5
Di cosa si è interessata questa tesi? La ricerca ha dovuto restringere e
focalizzare alcuni aspetti perché i motivi e i problemi a cui rimanda il libro sono
davvero tanti e complessi e meriterebbero un accurato lavoro di ricerca che
coordinasse discipline diverse. Questa tesi ha inteso dunque concentrarsi sul testo
per capire soprattutto perché questo libro sia in grado di attrarre lettori di ogni
tempo. Si tratta di lettori profondamente differenti gli uni dagli altri: ci sono i
lettori dei secoli passati che hanno accolto il libro in segreto e si sono prodigati
per diffonderlo; ci sono quindi i lettori dei nostri giorni. Questi ultimi, anche se
contemporanei, non condividono però gli stessi immaginari simbolici e culturali:
alcuni sono di area cattolica e sono affascinati da questo libro come testo mistico,
pur sapendo che si tratta di un testo eretico; altri sono laici e sono invece sedotti
dal testo proprio per la sua natura di scritto mistico.
La ricerca cui si è dedicata la tesi ha quindi cercato innanzi tutto di
ricostruire la vicenda inerente il testo e la sua autrice, proponendosi di ricomporre
le notizie storiche frutto di studi condotti negli ultimi cinquant’anni sia sui
documenti dell’Inquisizione, sia attraverso le testimonianze riportate delle
cronache del tempo. La tesi ha quindi cercato di ricomporre il contesto nel quale è
maturato il libro come opera sia filosofica che letteraria, dunque è stato necessario
collocare Lo Specchio in relazione sia alla letteratura cortese e cavalleresca in
lingua volgare, sia in relazione alle dispute filosofiche che maturavano nelle
Università. Ma soprattutto è stato importante porre il testo e la sua autrice in
rapporto con quella delicata quanto solida elaborazione letteraria e mistica
maturata attraverso l’esperienza delle grandi poetesse beghine, che si colloca agli
albori della nascita della letteratura in lingua volgare ed è espressa soprattutto da
donne. Del resto Margherita Porete è collocata storicamente in rapporto al
movimento beghinale e alla setta del Libero Spirito, motivo che mette la sua
figura e il suo libro anche in relazione con i movimenti eretici del periodo e la loro
feroce repressione da parte dell’Inquisizione.
La ricerca è stata ardua e complessa: i documenti e i testi di riferimento, i
manoscritti, le traduzioni, ma anche recenti pubblicazioni circa importanti studi,
sono reperibili solo negli archivi di biblioteche sparse in tutta Europa. Molti
6
importanti studi di ricercatori e studiosi sono stati pubblicati da piccole editrici, o
attraverso riviste scientifiche delle quali è stata sospesa la pubblicazione, per cui
anche questo materiale, tutto sommato recente, è consultabile solo recandosi
presso le biblioteche di molte città europee. C’è da dire per altro che non esiste
una bibliografia aggiornata e completa circa studi, pubblicazioni e tesi inerenti Lo
Specchio, dunque il lavoro di ricerca deve procedere attraverso la consultazione
delle bibliografie citate da ogni studioso. Così ci sono ricerche che hanno colto
aspetti e prodotto risultati dei quali non sono informati altri studiosi che pure
hanno offerto ulteriori ed altri importanti contributi di studio. Ecco perché credo
sarebbe opportuno coordinare questa grande mole di lavoro e di ricerca in uno
studio in grado di integrare discipline storiche, letterarie, filologiche, filosofiche e
mistiche, supportato altresì dal contributo delle discipline semiotiche.
Infatti molti spazi ancora non chiari relativi alla struttura del testo, alle
traduzioni e interpretazioni che ne sono state date, nonché agli aspetti
autobiografici che vi sono inscritti, utili a supportare e orientare ricerche di
carattere storico, potrebbero essere riempiti grazie al contributo che gli studi
semiotici sul testo potrebbero offrire.
Questa tesi ha cercato per l’appunto di lavorare su Lo Specchio
prendendolo in considerazione per un’analisi semiotica finalizzata a chiarire per lo
meno alcuni primi aspetti relativi alle strutture di superficie del testo, inerenti
l’architettura del testo, i suoi ritmi, la posizione di narratori e narratari, il rapporto
tra istanza di scrittura e istanza narrativa. Queste prime fasi di analisi hanno
permesso di individuare alcuni importanti particolarità relative al testo, il quale
rivela: una struttura coerente organizzata in tre parti distinte, rispettivamente
scritte per essere destinate a tre tipi di lettori diversi; un ritmo di scansione
attraverso cui si articola il discorso narrativo, e attraverso cui probabilmente
avveniva la lettura a voce alta, articolato in sezioni di sette capitoli ognuna.
Analizzando la struttura della narrazione proposta dal testo si è potuta individuare
inoltre l’importante ambiguità che contraddistingue la traduzione in italiano
dell’originale testo in francese antico. Si tratta della scelta, nella versione italiana,
di tradurre Dame Amour con Sire Amore che contribuisce ad alterare non poco
7
l’impianto originario del testo, in quanto confonde i ruoli attanziali e le posizioni
dei narratori. L’analisi si è quindi concentrata sulle strategie enunciative che
contribuiscono a conferire a questo testo il particolare carisma di scrittura rivelata
e profetica.
Lo studio dei simulacri passionali configurati nel testo ha permesso di
cogliere altri importanti aspetti relativi alla posizione dei reciproci attanti
narrativi. L’analisi patemica del percorso proposto da Lo Specchio sarebbe studio
tutto da approfondire e chiarire; questa ricerca ha inteso coglierne solo alcuni
primi aspetti per capire, anche da questo punto di vista, il rapporto di seduzione
che il testo esercita verso i suoi lettori.
