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1. Introduzione
Una finestra aperta sul mondo
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, era così che nel 1436 Leon Battista
Alberti, definì il quadro; un elemento ambiguo che vive in un luogo
legato, ancora allo spazio vissuto ma che si accinge a diventare altro
da esso.
Osservando la superficie piana e bidimensionale della tela pittorica,
ci possiamo, quindi, accorgere come questa sia caratterizzata da
oggetti, simboli, attanti e attori che permettono al nostro sguardo di
divenire integrante; di animare la scena e le azioni stesse.
Ogni spazio, ogni ambiente è creato, definito, da ciò che noi stessi
siamo, da ciò che compiamo; le scie che propaghiamo permettono la
nascita, attorno al nostro essere, di luoghi che attraversati acquistano
un senso.
Di fronte alla piattezza pittorica, il nostro occhio s’interroga sul
come poter superare la barriera spazio-temporale, che ci separa da
essa, per saper prendere parte alla rappresentazione stessa.
Com’è possibile giungere da un ambiente presentativo a uno
rappresentativo, dal reale al fittizio, da uno spazio visibile a uno
invisibile?
E in seguito a questo debrayage attanziale, caratterizzante la nostra
figura di spettatori, cosa accade all’interno dell’opera d’arte? Come, il
nostro corpo o meglio il nostro sguardo si relaziona a ciò che sente e
vede?
Per dare risposta a questa serie di domande, è preso qui in analisi
un soggetto iconico e iconografico affrontato costantemente nei dipinti
e affreschi durante il rinascimento, l’Annunciazione alla Vergine ed è,
anche, questo il periodo di nascita della prospettiva moderna, la quale
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Siamo in pieno rinascimento e le teorie prospettiche iniziano a prendere atto su diversi trattai,
tra cui il De Pictura dello stesso Leon Battista Alberti (Calabrese, 2006, p.45).
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cerca di fingere, rappresentando illusoriamente il reale sulla superficie
planare.
Come ricorda Marin, l’Annunciazione altro non è che
un’enunciazione del mistero invisibile che preannuncia l’Incarnazione
e dopo la nascita di Cristo
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, l’ambiente attraversato dai personaggi
perciò non è più solo reale e/o irreale, ma anche mistico e/o profano.
Il sipario alzandosi, mostra un luogo frammentato in più zone,
caratterizzato da soglie che possono essere varcate o limiti che negano
agli attanti in scena ma soprattutto all’osservatore, di poter entrare in
contatto con l’ambiente circostante.
Così come la Vergine, è colta nella sua intimità, dall’Angelo esterno
ed estraneo – divino e al contempo umano – anche lo spettatore,
integra l’opera come attore interno ed esterno; virtualmente oltrepassa
la cornice e varcata la soglia pittorica disperde parte di sé sulla
superficie, non perdendo mai totalmente la propria identità.
Spazi chiusi e aperti, reali e irreali, mistici e terreni caratterizzano,
perciò, l’intera azione; definiti dagli attanti stessi, la Vergine, l’Angelo
Gabriele, Dio Padre e lo Spirito Santo; i quali relazionandosi tra loro,
attraverso gesti e dialoghi, permettono la nascita anche di zone ibride
e di contatto
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.
È una di quest’ultime che diviene luogo di scambio e ponte di
congiungimento tra il reale della zona dell’osservatore e il fittizio
dello spazio pittorico, tra il terreno dell’ambiente chiuso virginale
penetrato dallo spirituale propagatosi dall’esterno.
Aleggiando tra due poli opposti, questo punto unifica e divide ciò
che appare ai nostri sensi e ciò che accade realmente sulla scena ma
che rimane escluso alla vista, uno spazio invisibile ed è da qui che
prende vita il mistero celato nell’intera logica annunciativa.
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Marin, 2012, p.178
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Non solo contatto tra gli attanti stessi, ma soprattutto tra i personaggi fittizi e lo spettatore,
proveniente dal luogo reale.
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L’Annunciazione evangelica narra del mistero dell’Incarnazione nel
corpo di Maria Vergine, da parte del divino; attraverso lo Spirito Santo
giunto nelle stanze della Madonna con l’aiuto dell’Angelo Gabriele.
Il brano più diffuso è quello raccontato dall’evangelista Luca, nel
quale la donna, ritiratasi a pregare nella propria domuncola
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, prima
rimane turbata dall’arrivo del messaggero celeste, incredula alla
possibilità della propria gravidanza
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per poi concedersi, alla grazia di
Dio.
Luca definisce sia un tempo, il sesto mese, che un luogo – interno e
familiare – l’attante principale rimane il Supremo da cui parte l’intera
azione; Gabriele e la Madonna, seppur secondari, diventano i veri
attori sulla scena, animandola.
Il Vangelo secondo Matteo invece si concentra su una terza figura,
San Giuseppe. Il Santo riceve la notizia della gravidanza di Maria già
precedentemente e allibito da ciò, decide di allontanarla, in segreto,
dalla propria casa.
Successivamente l’Angelo appare in sogno all’uomo, in uno spazio
e tempo irreali, onirici per quietarlo e permettergli di seguire la
decisione più saggia.
Anche il Protovangelo secondo Giacomo descrive l’annuncio alla
Vergine, mutando però l’ambientazione iniziale, rispetto al testo di
Luca. La donna non è presentata in preghiera all’interno dell’ambiente
familiare e privato, ma vicina a un pozzo ed è lì che per la prima volta
sente la voce esterna del divino.
