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Introduzione.
Alla base di questo studio vi è l’analisi del modo in cui Anny Duperey si serve del
dispositivo fotografico, per scrivere e ricostruire il suo passato minacciato dal tirannico
oblio. L’autrice è ben nota al pubblico francese, rinomata per la sua proficua carriera
di attrice, intraprende anche la carriera di scrittrice in cui, a differenza della finzione
che la recitazione presuppone per i ruoli che interpreta, sceglie «de poser nue»
1
davanti
ad un pubblico meno reattivo ma, come si vedrà, più empatico.
La scrittura autobiografica possiede una lunga tradizione, le sue origini risalgono al
XVIII secolo. Tuttavia, durante il corso del tempo, la scrittura del sé ha subìto diverse
variazioni, in particolare, in epoca contemporanea, si lega anche alla fotografia,
sebbene questo tipo di legame sia poco esplorato dai critici. Il presente elaborato,
difatti, ha l’obiettivo di analizzare le relazioni tra il testo e l’immagine fotografica.
Tuttavia, l’analisi abbraccerà anche il tema dell’oblio involontario e della spontanea
negazione dell’autrice, in particolare di come il primo elemento influenzi e il secondo
modifichi positivamente lo scritto autobiografico.
Il principio che si pone alla base di questo studio è il seguente: Le Voile noir, romanzo
che forma il corpus principale di questa tesi, intreccia necessariamente la letteratura
ed altre discipline.
Le Voile noir è un romanzo nato, dal punto di vista dell’approccio, da una relazione
tra la scrittura autobiografica e la fotografia, un dialogo che permette di rendere conto
di un vissuto, quello dell’autrice, in modo oggettivo al fine di poterlo ricostruire,
poiché a causa di un trauma -la morte dei suoi genitori- è stato spazzato via dalla sua
memoria.
Affinché questa riflessione possa essere approfondita seguendo il postulato, verrà
analizzato lo studio delle tracce materiali che servono da filo conduttore per il processo
di indagine personale che si traduce nel processo di scrittura intrapreso da Anny
Duperey.
1
Anny, DUPEREY, Le Voile noir, Éditions du Seuil, 1992, p. 73.
8
Le domande che hanno spinto lo sviluppo di questa tesi sono le stesse che l’autrice si
è posta prima di accingersi nella redazione del romanzo: come scrivere del proprio
passato e delle proprie origini se si è ostacolati dall’oblio e dal rifiuto di un affronto e
di un derivante confronto? Perché porre su carta questa esperienza se la memoria non
ne soccorre il ricordo?
La risposta a queste domande è, in effetti, molto semplice ed è la ragione per la quale
Duperey avanza «cette recherche vaine vers le passé, et tirer un trait sur [s]a mémoire
amputée».
2
Se il responso alle domande preliminari sembra facilmente presumibile,
l’aspetto che pone delle incognite è il mezzo che viene utilizzato al fine di
concretizzare la ricerca del proprio passato. A questo punto è lecito chiedersi a quali
metodi Duperey si affidi affinché la ricerca possa essere messa in atto e quali siano
state essere le sfide che il progetto di scrittura autobiografica ha affrontato nella sua
realizzazione.
Al fine di esporre le tappe del processo di ricerca personale dell’autrice, sarà
esaminato, in questa sede, il suo terzo romanzo Le Voile noir pubblicato nel 1992 che,
a differenza dei primi due: L’Admiroir (1976) e Le nez de Mazarin (1986), è il primo
ad essere un prodotto d’ordine puramente autobiografico.
Ritornando al postulato iniziale, si è detto che questo lavoro si interesserà all’analisi
delle traces materiali che accompagnano l’écriture e di conseguenza il processo di
quête personale. Stando alla definizione del dizionario Le Robert, per il termine trace
si intende « une suite d’empreintes, de marques, que laisse le passage d’un être ou d’un
objet»
3
, nel caso de Le Voile noir, la traccia è costituita dai negativi fotografici e dalle
fotografie che da essi vengono sviluppate, fondamentali all’autrice per intraprendere
la sua ricerca personale e scrivere del suo passato.
In altre parole, l’intento primario di Anny Duperey è quello di servirsi delle fotografie
e della scrittura autobiografica per riempire i vuoti della sua memoria, mettendo in atto
una vera e propria caccia ai ricordi scomparsi. Tuttavia, quando l’autrice si rende conto
del fallimento di questa impresa, il romanzo assume i caratteri di un’operazione più
complessa: un lavoro sull’accettazione e il superamento del lutto per la morte dei suoi
genitori. Oltre ad essere un romanzo che tenta di ricostruire ciò che un evento
2
Ibid., p. 202.
