INTRODUZIONE
SOMMARIO: 1. – Considerazioni introduttive su professioni e
concorrenza in generale; 2. – Il quadro della ricerca.
1. Considerazioni introduttive su professioni e concorrenza in
generale
La presente ricerca è dedicata all‟analisi della problematica
relativa all‟applicazione del diritto della concorrenza al fenomeno
delle professioni, con particolare riferimento alla figura del
procuratore sportivo.
L‟indagine si serve del metodo di ricerca comparatistico
applicato specificamente all‟esperienza statunitense.
Nel corso dell‟ultimo ventennio la questione del rapporto tra
concorrenza e professioni ha assunto una dimensione che si potrebbe
definire “globale”, in correlazione con la tendenza di cui sono
1
espressione organi di governo e di giustizia, sia nazionali che
2
comunitari ed internazionali, nel senso dell‟applicazione delle regole
1
Tra i contributi più recenti, cfr. M. GNES, Le professioni intellettuali tra tutela nazionale e
concorrenza, in Giornale di diritto amministrativo, 2002, n. 6, p. 611; IDEM, Tariffe
Professionali e Diritto Comunitario, in Giornale di Diritto Amministrativo, 2000, n.9, p. 906;
S. CASSESE, La Riforma degli Ordini Professionali, in Giornale di Diritto Amministrativo,
2001, n.6, p. 633; A. MARI, Professioni Intellettuali e concorrenza, in Giornale di Diritto
Amministrativo, 2000, n.2, p. 151; M. GNES -A. ORLANDO, Gli Ordini Professionali all’esame
dell’Antitrust, in Giornale di Diritto Amministrativo,1995, n.9, p. 934.
2
Tra gli interventi che hanno caratterizzato l‟ultimo decennio, in materia di concorrenza e
professioni, lo studio indipendente affidato dalla Commissione Europea risulta indubbiamente
il maggiore contributo. In merito, si veda I. PATERSON, M. FINK, A. OGUS, “Economic impact
of regulation in the field of liberal professions in different Member States”; del gennaio 2003,
reperibile all‟indirizzo ufficiale dell‟Unione Europea, sezione concorrenza:
www.europa.eu,int/comm/competition/liberalization/comference/prof_services_ihs_part_1.pdf
; in seguito adottato dalla Commissione quale documento formale, COMM (2005) 405
definitivo, del 5/9/2005, “I servizi professionali. Proseguire la riforma”. Inoltre, si veda M.
MONTI, “Competition in professional Services: New Light and New Challenges”, in Speech at
4
concorrenziali al mondo delle professioni.
Tale tendenza, per ciò che concerne l‟ambito comunitario, e
correlativamente quello interno, è indubbiamente legato
all‟evoluzione della politica di tutela della concorrenza. A riprova di
quanto sopra affermato, infatti, se fino agli anni ottanta tale politica di
tutela costituiva essenzialmente uno strumento per la realizzazione del
3
mercato comune europeo, in questi ultimi anni, invece, l‟Unione
Europea ha considerato con maggiore incisività la tutela della libera
concorrenza tra gli obiettivi comunitari, al punto da estenderla anche
4
ad ambiti tradizionalmente estranei ai principi concorrenziali.
In particolare, il Parlamento europeo con la “XIX e XX
Relazione sulla politica della concorrenza” ha invitato la
Commissione a promuovere i valori concorrenziali nell‟ambito delle
professioni libere, partendo da una seria ricognizione delle legislazioni
nazionali che, nel settore in esame, producono vere e proprie barriere
per l‟accesso alle attività economiche relative. Contemporaneamente,
5
la Commissione Europea ha sollecitato a più riprese il mondo delle
the Berlin Conference, 21 March 2003; IDEM, “Comments and Concluding Remarks”, in
Conference on Professional Regulation, European Commission, Brussels, October, 2003
reperibili sul sito ufficiale dell‟Unione Europea, sezione concorrenza.
3
Sulle origini e l‟evoluzione del diritto della concorrenza nell‟Unione Europea, si veda D.
GOYDER, EC Competition Law, 4th edn, Oxford University Press, Oxford, 2003.
4
Per il processo di modernizzazione del diritto della concorrenza, si consulti il sito ufficiale
http://www.amc.gov. L‟adozione del Regolamento 1/2003, il quale ha devoluto alle rispettive
autorità nazionali antitrust consistenti poteri di vigilanza ed intervento in numerose aree, ai
fini dell‟applicazione dei principi di cui agli artt. 81 e 82 del Trattato, rappresenta
indubbiamente il culmine di tale processo. Per una panoramica su quanto sopra detto si
consulti il sito ufficiale http://europa.eu.int/comm/competition/general_info/glossary_en.html.
