento
della popolazione, della produzione, dei consumi, delle zone industriali e degli
agglomerati urbani è sproporzionato rispetto alla dotazione ambientale, rimasta
pressoché identica da sempre (1). Dal canto suo, l ambiente svolge numerose
funzioni al servizio della sfera economica: fornisce risorse, è ricettore di rifiuti ed ha
anche una valenza estetico-ricreativa. Considerato l indispensabile ruolo
dell ambiente, la sua tutela implica un radicale cambiamento di comportamenti
produttivi e di consumo.
L attuale punto di discussione è per cui la possibilità di mettere in atto una
produzione detta sostenibile , che si realizza attraverso la gestione di una risorsa
senza eccedere nel suo sfruttamento oltre una determinata soglia, nota la sua capacità
di riproduzione. Questo tema è stato affrontato per la prima volta nel 1972 dal Club
di Roma, nel Rapporto sui limiti dello sviluppo, di cui Donella Meadows fu l autrice
principale. La stessa prediceva che la crescita economica non potesse continuare
10
indefinitamente, a causa della limitata disponibilità di risorse naturali, come ad
esempio la limitata disponibilità di petrolio. Ciononostante, è possibile realizzare un
sentiero di sviluppo economico per l economia mondiale, che soddisfi i bisogni della
generazione attuale, senza compromettere le opportunità delle generazioni future di
soddisfare i proprio bisogni (2). In tale definizione non si fa riferimento
propriamente all'ambiente in quanto tale, maggiormente ci si riferisce al benessere
delle persone ed alla qualità ambientale. È messo in luce, quindi, un importante
principio etico: la responsabilità da parte delle generazioni d'oggi nei confronti delle
generazioni future, toccando almeno due aspetti dell'ecosostenibilità: il
mantenimento delle risorse e quello dell'equilibrio ambientale del nostro pianeta.
Successivamente anche le Nazioni Unite si sono avvicinate a tale tema. Con
la Conferenza di Rio de Janeiro del 1992 è stata sancita la Dichiarazione dei 27
Principi su ambiente e sviluppo, i Principi delle foreste e l
Agenda 21, tutt ora
utilizzati e considerati come punti di riferimento per l indirizzo globale di
salvaguardia dell ambiente.
Per mezzo di questa risvegliata attenzione internazionale al problema
ambientale, si è passati da una dimensione locale ad una globale dello sviluppo, con
un maggiore interesse per le problematiche sovranazionali, come il riscaldamento
dell atmosfera, la riduzione dello strato di ozono, la biodiversità del pianeta, la
riduzione delle foreste e la gestione delle risorse comuni marine. Secondo Hardin
Tibbs, ricercatore inglese specializzato nella visione economica prospettica e
strategica, la strada verso la sostenibilità implica la consapevolezza che si sta
realizzando un cambiamento globale, prodotto della rapida evoluzione del sistema
industriale, e che è necessario definire un nuovo approccio per gestire il rapporto tra
sistema industriale ed ecosistema, affinché questi possano coesistere. Si sta
costruendo quindi un sistema globale artificiale nell
ambito di un sistema naturale
pre-esistente. In questo ambito si colloca il dibattito che mette in relazione sviluppo
economico e tutela ambientale: l ecologia industriale.
L ecologia industriale ha lo scopo di interpretare il sistema costruito
dall uomo e adattarlo alla comprensione del sistema naturale, per raggiungere
un industrializzazione che sia più efficiente e basata sulla tolleranza e le
11
caratteristiche della natura. Si tratta quindi di una scienza multidisciplinare, che si
occupa dell interazione tra attività industriale e ambiente, in modo da minimizzare
l impatto dei processi produttivi su di esso. A partire da questo presupposto, Robert
Frosch e Nicolas Gallopoulos sviluppano nel 1989 il concetto di ecosistemi
industriali, da cui discende il termine di ecologia industriale. Un ecosistema
industriale deve funzionare come un sistema biologico: i rifiuti prodotti da
un azienda potrebbero essere impiegati come risorsa da un altra, come una sorta di
ciclo chiuso come quello della natura, dove i rifiuti non esistono poiché essi vengono
trasformati in sostanze assimilabili dai produttori primari e rimesse in circolo.
L obiettivo finale è piuttosto arduo da raggiungere, ma non per questo impossibile
(3).
