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Naturalmente si istituisce un comitato (composto da due rappresentanti per ogni Stato
membro) e si stabilisce in 85 milioni di ECU la dotazione economica per il periodo
1987/1990.
Il programma si compone di quattro azioni:
AZIONE 1: Avvio e funzionamento di una rete universitaria europea
AZIONE 2: Programma Erasmus di borse di studio agli studenti
AZIONE 3: Provvedimenti intesi a migliorare la mobilità mediante il riconoscimento
accademico dei diplomi e periodi di studio.
AZIONE 4: Provvedimenti complementari tesi a promuovere la mobilità degli studenti
nella Comunità.
Nel 1987 sono 3 mila gli studenti che prendono parte al progetto.
SOCRATES - Fase I (1995/1999)
La decisione 95/819/CE del Consiglio del 14 marzo 1995 stabilisce il programma d’azione
comunitario “Socrates”.
Il programma comprende tre settori d'azione comunitaria: l'insegnamento superiore,
l'insegnamento scolastico e l'istruzione degli adulti più le attività trasversali nei settori
dell'apprendimento linguistico, dell'apprendistato e dell'istruzione aperti a distanza e dello
scambio di informazioni e di esperienze.
Il capitolo I (Insegnamento superiore Erasmus) riunisce le attività avviate nell'ambito del
vecchio programma Erasmus e dell'azione 2 del vecchio programma Lingua. Presenta due
azioni volte alla promozione della dimensione europea negli stabilimenti dell'insegnamento
superiore e al finanziamento di borse di mobilità per gli studenti.
Il capitolo II (Insegnamento scolastico Comenius) presenta tre azioni volte a incoraggiare:
- la cooperazione fra gli stabilimenti d'insegnamento della scuola materna, elementare,
media e superiore;
- la scolarizzazione dei figli di lavoratori migranti e di zingari, di viaggiatori e di persone
che esercitano attività itineranti, nonché l'istruzione interculturale;
- l'attualizzazione delle competenze del personale insegnante.
Il capitolo III (Misure trasversali) presenta le azioni volte:
- alla promozione delle competenze linguistiche nella Comunità;
alla promozione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, nonché
dell'apprendistato e dell'istruzione aperti e a distanza;
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- alla promozione dell'informazione e degli scambi di esperienze, nonché all'istruzione
degli adulti e ad altre misure complementari.
Il budget arriva a 850 milioni di ECU per gli anni 1995-1999.
Tre strutture hanno contribuito all’attuazione del programma: il comitato Socrates, le
Agenzie nazionali, che hanno svolto funzioni di gestione e di controllo delle azioni
decentralizzate, l'Ufficio di Assistenza Tecnica (UAT) Socrates e Gioventù.
SOCRATES – Fase II (2000/2006)
La decisione n. 253/2000/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 gennaio 2000
istituisce la seconda fase del programma Socrates.
Socrates si basa sugli articoli 149 e 150 del Trattato sull'Unione Europea. Secondo
l'articolo 149 la Comunità “contribuisce allo sviluppo di un'istruzione di qualità” mediante
un insieme di iniziative da realizzare in stretta collaborazione con gli Stati membri. Il
Trattato prevede inoltre l'impegno a promuovere l'apprendimento lungo tutto l'arco della
vita per tutti i cittadini dell'Unione.
Gli obiettivi che si prefigge Socrates sono:
- rafforzare la dimensione europea dell'istruzione a tutti i livelli e agevolare un ampio
accesso transnazionale alle risorse educative in Europa, promuovendo nel contempo le pari
opportunità in tutti i settori dell'istruzione;
- promuovere un miglioramento quantitativo e qualitativo della conoscenza delle lingue
dell'Unione Europea, in particolare di quelle meno diffuse e meno insegnate;
- promuovere la cooperazione e la mobilità nel settore dell'istruzione, in particolare
stimolando scambi tra istituti d'istruzione; incoraggiando l'insegnamento aperto e a
distanza, introducendo dei miglioramenti nel sistema di riconoscimento dei diplomi e dei
periodi di studio, aumentando lo scambio di informazioni;
- incoraggiare le innovazioni nello sviluppo di prassi e materiali didattici, nonché
esaminare questioni d'interesse comune in ambiti di politica educativa.
