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INTRODUZIONE
Il presente lavoro nasce dall’osservazione partecipe di un progetto artistico nel
momento in cui mi trovavo a effettuare uno stage lavorativo presso La Triennale di
Milano. In particolare, il lavoro prende come riferimento una delle mostre esposte
durante il mio periodo di stage (ottobre 2016/febbraio 2017) dal titolo Nulla Dies Sine
Linea. Vita, diari e appunti di un uomo irrequieto presentata dallo stilista dalla
vocazione di artista Antonio Marras.
Attraverso l’osservazione della mostra di Marras sono riuscita a individuare due
categorie estetiche molto importanti che sono il Kitsch e il Voyeurismo, che sono
andata poi ad analizzare all’interno del mio lavoro. Queste due categorie estetiche
infatti, sono presenti in moltissime opere dell’artista e sono interessanti da analizzare sia
da un punto di vista filosofico e storico, sia da un punto di vista artistico.
Per analizzare la categoria estetica del Kitsch sono andata a ricercare l’origine del
termine e a soffermarmi su alcuni dei più grandi filosofi che hanno studiato in modo
completo questa categoria. Per cercare poi di capire meglio il Kitsch è nato un confronto
con il Melodramma e con le sue “contaminazioni” all’interno del mondo della moda.
Per mostrare e analizzare meglio invece la categoria estetica del Voyeurismo, ho
voluto selezionare oltre che diverse opere letterarie, alcune figure iconografiche di vari
periodi storici, soffermandomi soprattutto su quelle analizzate da Denis Diderot nel
momento in cui si trovava a visitare alcuni dei Salons più importanti. Il Voyeurismo poi
è stato analizzato anche da un punto di vista sociologico e come è cambiato ai nostri
giorni, rispetto alle sue origini.
Nel primo capitolo di questa tesi il punto di partenza è una domanda semplice: com’è
nata e che cosa vuole rappresentare la gigantesca mostra ospitata presso La Triennale di
Milano dal titolo Nulla Dies Sine Linea. Vita, diari e appunti di un uomo irrequieto di
Antonio Marras?
La mostra inaugurata il 22 ottobre 2016 e terminata il 21 gennaio 2017 nello spazio
Curva della Triennale di Milano non è stata soltanto un’esposizione di opere inedite,
bensì una sorta di “inno” al percorso artistico e visivo che dura da vent’anni di Marras.
Per la mostra alla Triennale Antonio Marras, oltre a una serie di installazioni edite e
inedite, ha rielaborato più di cinquecento dipinti e disegni, realizzati nel corso degli
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anni, montandoli su vecchie cornici su cui è intervenuto intessendoli con le più
particolari stoffe e appendendoli lungo le pareti della Curva della Triennale, come
narratori e nello stesso tempo testimoni della vita raccontata all’interno delle “stanze-
installazioni” con finestre, pertugi, porte abitate da vecchi abiti riciclati e oggetti di
varia natura.
Attraverso più di 1.200 metri quadrati, nella Curva della Triennale sono stati esposti
anche gli incontri e le relazioni di Marras, come quello con Carol Rama e Maria Lai,
due figure femminili importantissime che hanno per prime sollecitato l’artista a esporre
opere tenute segrete.
L’esposizione racconta il mondo visionario di Antonio Marras che diventa un
cammino dei segni emozionali e intellettuali che segnano le tappe più importanti della
vita dell’artista con l’aiuto del curatore Francesca Alfano Miglietti, che ha anche
illustrato il catalogo della mostra, edito da SKIRA e riempito con testimonianze di
poeti, artisti, intellettuali, giornalisti, musicisti, scrittori, proprio a evidenziare quanto le
relazioni siano importanti per il percorso artistico di Marras.
Attraverso centinaia di migliaia di schizzi, frammenti e disegni che Marras ha
realizzato degli anni durante i suoi numerosi viaggi è stato possibile testimoniare la sua
creatività infinita e sempre alla ricerca di novità intellettuali e artistiche.
Per analizzare la mostra Nulla Dies Sine Linea. Vita, diari e appunti di un uomo
irrequieto è stato interessante analizzare alcune curiosità biografiche dell’artista. In
particolare, nelle sue opere Antonio Marras richiama molto spesso il mondo rurale,
quello della moda e quello della sua amata Sardegna. Marras nasce infatti il 21 gennaio
1961 ad Alghero (SS) e fin da piccolo aiuta i suoi genitori, proprietari di un negozio di
tessuti e sartoria. Fin da giovanissimo, disegna, raccoglie sguardi e frammenti per quelle
che saranno, in futuro le sue opere. Le sue ricerche richiamano sempre il tema del
viaggio, che assume un ruolo importantissimo nella sua definizione dei confini e delle
forme del contemporaneo.