Preoccupata, si rifugia nella propria casa ed è in quest’occasione
che, la parola
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prende vita e forma, annunciandole la propria
gravidanza.
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Arasse, 2009, p.10
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L’evangelista riporta nel testo lo stupore della Vergine durante il dialogo con Gabriele,
attraverso la frase “Come è possibile? Non conosco uomo” (Lc 1 34-35)
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L’Angelo inizialmente non le appare, è solo una voce incerta, che diviene poi visibile quando
dall’esterno l’ambiente diviene interno.
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All’interno del Vangelo di Luca, è presente un secondo annuncio,
quello a Zaccaria; marito di Elisabetta, madre di Giovanni Battista e
parente di Maria Vergine.
La donna concepisce il figlio prima rispetto alla Madonna, perciò
cronologicamente Gabriele appare prima al tempio di Zaccaria
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; dove
l’uomo turbato e incredulo si domanda come possa congiungersi alla
moglie ormai anziana.
In questo caso lo spazio è definito dal luogo sacro, non più
quotidiano e familiare ma l’incontro è comunque intimo; l’uomo è
l’unico presente all’interno assieme al divino, il resto del popolo
rimane a pregare esternamente.
L’Analisi qui presentata, perciò, prende in considerazione il
passaggio tra luogo interno ed esterno, terreno e mistico, familiare ed
estraneo, riferiti al tema dell’Annunciazione sia alla Madonna sia a
Giuseppe, inizialmente citando i Vangeli.
Nei primi capitoli, perciò, sono disegnati, attraverso la lettura dei
testi, l’ambientazione, il tempo, gli attanti della rappresentazione sia
scenica sia pittorica.
Successivamente, l’attenzione, riferitasi all’Annuncio alla Vergine,
si concentra anche sulle opere d’arte dalla fine del XIV e inizio XVI
secolo.
Durante il periodo rinascimentale, la prospettiva ha spesso cercato
di spiegare e rendere visibile il mistero celatosi nei testi sacri,
riguardante l’Incarnazione di Cristo nel corpo terreno della Vergine ed
è questo il lasso temporale più prolifico.
Dagli esordi definiti da opere più rigide dal punto di vista
strutturale, dove ancora si ha una netta distinzione tra la zona sacra o
esterna e quella terrena o interna, data soprattutto dai primi studi
prospettici; fino alla seconda metà del ‘500, dove i simboli religiosi si
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L’Angelo annuncia alla Madonna “Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha
concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a
Dio” (Lc 1 36-37)
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fondono con lo spazio reale, il quale acquista un valore più
naturalistico.
Fondamentali sono anche i riferimenti geografici, Toscana, Veneto e
Umbria, le zone di maggior interesse; le quali presentano il tema
annunciativo in maniera differente, seppur sempre sotto forma di
rappresentazione scenica data dallo studio prospettico.
In ambiente toscano l’attenzione è rivolta per lo più alla
differenziazione tra gli spazi interni ed esterni, tra quella che è la zona
terrena e quella divina; in veneto, invece, la scena è costruita su
impianti più teatrali.
Solo in seguito, col barocco e rococò, gli artisti iniziano a
considerare importante la figura del padre di Cristo, spostando la loro
attenzione da uno studio ambientale più metodico a uno più
soggettivo, interiore e indefinito; soprattutto collocato in ambienti
esterni o notturni.
Nell’ultimo capitolo, infatti, sono citati alcuni esempi di Annuncio a
San Giuseppe, non dal punto di vista cronologico quanto tematico e
spaziale. Infine, è citato un altro esempio di Annuncio,sempre con
riferimento ad una visione divina nell’irreale.
Quest’ultimo è quello a Costantino, il più recente in ordine
temporale; per quest’ultimo esempio è preso in considerazione uno dei
dipinti più conosciuti nella storia dell’arte, Il Sogno di Costantino,
facente parte del ciclo di affreschi La Storia della Vera Croce di Piero
della Francesca.
L’opera precede cronologicamente quelle riferite al Sogno di San
Giuseppe; perché non è qui analizzato un confronto temporale quanto
un’efficace definizione, prospettica e naturalistica, degli spazi.
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2. Il mistero dell’Annunciazione
2.1 L'Annuncio a Zaccaria
Come abbiamo potuto già affermare nella premessa, l’Angelo
Gabriele appare inizialmente al padre di Giovanni Battista, Zaccaria,
annunciandogli la nascita del figlio.
L’uomo rimane incredulo alle parole del divino, perché la moglie
sterile non può partorire, ma il messaggero lo rincuora, ricordandogli
che Dio può tutto.
Luca, infatti, scrive:
Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu preso da timore. Ma l'angelo gli disse:
“Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta
ti darà un figlio, che chiamerai Giovanni” (Lc 1 12-13).
Poi ancora:
“Come posso conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanzata negli
anni”.L'angelo gli rispose: “Io sono Gabriele che sto al cospetto di Dio e sono
stato mandato a portarti questo lieto annunzio. Ed ecco, sarai muto e non potrai
parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle
mie parole, le quali si adempiranno a loro tempo” (Lc 1 18-20).
Fa da sfondo alla scena, il tempio di Erode, dove il personaggio
principale, compiva l’attività di sacerdozio
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; un luogo esterno al
popolo – che ne rimane fuori a pregare – ma interno agli attanti sulla
scena, perché e proprio nello spazio sacro che la scena prende vita.
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Al tempo di Erode, re della Giudea, c'era un sacerdote chiamato Zaccaria, della classe di
Abìa, e aveva in moglie una discendente di Aronne chiamata Elisabetta (Lc 1 5)