1
Introduzione
Il fulcro della mia tesi consiste in uno studio sperimentale sull‟interpretazione consecutiva
con il quale ci si è proposti di verificare se e come un gruppo di studenti universitari del primo anno
del Corso di laurea in Lingue moderne per la comunicazione e la cooperazione internazionale della
Facoltà di lettere e filosofia dell‟Università di Macerata abbia annotato le metafore presenti in un
corpus di discorsi, e se e come le abbiano rese nella fase di produzione. Il corpus è formato da
cinque discorsi dell‟attuale presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Ho scelto di usare i discorsi
da lui pronunciati durante il periodo della campagna elettorale per le presidenziali, a motivo della
loro forte carica persuasiva e a causa della capacità di coinvolgermi che avevano le sue orazioni,
che non risultano mai noiose. Soprattutto mi ha colpito il fatto che nei suoi discorsi Obama faccia
appello a principi nobili, ispirati anche alla religione ma non solo, quando ormai troppo spesso i
politici cercano di seguire la strada più facile per vincere, vale a dire quella di stimolare gli istinti
più bassi e materiali dell‟elettorato.
Il metodo di lavoro è stato il seguente: in una fase preliminare, ho raccolto dal web il
maggior numero possibile di discorsi di Barack Obama e dopo averli letti attentamente, ne ho
selezionati cinque, cercando di scegliere quelli più ricchi e più significativi dal punto di vista delle
figure retoriche e delle metafore. Il passo successivo è stato quello di adattare i cinque discorsi alle
capacità e al metodo didattico adottato dalla docente; quindi ho abbreviato e ridotto i discorsi in
modo che questi non superassero i cinque minuti, corrispondenti a circa 450 parole, il limite
massimo usato in ambito didattico per la consecutiva. In seguito, durante le lezioni del corso di
interpretazione di trattativa e consecutiva la docente ha letto i cinque discorsi: per ogni discorso ho
raccolto gli appunti di dieci studenti e ho videoregistrato le rese di due di loro.
Il presente lavoro è organizzato in sette capitoli: il primo capitolo tratta della retorica,
tracciando la storia di quest‟arte antica a partire dalla retorica aristotelica, spiegando il suo sviluppo
nei secoli fino al declino provocato dal razionalismo. Il capitolo analizza anche le tre tipologie di
argomenti, vale a dire l‟ethos, il pathos e il logos, le figure retoriche, strumenti essenziali della
retorica, e il ruolo del pubblico. Infine il capitolo approfondisce la versione moderna della retorica.
Il secondo capitolo affronta l‟argomento dei discorsi politici e della comunicazione politica,
un fenomeno antico che nell‟era moderna ha acquisito un‟importanza preponderante anche gra zie
allo spazio concesso dai moderni mezzi di comunicazione e d‟informazione di massa. Il capitolo
illustra le tipologie di discorsi politici e le strategie retoriche usate più frequentemente nei discorsi
politici e nella comunicazione politica, concentrandosi sull‟uso delle metafore.
Il terzo capitolo sposta la lente d‟ingrandimento sulla figura di Obama, illustrando la sua
biografia, dalle sue origini multietniche, e la sua carriera politica, raccontando la campagna
2
elettorale che lo ha portato il 4 novembre 2008 a diventare il quarantaquattresimo presidente degli
Stati Uniti e; si individuano inoltre alcune delle chiavi del suo successo, tra cui rientrano a pieno
titolo proprio le sue abilità retoriche.
Nel quarto capitolo viene condotta un‟analisi dei cinque discorsi che compongono il corpus
usato per l‟esperimento: si tratta di un‟analisi che rivolge l‟attenzione alle figure retoriche, cercando
di spiegare la loro funzione e il loro effetto.
Il quinto capitolo costituisce una rassegna sugli studi in interpretazione e spiega come
quest‟area di studio abbia ricevuto contributi anche da discipline esterne, ad esempio la psicologia.
Il sesto capitolo è l‟analisi di come gli studenti hanno annotato nei loro appunti le metafore
dei cinque discorsi. L‟approccio di questo capitolo è essenzialmente descrittivo, anche se non
mancano ipotesi sulle annotazioni fatte dagli studenti. Gli aspetti presi in considerazione sono la
presenza o meno di segnalazioni riguardo alla metafora, l‟uso prevalente di simboli grafici o di
parole, se l‟annotazione è estesa o sintetica.
