PREFAZIONE
Lo stimolo che mi ha portato a condurre una tesi su Antonio Rezza e Flavia
Mastrella, è il loro modo di fare, dapprima, cinema e poi teatro.
Le puntate, in ora tarda, di “Fuori Orario, cose mai (s)viste” mi hanno dato
l'opportunità di conoscere il genio ed il lavoro di questi due artisti.
I cortometraggi che all'inizio credevo una semplice esposizione della
demenzialità esportata sulla pellicola, visionando “Hai mangiato?” , “L'orrore di
vivere” oppure le puntate di “Critico e critici” , ho scoperto con meraviglia, che,
quei personaggi, con le loro situazione disagiate, sfortunate, miserabili; erano
frutto di due geni del male, che, sospendendo la situazione tragica dei
personaggi, la sostituivano con l'ironia, che, prendeva il comando della
situazione; mostrandomi, come poi mi spiegarono in camerino, Flavia e Antonio
dopo aver finito la rappresentazione dello spettacolo “7-14-21-28” , che, gesti
fatti nella vita quotidiana, ma compiuti in un modo esasperato ed esagerato, si
ridicolizzano e per assunto diventano ironici. Prima di scrivere la presente tesi,
credevo che il lavoro di Antonio e Flavia si spingesse solo a livello
cinematografico e che il duo lavorasse separatamente, con sorpresa scoprì che i
loro confini non sono ristretti; perchè oltre alle opere su pellicola, ho scoperto un
tipo di teatro dinamico e vivace, grazie all'euforia ed alla preparazione di
Antonio, che, mi disse la prima volta che riuscii a contattarlo, di fare una tesi che
riguardasse e contemporaneamente menzionasse sia il suo nome che quello di
Flavia. Mi spiegò che loro due collaborano da più di ventanni e che senza di lei,
Antonio, non farebbe quello che fa e Flavia lo stesso. Flavia grazie ai suoi
quadri è riuscita a far emergere ed anche a nascondere in Antonio parti del suo
corpo, che, servono a focalizzare l'attenzione del pubblico, quasi come un
processo cinematografico, rendendo visibile ciò che è più importante, perchè non
è l'attore ad essere importante sulla scena, ma il suo corpo, che, abitando gli
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“Habitat” di Flavia, si introduce in quei spazi, come se fosse la natura a
donarceli. Molto importante per l'elaborazione della tesi è stato lo stretto contatto
con Antonio, Flavia e Stefania che mi hanno aiutato e si sono concessi
pazientemente alle mie attenzioni, rifornito di materiale prezioso e per essersi
prestati all'intervista in Roma. Ringrazio anche il professore Filippo Amoroso,
che mi fa da relatore, credendo nel progetto e permettendomi di realizzarlo con
tanta fiducia. La ricerca è suddivisa in capitoli ,che riguardano i loro lavori:
cinematografici, teatrali e quelli personali; Antonio in scrittura e Flavia in
scultura. Il lavoro comprende sia un'analisi delle loro opere che le descrizioni
delle trame, arricchite da una serie di immagini, per le opere più importanti, in
modo da rendere più chiaro il lavoro svolto.
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INTRODUZIONE
Non è molto semplice identificare e collocare le opere teatrali e cinematografiche
in un'ottica storica ed estetica. Sicuramente, l'operato di Antonio, che è quello
performativo, ha una chiave di lettura diversa rispetto a quello di Flavia che
possiede una chiave di lettura più concettuale. Quello che più sorprende è la
concezione del “piacere del brutto”; situazioni tragiche, tristi, angosciose, che, si
trasformano in situazioni di riso. Secondo alcune concezioni estetiche, il brutto
ha due frontiere: è il limite iniziale del bello e il limite finale del comico. Il bello
esclude da sé il brutto; il comico invece fraternizza col brutto, ma
contemporaneamente gli toglie l'aspetto ripugnante facendone risaltare la
relatività e la nullità di fronte al bello. Che il brutto possa piacere sembra un
controsenso, ma ciò avviene in due maniere: in modo sano e in modo malato:
1: “In modo sano” , quando il brutto si giustifica come necessità relativa nella
totalità di un'opera d'arte e viene superato dall'effetto contrario del bello; quindi
non è il brutto che piace, ma il bello che supera la sua negazione.