Un esempio di applicazione dei principi di ecologia industriale è il Distretto
di Kalundborg, in Danimarca (4). Al suo interno si è sviluppata una rete di
collaborazione tra quattro grandi imprese: una centrale elettrica a carbone, una
raffineria di petrolio, una compagnia farmaceutica e produttrice di enzimi industriali,
e il più grande fornitore di pannelli in cartongesso della Scandinavia. A questi si
aggiunge il Comune di Kalundborg, per la distribuzione di acqua, elettricità e
riscaldamento. La cooperazione ha riguardato accordi commerciali bilaterali su
riciclaggio dell
acqua, lo scambio di energia a vari livelli e il riutilizzo dei rifiuti
prodotti. Dalla suddetta collaborazione, si sono riscontrati quattro vantaggi
principali: la riduzione dell inquinamento chimico e termico delle acque, delle
emissioni in aria e della potenziale contaminazione per smaltimento di rifiuti; la
riduzione del consumo di risorse, come acqua, carbone, gesso, petrolio, fertilizzanti;
il migliore impiego delle risorse energetiche in seguito all aumento dell efficacia di
conversione del combustibile in energia utilizzabile; il riuso vantaggioso dei
materiali che prima erano trattati come rifiuti, ma che possono essere utilizzati come
materie prime per altre aziende, riducendo anche i costi dello smaltimento finale. In
questo modo si crea un processo produttivo ciclico, simile a quello naturale,
all interno del quale si tenta di minimizzare la materia prima utilizzata, i rifiuti
prodotti e l impatto ambientale, naturalmente senza inficiare l efficacia e l efficienza
di produzione. Ad ogni modo è importante notificare che il distretto di Kalundborg si
è formato spontaneamente, con un l obiettivo primario di ottenere vantaggi di natura
12
economica, oltre che ecologica. Un alternativa alla costituzione spontanea di un
distretto votato all ecologia industriale, può essere la creazione dello stesso in
seguito a incentivi che puntino a preservare l ecologia.
In Italia si è iniziato a parlare di APEA, concetto che può essere applicato
attraverso ragionamenti di ecologia industriale, grazie alla Legge Bassanini nel 1998,
approfondita nel prossimo paragrafo, con la quale le regioni hanno ricevuto la delega
in materia di emanazione di atti riguardanti la costituzione di APEA. Alcune regioni
o province si sono prodigate al fine di stabilire criteri base e Linee Guida per la
costituzione delle aree produttive: tra le prime, la Regione Marche, la Provincia di
Bologna e la Regione Piemonte.
L
obiettivo della nostra ricerca è quindi quella di analizzare le Linee Guida
proposte dalle Regioni, verificare le differenze tra le stesse e studiare l area di
Mondovì, al fine di individuare se è possibile il passaggio da area industriale ad
APEA e qual è il gap esistente. In conclusione saranno ricercate le fonti di
finanziamento adatte alla realizzazione del progetto di trasformazione. A questo
proposito è doveroso introdurre l argomento partendo dalla normativa nazionale e
proseguendo con alcuni concetti base: prima saranno introdotte le modalità di
qualificazione ambientale delle aree industriali, proseguendo con le APEA e gli Eco-
Industrial Park (EIP), si tratterà successivamente di ecologia industriale, dei
differenti approcci utilizzabili, e dei presupposti per la simbiosi naturale.
13
1.1 La Legge Bassanini
Il 31 marzo 1998 è stato emanato il decreto legislativo numero 128 (D. Lgs.
n. 112/98), dal titolo "Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato
alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n.
59". Per quanto riguarda l articolo di interesse, il numero 26, riportiamo un estratto
del decreto.
Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (5)
"Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli
enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59"
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 5, 76, 87, 117, 118 e 128 della Costituzione;
Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59, recante delega al Governo per il conferimento di
funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica
amministrazione e per la semplificazione amministrativa;
Vista la legge 15 maggio 1997, n. 127, recante misure urgenti per lo snellimento
dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione
del 6 febbraio 1998;
Acquisita, in relazione all'individuazione dei compiti di rilievo nazionale di cui
all'articolo 1, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59, l'intesa della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome
di Trento e di Bolzano;
Acquisito il parere della Conferenza unificata, istituita ai sensi del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281;
14
Acquisito il parere della Commissione parlamentare consultiva in ordine
all'attuazione della riforma amministrativa, ai sensi dell'articolo 5 della legge 15
marzo 1997, n, 59;
Acquisito il parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 27 marzo
1998;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro per la
funzione pubblica e gli affari regionali;
Emana
il seguente decreto legislativo:
(
)
Art. 26.