5
A tal proposito, è opportuno segnalare l‟iniziativa della Commissione Europea volta ad
approfondire, mediante un‟indagine affidata ad uno studio indipendente, l‟effettivo livello di
applicazione delle regole di concorrenza al settore delle professioni regolamentate, nei Paesi
della Comunità. Tale indagine si è concretizzata nella stesura finale della c.d. “Relazione
Kok”, dal nome del funzionario che l‟ha presieduta, Wim Kok. Essa ha sottolineato
l‟importanza di liberalizzare i mercati e sopprimere la regolamentazione non necessaria al fine
di promuovere una maggiore concorrenza. La relazione, dal titolo“Facing the challenge.
Report from the High Level Group chaired by Wim Kok”, redatta nel novembre 2004, è
consultabile all‟indirizzo ufficiale http://www.europa.eu/growthandjobs/pdf/2004-1866-EN-
complet.pdf. Inoltre, a riprova dell‟importanza rivestita dalla problematica in esame, è
opportuno segnalare la Comunicazione della Commissione al Consiglio Europeo del 2005, la
5
professioni ad aprirsi effettivamente e definitivamente alle regole
concorrenziali in modo da favorire la crescita e la flessibilità
dell‟economia.
Il percorso nel modo di intendere la politica a tutela della
concorrenza da parte degli organismi comunitari, ha trovato conferma
6
in recenti sentenze del giudice comunitario in materia di
consumerism; tali pronunce, nonostante gli esiti talvolta contraddittori,
rappresentano un primo passo nella direzione auspicata dall‟Unione.
Il percorso di avvicinamento tra la materia dell‟applicazione
delle regole concorrenziali e l‟ambito delle professioni, invece,
sembra appena intrapresa dal legislatore nazionale, così come appare
testimoniato dal complesso iter che ha seguito l‟approvazione della
7
legge n. 248/2006 (così detto Decreto Bersani sulle liberalizzazioni),
8
che tanto clamore suscitò nel mondo delle professioni al momento
della sua proposta e della sua successiva approvazione.
Il provvedimento si allineava sostanzialmente con quanto
suggerito dalle istituzioni comunitarie in materia di applicazione dei
principi concorrenziali, equiparando le professioni liberali a qualsiasi
altra attività economica commerciale.
Le resistenze avanzate da alcune categorie professionali, tra le
quali quella forense in modo particolare, si fondano generalmente
sulla convinzione che le professioni libere possiedano caratteristiche
quale si inserisce nella più ampia strategia comunitaria, volta alla graduale apertura dei mercati
ancora gravati da un‟eccessiva regolamentazione, soprattutto a livello statale, quale ad
esempio quello relativo ai servizi professionali.
6
Si fa qui riferimento alle sentenze Arduino, C-35/99, 19 febbraio 2002, in Giustizia Civ.,
2002, I, p.259 e Wouters C-309/99, 18 febbraio 2002, in Raccolta ECR. 2002, I, p.577, di cui
si tratterà in seguito.
7
Disegno di legge n. 223/2006, definitivamente convertito con la legge n. 248 del 4 agosto
2006.
8
Clamore di cui, negli anni successivi, si è fatto portavoce, in modo particolare, il Consiglio
Nazionale Forense. A tal proposito, si segnala la “Relazione sull‟attività del Consiglio
Nazionale Forense svolta nell‟anno 2006” tenuta dal Prof. Avv. G. Alpa, Presidente
dell‟ordine in quell‟anno. La relazione è consultabile sul sito ufficiale del Consiglio Nazionale
Forense, www.consiglionazionaleforense.it.
6
peculiari (percorso formativo, codice di deontologia professionale,
relazione instaurata col cliente), tali da precludere il loro
inquadramento entro la comune nozione di impresa e, in specie, di
quella commerciale.
Proprio la nozione di impresa, la cui ricostruzione in termini
9
unitari continua a presentare non poche difficoltà per l‟interprete,
riveste una rilevanza centrale ai fini della presente ricerca, giacchè la
sua interpretazione condiziona la soluzione nel senso della
applicazione o non applicazione del diritto della concorrenza
all‟ambito delle professioni.
Mentre il diritto comunitario ha elaborato una definizione di
impresa particolarmente ampia proprio con riferimento alla normativa
10
concorrenziale, tale da comprendere qualsiasi entità avente caratteri
economici, al contrario, il diritto interno accoglie una nozione di
impresa (o meglio di imprenditore) più ristretta.