La mostra però non è soltanto un elogio alla vita di Marras “artista”, ma anche
“stilista”. Dal 1999 infatti, Marras è lo stilista di una collezione prêt-à-porter che porta il
suo nome. Nella moda Marras porta da sempre numerosi incursioni nella letteratura,
nell’arte e nella poesia. Ricordiamo in particolare il progetto Trama doppia, le mostre
Liencols de aigua con Maria Lai e Noi facciamo, loro guardano con Carol Rama. Per la
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sua creatività, nel 2001 Marras vince il premio Francesca Alinovi, mentre nel 2006
espone una mostra fotografica dal titolo Antonio Marras. Dieci anni dopo presso la
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino.
Nel 2009 Marras realizza i costumi per lo spettacolo di Luca Ronconi Sogno di una
notte di mezza estate e nel 2011 partecipa alla Biennale di Venezia con l’installazione
presente in Nulla Dies Sine Linea dal titolo Archivio Provvisorio. Con il curatore
Francesca Alfano Miglietti collabora nel 2012 alla mostra Vedetti, credetti, mentre nel
2014 Marras riceve la Laurea Honoris Causa in Arti Visive dall’Accademia di Belle
Arti di Brera a Milano.
Dal 2003 al 2011 Marras diventa direttore artistico della maison Kenzo, mentre nel
2015 cura l’allestimento sempre insieme a Francesca Alfano Miglietti della mostra
esposta presso la Casa dei Tre Oci di Venezia dal titolo Sguardo di donna.
Nel secondo capitolo si è affrontato il tema del Kitsch e la storia di questa categoria
estetica, attraverso lo studio di vari esperti e filosofi importanti. In particolare, è stato
preso in considerazione lo studio di una vita del critico Gillo Dorfles con la sua opera Il
Kitsch, Antologia del cattivo gusto (1968), dalla quale è nata poi l’esposizione nel 2012
dal titolo Gillo Dorfles – oggi il Kitsch, sempre presso La Triennale di Milano.
Un altro critico che è stato preso in considerazione è stato il docente di Sociologia,
Nello Barile, che ha analizzato il Kitsch da un punto di vista televisivo e pubblicitario.
Altra analisi importantissima è stata poi quella del sociologo Abraham Moles che nella
sua opera Il Kitsch: l’arte della felicità è riuscito a individuare i cinque principi della
categoria estetica del Kitsch, ancora utilizzati negli studi attuali. Grazie all’opera di
Moles si è riuscito a comprendere meglio come questa categoria estetica entri a fare
parte del quotidiano e in che modo possiamo riconoscerla quando la incontriamo.
Successivamente si è analizzato il termine “Kitsch” dalle sue origini a partire dal 1860
circa fino ai nostri giorni e per capire bene la storia di questo termine ci si è avvalsi
degli studi critici di Danila Bertasio che ha notato come questo termine abbia radici sia
di origine tedesca, che anglosassone. Da ciò è nata l’osservazione di una delle opere
letterarie più significative, ovvero L’insostenibile leggerezza dell’essere (1984) di
Milan Kundera. Lo scrittore osserva come il Kitsch sia il bisogno di guardarsi allo
specchio della menzogna e come questa consapevolezza sia alla base per godere a pieno
di questa categoria estetica. Kundera ha inoltre osservato come il Kitsch molto spesso
8
rientri a fare parte delle cerimonie dei regimi totalitari, in particolare il regime
comunista e quello fascista. Sempre grazie a Danila Bertasio si è potuto osservare come
il Kitsch inizi a palesarsi nel periodo fascista quando Mussolini inizia a diventare più
fragile, diventando così l’estremo tentativo di contrastare l’inarrestabile crisi della
dittatura e di un potere politico ormai in crisi.
Sempre nell’ambito storico e sociologico si è potuto analizzare il Kitsch attraverso la
“stupidità” umana francese evidenziata da Gustave Flaubert nel suo Dizionario dei
luoghi comuni e come questa categoria estetica rientri nel mondo borghese del Belgio
ritratto da Charles Baudelaire ne La Capitale delle Scimmie e in quello russo come
osserva Vladimir Nobokov.