Il programma Socrates è attuato attraverso otto azioni, una di queste è l’Erasmus che viene
definito come insegnamento nella scuola media superiore, universitario e post
universitario, avente come obiettivo quello di incoraggiare la mobilità e l'apprendimento
delle lingue. Erasmus è destinato sia agli studenti allo scopo di promuoverne la mobilità,
sia agli insegnanti per permettere loro di partecipare a scambi, di elaborare corsi in
comune, di programmare corsi intensivi e di partecipare alla formazione di reti tematiche.
Il programma è aperto alla partecipazione degli Stati membri dell’Unione Europea (Belgio,
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Repubblica ceca, Danimarca, Germania, Estonia, Grecia, Spagna, Francia, Irlanda, Italia,
Cipro, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Ungheria, Malta, Paesi Bassi, Austria, Polonia,
Portogallo, Slovenia, Slovacchia, Finlandia, Svezia, Regno Unito), dei paesi dello Spazio
economico europeo (SEE – Islanda, Liechtenstein, Norvegia) e dei tre paesi candidati
all’adesione (Bulgaria, Romania e Turchia).
La dotazione finanziaria per l’esecuzione del programma è fissata a 950 milioni di EURO (
per gli anni 2000/2006).
Nel 2002 è stato raggiunto il traguardo di un milione di studenti Erasmus e nel 2010 si
dovrebbe arrivare a tre milioni di studenti.
INTRODUZIONE SOSTANZIALE
Secondo la definizione formale l’Erasmus è un periodo di studio universitario all’estero.
Le motivazioni ufficiali, più o meno approvate da ogni studente europeo, sono
perfettamente comprensibili e condivisibili: imparare una nuova lingua, conoscere culture
diverse, mettersi alla prova.
Il problema è che le Istituzioni (UE, ministeri, uffici per il diritto allo studio, università,
tutor, professori, genitori, mondo “adulto” in generale) non sanno che cosa sia *in realtà*
l’Erasmus.
E neanche lo possono lontanamente immaginare.
Scopo “accademico” della mia tesi è colmare questa lacuna (anche perché si è
abbondantemente sfondato il muro del milione di studenti Erasmus: possiamo fondare un
partito), presentare il variegato e pazzo mondo degli Erasmus per renderlo un po’ più
comprensibile agli altri (ai non-Erasmus).
Che io sappia non esistono studi sociologici, e tanto meno antropologici, sull’argomento.
L’UE commissiona ricerche e monitoraggi ma si tratta di statistiche, raccolte di dati di
carattere socio-economico, di sterili variabili mono e bivariate, niente che vi faccia saltare
sulla sedia, insomma.
Qualsiasi genitore invoglierebbe suo figlio ad andare a studiare per un po’ all’estero. Dalle
statistiche si capisce che è una gran bella esperienza.
Beata ingenuità.
Certo qualcuno ha iniziato ad avere dei sospetti quando ha visto un filmetto che in italiano
si chiama “L’appartamento spagnolo”, che descrive un anno di vita di studenti Erasmus a
Barcellona. Però il film, oltre a non essere un capolavoro della cinematografia mondiale, è
palesemente un’esagerazione, un’esasperazione della realtà fattuale. Aver visto il film
almeno una volta è il must di ogni Erasmus, e averlo visto una quantità innumerabile di
volte, in lingue improbabili, con sottotitoli incomprensibili, in sale cinematografiche di
lusso, o in aule minuscole è il vanto dell’Erasmus con la E, la R, la A, la S, la M, la U, la S
maiuscole. Inutile dire che per loro (gli *ERASMUS*) il film è un capolavoro e se non ha
ricevuto dieci Oscar è solo perché coloro che assegnano le statuine hanno dagli ottant’ anni
in su (e quindi, per motivi anagrafici, non hanno potuto fare l’ERASMUS).