Uno sguardo al sistema nord americano rivela invece una
differente posizione sulla base della comune accettazione dei principi
9
La dottrina prevalente ricostruisce il fenomeno in termini di attività organizzata. La
bibliografia esistente sul tema è vastissima, tra gli altri, v. R. FRANCESCHELLI, Imprese e
imprenditore, III ed., Milano, 1972; T. ASCARELLI, Corso di diritto commerciale. Introduzione
e teoria dell’impresa, III ed., Milano 1962; G. AULETTA, voce Attività, in Enciclopedia di
diritto commerciale, vol. III, Milano, 1958, p. 981; V. PANUCCIO, voce Impresa, in
Enciclopedia di diritto commerciale, vol. XX, Milano, 1970, p. 562; F. GALGANO, L’impresa,
in Trattato di diritto commerciale, Galgano, vol. II, Padova, 1977; G. COTTIMO, Diritto
Commerciale, vol. I, II ed., Padova, 1986; G. FERRARA- F. CORSI, Gli imprenditori e le società,
VII ed., Milano, 1987. Sulla rilevanza della nozione di impresa nell‟ambito dell‟ordinamento
comunitario, v. R. FRANCESCHELLI, L’impresa comunitaria, in Impresa e società, Studi in
onore di A. GRAZIANI, vol. V, Napoli, 1968, p. 2159 ss.; M. SCALABRINO, La nozione di
impresa nei trattati istitutivi delle Comunità economiche europee, in Riv. di dir. int., 1967, p.
185 e ss.; R. ROSOLINI, La nozione di impresa secondo gli articoli 85 e 86 del Trattato di
Roma e i suoi più recenti sviluppi, in Rivista di diritto industriale, 1974, I, p. 187; G. SCHIANO
DI PEPE, Impresa, in Diritto Comunitario, vol. IV, 1983, p. 5 ss.; A. GRISOLI, Impresa
comunitaria, in Enciclopedia giuridica italiana, Roma, 1986; S. SPADAFORA, La nozione di
impresa nel diritto comunitario, in Giur. civile, 1990, II, p. 283; P. VERRUCOLI, La nozione di
impresa nell’ordinamento comunitario, Milano, 1977.
10
La causa Hofner è stata il leading case in materia, C-41/90,1991, Racc. ECR I-1979. La
Corte di Giustizia in tale occasione affermò che “[…]la nozione di impresa riguarda qualsiasi
entità che svolga un’attività economica, indipendentemente dal suo status giuridico e del suo
modus di finanziamento”.
7
concorrenziali che regolano la vita economica del Paese sin dal 1890,
11
anno in cui venne adottato lo Sherman Act.
Pur considerando le diverse condizioni sociali, politiche ed
12
economiche, profondamente distanti dal background europeo, che
hanno portato alla stesura della normativa antitrust dello Sherman Act,
e che si avranno modo di approfondire in seguito, risulta, tuttavia,
interessante osservare ed analizzare l‟approccio che le istituzioni di
tale Paese hanno tenuto nell‟affrontare il tema, a dimostrazione di
quanto affermato precedentemente rispetto al carattere globale della
problematica.
Anche l‟ordinamento giuridico statunitense, infatti, si è posto
l‟interrogativo se le professioni possono essere considerate trade
ovvero anche commerce, così come richiesto dalla normativa antitrust
per la sua applicazione.
Originariamente l‟opinione seguita era quella secondo cui le
professioni liberali non potessero rientrare nella sfera di applicazione
13
dello Sherman Act. Tale opinione era fondata, almeno da parte di
14
alcuni autori, sull‟analisi dello stesso linguaggio utilizzato dal
11
The Sherman Act, 15 U.S.C. 1890
12
A tal proposito si veda E. KINTNER, Federal Antitrust Law: Introduction to the Sherman
Act”, Anderson Publishing, New York, 1980, p.125 ss. L‟Autore analizza il contesto
economico e sociale degli USA nel periodo immediatamente precedente l‟adozione della
normativa antitrust mettendo in luce le diverse posizioni che caratterizzarono il dibattito
parlamentare, nei confronti dei grandi trusts sorti tra le compagnie in quegli anni. Per
un‟analisi dettagliata della storia legislativa dalla proposta all‟approvazione dello Sherman
Act, si veda inoltre A. WALKER, History of the Sherman Law, The Equity Press, New York,
1910.
13
Così The Scooner Nymph, 18 F. Cas. 506. In un caso del 1834, Justice Story anticipò lo
Sherman Act di sessant‟anni affermando che il commercio (trade) comprendeva l‟occupazione
del pescare (fishering); tuttavia nel puntualizzare che tale definizione costituiva
un‟occupazione commerciale, affermò che “laddove qualsiasi occupazione, dipendente o
autonoma, sia caratterizzata dal raggiungimento dello scopo del profitto, ciò non può dirsi per
le arti liberali o le professioni intellettuali, per le quali non può considerarsi l‟idea di profitto”,
nel testo originale “Wherever any occupation, employement, or business is carried on for the
purpose of profit, or gain, or livelihood, not in the liberal arts or in the learned professions, it
is constantly called a trade”.