Aree industriali e aree ecologicamente attrezzate
1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano, con
proprie leggi, le aree industriali e le aree ecologicamente attrezzate, dotate delle
infrastrutture e dei sistemi necessari a garantire la tutela della salute, della sicurezza e
dell'ambiente. Le medesime leggi disciplinano altresì le forme di gestione unitaria
delle infrastrutture e dei servizi delle aree ecologicamente attrezzate da parte di
soggetti pubblici o privati, anche costituiti ai sensi di quanto previsto dall'articolo 12
della legge 23 dicembre 1992, n. 498, e dall'articolo 22 della legge 8 giugno 1990, n.
142, nonché le modalità di acquisizione dei terreni compresi nelle aree industriali,
ove necessario anche mediante espropriazione. Gli impianti produttivi localizzati
nelle aree ecologicamente attrezzate sono esonerati dall'acquisizione delle
autorizzazioni concernenti la utilizzazione dei servizi ivi presenti.
2. Le regioni e le province autonome individuano le aree di cui al comma 1
scegliendole prioritariamente tra le aree, zone o nuclei già esistenti, anche se
totalmente o parzialmente dismessi. Al procedimento di individuazione partecipano
gli enti locali interessati.
15
Il D.lgs. 112/98 lascia il compito alle Regioni di individuare e gestire le aree
industriali ecologicamente attrezzate presenti all interno del proprio territorio. In
proposito, solo alcune Regioni, e Province, hanno emanato normative per
disciplinare tale materia.
All interno dell elaborato si troveranno le delibere della Regione Marche, la
prima ad aver emanato atti riguardanti la costituzione e la gestione di un APEA, la
Provincia di Bologna, per la quale sarà analizzato il caso vincente dell area di Ponte
Rizzoli, e infine saranno studiate quelle emanate dalla Regione Piemonte, in modo da
individuare le potenzialità dell area di Mondovì.
Prima però sarà approfondito l argomento introducendo alcuni concetti base,
come le modalità di qualificazione ambientale delle aree industriali, proseguendo con
le APEA e gli EIP, i concetti di ecologia industriale, i differenti approcci utilizzabili,
e i presupposti per la simbiosi naturale.
16
1.2 La qualificazione ambientale delle aree industriali
La gestione ambientale delle aree industriali era fino a qualche anno fa un
argomento nuovo, basato su esperienze condotte principalmente all'estero, del quale
era ancora difficile immaginare un applicazione alla realtà italiana. In particolare,
mancava ancora uno scenario normativo e culturale adeguato all'applicazione di
questi nuovi modi di concepire gli insediamenti produttivi. Sulla base di quelle prime
idee la situazione si è rapidamente evoluta, segno di un evidente attenzione ed
interesse politico ed amministrativo al tema della gestione, non solo ambientale, delle
aree industriali. Queste infatti sono importanti strumenti di qualificazione economica
e sociale di un territorio ma, allo stesso tempo, potenziale fonte di pressioni
sull ambiente e sulle comunità circostanti.
Il concetto di area industriale come luogo ambientale , oltre che di sviluppo
economico e urbanistico, si sta rapidamente affermando in Italia. Questo è
testimoniato dalle più recenti azioni regionali e provinciali che si propongono di
sviluppare le sintetiche indicazioni normative del Decreto Bassanini, il quale è stato
precedentemente presentato, sulle APEA, le quali fra l altro riconoscono la
possibilità di esproprio, e quindi la pubblica utilità e la natura di opera pubblica delle
stesse APEA.