2: “ In modo malato” , quando un'epoca è fisicamente e moralmente corrotta, le
manca la forza di concepire il bello autentico ma semplice e vuole ancora gustare
nell'arte il piccante della frivolezza e della corruzione. Per eccitare i nervi ottusi
si combina assieme l'inaudito, il disparato e il ripugnante al grado estremo.
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Vi sono tanti elementi estetici, negli spettacoli del duo che si fanno fregio di
elementi brutti che finalizzano nella parodia; gli elementi del volgare, che si
suddivide in: meschino, debole, vile, banale, casuale ed arbitrario e rozzo; gli
elementi del ripugnante, che si suddivide in: goffo, morto e vuoto, orrendo,
insulso, nauseante, male, criminoso, spettrale e diabolico. Per rendere più
semplice il concetto prendiamo in esame alcuni di questi aggettivi “brutti”; il
meschino è definito: un soggetto che non è degno di essere rappresentato per la
1 K. Rosenkranz, Estetica del brutto . Palermo 1994. p. 76.
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nullità del suo contenuto. Nel modo di trattarlo ci si dimentica di sottolineare
l'essenziale o quando si tratta come piccolo ciò che invece è concettualmente
grande; la comicità sussiste in quanto il meschino rappresenta la parodia del
grande, e in particolare del falso grande: perchè si annulla esagerando se stesso,
oppure quando un soggetto in sé grande viene assunto consapevolmente fin
dall'inizio come piccolo. La debolezza, invece, diventa comica, invece, quando
si misconosce e si spaccia per forza.
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Per quanto riguarda le classificazioni o le paternità dei loro spettacoli, Antonio
rifiuta ogni tipo di identificazione; comunque, si può provare a definirlo
seguendo gli stilemi del suo modo di fare teatro: un corpo agile in movimento
perenne, una voce modulata usata in maniera antirealistica portata su toni estremi
e una forte presenza che porta ad una completa libertà scenica. Nel suo teatro vi è
una forte presenza del dadaismo 3
, che considerava il teatro “come strumento di
rottura e insieme di comunicazione”: rottura sul piano della logica del linguaggio
e della logica dell'intelligenza, facendo smarrire al pubblico ogni nozione di
bello e di buono allo scopo di ottenere una risposta sul piano puramente
sensoriale; in più vi sono anche i fondamenti della “crudeltà” 4
; che rinnega
qualsiasi pubblico critico in senso brechtiano. La recitazione di Antonio Rezza è
fredda e spietata, condivide con il “teatro della crudeltà”, la forza d'enunciazione
2 ibidem 3Il Dadaismo è un movimento artistico che nasce in Svizzera , a Zurigo, nel 1916. La parola Dada, che
identificò il movimento, non significava assolutamente nulla . Già in ciò vi è una prima caratteristica del
movimento: quella di rifiutare ogni atteggiamento razionalistico . Il rifiuto della razionalità è ovviamente
provocatorio e usato come una clava per abbattere le convenzioni borghesi intorno all’arte. Pur di
rinnegare la razionalità, i dadaisti non rifiutano alcun atteggiamento dissacratorio. Il dadaismo combatteva
l'arte con l'arte, si invitava al vilipedio sistematico del lessico convenzionale. La poesia sarebbe scaturita
da una “scrittura rivoluzionaria” costituita da suoni e fonemi in libertà.
4 Artaud fu molto attento a evitare che il termine crudeltà venisse inteso in un'accezione ingenua, («è un
errore attribuirle il senso di spietata carneficina, di ricerca gratuita e disinteressato del male fisico») e ne
rivendicò tanto il valore metafisico («è il rigore, è la vita che supera ogni limite e si mette alla prova nella
tortura e nel calpestamento di tutte le cose, è questo sentimento puro e implacabile che io chiamo
crudeltà») quanto il valore tecnico («propongo un teatro in cui le immagini fisiche violente frantumino e
ipnotizzino la sensibilità dello spettatore travolto dal teatro come da un turbine di forze superiori», «un
teatro che riproponga tutti gli antichi e sperimentati mezzi magici», «che abbandonando la psicologia
racconti lo straordinario e metta in scena conflitti naturali», «che provochi trance come le danze dei
Dervisci e degli Aissaua, e si rivolga all'organismo con strumenti precisi»). Un teatro, infine, `integrale',
che nasca dalla compartecipazione senza gerarchie dei linguaggi (gesto, immagine, movimento, suono,
parola)espressi attraverso i `geroglifici' di una scrittura sacra.
http://delteatro.it/dizionario_dello_spettacolo_del_900/c/crudelta_teatro_della.php
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e la spietatezza vocale coinvolgono il pubblico con il proprio eccedere, ma allo
stesso tempo lo offendono come qualsiasi mente che ride senza comprendere (in
camerino, Antonio, mi disse dopo che gli confidai che le storie del suo spettacolo
sono fatte da personaggi che conducono una vita triste:”qui c'è da piangere e il
pubblico ride!”); infine c'è anche la presenza del Living Theatre e di tutti quei
movimenti, che lavoravano in spazi non convenzionali iniziando a concepire il
pubblico come parte attiva dello spettacolo.