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Merito indiscutibile del film è, però, aver reso popolare e conosciuto un programma che
fino ad un paio di anni prima aveva lo stesso grado di notorietà delle olimpiadi di tiro con
l’arco (verificare l’esistenza, almeno surrettizia, di dette olimpiadi).
Fino ad allora, gli ALTRI (i poveri sventurati che non hanno fatto l’Erasmus),
conoscevano l’Erasmus per via indiretta: i più fortunati grazie ai racconti degli amici che
l’avevano fatto –beati loro- quelli più sfigati perché avevano visto di sfuggita il bando nelle
bacheche della loro università, o perché ogni tanto vedevano degli svedesi alla lezione di
Storia della matematica applicata (verificare l’esistenza di suddetto corso).
Ma come ben sa il perfetto ERASMUS, la cosa più difficile del mondo non è eliminare le
guerre, la povertà, le carestie, Bin Laden e George Bush, ma far capire la vera,
indiscutibile, dogmatica essenza dell’Erasmus, anzi ERASMUS!
Diciamo subito che non è questo il mio intento. Forse non sarò una perfetta ERASMUS ma
ho sempre diffidato delle maiuscole e il mio proposito è innanzitutto provare a raccontare
esperienze, storie, fatti, variabili ricorrenti, dubbi, certezze e perplessità, modi di pensare e
comportamenti, difficoltà, problemi, momenti di felicità e sprazzi di tristezza, insomma
tutto quello che c’è in un Erasmus (inteso come esperienza di vita e come persona che sta
vivendo questa esperienza), per riuscire a capire, e questa è una necessità e una finalità
spudoratamente personale, per quale cavolo di motivo io, e con me più di un milione di
esseri umani, un bel giorno hanno deciso di “fare l’Erasmus”. Spero di riuscire
nell’impresa, cercando, per quanto è possibile, di tener separate ideologia e scienza,
ricordando sempre la differenza tra le due: la scienza riconosce i limiti della conoscenza (e
l’ideologia no) e che l’unica certezza che so di avere è che siempre hay incertitumbre (“c’è
sempre incertezza”, ogni tanto farò finta di sapere un po’ di castigliano, come tutti gli
Erasmus in terra spagnola).
MITI E LEGGENDE METROPOLITANE
Tutto è più semplice di quanto pensi ed allo stesso tempo più complesso di quanto
immagini.
J. W. Göethe
In realtà l’Erasmus è come l’uovo di Colombo. Il primo Erasmus, quello che ha
“battezzato” il progetto, il mitico umanista seicentesco famoso in tutto il mondo per aver
scritto il libro preferito di Berlusconi , “L’Elogio della follia”, -lo so che state ridendo, ma
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non era una battuta- Erasmus da Rotterdam, insomma, se ne andava tranquillamente in giro
per le corti europee con la scusa di studiare.
Mi pare superfluo ricordare il Grand Tour sette-ottocentesco che ogni giovane di
rispettabile famiglia era costretto, suo malgrado, ad intraprendere intorno ai vent’anni (con
sosta obbligata in Italia, Grecia, Francia).
Senza contare le simpaticissime guerre/crociate/campagne militari et similia che hanno
sguinzagliato per secoli, e molto più facilmente durante gli ultimi cento anni, moltitudini di
giovani in giro per il mondo.
Ma rischio di generalizzare troppo, sicchè di viaggi, spostamenti, migrazioni e cose del
genere parleremo in un capitolo a parte.
Però la novità assoluta che l’Erasmus ci propone è la facilità, la semplicità, l’universalità
della “cosa”.