14
Cfr. L. A. SULLIVAN, “Handbook of the Law of Antitrust”, West Group, St. Paul, 1977; D.
R. BARTHOLOMEW, “Antitrust and the Professions: where do we go from here?”, in Villanova
8
legislatore federale, che, sebbene possa risultare caratterizzato (in
specie per un giurista di civil law) da una certa genericità nella
individuazione della fattispecie, correla, tuttavia, l‟accertamento della
effettiva violazione della normativa dello Sherman Act, al requisito
che l‟atto pregiudizievole riguardi un‟attività commerciale (trade or
15
commerce).
L‟interpretazione unanime della normativa contenuta nello
Sherman Act nel senso anzidetto, è risultata, poi, avvalorata
dall‟indirizzo seguito, negli anni immediatamente successivi alla sua
16
emanazione, dalla Corte Suprema, la quale si è espressa nel senso
che l‟attività professionale non potesse presentare natura
commerciale.
È emblematico il pensiero espresso dal giudice Holmes,
componente della Corte Suprema federale, secondo il quale, pur di
fronte ad un evidente caso di monopolio nell‟acquisto di quote di
17
partecipazione in alcune squadre di baseball, la normativa antitrust
non poteva essere applicata poichè l‟attività sportiva non era
Law Review, 1984, n.29, p.149; IDEM, “Antitrust Law: an application of the Sherman Act to
the Professions”, in Florida Law Review, 1973, n.25, p.741.
15
Così nel testo originale: “Every contract, combination in the form of trust or otherwise, or
conspiracy, in restraint of trade or commerce among the several States, or with foreign
nations, is declared to be illegal. Every person who shall make any contract or engage in any
combination or conspiracy hereby declared to be illegal shall be deemed guilty of a felony”.
16
Cfr. A tal proposito, NOTE (s.a.), “The Applicability of the Sherman Act to Legal Practice
and Other Non Commercial Activities”, in Yale Law Journal, 1972-1973, n. 82, p.313.
17
Federal Baseball Clubs of Baltimore v. National League of Professional Football Baseball,
259 U.S. 200 (1922). In seguito alla creazione della Federal League nel 1915, molti proprietari
delle squadre appartenenti a tale lega cedettero le proprie quote in cambio di partecipazioni in
altre leghe. Il proprietario del club Baltimore si rifutò e citò in giudizio oltre che la National
League, anche l‟American League nonchè altre associazioni minori con l‟accusa di voler
creare un monopolio del football ai danni della Federal League in violazione quindi delle
regole antitrust. In primo grado le leghe furono ritenute solidalmente colpevoli e condannate al
pagamento di un‟ingente somma a titolo di risarcimento. In appello tuttavia, la decisione fu
capovolta e fu dichiarata la non applicabilità dello Sherman Act alla material sportive. Il caso
approdò infine alla Corte Suprema, la quale, all‟unanimità, decise che "[…] the business is
giving exhibitions of baseball, which are purely state affairs"; affermando quindi la non
applicabilità delle regole antitrust. Tale decisione fu riaffermata successivamente in Toolson v.
New York Yankees, 346 US 356 (1952) e Flood v. Kuhn, 407 US 258 (1972). Solo con il Curt
Flood Act del 1998 tale esenzione fu abolita.
9
qualificabile come interstate commerce, ossia attività commerciale tra
stati della federazione.
L‟orientamento della Corte Suprema, tuttavia, è venuto mutando
18
col leading case Goldfarb v. Virginia State Bar del 1975, allorché si
è affermata l‟assoluta applicabilità delle norme antitrust alle
professioni, condannando l‟imposizione di tariffe minime prestabilite
dalle associazioni professionali, e, nel caso in specie, da quella
forense.
La nozione di impresa (business), è stata quindi applicata dalla
Corte Suprema non soltanto al campo delle professioni così dette
intellettuali, ma, più in generale, a tutte le occupazioni che, tramite
pratiche restrittive tra le quali l‟imposizione di tariffari o la creazione
di un albo specifico, provocano una distorsione sugli equilibri del
mercato con l‟effetto di renderlo inefficiente.
Appare chiaro, quindi, come il diritto della concorrenza rivesta
19
oggi un‟importanza fondamentale, stante la sua generale
applicazione.
A fronte di un simile scenario, il mondo dello sport appare un
terreno fecondo di spunti utili ai fini della presente ricerca.