Infine il settimo capitolo è l‟analisi delle rese degli studenti. Qui si tenterà di spiegare da
cosa possano derivare le strategie di resa delle metafore messe in atto dagli studenti e di trovare un
legame fra gli appunti e le rese stesse.
3
Capitolo 1
La retorica
1.1 Cenni storici e definizione
La retorica (dal greco rhetoriké téchne, “arte del dire”) è l‟arte del parlare e dello scrivere in
modo ornato e persuasivo (Reboul. 2003: 20). Il suo scopo è ottenere consenso da parte dei
destinatari, quindi è caratterizzata da un aspetto pragmatico centrato sui discorsi verosimili, al di
fuori delle certezze filosofiche e scientifiche. Per raggiungere questo scopo, la retorica definisce
delle regole che devono guidare la composizione del discorso rifacendosi a convenzioni risalenti in
modo prevalente alla cultura greca. Secondo quello che è stato tramandato da Aristotele la retorica
nacque in Sicilia nel V secolo a.C, quando dopo la caduta del tiranno Trasibulo, epoca in cui ci
furono molti processi per rivendicare le proprietà dei precedenti espropri e si formò un tipo di
eloquenza deliberativa a opera di Corace e di Tisia (Ibid, 30). Ma ad un‟analisi più attenta si capisce
che le cause più profonde dello sviluppo di quest‟arte furono le particolari condizioni sociali ed
economiche in cui si trovava la Grecia: infatti il sistema politico e quello giudiziario che si erano
creati in un certo modo costringevano l‟individuo a confrontarsi di continuo con la collettività.
Questi primi oratori giudiziari si resero conto che nel parlare esistevano cose utili ed altre inutili. In
seguito la retorica si spostò in Attica, dove furono Gorgia e gli altri sofisti a permetterne la
diffusione in un ambiente in cui la democrazia favoriva la codificazione di regole per il discorso
pubblico. Platone distingueva tra una retorica buona ed una cattiva, intendendo per quest‟ultima
proprio quella dei sofisti Per Aristotele la retorica aveva una funzione complementare alla dialettica,
perché era basata su un sillogismo incompleto chiamato entimema. Aristotele nella sua opera
Retorica individuò i tre generi di discorso (deliberativo, giudiziario ed epidittico) analizzando gli
argomenti corrispondenti – etici, giuridici e psicologici.
1.1.1 La retorica dopo l’antica Grecia
Nell‟antica Roma la retorica ebbe molta importanza grazie alla sua funzione politica, come
si evince dai trattati di Cicerone e dal De instituitone oratoria di Quintiliano, che codificò i tre stili
del discorso retorico, tenue, medio e alto, corrispondenti rispettivamente alle finalità di docere,
delectare, movere, rispettivamente insegnare, dunque una finalità pedagogica, intrattenere e
divertire e commuovere. L‟opera di Quintiliano è il trattato di retorica più completo dell‟antichità .
Quintiliano considerava la retorica non solo un‟arte ma una virtù (Reboul, 2003:87). In epoca
cristiana fu Sant Agostino a diffondere la retorica, usandola come supporto per la predicazione.
Boezio inserì la retorica nel trivio insieme alla grammatica e alla dialettica, La retorica diventò
4
quindi una delle sette arti liberali, completate dal quadrivio (aritmetica, geometria, musica,
astronomia). Durante l‟umanesimo e il rinascimento, grazie alla nuova considerazione per la poesia,
la filologia garantì un nuovo valore alla retorica. Ma fu in modo particolare la c ultura barocca ad
esaltare l‟arte retorica. Nel XVII secolo la retorica diventò un mezzo di propaganda appannaggio
del potere politico e di quello religioso; questo secolo è infatti il secolo in cui proliferano i sovrani
assoluti, che stabiliscono le leggi senza essere tenuti a rispettarle. Quindi la retorica diventa in
quest‟epoca un‟arma di difesa e uno strumento dissimulatorio: era necessario sapersi esprimere per
non essere danneggiati dalle verità. Nel Seicento la retorica era un‟arma di difesa dalla verità del
potere, in quanto la parola può servire per proteggere la coscienza dell‟uomo. Tuttavia
contemporaneamente si faceva avanti anche la tendenza a sminuire il valore della retorica a favore
del linguaggio scientifico, una tendenza capeggiata da Descartes (Ibid, 91). I razionalisti, partendo
dalle loro esigenze di verità e di una razionalità univoca giudicavano la retorica falsa, o più
precisamente una logica del falso. Questo portò ad un rifiuto netto della retorica, dato che questa
usava un linguaggio composito e mascherato. Prevedibilmente questa tendenza si acutizzò nel
secolo successivo, il secolo dei lumi, quando la retorica era disprezzata in quanto uso ingannevole