Le sculture e le scenografie di Flavia danno intreccio alla materia in cui
abilmente Antonio si incanala in movimenti e assieme producono uno sviluppo
narrativo. Le opere di Flavia si inseriscono nell'ambito dell'arte contemporanea,
in modo originale ed inedito , pur conservando riferimenti ad autori e movimenti,
come per esempio l'arte minimalista.
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La cinematografia del duo ha un impianto estetico difficilmente elencabile
perchè contiene all'interno una grande varietà di stili e stilemi espressivi; le
caratteristiche più identificabili sicuramente sono: un'attenzione maniacale nei
confronti dell'inquadratura e il doppiaggio asincrono. Lo sfavore dei mezzi
limitati utilizzati, all'inizio, porta il duo a dei compromessi: l'utilizzo del bianco e
nero(perchè il sensore VHS cattura in maniera pessima i toni rossi) e la ricerca
delle prospettive della profondità di campo che manca al mezzo. Anche se questi
strumenti amatoriali abbastanza limitati presentano delle costrizioni, sicuramente
quello che non mancava era appunto l'originalità delle loro opere che sono state,
molte di esse premiate in vari concorsi e festival.
L'Antonio Rezza scrittore, ha, invece, rispetto ai suoi lavori teatrali e a quelli su
pellicola, una parola più dolce, più aulica e quindi più raffinata. I suoi personaggi
sono sempre intrigati in storie assurde e grottesche, con le loro paure, le loro
incertezze ed i loro tormenti. Antonio ha scritto quattro romanzi, in cui il primo
di essi ha la caratteristica di esser stato realizzato: disconnettendo il cervello e
5 Il minimalismo è una corrente artistica che nacque e si sviluppò negli Stati Uniti d'America nei primi
anni sessanta. Le opere sono composte da pochi elementi, i materiali in alcuni casi derivano da produzioni
industriali, alcune delle matrici formali sono la geometria, il rigore esecutivo, il cromatismo limitato,
l'assenza di decorazione, l'assenza di un riferimento allegorico. Il risultato è oggettuale.
http://it.wikipedia.org/wiki/Minimalismo 9
lasciate libere le mani di digitare le parole sulla tastiera, come di una scrittura
automatica e meccanica, lasciando alle spalle ogni operazione di raziocinio,
mediante il cervello. Apprezzati tutti e quattro i romanzi dalla critica, per l'analisi
della forma, dei termini e la sperimentazione, Antonio scrive per depurarsi dal
lavoro teatrale e come mi disse durante l'intervista, in modo originale, dipende
anche dalla sua collocazione posturale: “se sono seduto scrivo”.
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I
I Corti, i Lungometraggi e la
Televisione
Antonio Rezza in Virus
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I.1 Lo Stile
Gli attori 6
presenti nei cortometraggi e nei lungometraggi del duo Rezza-
Mastrella vengono scelti in base alle loro personalità.
I loro corpi vagano nelle inquadrature in preda a linguaggi codificati trapiantati in
situazioni sature di oggetti, di luce, di profondità.
I personaggi sono esseri soli, asociali, egoisti, sovrastati dalle loro stesse
esigenze, uomini da poco che confondono i bisogni indotti con quelli interiori e
arrancano nell'esistenza simulando il sentimento.
L'introspezione così esasperata diventa ironica: si ride molto di fronte ai drammi
della realtà che rendono l'essere umano infelice. Si tratta però di un riso
superiore, mai liberatorio, né consolatorio. Si tratta di un riso che si posa sul
petto e lo sfonda. È un ridere che pesa e che fa stare meglio nel peggio deteriore.
La nostra ironia non lascia scampo neppure al sarcasmo, così codificato e al
cinismo , ormai parificato.