2. Il quadro della ricerca
Operata tale premessa, necessaria all‟inquadramento generale
della materia, si può riferire ora il percorso lungo il quale si svolgerà
18
Goldfarb v. Virginia State Bar, 421 U.S. 773, 1975, di cui si tratterà in seguito.
19
A tal proposito si veda E.M. FOX, Global Markets, National Law and the Regulation of
Business: a view from the top, in St. John’s Law Rev., 2001, n.75, p.383, secondo la quale
“Economic liberalization and technological innovations are changing the dimension of
markets. (…) making national borders irrelevant to global commerce. As a result, market
problems that were once national are now if international dimension”.
10
la presente indagine.
In primo luogo si svolgerà un‟analisi, seppur sintetica, delle
caratteristiche principali del diritto anti-trust statunitense,
soffermandosi sulll‟origine e lo sviluppo di tale normativa (capitolo I),
ed in particolare sulle applicazioni della normativa antitrust da parte
della Corte Suprema in materia di professioni, così da verificare la sua
portata e i fini propri di essa.
In secondo luogo, si passerà ad analizzare le peculiarità del
diritto della concorrenza comunitario e le sue prime applicazioni
nell‟ambito delle professioni (capitolo II), con l‟obiettivo di porre in
risalto le convergenze e le divergenze tra le sopradette esperienze
giuridiche.
Quest‟analisi in prospettiva comparatistica viene quindi estesa
ad un più ampio livello coinvolgente il contesto internazionale che
travalica gli stessi ordinamenti presi a raffronto. In particolare, tale
contesto viene rappresentato dall‟ordinamento sportivo che dà vita,
come si vedrà, ad una delle esperienze giuridiche più complesse e
20
dinamiche.
In seno all‟ordinamento sportivo l‟attenzione viene rivolta alla
figura del procuratore sportivo, poi variamente denominato dalle
diverse federazioni sportive. Ancora una volta, incentrando
l‟attenzione sulla figura del procuratore sportivo operante nel sistema
italiano a confronto con lo sports agent del sistema nord americano,
(capitolo III), sarà possibile trarre interessanti spunti ricostruttivi in
ordine alla questione che è oggetto della presente ricerca.
20
Sul concetto di diritto inteso come esperienza giuridica, in particolare riferito allo sport, si
veda L. SANTORO, Sport Estremi e Responsabilità in Quaderni di Responsabilità civile n.15,
Giuffrè Editore, Milano, 2008, p.12 ss. ove è detto che “l‟interpretazione delle manifestazioni
dell‟ordinamento sportivo è per sua natura destinata ad evolversi”.
11
CAPITOLO I
IL DIRITTO ANTITRUST NEGLI STATI UNITI
D’AMERICA. ORIGINI E SVILUPPI.
SOMMARIO: 1. – Contesto storico, economico e sociale degli USA dal
1870 al 1890: l‟origine dell‟antitrust; 2. – Il dibattito parlamentare e
l‟approvazione dello Sherman Act; 3. – La struttura. Analisi delle sezioni
dello Sherman Act; 4. – Segue: principi di common law e antecedenti storici
della normativa antitrust; 5. – L‟evoluzione dell‟applicazione della
legislazione antitrust; 6. – Antitrust e professioni; 7. – Segue: riflessioni
critiche; 8. – La dottrina e lo sport: “sport”, “sports and the law” o “sports
law”?; 9. – Sport e antitrust: un binomio difficile?; 10. – Intenti e finalità
della legislazione antitrust; 11. – Conclusioni.
1. Contesto storico, economico e sociale degli USA dal 1870 al 1890:
l’origine dell’antitrust.
L‟espressione antitrust affonda le sue origini nello Sherman Act,
emanato nel 1890 dal Congresso statunitense per garantire il corretto
funzionamento del mercato secondo un principio di libera
concorrenza.
Il ruolo fondamentale che tale legge ha svolto per lo sviluppo
dell‟economia, ma più in generale della società nord americana, è
rinvenibile nella definizione datane da uno dei suoi primi
21
commentatori, quale Magna Charta del diritto statunitense, a riprova
della sua forza innovatrice.
Non appare possibile scindere la trattazione della materia
21
Così A.WALKER, History of the Sherman Law, The Equity Press, New York, 1910, p.1.
L‟espressione utilizzata dall‟Autore è “The Sherman Law is a Magna Charta among the
statutes of the United States”. Sul valore e il ruolo fondamentale dello Sherman Act, cfr.
inoltre H. HOVENKAMP, in Federal Antitrust Policy. The Law of Competition and its practice,
West publishing, St. Paul,1994, p. 49, ove è detto che“[The Sherman Act] has always been the
driving force in American Antitrust policy”,.