della parola che sfruttava le debolezze degli ascoltatori. La retorica aveva dato vita ad un uomo
delle verità parziali, della finitudine e della quotidianità. La decadenza della retorica raggiunse
l‟apice nell‟epoca romantica, quando venne considerata un ostacolo e un freno alla libera
espressione dell‟io e venne coinvolta nella spira le di avversione per la classicità. Dalla metà
dell‟Ottocento la retorica venne depennata dai programmi di insegnamento nelle scuole. Questo
atteggiamento negativo nei confronti della retorica è arrivato fino ai giorni nostri come dimostra il
fatto che ai giorni nostri la parola retorica possegga intrinsecamente un‟accezione fortemente
negativa, legata all‟idea di un‟arte ingannevole e subdola, usta per raggirare gli altri: come esempio
è possibile prendere la definizione di un vocabolario della lingua italiana: “atteggiamento dello
scrivere e del parlare, o anche dell‟agire, improntato a una vana e artificiosa ricerca dell‟effetto con
manifestazioni di ostentata adesione ai più banali luoghi comuni (Devoto, Oli, 2003: 1727). La
retorica classica consisteva in un sistema di leggi convenzionali, che una volta assimilate potevano
concedere all‟oratore la libertà di movimento entro questo sistema, quindi le costrizioni formali
stabilite dalla retorica non erano assolutamente un ostacolo al talento e alla creatività. Nel „900,
Nietchze dedicò attenzioni alla retorica, intravedendo nello sviluppo di quest‟arte una differenza e
una cesura netta tra il mondo antico e quello moderno. Per il filosofo tedesco, la retorica costituisce
un rapporto primario nell‟ontologia dell‟uomo e si riferisce ad una collocazione nelle cose e nello
spazio e costituisce la prima interpretazione sistematica dell‟essere- assieme quotidiano: in questo
modo è evidenziato lo stretto rapporto che lega retorica ed ermeneutica (Raimondi, 2002: 23).
5
1.1.2 Significato della retorica
Per quello che riguarda le funzioni dell‟arte retorica, tradizionalmente le sono stati affidati
quattro obiettivi fondamentali. Il primo è naturalmente quello di persuadere. In secondo luogo la
retorica ha anche una funzione ermeneutica, visto che i suoi strumenti permettono di interpretare i
discorsi appartenenti a un dato momento storico. Inoltre ogni discorso è inserito in una rete di
discorsi che lo hanno preceduto e di altri che lo seguiranno. Alla retorica viene anche riconosciuta
una funzione euristica, cioè di scoperta di nuove verità ed una funzione pedagogica in quanto parte
della cultura generale. Infatti imparare a dire può essere un modo efficace per imparare a pensare
(Reboul, 2003: 22-23).
Nella retorica emerge la problematicità dell‟uomo, che si mostra come un essere non abitato
dalle certezze e dalla verità assoluta. Non a caso, spesso la retorica viene giudicata il luogo del
molteplice e della finitudine, caratteristica tipica del genere umano, un ambito dove avvengono
confronto e dialogo e nel quale si pongono problemi, questioni e dubbi piuttosto che fornire risposte
e spiegazioni e dove occorre assumere delle decisioni. In questo consiste il legame della retorica
con l‟etica e la politica. E‟ come un‟interrogazione nascosta che accompagna il grande sistema di
valori dell‟uomo (Raimondi, 2002: 89).
1.2 La retorica aristotelica
Tra i filosofi antichi, quello che ha esercitato maggiore influenza sul pensiero occidentale
moderno è Aristotele. In particolare il filosofo di Stagira è lo studioso e l‟insegnante di retorica più
accreditato, tanto che anche gli studiosi contemporanei di retorica devono in qualche modo
inevitabilmente tenerne conto. Il suo trattato sull‟arte retorica è l‟unico dell‟antichità pervenuto ai
giorni nostri e rappresenta la costruzione articolata di un sistema comunicativo a tutti gli effetti
(Reboul, 2003: 57). Aristotele vede nella retorica una disciplina riguardante cose che appartengono
a tutti gli essere umani, e che non sono di pertinenza di alcuna scienza specifica. In particolare,
pensa che la tecnica retorica riguardi il comportamento pubblico e sia pertanto in relazione con
l‟etica. La retorica aristotelica tenta infatti di studiare il modo in cui gli uomini negoziano la
distanza che li separa, al fine di aumentarla o di ridurla (Amossy, 2000: 61). Si può affermare che
tutti partecipano alla retorica perché ogni essere umano si trova nella propria esistenza a dover
sostenere una tesi, a difendersi o a esprimere dei giudizi. Aristotele è convinto che gli uomini
adottino tali comportamenti in modo per lo più inconsapevole, ma che sia possibile esaminare le
ragioni per cui chi è bravo raggiunge i propri scopi.