Se nell’Ottocento dovevi essere nobile o giù di lì (o avere qualche ricco sponsor o far finta
di essere un pittore pazzo e geniale) oggi ti basta essere iscritto all’università. Ci sono
alcuni personaggi che si immatricolano solo ed esclusivamente per fare l’Erasmus. E non è
un’iperbole, anzi, penso sia una delle cause del sovraffollamento degli atenei italiani.
In realtà il contributo economico dell’Unione Europea (integrato in alcuni casi dalle
università, dagli enti per il diritto allo studio, dalle regioni e erogatori vari di denaro
pubblico) dovrebbe garantire a tutti la possibilità di trascorrere un periodo del percorso
accademico all’estero, a prescindere dalle condizioni economiche di partenza. Niente è più
lontano dalla verità. Però le buone intenzioni ci sono tutte ( e bisogna riconoscere che il
contributo che eroga l’UE non ha la finalità di coprire le spese che il soggiorno all’estero
comporta). Anche per il discorso economico paragrafo a parte.
Ma torniamo a noi.
Prendiamo, quindi, un qualsiasi studente universitario europeo, facciamo finta, per
comodità, che sia italiano, supponiamo che sia del Nord, tanto per non far capire che siamo
“terroni”, e per non farci dare della “femminista” supponiamo che sia maschio, e sempre
per comodità supponiamolo iscritto a un corso del fantomatico “Nuovo Ordinamento”.
Presupponiamo che faccia una facoltà economica o qualcosa del genere (ci tornerà utile nel
capitolo “soldi a disposizione di un Erasmus”), e, sempre per comodità statistica,
supponiamo che sia tirchio (la propensione a spendere cifre spropositate porta infatti a
conseguenze inimmaginabili).
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Che cosa pensa questo Erasmus-persona dell’Erasmus-progetto? Con che spirito sta
consegnando la domanda per partecipare al programma? Che cosa sa già e che si aspetta di
trovare?
E ora che ci siamo fatti le domande, proviamo a dare un po’ di risposte, anche se non è
mezzanotte.
QUALCHE MOTIVAZIONE
Di regola, le grandi decisioni della vita umana hanno a che fare più con gli istinti e altri
misteriosi fattori inconsci che con la volontà cosciente, le buone intenzioni, la
ragionevolezza.
C. G. Jung
Diciamo subito che non siamo interessati a quegli studenti che vanno in Erasmus per
superare l’insormontabile scoglio di “Procedura penale 3” o qualsiasi tipo di esame che è
difficilissimo in patria e richiede una settimana di studio all’estero. Anche perché, secondo
la nostra inappellabile sentenza, fare l’Erasmus per fare gli esami è solo una scusa ( e ve lo
dice l’autrice che ha avuto la spudorata faccia tosta di giustificare agli occhi dei suoi
genitori il prolungamento fino a luglio del suo soggiorno ad Alicante sostenendo che in
Italia non avrebbe potuto seguire i corsi nella sua università: i genitori, che sono
personcine intelligenti, hanno fatto finta di crederci).
Ma torniamo a noi. Il nostro amichetto Erasmus abbiamo deciso che non parte per motivi
puramente accademici. Ma sarebbe anche ora di smettere di definire le cose per
sottrazione.
Allora, quest’Erasmus (tra un po’ scade il termine per presentare la domanda se non ci
sbrighiamo a fornirgli una motivazione decente) parte perché ha letto da qualche parte la
seguente equazione: “Erasmus=Orgasmus”. Fonte inattendibile ci dice che l’ha letto
addirittura ne “EL País”. Sarà. Comunque c’è una diffusissima mitologia e un’
abbondanza di aneddoti sulla facilità di “approcciare” in Erasmus e sulla quantità di
relazioni sessuali (sporadiche e meno) che i giovani europei instaurano in Erasmus. Anche
il mitico Umberto Eco ( che per l’autrice ha la stessa autorità che ha Berlusconi per Fede, e
so che il paragone può risultare offensivo, ma rende l’idea) sostiene una cosa del genere.