12
antitrust dall‟analisi, seppur sintetica, delle condizioni sociali ed
economiche, nonché del contesto storico e politico che
caratterizzarono gli Stati Uniti d‟America nell‟ultimo ventennio del
22
diciannovesimo secolo.
Tale analisi, infatti, si rende necessaria al fine di comprendere le
motivazioni che portarono le istituzioni nord americane ad adottare
proprio in quel determinato momento e con tali modalità una legge
23
che a tutt‟oggi non è mai stata emendata, e che da oltre un secolo
viene applicata e riconosciuta dalla Corte Suprema come uno dei
24
pilastri legislativi dell‟ordinamento giuridico nord americano.
Gli anni che immediatamente precedettero e seguirono
l‟adozione dello Sherman Act sono stati decisivi per il sistema nord
americano sia dal punto di vista economico che sociale, giacchè con la
fine della guerra civile si passò rapidamente da una realtà rurale ad un
25
contesto di industrializzazione che coinvolse larga parte del Paese.
22
Questa è l‟opinione di H. HOVENKAMP, Foreword: The Sherman Act’s First Century: A
Historical Perspective, in Iowa Law Rev., 1988-1989, n.74, p.987, qui condivisa, in critica nei
riguardi di coloro che trascuravano, nello studio dell‟antitrust, la prospettiva storica,
dall‟Autore ritenuta invece fondamentale. L„Autore osserva in proposito che “Most antitrust
symposia, however, are historically myopic-placing an extraordinarily large value on
currency and little on development”. Condividono questa opinione L. SULLIVAN-W.S.GRIMES,
in The Law of Antitrust: an integrated book, West Group, St. Paul, 2000, p. 25 ss., ove è detto
che “Although arising from a basic aversion to abuse of power, the form and intensity of
antitrust laws are shaped by each nation’s experience and history”.
23
Cfr. A. WALKER, op. cit., p. 3.
24
Cfr. D.F. TURNER, in Modern Law Rev., 1955, n.18, p.258 ss. secondo cui “The (n.d.r.
Sherman) Act is still the central core of American economic philosophy. Protection of
competition is the accepted policy”.
25
Gli storici hanno elaborato teorie differenti per spiegare tale passaggio. Tra esse, le più note
sono tre e si focalizzano rispettivamente, sulla capacità imprenditoriale individuale, sulle
dinamiche proprie dell‟organizzazione industriale e sul ruolo determinante del governo
centrale. La prima impostazione, che è anche la più antica, di cui H. D. Lloyd fu uno degli
esponenti di spicco (The Story of a Great Monopoly, in Lords of Industry 1910, p.1-46),
attribuiva alla “imprenditorialità” di singoli individui, come il magnate delle ferrovie, Jay
Gould e del petrolio, John D. Rockefeller, un ruolo determinante nella trasformazione
industriale del paese. Successivamente, tale tesi fu abbandonata per la così detta robber baron
thesis, (M. JOSEPHSON, The Robber Barons: The Great American Capitalist, 1861- 1901,
1934); tuttavia entrambe le teorie sopra citate mancavano di obiettività, poiché si
concentravano esclusivamente sulle singole capacità manageriali piuttosto che sull‟analisi
delle condizioni economiche e sociali che contribuirono al loro successo. Con l‟inizio del
ventesimo secolo si sviluppò quello che fu definito “institutional approach”, noto anche come
13
Tale processo di industrializzazione coinvolse in specie il settore
manifatturiero, il settore agricolo nonché quello dei trasporti,
contestualmente ad un rapido evolversi dei progressi in campo
scientifico e tecnologico.
L‟aumento della domanda di beni e servizi favorì l‟espansione
dei mercati già esistenti nonché la creazione di nuovi; gli istituti di
credito e, in generale, le società di investimento, videro aumentare il
livello dei propri affari in maniera vertiginosa. Tutto ciò, in uno con
l‟affermarsi del principio capitalistico, avallato da una politica da
26
parte del governo federale votata essenzialmente al laissez faire,
contribuì, di fatto, al successo economico e industriale della nazione.
Fu però sul piano dell‟organizzazione finanziaria che si
registrarono le conseguenze più significative; a tal proposito, infatti,
fu proprio l‟organizzazione delle grandi compagnie sotto forma di
“oganizational synthesis” o “amoral history”. Tale impostazione, utilizzando nozioni di
economia e sociologia, attribuiva all‟innovazione e alla tecnologia un ruolo fondamentale nel
cambiamento della società americana (GALAMBOS, The Emerging Organizational Synthesis in
Modern American History, in Bus. Hist. Rev., 1970, n.44, p279-290). Infine, l‟ultima teoria si
concentrava principalmente sul ruolo che il governo federale avrebbe ricoperto durante tale
trasformazione. J. W. Hurst (Law and the conditions of Freedom in the Nineteenth century U.S.