Gli approcci al tema delle APEA adottati dalle varie Regioni sono piuttosto
diversi, tuttavia è possibile evidenziare alcuni fattori comuni: la progettazione
coerente con il territorio; la presenza di un referente dell area industriale (il Soggetto
Gestore) che attua un Programma Ambientale condiviso con gli Enti locali; la
partecipazione delle imprese alla gestione del loro ambito produttivo. Inoltre le
innovazioni portate della gestione ambientale non derivano esclusivamente dagli
aspetti progettuali ed infrastrutturali. La gestione ambientale condivisa, il dialogo
con gli Enti Locali e la partecipazione delle imprese al processo sono elementi per
l'avvio di una governance territoriale innovativa, che indirizzi e sostenga una politica
ambientale di sostenibilità degli insediamenti produttivi. L'area produttiva, ed in
particolare quella Ecologicamente Attrezzata, è quindi descrivibile quale luogo di
17
dialogo ambientale in cui sono condivise esperienze, risorse ed obiettivi di tutti gli
attori coinvolti nel processo della sua formazione, sviluppo ed attività. Un luogo
dove si sperimentano ed attuano azioni in forma partenariale, indirizzate non solo al
rispetto delle normative ma più in generale alla soddisfazione delle esigenze ed
aspettative ambientali delle imprese insediate e delle comunità locali.
Vi sono più vantaggi per le imprese che si trovano a far parte di un'APEA. Ad
esempio, attraverso la gestione di infrastrutture e servizi collettivi, dimensionati e
concertati con la comunità delle imprese residenti, è possibile creare economie di
scala che consentono di risolvere questioni ambientali in modo efficiente. Inoltre le
imprese possono trovare opportunità di insediamento vantaggiose e possono essere
coinvolte in un contesto in grado di far loro migliorare le proprie performance
ambientali, a fronte di minori oneri. Il modello di APEA non deve pertanto essere
visto dai soggetti interessati (imprese, Enti Locali) come un'imposizione esterna, di
ostacolo allo sviluppo economico, ma piuttosto come uno strumento di
valorizzazione del territorio e di crescita della competitività del sistema produttivo e
delle imprese. Nel principio di gestione ambientale comune va ricercato un vantaggio
condiviso per le imprese, gli Enti e le popolazioni locali.
Prima di entrare nello specifico degli aspetti tecnici, appare però importante
presentare sinteticamente anche i principi alla base degli dei parchi eco-industriali e
dell
ecologia industriale, a cui fanno riferimento gli obiettivi individuati.
18
1.3 Eco-Industrial Park
I primi che hanno trattato di EIP (7) sono stati Lowe, Moran e Holmes. Gli
EIP sono comunità di imprese manifatturiere e di servizio, legate da una gestione
comune, che cercano di migliorare le proprie performance economiche, ambientali e
sociali, attraverso la collaborazione nel trattare questioni ambientali e l impiego di
risorse, inclusa l energia, l acqua e i materiali. Questo approccio integrato persegue il
raggiungimento di benefici collettivi, superiori a quelli che si avrebbero dalla somma
dei benefici individuali che ciascuna impresa otterrebbe singolarmente
dall ottimizzazione delle proprie performance. Il percorso per raggiungere tale
obiettivo include un nuovo disegno o una riqualificazione delle infrastrutture e della
pianificazione dell area produttiva, una produzione più pulita, la preservazione
dall inquinamento, l efficienza energetica e la cooperazione fra imprese.
In estrema sintesi, è quindi possibile affermare che gli obiettivi strategici di
performance ambientale su cui si fondano gli EIP sono: utilizzo efficiente delle
risorse, riduzione degli impatti ambientali, gestione delle interazioni tra ambiente e
comunità circostanti e, come fine ultimo, la chiusura dei cicli.
1.3.1 I principi dell
Ecologica industriale: verso la chiusura dei cicli
Gli EIP fanno propri i principi sviluppati dall ecologia industriale, con
l obiettivo di ridurre in modo significativo l uso di risorse e l inquinamento. Essa
infatti suggerisce di applicare ai sistemi industriali e ai suoi cicli di trasformazione-
produzione le regole che determinano il funzionamento dei sistemi biologici non
umani: gli ecosistemi appunto, caratterizzati da rapporti simbiotici e assenza del
concetto di rifiuto. Con questo concetto si intende che ogni scarto viene reimmesso
in circolo, per produrre energia o come materia prima, per avviare un altro processo
essenziale al mantenimento dell equilibrio globale.
19
Molto efficace appare la schematizzazione proposta da Allenby nel 1992, il
quale distingue tra il processo industriale dell industria tradizionale, sistema
ecologico con chiusura dei cicli, ed EIP.
1. Industria tradizionale: processo lineare
E il modo di produrre più diffuso: a fronte di un consumo di materiali ed
energia per produrre beni e servizi si genera un considerevole quantitativo di rifiuti.
Tale sistema potrebbe operare, in maniera sostenibile, solamente in una situazione
caratterizzata da un illimitatezza di risorse per alimentare il sistema e da
un illimitatezza di spazi in cui andare a smaltire i rifiuti prodotti.