6
1.2.1 L’idea aristotelica di retorica e la difesa contro le critiche
Aristotele definisce la retorica la facoltà di scoprire il possibile mezzo di persuasione
riguardo a ciascun soggetto (Amossy, 2000: 61). Il trattato aristotelico sulla retorica è diviso in tre
libri, ognuno dei quali approfondisce uno dei tre elementi fondamentali del discorso retorico, vale a
dire l‟oratore, il messaggio e il pubblico: il primo libro, incentrato sulla figura dell‟oratore tratta
prevalentemente della concezione delle argomentazioni nella misura in cui dipendono dal pubblico
e questo secondo i tre generi di discorso riconosciuti. Il secondo libro si concentra sul pubblico ed
analizza le emozioni e le argomentazioni, ma in quanto sono recepite e non solo concepite. Il terzo
libro invece prende in considerazione il messaggio e tratta dell‟elocutio, vale a dire delle figure e
dell‟ordine delle parti del discorso. Aristotele individua tre generi di discorso retorico; quello
deliberativo, quello giudiziario e quello epidittico (Reboul, 2003: 59): su questo punto si tornerà più
avanti con maggiori dettagli. La retorica non è separata dal contenuto etico: a questo proposito
qualcuno potrebbe attaccarla, ma Aristotele si incarica di difenderla: innanzitutto i contenuti non
sono mai indifferenti, infatti quelli buoni e veri sono per natura più adatti all‟argomentazione. In
ogni caso inoltre la retorica è paragonabile ad altri beni come il denaro e il potere che a seconda
delle intenzioni possono essere usati per fini buoni o malvagi. Si tratta di uno strumento e chi lo
possiede decide come usarlo. Se un individuo usa un‟arte per scopi malvagi occorre accusare
l‟individuo, non l‟arte. Quindi non è sufficiente possedere l‟arte, ma è necessario farne un buon uso.
Infine se è vergognoso non sapersi difendere con le braccia, lo è ancora di più non sapersi difendere
attraverso la parola, facoltà più propria dell‟uomo (Ibid, 46). La critica rivolta da Aristotele ai
trattati di tecnica retorica scritti prima della sua epoca è quella essersi concentrati su elementi
secondari ed accessori del discorso, tralasciando il nucleo fondamentale dell‟arte di persuadere, cioè
l‟argomentazione.
1.2.2 Le argomentazioni secondo Aristotele
Le argomentazioni possono essere non tecniche (testimonianze, confessioni, documenti
scritti ecc), oppure possono essere argomentazioni tecniche. Analizzando queste ultime Aristotele
sostiene che si ottiene un effetto persuasivo quando viene mostrato il vero o ciò che appare tale con
i mezzi di persuasione più appropriati in ogni caso. Questo è il tipo più essenziale di
argomentazione persuasiva (Reboul, 2003: 78). Siamo nell‟ambito del primo mezzo tecnico di
persuasione, il logos, cioè la razionalità. Anche il carattere dell‟oratore fornisce un contributo alla
persuasione quando il discorso è architettato in modo tale rendere credibile chi lo enuncia: infatti
chiunque è più portato a credere maggiormente a una persona affidabile in generale e in modo totale
sulle questioni dove manca una certezza assoluta ed è in gioco una varietà di opinioni. Questo
7
mezzo tecnico di persuasione viene chiamato ethos e riguarda appunto il carattere dell‟oratore. Il
terzo mezzo tecnico di persuasione prende il nome di pathos e si riferisce alla capacità di
predisporre il pubblico a certe emozioni. Infatti per Aristotele suscitare certe emozioni nel pubblico
può rivelarsi una via efficace per far accettare una tesi. Infatti i giudizi cambiano a seconda che chi
deve giudicare provi sentimenti di odio o di amicizia (Reboul, 2003:79).