3- 32, 1956), il principale esponente di tale corrente, sosteneva che fosse la struttura legale e
legislativa, nello specifico le dinamiche contrattuali adottate dal governo, ad incoraggiare il
passaggio da una realtà prettamente rurale ad una industrializzata. Sebbene le tre teorie
possano sembrare contraddittorie tra loro, tuttavia esse possono essere viste come l‟evoluzione
in tre differenti stadi, della medesima problematica. Così E. M. FOX-L. A. SULLIVAN, Cases
and materials on Antitrust, West Publishing, St. Paul, 1989, p. 23 ss..
26
Stante un generale principio di non intervento nell‟economia da parte del governo federale,
tuttavia è opportuno rammentare che, sebbene in misura molto ridotta, erano previste dalla
stessa legislazione federale alcune misure restrittive, soprattutto per quanto riguarda le
importazioni di merci straniere. A proposito dell‟esaltazione di una politica non interventista in
economia si veda the Act of oct. 1, 1890 ch. 1244, 26 stat. 567. Inoltre, cfr. J. W. HURST, op.
cit., il quale alla nota 5, afferma che “the government was not a passive bystander, it actively
encouraged rapid, economic development”. Proprio la controversa materia delle tariffe, rivestì
un‟importanza cruciale nel dibattito che precedette l‟approvazione dello Sherman Act. Nello
specifico, l‟adozione di tariffe protettive su alcune merci nazionali a discapito di quelle
straniere, fu considerata, sul piano della lesione alla concorrenza, alla stregua dell‟abuso messo
in atto da parte delle grandi compagnie commerciali. Su tale posizione, ad esempio, si
attestava un articolo apparso sul New York Times il 7 aprile 1890, p. 4, col. 2, nel quale si
criticava apertamente lo Sherman Act per non avere esplicitamente predisposto una sezione
dedicata a tale problematica. A tal proposito, cfr. E.W. KINTNER, Federal Antitrust Law. The
legislative History of the Sherman Act, in Federal Antitrust Law, vol. 1, Anderson Publishing,
Cincinnati, 1956, p. 4.
14
corporation, pool o trust che diede un impulso determinante all’iter
che portò all‟approvazione dello Sherman Act.
È opportuno soffermarsi, seppur sinteticamente, sull‟esame delle
tre figure sopra citate in ragione del fatto che il diritto antitrust è sorto
proprio in risposta all‟uso distorto di esse, rivelato dal mercato.
La corporation, pur non rappresentando all‟epoca una novità
nell‟ambito delle operazioni di concentrazioni finanziarie, tuttavia
proprio in quegli anni si diffuse rapidamente, in gran parte grazie alla
facilità con cui permetteva l‟accumulo di grandi quantità di denaro
limitando la responsabilità personale del socio in caso di insolvenza.
Pur divenendo presto oggetto di attenzione da parte del governo
federale, mediante controlli di regolarità fiscale, la corporation si
confermò tuttavia tra gli investimenti preferiti dalle compagnie nord
27
americane almeno fino all‟inizio del ventesimo secolo.
Accanto alla corporation si sviluppò anche il pool, che consiste
in un accordo finanziario in base al quale gli operatori di un
determinato settore del mercato stabiliscono preventivamente la
divisione dei profitti e delle rispettive quote, creando, di fatto, ciò che
ad oggi costituisce un moderno cartello. Il pool ha rappresentato lo
strumento di investimento preferito da parte delle società di
costruzione di reti ferroviarie che, all‟epoca di cui si discorre,
rappresentavano alcune delle realtà economicamente più potenti del
28
paese.
Va rilevato, peraltro, che il pool, fondando essenzialmente la
propria operatività sulla volontà unanime dei consociati e difettando,
quindi, di un forte potere decisionale centrale, fu ben presto sostituito
da un altro strumento di investimento finanziario, denominato trust
27
A tal proposito, cfr. E.W. KINTNER, op. loc. cit.
28
Un‟operazione di pool è descritta nel caso United States v. Trans Missouri Freight Ass’n,
166 U.S.290, 292-97, 17 S.C.540, 541-42, 41 L. Ed. 1007, 1011-13 (1897).
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che, al contrario, trovò largo successo divenendo, infine, il principale
fattore scatenante dell‟intervento legislativo attuato con lo Sherman
Act.
Il trust, quale strumento finanziario, consiste nel trasferimento
di quote societarie ad un singolo trustee o ad un board di trustees i
quali, a loro volta, in tal modo, ricevono il pieno controllo della
conduzione degli affari.