2. Sistema ecologico: equilibrio dinamico, chiusura dei cicli
E l esemplificazione dell equilibrio dinamico che si instaura in un sistema
ecologico, in cui energia e rifiuti sono costantemente riciclati e riutilizzati da altri
organismi e processi entro il sistema stesso. In un sistema a ciclo perfettamente
chiuso come quello rappresentato, solo l energia solare (o altra fonte rinnovabile)
proverrebbe dall esterno, mentre tutti i sottoprodotti sarebbero costantemente
riutilizzati o riciclati. Lo schema presentato rappresenta l obiettivo ideale cui
dovrebbe tendere l ecologia industriale. Tuttavia l assoluta chiusura del ciclo non
20
può essere raggiunta a livello di eco-distretto, né avrebbe molto senso conseguire tale
risultato, poiché almeno i prodotti finali, ovvero le merci, devono uscirne. Chiudere
ermeticamente certi cicli inoltre significherebbe imporre dei costi eccedenti i benefici
economici, anche se in realtà, nel conteggio di questi ultimi, dovrebbero essere
inclusi anche i vantaggi ambientali, ecologici e sociali derivanti
dall implementazione di tali pratiche. Infine questo modello determina una mutua
dipendenza fra le varie parti del sistema.
3. Eco-Industrial Park
L obiettivo cui si dovrebbe tendere consiste in un uso limitato di input come
risorse e materie prime, un limitato quantitativo di rifiuti che abbandona il sistema e,
soprattutto, uno schema di comportamento collaborativo tra le varie componenti
dell ecosistema industriale, attuato con lo scambio di materiali ed energia. In questo
modo si è spinti oltre al principio di responsabilità del prodotto, in quanto si prende
in considerazione anche il processo, i suoi scarti e l'impatto ambientale che viene
creato. Ciò presuppone un approccio sistemico (8) e un rapporto di cooperazione tra
le imprese in senso orizzontale. Inoltre appare evidente che per realizzare simili
traguardi il sistema industriale deve possedere sistemi ad alta tecnologia, un
atteggiamento preventivo nei confronti dell inquinamento e operare un sensibile
riciclo dei rifiuti.
Il tema dei progetti eco-industriali è stato approfondito da Lowe, il quale
distingue tra Eco-Industrial Park, By-product Exchange e Eco-industrial network.
21
1. Eco-Industrial Park: è un parco industriale, cioè un gruppo di imprese
abitualmente localizzate in aree adiacenti e che operano come una comunità,
sviluppato e gestito come un impresa di sviluppo immobiliare alla ricerca di elevati
benefici in campo ambientale, economico e sociale, così come di eccellenti guadagni.
2. By-product exchange: è un gruppo di imprese che scambiano fra loro i
propri scarti di energia, acqua e materiali, allo scopo di ridurre il consumo di risorse,
l inquinamento, tagliare i costi di approvvigionamento e aumentare le proprie
entrate. Lo scambio può avvenire sia all interno di un parco industriale, fra aziende
vicine, ma anche a livello regionale. La costruzione di una rete di questo tipo non
costituisce di per sé un Parco Eco-Industriale.
3. Eco-industrial network: è un gruppo di imprese appartenenti a una
determinata regione, le quali collaborano per migliorare le proprie performance
ambientali, sociali ed economiche. Rappresenta qualcosa in più rispetto al semplice
scambio di prodotti di scarto: può infatti comprendere anche programmi di
formazione o altri servizi. Può includere Eco-Industrial Park o essere semplicemente
una rete di singole aziende.
Una volta fornite queste definizioni, è ancora importante sapere che per la
realizzazione di un parco industriale vi sono due possibili approcci percorribili: il
primo detto
simbiosi industriale , mentre il secondo è il disegno sostenibile dei
parchi industriali. In riferimento al primo approccio, per simbiosi industriale si
intende la definizione di processi produttivi simbiotici, in relazione ai flussi di
materie come energia, calore, acqua, rifiuti, emissioni, persone, merci. Da questa
prospettiva la cooperazione fra le imprese è intesa allo scopo di creare nuove
possibilità per massimizzare l efficienza e l efficacia nell uso di materia ed energia.