3
Le Robert dico en ligne, Def. 1
e
. Trace, https://dictionnaire.lerobert.com/definition/trace .
9
traumatico ha distrutto, Le Voile noir diventa, soprattutto, il mezzo per affrontare e
risanare le crepe che il lutto, per troppo tempo evitato, ha generato nell’animo
dell’autrice.
La presente tesi è articolata in tre capitoli: nel primo capitolo viene fornita
un’introduzione sulla figura dell’autrice, attraverso un excursus sulla sua carriera che
abbraccia diverse discipline in campo artistico partendo dal teatro, passando per la
letteratura, fino ad arrivare alla pratica fotografica. La panoramica su alcuni aspetti
della vita dell’autrice è doverosa affinché si possano comprendere i temi dei successivi
paragrafi. Difatti, il primo capitolo prosegue il suo sviluppo con un’analisi introduttiva
del romanzo di cui, inizialmente, si analizzano i motivi che hanno spinto Duperey ad
intraprenderne la stesura, successivamente, le diverse modifiche che l’autrice ha
apportato all’idea iniziale. Una volta inserito cronologicamente all’interno del
percorso artistico dell’autrice, il romanzo viene altresì contestualizzato in seno ad una
trilogia che la stessa Duperey crea con altri due dei suoi prodotti editoriali: Lucien
Legras, photographe inconnu e Je vous écris…, i quali mettono in luce i tragici episodi
della sua vita, fino ad ora sconosciuti e di conseguenza toccano gli stessi temi,
rivelando nuove circostanze riguardo il doloroso passato dell’autrice.
Inoltre, l’ultimo paragrafo prende in esame il vasto apparato paratestuale del romanzo,
fondamentale per la sua ricezione e per la sua comprensione.
Sebbene le tracce di cui si è pocanzi parlato, siano delle fotografie che potrebbero
essere annoverate tra gli elementi del paratesto, questi preziosi oggetti sono i
protagonisti del secondo capitolo. In questa sede, infatti, viene osservato in prima
istanza il carattere ibrido dei cosiddetti fototesti, che nascono dall’interazione tra
immagine fotografica e letteratura. Pur essendo un paragrafo teorico, questo non si
propone come un’esaustiva presentazione del dispositivo fototetsuale; tuttavia,
contribuisce ad introdurne le caratteristiche fondamentali. Difatti, Le Voile noir,
incorporando anche il dispositivo fotografico, si inserisce bene in questa
categorizzazione. I paragrafi che costituiscono il secondo capitolo della tesi, si
concentrano, dunque, sul preciso rapporto tra le fotografie dell’archivio personale di
Duperey e il testo da lei stessa prodotto. A tal proposito, vengono analizzate in maniera
più specifica le varie modalità di dialogo tra fotografia e testo che l’autrice utilizza
nella composizione del romanzo, declinando in vari modi questo stretto rapporto.
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Inoltre, si analizza il ruolo che esse svolgono nella costruzione narrativa e strutturale
del romanzo, riflettendo sul modo in cui partecipano alla sua genesi.
L’approccio interdisciplinare e il dialogo intersemiotico che Duperey adopera, hanno
lo scopo di suscitare i ricordi perduti che l’autrice vuole recuperare tramite questo
raffinato binomio. Tuttavia, questo desiderio non si realizza in maniera esaustiva ed è
il testo che accompagna le fotografie a prendere il sopravvento nel percorso
dell’autrice. A questo punto, il terzo capitolo analizza il secondo genere a cui è
facilmente assimilabile il romanzo, ovvero il genere autobiografico. Ormai, i quesiti
posti in principio si ampliano, ci si chiede ancora: come alcuni processi narrativi
modificano la ricezione di sé stessi? In che modo l’inserimento di immagini
fotografiche all’interno di un testo autobiografico modifica la lettura di quest’ultimo?
Qual è il ruolo della memoria in questo romanzo? Fino a che punto le fotografie
confermano o contraddicono ciò che raccontano le parole? E infine, quale medium
prevale nella costruzione dell’identità dell’autrice ?