Se riesco a fare copia e incolla dal sito de “L’Espresso” (che grande cosa è Internet, e che
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cosa ancor più grande è la biblioteca dell’università di Alicante: hanno pure la wireless in
tutto il campus) allora, ecco qua la citazione:
Il progetto Erasmus, una volta reso quasi obbligatorio, o comunque alla portata di tutti,
farebbe sì che ogni studente passi almeno un anno della propria vita nelle scuole di un altro
paese. Ho anzi sempre sostenuto che il progetto Erasmus ha non solo valore intellettuale, ma
anche sessuale, o se volete genetico. Mi è capitato di conoscere molti studenti e studentesse
che, dopo un certo periodo trascorso all'estero, si sono sposati con una studentessa o uno
studente locale. Se la tendenza s'intensifica, visto che poi nascerebbero figli bilingui, in una
trentina d'anni potremmo avere una classe dirigente europea almeno bilingue. E non sarebbe
poco.
2
Mi permetto di tralasciare il valore “genetico” evitando repentine e indesiderate nascite di
figli bilingue, e di concentrarci sul valore sessuale, sugli scambi, non solo intellettuali, ma
di qualsiasi tipo lo desiderino i diretti interessati, di gente delle più svariate nazionalità.
Insomma che uno studente all’estero *goda* (notare l’abilità nella scelta del verbo più
adatto) di un’ampia libertà sessuale è pacifico. Che i normali freni inibitori calino, pure;
insomma fate due più due…forse è meglio se fate uno più uno. Vabbè, usciamo dal tunnel
dei doppi sensi e torniamo al nostro Erasmus, che sta per entrare nel tunnel della droga
visto che l’abbiamo lasciato per un’eternità davanti all’ufficio Erasmus.
Eccolo là, adesso non sta più nella pelle: proprio non vede l’ora di partire! Non per altro
abbiamo supposto che sia maschi.! Sto scherzando, il discorso vale, in linea generale per i
maschi e per le femmine. Ma l’argomento “sex in Erasmus”, o meglio sesso fra Erasmus-
students è leggermente più complicato, e pieno di innumerevoli eccezioni (ma noi ce la
faremo a enumerarle quasi tutte, come al solito in un capitolo a parte).
Allora il nostro valoroso Erasmus è animato dalle migliori intenzioni psicofisiche. Può
darsi anche che creda in altre leggende metropolitane ( se crede che Berlusconi ha ancora
tutti i capelli in testa), a amenità del tipo: “imparare una lingua diversa dalla mia”
3
,
“conoscere gente nuova, fare proprio esperienze nuove, vivere momenti nuovi” o ancora:
“Che mi aspetto da questa esperienza? Conoscere nuovi amici, nuove tradizioni, nuovi usi,
nuovi costumi, insomma imparare…conoscere una nuova cultura” . “Fare un’esperienza
diversa, fare qualcosa in più, conoscere una lingua, incontrare nuove persone, perché
comunque so che è un’esperienza che inizia e finisce, fare qualcosa di nuovo”.
Riassumendo: molti cercano, indovinate un po’, la novità.
2
Umberto Eco, “C’è un’identità europea?”, L’espresso, n 40, 2003,
http://www.espressonline.it/eol/free/jsp/detail.jsp?m1s=o&m2s=null&idContent=298528&idCateg
ory=4789
3
I virgolettati provengono da interviste a Erasmus sparpagliati in varie città spagnole
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Ma le motivazioni sono anche altre: “Divertimento, conoscenza di nuove persone, incontro
con una nuova cultura, che è una cosa molto importante nella vita di un uomo, e quindi un
arricchimento personale, non solo materiale o culturale, ma proprio personale, di crescita.”
E ancora: “Incontrare gente diversa dal mondo in cui sei sempre vissuto penso sia
fondamentale e ti renda diverso da tutti gli altri studenti”. “ [Volevo] trovare un posto dove
nessuno avesse tanti fronzoli per la testa, e dove potessi esprimermi liberamente senza
avere persone che hanno né un pregiudizio né un giudizio pronto su di te, e l’ho trovato.