Il secondo approccio è il disegno sostenibile dei parchi industriali, inteso in relazione
alla progettazione di servizi e infrastrutture utili all insediamento delle imprese, in
un ottica di sostenibilità e chiusura dei cicli naturali.
La realizzazione di un APEA dovrebbe essere il frutto di entrambi i percorsi,
poiché necessita di una progettazione eco-orientata dell insediamento dei singoli
stabilimenti e di uno studio del ciclo di vita dei beni prodotti nell area stessa. Ne
22
consegue che per il raggiungimento dello status di APEA è indispensabile un preciso
processo di pianificazione e programmazione, sia su scala urbana che di singola
impresa, basato su precisi processi fisici e sociali, presentati nel paragrafo seguente.
1.3.2 Presupposti per la simbiosi industriale
La concretizzazione di sperimentazioni di processi di simbiosi industriale e
condivisione di servizi, necessita di particolari presupposti, fisici e sociali.
1. Presupposti fisici: i principali sono la complementarietà dei fabbisogni
aziendali, in termini di materia ed energia, la prossimità di insediamento dei soggetti
coinvolti e una domanda omogenea da parte delle imprese a proposito di servizi
necessari.
a. La complementarietà dei fabbisogni delle imprese insediate nel distretto è
importante al fine di ravvicinare soggetti i quali possono soddisfare i fabbisogni delle
imprese già insediate, e rifornirsi dalle stesse per i loro fabbisogni. Sotto questo
punto di vista, vi sono però due aspetti negativi: il primo consiste nel fatto che
all
aumentare della diversificazione delle imprese insediate, aumenta la divergenza
degli interessi, strategie e performance, e dovrebbe aumentare anche il numero dei
fornitori, anche se in modo meno che proporzionale; in secondo luogo, si verrebbero
a creare legami di inter-dipendenza fra imprese diverse, il che implica un rischio nel
caso in cui venissero a mancare una o più imprese tra quelle coinvolte;
b. Prossimità tra i soggetti coinvolti. Questo aspetto è importante per quanto
riguarda la possibilità di implementare sistemi energetici ed idrici a cascata, poiché
più aumentano le distanze e più aumentano i costi dei trasporti e delle infrastrutture
necessarie;
c. Presenza di una domanda omogenea di servizi, in termini quantitativi che
qualitativi. Questo elemento è importante poiché una richiesta omogenea permette la
realizzazione di economie di scala e di scopo in riferimento a materia ed energia
fornita. Pertanto è bene incentivare l
insediamento di imprese appartenenti allo stesso
settore o alla stessa filiera. Anche questo aspetto ha un risvolto negativo, legato alla
possibilità che un certo numero di imprese chiudano o si trasferiscano.
23
2. Presupposti sociali: i principali sono la presenza di fiducia tra le imprese,
la presenza di una rete di comunicazione e cooperazione tra le stesse e l'attitudine
all'associazionismo.
a. La fiducia tra le imprese crea una rete di relazioni, una sorta di ragnatela
solidale che può portare all istituzionalizzazione dei legami come garanzia di
sicurezza;
b. Oltre alla fiducia, è necessaria una rete che metta in relazione i soggetti
coinvolti al fine di intensificare l'apertura al cambiamento e alla comunicazione;
c. Infine è bene che le imprese localizzate nell APEA siano dotate di
un elevata propensione all associazionismo.
La presenza di tali caratteristiche appare essenziale: se non c è coesione
sociale, non può esserci simbiosi o condivisione di servizi in pratica. Questi principi
tuttavia sono difficili da diffondere nella gran parte degli ambiti produttivi italiani,
soprattutto in realtà caratterizzate da piccole e medie imprese (di seguito PMI). È
infatti noto che in campo ambientale le PMI incontrano molte difficoltà nel costituire
azioni preventive, a causa di tre principali freni: la mancanza di cultura su
determinate questioni, l assenza di convenienti soluzioni tecniche per entità di
dimensioni contenute e, soprattutto con l'attuale periodo di stagnazione economica, i
costi troppo elevati. Fortunatamente la struttura del sistema produttivo italiano,
organizzato per filiere e distretti, è caratterizzato da un elevata propensione a
lavorare in rete e possiede anche un elevata flessibilità.
Inoltre organizzando un sistema di gestione collettiva dei servizi, è possibile
aumentare la domanda, in base alla frequenza, quantità, numero di utilizzatori, per
ottenere migliori soluzioni tecniche ad un costo inferiore.