Per rispondere a queste domande, l’analisi del capitolo finale, si concentra, questa
volta, su un trinomio che dipende dall’accostamento già trattato nel secondo capitolo:
ovvero la relazione tra l’autobiografia, la memoria e la fotografia. Difatti, nella prima
parte di quest’ultimo capitolo, viene analizzato il sottogenere autobiografico che
declina queste tre componenti, ovvero la photo-autobiographie, teorizzata da Gilles
Mora e Claude Nori. Inoltre, il capitolo convoglia sui problemi che questo dialogo
pone, in particolare in relazione a Le Voile noir. Se ad un primo sguardo, il
collegamento della comparte scritta a quella visuale, sembra semplificare il processo
di rappresentazione, ad un’analisi più attenta si comprende quanto questo venga reso
più complesso, poiché i rapporti analogici tra autobiografia e fotografia collidono a
causa del divario tra l’oggettività della rappresentazione e la soggettività
dell’interpretazione. Sebbene il termine ‘problema’, quindi, introduca un approccio
negativo, al contrario, nel caso di Duperey, la difficoltà tecnica del dialogo ispira e
guida la parte narrativa del romanzo. Le fotografie non consolidano, né spronano la
memoria dell’autrice, bensì stimolano la scrittura e lo sviluppo del particolare récit
autobiographique.
I pensieri, le angosce e gli stati d’animo di Duperey, tradotti in parole, acquisiscono
un’importanza maggiore, poiché prima d’ora non erano mai stati esternati. Per questo
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motivo, il romanzo muta il suo obiettivo verso un fine terapeutico. Le Voile noir è
strutturato in maniera tale da esporre le tappe del processo di guarigione psicoemotiva
vissuto dall’autrice. La ricerca di sé, infatti, non si pone quasi mai come l’unico scopo
della scrittura, piuttosto come un pretesto per affrontare altre problematiche legate, in
ogni caso, all’esperienza personale. Il mutamento si basa sicuramente su un approccio
ricostitutivo del sé, ma ingloba anche il processo di superamento del lutto. Dunque, sia
la scrittura sia le fotografie partecipano attivamente a ristabilire la coerenza nella vita
dell’autrice, Duperey approfitta del processo creativo e dei suoi effetti terapeutici.
In conclusione, questa tesi si pone l’obiettivo di confermare che l’interazione tra
scrittura personale e immagini fotografiche sembra costituire il miglior mezzo per
ritracciare e ricostruire una vita, poiché entrambi i media permettono di approfondire
la conoscenza dell’essere umano che decide di sottoporsi a quest’analisi. Il romanzo
di Anny Duperey presenta un corpus analitico molto interessante ai fini della
rappresentazione della questione identitaria che viene affrontata in maniera innovativa
ma allo stesso tempo profonda e toccante.
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CAPITOLO UNO.
1.1 Chi è Anny Duperey?
Analizzando Le Voile noir di Anny Duperey si possono notare due aspetti ricorsivi
nella fototesualità: la natura della relazione tra l’io, la fotografia e la dimensione
familiare e il recupero dei ricordi, a partire da un archivio personale, affinché possa
essere messa in atto la ricostruzione di un passato e di un’identità che sono precipitati
nel profondo abisso dell’oblio.
Il romanzo si propone come un mosaico verbo-visivo in cui l’autrice intraprende
l’impresa di recupero e ricostruzione di una parte della sua vita, poiché a causa del
trauma della morte dei suoi genitori, «il y avait bel e bien un AVANT et un APRÉS».
4
È a partire da un archivio fotografico che questo progetto prende vita, osservando le
fotografie scattate da suo padre, Duperey aspira a rintracciare le orme di un’infanzia
dimenticata.
Lungi dal trattarsi di guardonismo, come conferma lo scopo de «la méthode de Sainte-
Beuve»
5
, è necessario prendere in considerazione « l’édification d'un ensemble, dans
lequel la vie de l'écrivain, son portrait moral et sa création littéraire sont étroitement
organisés dans un système de rapports cohérent et subtil».
6
Alla luce di questo riferimento, è doveroso gettare un rapido sguardo sulla vita di Anny
Duperey che, trattando la sua esperienza personale, ne Le Voile noir fa della sua
esistenza l’elemento principale del romanzo.
Nata il 28 giugno 1928 a Rouen, Anny Duperey
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è un’attrice francese, con un ruolo
preminente sia nel panorama teatrale che in quello cinematografico francese.
La sua carriera artistica di attrice prolifica e versatile, sul grande schermo così come
in sala, pone in attesa, dietro le quinte della sua vita, la sua passione per la fotografia.
La sua professione primaria già impregnata d’arte e cultura, assorbe, in seguito anche
4
Anny, DUPEREY, Le Voile noir, Éditions du Seuil, 1993, p.135.
5
Philippe, D’HUGUES, Sainte-Beuve et sa méthode critique, « Revue Des Deux Mondes (1829-
1971) », 1969, p.593.
6
Ibid., p.593.
7
Nome d’arte che sceglierà di utilizzare durante la sua carriera, il nome di battesimo è Annie Legras.