1.2.3 Entimema ed esempio
Il filosofo istituisce una parallelismo tra la retorica e la dialettica. Infatti la retorica è l‟arte
della persuasione, mentre la dialettica è l‟arte della dimostrazione. La dialettica dimostra le cose
attraverso due vie: l‟induzione che consiste nel trarre da dei casi particolari una regola generale e la
deduzione, in cui vengono utilizzati dei principi per dimostrare un fatto particolare, attraverso il
sillogismo. Parallelamente, nella retorica si trovano due strategie omologhe e corrispondenti a
quelle appena citate: all‟induzione corrisponde l‟esempio, definito anche induzione retorica; con
questo procedimento l‟oratore cerca di riscontrare e mettere in evidenza una regolarità nello
svolgimento di un fenomeno o in una questione, utilizzando dei casi concreti. L‟esempio può essere
di due tipi reale o inventato: nel primo caso viene proposto il racconto di un fatto storico o attuale a
condizione che abbia delle somiglianze e dei punti di contatto con ciò di cui si intende persuadere.
Dall‟altro lato si situa l‟esempio inventato, costituito dalle favole che vengono raccontate. Devono
essere create come le parabole e devono contenere un‟analogia identificabile da parte del pubblico.
Invece la deduzione trova il suo omologo retorico nell‟entimema (o sillogismo retorico) con cui chi
enuncia il discorso argomenta logicamente partendo da determinate premesse per arrivare a delle
conclusioni. Più precisamente l‟entimema costituisce un sillogismo incompleto e lacunoso, dove
manca una delle premesse, in quanto data per sottointesa (Cattani, 1994: 22). Per esplicare questo
concetto è utile riportare un‟intervista di Primo Levi, il quale giustificò il basso numero di suicidi
nei lager nazisti sostenendo che il suicidio è un atto umano e che gli animali non si suicidano,
ponendo come premessa implicita che le condizioni di vita nel lager rendessero i deportati più simili
ad animali che ad esseri umani. Più avanti, quando verrà effettuato un confronto dettagliato tra
argomentazione e dimostrazione verrà fornita una spiegazione di questa caratteristica. Gli esempi
devono essere usati quando non si dispone di entimemi. Oppure possono essere posti alla fine del
ragionamento, per arricchire gli entimemi e rafforzarli, ma non godono della stessa forza persuasiva
di questi. Invece quando sono collocati all‟inizio del ragionamento devono essere molto numerosi,
visto che un esempio da solo non è credibile e non è sufficiente a trarre una conclusione ampia e
generale. L‟entimema si basa sullo stesso principio del sillogismo ma si distingue da questo ultimo
per alcune specificità legate al fatto che questo non deve essere una dimostrazione stringente, bensì
8
una dimostrazione a scopo persuasivo. L‟entimema non deve trarre origine da premesse probabili o
verosimili. Proprio la condizione di avere come fondamento la verosimiglianza e non la certezza
permette a questo tipo di ragionamento di potersi riferire al futuro, facendo previsioni. Un entimema
per essere efficace deve essere facilmente comprensibile e “deve costituire un ragionamento chiaro,
lineare ed espresso con termini comuni” (Polenghi, Elementi di retorica aristotelica). All‟interno di
un discorso non è necessario dimostrare tutto con un entimema, ma soltanto i punti in questione:
infatti non c‟è alcun bisogno di dimostrare punti già condivisi da tutti. La retorica deve studiare i
“luoghi comuni”: questa espressione comunemente usata per indicare banalità, ovvietà e stereotipi,
nel linguaggio retorico non è portatrice di valenze negative, ma identifica gli schemi concettuali
entro cui si formano gli entimemi. Ogni scienza ha i suoi luoghi specifici, così la retorica adopera
dei macroschemi molto generali che fungono da guida per costruire le argomentazioni.