Nello studio di questa categoria estetica è stato importante analizzare il Kitsch
nell’ambito moderno, soprattutto attraverso la televisione e la moda. La mercificazione
dell’immagine, l’utilizzo eccessivo di programmi come Photoshop hanno portato infatti
al perfezionamento della chirurgia estetica che ha portato l’individuo a essere slanciato
e perfetto. Grazie a questa ossessione per l’immagine abbiamo osservato come siano
aumentate malattie come l’Anoressia, in un mondo dove abbonda il cibo, ma si muore
di fame per la ricerca dell’immagine perfetta.
La televisione invece ha portato una diffusione della categoria del Kitsch attraverso
l’utilizzo della pubblicità, delle fiction televisive e soprattutto alla programmazione di
programmi di cattivo gusto come i reality show. All’interno della televisione è possibile
vedere un tipo di recitazione nelle fiction che riprendono le storie dei melodrammi e in
particolar modo dei romanzi di fine Ottocento di Samuel Richardson. La fiction è
divenuta quindi importante, soprattutto con il suo incontro della categoria estetica del
Melodramma che molto spesso entra a fare parte dell’universo Kitsch.
Un altro incontro molto importante è stato quello con la moda che è stato analizzato in
un intero paragrafo. Il Kitsch ai nostri giorni è tornata alla grande soprattutto grazie al
Vintage, un fenomeno che si è iniziato a sviluppare a partire dal XX secolo, ma che
negli ultimi anni è divenuto sulla “cresta dell’onda”. Grazie alla moda passeggera come
quella degli Hippie, quella dei Punk, del Grunge il Kitsch è divenuto sempre più la
categoria estetica più importante, tanto da essere preso in considerazione nell’alta moda.
Grazie a stilisti come Versace, Alexander McQueen, Karl Lagerfeld, Dolce & Gabbana,
Moschino, Jeremy Scott e Alessandro Michele siamo riusciti a osservare come questa
9
categoria è divenuta ormai protagonista, così come nell’esposizione di Antonio Marras
presso La Triennale di Milano.
Nella mostra Nulla Dies Sine Linea di Marras sono state prese infatti in
considerazione alcune delle sue installazioni più importanti, ovvero Archivio
Provvisorio, Taccuini di viaggio, Uno più, uno meno e Le Malelingue. Il capitolo
terminerà con alcune tracce di Kitsch in Marras, osservate durante le sue
collezioni di moda, in particolare in quella dedicata al tema del lupo
(Autunno/Inverno 2014-2015) e quella dedicata agli emigrati italiani in America
(Primavera/Estate 2017-2018).
Il terzo capitolo si apre invece con una ricerca sull’origine del Voyeurismo, in
particolare quando se ne discute in campo sessuale negli studi della psicanalisi di
Sigmund Freud e come viene affrontata questa categoria all’interno dell’estetica.
Per capire meglio il concetto di Voyeurismo nell’estetica si è preso di riferimento
il testo Il senso del limite. Il dolore, l’eccesso, l’osceno di Maddalena Mazzocut-
Mis, analizzando in particolare come il fruitore reagisce osservando un’opera
d’arte e mettendo a confronto alcuni dei quadri più importanti. Nell’analisi
artistica si è preso di riferimento il pensiero di Kant, soprattutto quando si inizia
a discutere sul Sublime.
Per analizzare meglio come il guardare e lo spiare siano i punti fondamentali
della categoria del Voyeurismo sono stati presi di riferimento alcuni temi
iconografici importantissimi come Susanna e i vecchioni e La carità romana, che
sono stati messi a confronto in varie versioni. In questo modo si è andato ad
analizzare il pensiero di Diderot nel momento in cui un’opera d’arte deve essere
rappresentata. Secondo Diderot infatti bisogna stare molto attenti quando si
dipinge un’opera d’arte perché se non studiata attentamente nel momemento della
sua rappresentazione può in molti casi cadere nella trappola del Voyeurismo,
soprattutto quando l’opera presenta un nudo femminile.
Grazie al pensiero di Diderot si è potuto anche osservare come in molti casi, se
eseguita in modo errato, un’opera d’arte possa cadere nella trappola del
Voyeurismo e in che modo un nudo può risultare candido e aggraziato e in altri
provocare disgusto e imbarazzo.