Un’altra aspettativa era quella di trovare un ambiente di studio completamente diverso, e
l’ho trovato. Altre aspettative: capire quanto tempo ci vuole a imparare lo spagnolo”.
Qui andiamo sul difficile. Allora per il divertimento nulla da dire: siamo giovani e ci spetta
di diritto un bel po’ di sano divertimento (è che non tutti danno lo stesso significato
all’aggettivo “sano”, come vedremo più avanti).
Come “arricchimento personale”: penso che si possa considerare l’Erasmus come un
momento di passaggio, come lo era una volta il servizio militare per i ragazzi, o
l’università della prima metà del novecento. Momenti che segnavano la fine
dell’adolescenza e l’ingresso nell’età adulta. L’Erasmus come gigantesco “rito di
passaggio”, insomma.
PARTENZA
Partire é la più bella e coraggiosa di tutte le azioni. Una gioia egoistica forse, ma una
gioia, per colui che sa dare valore alla libertà. Essere soli, senza bisogni, sconosciuti,
stranieri e tuttavia sentirsi a casa ovunque, e partire alla conquista del mondo.
I. Eberhardt
Perciò il nostro amichetto Erasmus, per un motivo o per un altro, dopo essere uscito dal
tunnel della droga aspettando che finissimo le nostre mille elucubrazioni, ha consegnato la
sua domandina. E continua, ignaro, la vita di sempre, quasi si è scordato che devono uscire
le graduatorie.
Poi verso aprile maggio il destino si compie: arriva la telefonata (o escono le graduatorie
sul web, siamo nel nuovo millennio) e i giochi son fatti: si parte!
Adesso il nostro amichetto è passato da aspirante Erasmus a Erasmus in servizio
permanente effettivo, è pronto alla battaglia. Non vede l’ora di partire, però si fa prendere
da mille dubbi, comincia a perdersi fra le due mila carte che deve compilare, ma è
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entusiasta e si affanna a imparare la lingua del posto prescelto (quasi sempre si compra un
paio di cd del nuovo idioma). Comincia a cercare notizie su quella che sarà la sua nuova
università, la sua nuova città, la sua nuova casa poi a un certo punto, se non fa parte di
quella sparuta minoranza che ha la fortuna di partire con uno o più amici
d’infanzia/compagni di merende/università/palestra, fidanzati o parenti vari (insomma un
punto d’appoggio, una certezza, un sostegno, qualcuno che beve il caffè dopo pranzo
proprio come lui) si accorge che è solo. Non stiamo parlando di solitudine esistenziale nè
di spedizioni artiche in solitaria o di esploratori del deserto. Però il nostro amichetto vuole
innanzitutto divertirsi e per fare ciò ha bisogno di molti amichetti (Erasmus come lui
oppure studenti semplici). Perciò partire da soli, ma proprio soli soli dato che in aereo non
vi fanno imbarcare neanche un cane se prima non fate un mutuo, non è bello. Tutti si
cercano un compagno di viaggio (sperando di non incontrare proprio quello di De Gregori,
se no si complicherà la vita dall’inizio) almeno uno, almeno per fare il viaggio insieme, per
dividere l’ostello, per cercare casa, per andare al mare, all’università, vabbè tra un po’ li
facciamo sposare questi due compagni di viaggio (ve l’avevo detto di lasciar perdere De
Gregori). Comunque il nostro Blob (mi sono scocciata di chiamarlo Erasmus, sarebbe ora
di battezzarlo, quasi quasi lo chiamo Filippo) va all’ufficio relazioni internazionali della
sua università a preguntare (chiedere) se ci sono altri studenti che vanno come lui nello
stesso posto (supponiamo Alicante, sempre per comodità, siamo del Sud) o si fa un giro su
CaffèErasmus (la comunità virtuale dei Blob italiani, su questa un gigantesco capitolo a
parte, bisogna dimostrare di non aver frequentato inutilmente per cinque anni scienze della
comunicazione: la vedo dura) e si sceglie un amichetto, un Blob solo e disperato come lui.