Una volta ultimate le riprese i corpi sono ormai sfiniti: è nella penombra della
sala da montaggio che nasce il ritmo, la poetica e il dialogo spesso doppiato,
perchè anche le parole di prima non vanno bene con le immagini di dopo 7
.
Tutti i film del duo sono stati ideati e realizzati in ogni minimo dettaglio da
Flavia Mastrella e Antonio Rezza. Tutte le voci dei personaggi sono di Antonio
Rezza
8
.
Sono molti i critici che analizzano i lavori del duo comico, che prediligono
spesso e volentieri l'utilizzo del bianco e nero, costumi di scena molto poveri,
realizzati da Flavia Mastrella con materiali da riciclo. Le inquadrature del duo nei
6 Flavia Mastrella e Antonio Rezza, Ottimismo democratico , gli interpreti più presenti nei film e nei
cortometraggi degli anni 90' sono: A. e L. Novara, D. Vitucci, G. Vitullo, M. Catania, F. Carra, D. Sbrolli,
T. Novara, R. Fantaccione, C. Cavalli, B. Menna. Roma 2008, p. 7.
7ibidem.
8ibidem, p. 8.
12
loro lavori su pellicola hanno una forte dinamica scenica in cui il decentramento
dell'immagine dà la sensazione di forze spaziali che si scontrano,la telecamera
non è mai perpendicolare con il terreno ma è sempre storta.
Antonio Rezza sperimenta ed elabora un linguaggio cinematografico che è un
precipitato di surreale anarchia, spietata visionarietà, fulminante poesia
9
.
Il viso alienato di Antonio Rezza e la sua comicità sublunare, la sua mimica
schizoide fanno bene agli occhi e all'anima. Quella di Rezza è una vibrazione
elettrica che attraversa i generi comici e li polverizza dentro una maschera che
riesce a fondere la parodia, la gag, la provocazione, la reiterazione che sfocia
nell'assurdo, l'idiozia metafisica. Un viso magrissimo, immateriale e dantesco che
moltiplica le espressioni. E poi la voce: una voce alterata in una lingua che
mescola mozziconi di dialetto marchigiano, umbro e del basso Lazio: querula,
invadente, depressa e colpevolizzante 10
. Il cinema breve di Rezza e Mastrella non
è uno specchio deformato del mondo, non vuole fare ridere e non è bizzarro: è un
mondo parallelo, mentale, personale; quello che fanno Rezza e Mastrella è
semplicemente creare un nuovo mondo, un nuovo sistema di regole, dandogli
forma e dimensione su supporto video 11
. I cortometraggi sono, a detta dello
stesso Rezza, degli sfoghi temporanei che il video riesce a cristallizzare. Costruiti
su drammaturgie minime e surreali, portano con loro una purezza altissima, che è
quella dell’attimo che li ha partoriti 12
. Nei primi corti, partogenesi del teatro,
Rezza assume su di sè, come attore, tutti i caratteri (Debhorah, La beata mancata)
e gira da solo, su cavalletto, le scene. Se in questi corti l’impianto risente ancora
di un controllo teatrale, presto il corto acquista struttura indipendente ed epica (Il
vecchio dentro e Confusus rappresentano bene un modo di raccontare per miti
autogenerati). Nella miriade di lavori alcuni aderiscono perfettamente al concetto
di sfogo temporaneo, presentandosi come spaccati surreali di durata brevissima
(Virus, Hai mangiato?, Porte). Altri ambiscono nella struttura al lungometraggio
9 Silvia Ballestra, Cuore. http://www.vitagraph.it/rezzarecensioni.htm 10 Marco Lodoli e Paolo Repetti, L'Unità. http://www.vitagraph.it/rezzarecensioni.htm 11 Rapporto confidenziale.Numero 10, Dicembre 2008.
12 i bidem 13
(De Civitate Rei, Torpore Internazionale) con un modo di raccontare più denso.
Nelle diverse forme il video è un mezzo che restituisce ai due la folle padronanza
di un’autarchia totale 13
. I corti di Rezza e Mastrella hanno sempre vissuto di vita
propria: mai distribuiti ufficialmente, diffusi solo clandestinamente dagli
appassionati. Antonio e Flavia, interrogati a riguardo, dicevano distratti di
conservarli come discreta pensioncina
14
.
Antonio Rezza e Flavia Mastrella(il mostro a due teste)
15
13 ibidem 14 ibidem 15 F. Mastrella e A. Rezza, Ottimismo Democratico . Roma2008. p. 2.
14