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Un altro personaggio che è stato preso di riferimento per analizzare il
Voyeurismo nell’arte è stato quello di Pigmalione che dopo aver eseguito la
rappresentazione marmorea di una giovane, se ne innamora perdutamente,
chiedendo alla dea Venere di trasformarla in donna in carne d’ossa.
Successivamente sarà analizzata la categoria estetica del Voyerismo ai nostri
giorni, nell’era ossessionata da internet e i social network. In particolare, si farà
riferimento ad alcune patologie che si sono sviluppate nell’era 2.0 come il
Voyeurismo informatico, il Lurking e l’esposizione ossessiva di minori sui social
network come Facebook e Instagram.
Il capitolo terminerà poi con l’osservazione dell’utilizzo del Voyeurismo
all’interno di alcune installazioni della mostra Nulla Dies Sine Linea di Antonio
Marras e in particolare, verranno prese in considerazione alcune delle
installazioni più importanti presenti all’interno della mostra come Il
Confessionale, Le Malelingue, Ous de Butxaca, Le Orfane e come spesso l’artista
inserisca all’interno elementi richiamanti il sogno e la psicanalisi di Freud.
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CAPITOLO PRIMO
MOSTRA DI ANTONIO MARRAS
1.1 Genesi di una mostra
A partire dal 22 ottobre 2016 fino al 21 gennaio 2017 è stata esposta presso il palazzo
della Triennale
1
di Milano la mostra di Antonio Marras, dal titolo Nulla Dies Sine Linea
– Vita, Diari e Appunti di un uomo irrequieto. La mostra è stata curata da Francesca
Alfano Miglietti
2
che ha presentato la mostra come qualcosa di unico e inimmaginabile.
La Alfano Miglietti ha affermato che
L’esposizione si propone di essere un’esperienza totalizzante, un viaggio in un mondo
suggestivo e provocatorio, (suggestivo perché provocatorio), a volte assoluto, a tratti
spregiudicato
3
.
Per parlare della mostra di Antonio Marras possiamo innanzitutto partire dl titolo. Nulla
Dies Sine Linea è un titolo eloquente e mette subito in luce quello che è il mondo
dell’artista. Con questa titolo Marras si avvicina subito alla tradizione classica inserendo
una frase molto conosciuta di Plinio il Vecchio, tratta dall’opera La Naturalis Historia.
Secondo la leggenda Plinio il Vecchio parlando di Apelle aveva detto che «Non lasciava
passar giorno senza tratteggiare con il pennello qualche linea»
4
.
Nel trattato della Naturalis Historia
5
Plinio il Vecchio racconta un singolare aneddoto
dove un famoso artista Greco, Apelle di Coo, stava eseguendo un dipinto quando un
calzolaio gli si avvicinò e gli segnalò che nel dipingere aveva commesso un errore.
Ascoltando attentamente la critica tecnica Apelle, al tempo considerato il maggior
pittore mai esistito, grato ed umile lo corresse.
1
A. Marras, Nulla Dies Sine Linea. Vita, diari e appunti di un uomo irrequieto, Skira, Milano 2016, p. 9.
2
Ivi, p. 15.
3
Ivi, p. 17.
4
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, Giardini, Milano 1984, vol. XXV, p. 36.
5
A. Rizzoli, P. Larousse, Enciclopedia Universale, Rizzoli, Milano 1969, p. 664.
12
Il ciabattino, tronfio del fatto che Apelle avesse accolto di buon grado i suoi consigli,
cominciò, però, a formulare osservazioni anche su altri particolari (vesti, espressioni del
volto, ecc.), indisponendo a tal punto l’artista che, per zittirlo, lo apostrofò dicendogli di
non andare oltre la sua scarpa.
Apelle non era soltanto uno degli artisti più importanti nell’Antica Grecia, era anche
uno degli artisti osannato dagli Dei. Durante la guerra contro Sparta tutti i giovani
dovettero prendere le armi, tra i quali Apelle.
L’artista però con se portò sempre un foglio e un mozzicone di carboncino per
disegnare nei momenti di pausa. Nonostante momenti di disperazione e momenti di
tristezza Apelle riuscì a tornare vincitore dalla guerra, perché per tutti il tempo gli Dei
dell’Olimpo lo avevano salvato. Apelle non passava giorno in cui non usava il
carboncino.