Allora si fa il biglietto, si conoscono i compagni di viaggio e si parte (l’ordine delle cose
conta poco, stiamo già entrando in una dimensione dove le normali coordinate spazio-
temporali cessano di funzionare normalmente).
IMPATTO
Quando si viaggia si sperimenta in maniera molto più concreta l'atto della Rinascita. Ci si
trova dinanzi a situazioni del tutto nuove, il giorno trascorre più lentamente e, nella
maggior parte dei casi, non si comprende la lingua che parlano gli altri. E' proprio quello
che accade a un bambino appena nato dal ventre materno. Con ciò si è costretti a dare
molta più importanza alle cose che ti circondano, perchè da esse dipende la
sopravvivenza. Si comincia a essere più accessibili agli altri, perchè gli altri ti possono
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aiutare nelle situazioni difficili. E si accoglie qualsiasi piccolo favore degli dei con grande
gioia, come se si trattasse di un episodio da ricordare per il resto della vita. Nello stesso
tempo, poiché tutte le cose risultano nuove, se ne scorge solo la bellezza, e ci si sente più
felici di essere vivi.
P. Coelho
Eccolo qua: il nostro piccolo Blob ha appena ricevuto il battesimo del volo (non so
esattamente cosa voglio dire con questa frase) ed è atterrato nella sua nuova Patria (è tutto
contento perciò gli permettiamo di usare le maiuscole). Ancora non si rende conto di
quello che sta succedendo, naturalmente ha fatto l’alba con i suoi amici, che hanno avuto la
brillante quanto originale idea di organizzargli la festa d’addio a base di alcool puro. Perciò
con un mal di testa grande quanto l’Empire State Building e lo stomaco di un pugile alla
settima ripresa (ancora non conosce la giusta definizione della sua condizione psico-fisica,
*resaca*, ma la imparerà presto) si appresta a prendere possesso della sua nuova città.
Diciamo che gli è andata di culo (termine tipicamente dantesco): nessuna città ha così
poche barriere all’ingresso come Alicante. Abituata com’è alle invasioni barbariche di
tedeschi e inglesi ottuagenari è ben lieta di accogliere i giovani Blob. Ma per la visita
turistica della città ci sarà tempo. Blob si è sistemato in ostello (e sugli ostelli girano
parecchie storielline fantastiche, se rimane tempo un capitolo anche sugli ostelli, ma sì) e si
è affannato per uno, due forse tre giorni a cercar casa. Adesso ha un tetto (e sulle case degli
Erasmus potrei scrivere un’enciclopedia, altro che capitolo) e, se la logica funziona anche
in Europa, dei coinquilini (qua non basterebbe neanche la biblioteca del Nome della rosa).
Che bello, già può iniziare ad ambientarsi. Se poi va all’università, giusto per vedere
com’è, invece di passare le giornate a oziare in spiaggia è meglio, anche perché la sua
università non ha nulla da invidiare a un villaggio Valtur, può continuare ad oziare
tranquillamente anche lì.
Facciamo una pausa di riflessione prima che comincino i corsi e la cosa si faccia seria (?).
In che condizioni è la mente, e il corpo, del nostro Erasmus? Come sta Filippo? È arrivato
un po’ di giorni prima che inizi l’università, per la casa, per il mare, per la lingua, saranno
anche fatti suoi a un certo punto. Ha cominciato a conoscere il posto, altri Erasmus
(sparpagliati come lui in spiaggia durante il giorno e nel barrio -il centro- di notte), i
compagni di piso (appartamento). Come si sente, come si comporta, che fa? A parte la
spesa e il bucato non ha altre incombenze pratiche. Se proprio non vogliamo dire che è in
vacanza, diciamo che sta cercando, faticosamente, di entrare nella mentalità spagnola, e si