Gli svantaggi che presentavano la corporation e il pool erano,
infatti, assenti nel trust, posto che esso appariva in grado di assicurare
il controllo centralizzato dei capitali investiti, in uno con l‟ampia
capacità di investimento, senza sollevare gli stessi timori di possibili
elusioni fiscali, e conseguenti controlli sia a livello federale che dei
singoli stati, che invece, come sopra detto, si manifestavano in
relazione alle altre due figure. Il livello di diffusione del trust fu tale
che tra la fine del diciannovesimo e l‟inizio del nuovo secolo, interi
2930
mercati erano dominati proprio da tale forma di investimento.
L‟accentramento e l‟utilizzo di un così vasto potere economico,
tuttavia, unito a problematiche di ordine pubblico interno, accrebbero
in modo rilevante l‟ostilità popolare nei confronti di tali soluzioni
finanziarie ed in generale aumentarono l‟insofferenza nei confronti di
tutte le forme di monopoli commerciali al punto che anche alcuni
31
Stati tentarono, pur senza molto successo, di arginare la
29
Per esempio il settore dell‟acciaio, del whiskey, del sale e dello zucchero. Cfr. E.W.
KINTNER, op. cit., p. 7.
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A tal proposito cfr. Report of the House of Committee on manufactures, H.R. REP. No.
3112, 50th Congress, 1st session (1888). Sul potere dei grandi trusts, cfr. il caso Standard Oil
Co. v. United States, 221 U.S. 1, 33-40. L‟intero accordo della Standard Oil fu dichiarato
illegittimo nel 1882 dalla Corte Suprema dello stato dell‟Ohio.
31
A tal proposito, gli Stati del Kansas e del Missouri, nell‟estremo tentativo di frenare le
organizzazioni industriali dall‟abuso di tali soluzioni finanziarie, emanarono una serie di
provvedimenti al fine di regolare l‟attività finanziaria entro i propri confini. Tali interventi
contro i trust, pur apprezzabili, non furono tuttavia in grado di contenere e circoscrivere
l‟azione delle grandi compagnie nell‟aggirare le legislazioni statali ed impedire che esse
espandessero i propri affari oltre i confini statali.
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problematica relativa all‟uso improprio dei trust. Nonostante l‟ultimo
ventennio del diciannovesimo secolo potesse essere considerato come
un periodo di generale benessere economico, infatti, la popolazione
mostrava un crescente risentimento nei confronti della gestione,
32
spesso poco trasparente, degli affari delle compagnie operanti.
La protesta assunse dimensioni tali da obbligare in un certo
senso il Congresso ad agire, dando inizio, di fatto, al dibattito
parlamentare che portò all‟adozione della prima legislazione antitrust
della storia.
2. L’iter parlamentare dello Sherman Act
L’iter parlamentare dello Sherman Act ha avuto avvio nel
cinquantesimo congresso, sebbene soltanto nel corso della legislatura
33
successiva ha trovato la sua definitiva conclusione.
A tal proposito, ad interessarsi per prima della problematica
relativa ai trusts fu la Camera dei deputati e solo in seguito, quando la
materia divenne di assoluta preminenza, il Senato intervenne nel
dibattito divenendone il protagonista assoluto nella persona del
senatore John Sherman.
32
Lo Sherman Act contiene numerosi riferimenti in merito a tale risentimento da parte delle
amministrazioni statali, inermi o quasi, di fronte al potere assoluto delle grandi compagnie
organizzate in trusts. Erano gli agricoltori in modo particolare la categoria che più di ogni altra
risentì delle conseguenze della prima industrializzazione; spesso infatti il controllo delle
materie prime e dei prezzi, uniti a condotte discutibili da parte delle industrie portarono ad
un‟aperta ostilità dei farmers verso le grandi industrie, e nello specifico verso i trust. Cfr.
Congressional Reports, 50th Congress. A tal proposito si veda anche E.W. KINTNER, op. cit., p.
21 ss. Contra, G.J. STIGLER, in Journal of Legal Studies, 1985, n.14, p.1. Secondo l‟Autore non
vi è alcuna ragione per credere che fossero gli agricoltori la categoria che risentì
maggiormente della creazione di monopoli commerciali. Egli, al contrario, evidenzia come,
non la diffusione e l‟uso improprio del trust, bensì l‟adozione di una politica antitrust provocò
di fatto, una crisi del settore agricolo. Infine, Stigler sostiene che l‟avvento della ferrovia fu un
fatto positivo per l‟agricoltura e non, come al contrario sostenuto da molti Autori, una delle
cause scatenanti dell‟opposizione all‟esistenza dei grandi trust.
33
Il cinquantunesimo congresso degli Stati Uniti d‟America va dal 4 Marzo 1889 al 3 Marzo
1891, sotto la presidenza Harrison.
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