In questo caso Antonio Marras vuole essere come lui. Vuole essere quell’artista che
ogni giorno della sua vita utilizza la matita per disegnare e dedicarsi all’arte. Ma in
Marras c’è molto di più oltre che la sua vita d’artista. La matita per Marras sta anche a
rappresentare ciò per cui è diventato di fama mondiale nel mondo, cioè la moda. Grazie
alle sue creazioni, grazie ai suoi richiami a una Sardegna rurale, grazie al fatto di
produrre tutto Made in Italy
6
, Marras è lo stilista che giorno dopo giorno si fa conoscere
sempre di più nel mondo grazie alla sua arte e grazie a tutta la passione che mette
all’interno del suo lavoro. Marras utilizzando il titolo Nulla Dies Sine Linea vuole
mostrare la sua vera essenza, e cioè un umile uomo che non passa un giorno senza
utilizzare la sua matita.
Il titolo utilizzato da Marras però non richiama soltanto la sua vena di artista, ma
anche ciò che il mondo dello showbusiness pensa di lui. Da sempre Marras viene
chiamato nel mondo della moda «L’Intellettuale»
7
. Questo soprannome è dato dal fatto
che da sempre le sue sfilate non sono soltanto un omaggio alla sua terra di origine o
legate alla pubblicità dello showbusiness.
Marras quando prepara una sfilata crea un vero e proprio palcoscenico teatrale dove
raccontare qualcosa. Poter partecipare a una sfilata di Antonio Marras non è soltanto un
diamante per i nostri occhi, ma è anche il riuscire a vedere una narrazione che viene
svelata tra antiche scene di vita quotidiana. I modelli e le modelle che Antonio sceglie
6
S. Gnoli, Moda. Dalla nascita della haute couture a oggi, Carocci Editore, Roma 2015, p. 313.
7
Ivi, p. 317.
13
come protagonisti delle sue sfilate, non sono soltanto anime senza personalità che
vagano solo per esporre un abito. Sono personaggi in carne ed ossa (spesso attori e
attrici) che raccontano una storia e fanno immergere tutto il mondo della moda in un
mondo parallelo teatrale, per creare qualcosa di nuovo da raccontare
8
.
Vita, diari e appunti di un uomo irrequieto
9
è il sottotitolo della mostra. Grazie a
questo sottotitolo riusciamo a scoprire ancora qualcosa del mondo di Marras. Se nel
titolo troviamo la sicurezza di un uomo che per nessun motivo lascerà la sua matita, nel
sottotitolo riusciamo a sentire le paure di un uomo che diventa sotto tutti i punti di vista
piccolo davanti alle sue paure. Se la matita è la forza segreta di Marras, riusciamo anche
a sentire la fragilità di quest’uomo quando scrive nei suoi diari
10
. I diari sono uno dei
segreti di Marras e tutta la mostra ne è piena.
Marras scrive continuamente nei suoi diari. Anzi, scrive, scarabocchia, pasticcia,
strappa, ritaglia e poi incolla di nuovo. I diari di Marras sono ovunque, sono tra le
installazioni e sono anche dentro le campane di vetro. Marras dice che i suoi diari sono
la sua anima, i suoi ricordi e le sue paure e per questo motivo devono rimanere
all’interno delle campane di vetro per proteggerli.
Per nessun motivo i suoi diari devono essere toccati, perché altrimenti l’anima
verrebbe letta e così tutte le sue paure. Un titolo quindi che mette in risalto la voglia di
essere artista, ma anche un artista che si fa anche uomo e mostra le sue paure
spogliandosi dal mondo perfetto e patinato della moda.
Partendo dai diari di Marras, possiamo fare anche un passo successivo. Ciò che
possiamo notare subito è che i suoi diari sono stati fatti tutti da materiale riciclato,
elemento da non trascurare quando si considera l’estetica dell’artista.
La Alfano Miglietti afferma che
Marras ricerca in un oggetto, in ogni immagine, in ogni elemento abbandonato , le
trace di un’umanità. Tracce di umanità invisibili, fuse con la perdita di ogni
coordinata. Rispetto a tutto ciò le opere di Marras si pongono come framezzo,
come “viaggio al termine della notte”. Marras cerca la poesia nelle cose che
8
Ivi, p. 315.
9
A. Marras, Nulla Dies Sine Linea. Vita, diari e appunti di un uomo irrequieto, Skira, Milano 2016, p 21.
10
D. Funeck, “Antonio Marras: Nulla Dies Sine Linea – Vita, diari e appunti di un uomo irrequieto” in
The Ducker Magazine (2016) https://www.theducker.com/belle-arti/antonio-marras-vita-uomo-
irrequieto/ (visitato il 2° febbraio 2018).