1.3 Il sistema retorico
Il sistema retorico classico era composto da alcuni nuclei fondamentali: si tratta di cinque
fasi fondamentali che l‟oratore deve seguire per pianificare, organizzare, redigere, memorizzare ed
esporre in pubblico la sua relazione. Secondo la terminologia classica ancora valida, queste fasi
sono: 1) inventio 2) dispositio 3) elocutio 4) memoria 5) actio. (Reboul, 2003: 63-64). Di queste
cinque tappe, le prime tre avvengono durante la preparazione e la composizione del discorso, le
altre due durante la produzione orale. L‟inventio è la ricerca da parte dell‟oratore di tutti gli
argomenti e mezzi di persuasione per il tema del discorso, mentre la dispositivo è l‟ordine che
l‟oratore da agli argomenti. L‟elocutio è la redazione scritta del discorso; lo scopo di questa fase è
dare ordine e stile ai diversi elementi del discorso, sfruttando figure ed ornamenti di vario tipo: la
fase della memoria fa riferimento all‟arte mnemonica, infine l‟actio è l‟enunciazione effettiva del
discorso ed è da ricondurre al modo di produrre l‟enunciato regolando la voce, i gesti e il
portamento a seconda delle esigenze della discussione e del contesto. Un oratore può essere definito
completo se è in grado di padroneggiare tutte e cinque le fasi retoriche. Infatti anche una fase di
preparazione svolta in modo eccellente rimane sterile se non è accompagnata da un adeguata
capacità di proferire in pubblico un discorso. Adesso si procederà ad un‟analisi più dettagliata delle
singole fasi citate.
1.3.1 L’inventio
Naturalmente, all‟inizio le attenzioni devono essere focalizzate sulla ricerca degli argomenti
e sulla preparazione dei materiali. La stessa etimologia della parola inventio richiama l‟atto di
trovare qualcosa e fa pensare alla capacità inventiva dell‟autore: il verbo latino invenire significa
9
appunto trovare. Occorre trovare fatti e idee a partire dalla stesura approssimativa di note e appunti
su un certo argomento. In questa fase l‟oratore si segna in modo non organizzato quello che gli
viene in mente sulla materia da trattare, con la possibilità di aggiungere esempi, aneddoti,
testimonianze e citazioni. In alcune situazioni l‟oratore potrà anche servirsi di manuali e volumi di
vario tipo riguardanti l‟argomento, o consultare dizionari. Soprattutto l‟oratore deve lasciare libero
sfogo alla propria immaginazione e cercare degli spunti interessante per chiarire quali dovranno
essere i punti chiave e i pilastri argomentativi del discorso (Reboul, 2003:85): tutte queste
considerazioni devono essere svolto tenendo conto dei fattori di contesto, come le caratteristiche di
chi ascolterà il discorso, il luogo e il momento in cui tale discorso sarà pronunciato e per quale
scopo ecc. Questa strategia è di origine classica ma risulta pienamente valida anche ai giorni nostri
per relazioni che abbiano un tema ben definito, “scopi, oggetto e modi da impiegare in una
determinata circostanza” (Vergara, 1999) e di fronte a un pubblico determinato. Non a caso il
giornalismo di oggi è fondato sullo schema delle cinque “w” (what, who, where?, why?, how?,
when?). Il fatto che si parta da uno schema codificato non deve far pensare a dei limiti posti alla
creatività dell‟autore. Per l‟oratore può essere di grande aiuto sapere la provenienza e la cultura del
pubblico a cui rivolgerà il proprio discorso, in modo da costruire un‟argomentazione che non risulti
oscura e inconcludente a causa di riferimenti estranei alle conoscenze di chi ascolta. Questo
ovviamente vale partendo dal presupposto che l‟oratore sia in buona fede e non abbia come
intenzione quella di non farsi capire per ingannare l‟uditorio.
1.3.2. Dispositio
La dispositio consiste nella disposizione ordinata dei risultati ottenuti con l‟inventio: lo
scopo di questa seconda fase è la costruzione di un discorso armonioso scorrevole ed adatto al tema
(Reboul, 2003:71). Per essere efficace la dispositio deve avere come base la creazione di un piano
ordinato che funzionerà come guida e riferimento. A livello pratico, nella dispositio l‟oratore
concatena le varie parti della sua orazione, per creare un insieme ordinato e logico. Così, le
relazioni diventano più facilmente memorizzabili dato che risulta più facile memorizzare
un‟argomentazione ordinata, dove esistono legami logici fra le varie parti; questo è un grande
vantaggio visto che nella maggior parte dei casi gli oratori non pronunciano i loro discorsi
leggendo, ma recitando quasi a memoria. A questo proposito ogni buon oratore dovrebbe avere una
certa dimestichezza nell‟utilizzo di tutte quelle parole che svolgono il ruolo di connettori logici e
permettono di legare tra loro le varie fasi. Secondo la dispositio, un‟orazione deve essere divisa in
varie sezioni, ognuna con un contenuto ben definito: la parte iniziale è l‟esord io, con cui l‟oratore
cerca di ottenere i favori del pubblico con un opera di captatio benevolentiae e rende noto il suo