A conclusione di questa fatica mi rendo conto di quanto lavoro ci sarebbe
ancora da fare, quanto questa tesi non abbia che sfiorato appena le tante
complesse problematiche a cui questo testo rimanda. Problematiche che, per la
loro complessità, richiedono di essere avvicinate con molta cautela, oltrechè con
molta competenza.
8
Cap. 1
Lo specchio delle anime semplici e Marguerite Porete
Ci sono fatti che si avviluppano nelle pieghe della storia, rimanendovi
conficcati come spine nella pelle. La vicenda di Marguerite Porete e del suo libro,
Le Miroir des simples ames
1
, è una storia delicata quanto tragica, in grado di
suscitare ancora oggi forti emozioni: ammirazione, incanto ma anche una
profonda indignazione, intrisa di rabbia impotente, nei confronti di quella ferocia
ammantata di legittimità che non potrà mai essere giustificata di fronte alla storia.
Attraverso la vicenda di Marguerite Porete si respira tutta l’inquietudine di un
secolo maledetto e straordinario, capace di innalzare al cielo cattedrali d’inaudita
bellezza, ma anche di condannare al rogo una donna per il solo fatto di aver scritto
un libro: un libro apprezzato oggi come un capolavoro della scrittura mistica,
testimonianza preziosa della presenza di scrittrici donne agli albori della
letteratura medievale.
La storia de Le Miroir ha più di settecento anni, un lungo periodo
scandito da una serie di processi finalizzati a cercare di distruggere un testo e
cancellare la memoria della sua autrice. Eppure il libro è sopravvissuto alla furia
devastante dei roghi, alla ferocia delle condanne, all’oblio della memoria. Come
capace ogni volta di risorgere dalla proprie ceneri è giunto sino a noi, donne e
uomini del XXI sec., figli del disincanto e della fretta, con la sua segreta forza in
grado di catalizzare anime e menti. La lettura di questo testo è ardua, conseguenza
di traduzioni imperfette tratte da manoscritti polverosi, eppure non cessa
d’incantare e sedurre lettori d’ogni tempo, ieri così coraggiosi da sfidare i
minacciosi divieti dell’Inquisizione, oggi altrettanto determinati a difendere un
capolavoro della letteratura mistica di tutti i tempi.
1
Il titolo è quello riportato dall’edizione originale del manoscritto di Chantilly, redatta in francese antico.
9
Perché Le Miroir ha fatto tanta paura alla Chiesa? Perché questo libro ha
motivato eroicamente tanti uomini e donne a custodirne e diffonderne le pagine?
Se sarà improbabile dare risposte soddisfacenti a queste domande, certo è che la
storia de Lo Specchio delle Anime semplici evoca fantasmi e meraviglie di poco
seppelliti ancora al di sotto della coscienza. Intrisa di vitalità e passione, la
vicenda di Marguerite Porete sferza improvvisamente convinzioni e certezze,
impone un silenzio assordante che tacita il chiassoso vociare della
contemporaneità, proprio in quei luoghi – non luoghi dove immagini e
rappresentazioni abbondano e saturano la nostra capacità di ricezione.
1.1 - La vicenda relativa al processo e alla condanna
Parigi, 1 giugno 1310. Una donna viene arsa a Parigi in Place de Grève,
dinnanzi all’Hotel de la Ville, il Palazzo del Comune. E’ stata giudicata «eretica e
relapsa» dal Tribunale dell’Inquisizione di Francia per aver scritto un libro, di cui
si tace il titolo, ritenuto «pestiferum, continentem herisim et errores», la sua
condanna è perciò esemplare e solenne
2
. Viene quindi eseguita in pubblico, in
uno dei luoghi che costituiscono il cuore pulsante della città. Il rogo di questa
donna e del suo libro viene commentato dai cronisti del tempo che ricostruiscono
in modo alquanto impreciso e frammentario la sua vicenda, perché di lei si sa
poco o nulla, se non che si tratta di una beghina originaria della Contea di
Hainaut, di nome Marguerite Porete, o Porrete
3
. Più precisi sono i riferimenti
invece relativi al suo libro, di cui si omette il titolo, che sono riportati
dettagliatamente negli atti del processo contro di lei, iniziato già nel 1308 e
protrattosi per circa due anni, condotto nientemeno che dal Grande Inquisitore di
Francia: Fra Guglielmo de Paris. E’ lui il principale accusatore di Marguerite
2
Paul Verdeyen, Le procès d’inquisition contre Marguerite Porete et Guiard de Cressonassard, in «Revue
d’Histoire Ecclésiastique», 81(1986), pp. 47-94
3
Guglielmo de Nangis, Chronicom, 1310 ed. Guglielmo d’Achery, Spicilegium scriptorum veterum, III,
p.63; Giovanni des Preis o d’Outremeuse, Miroir des Histors, 1400.
10
Porete, cappellano del Papa e confessore del discusso Filippo il Bello il quale,
proprio negli stessi anni, è coinvolto in un altro tragico processo che sarà
destinato ad essere ricordato dalla storia: quello contro l’Ordine dei Cavalieri
Templari.
I documenti processuali attestano che Marguerite Porete avesse già avuto
a che fare con l’Inquisizione qualche anno prima: il Vescovo di Cambrai, Guido
de Colmieu, aveva infatti condannato un libro da lei scritto e lo aveva fatto
bruciare in sua presenza sulla pubblica piazza di Valenciennes. Il libro di cui, si
badi bene, anche in questo primo procedimento non si indica mai il titolo, e sarà
proprio questa omissione a permetterne in futuro la sua diffusione segreta, era
stato giudicato dal Vescovo di Cambrai «erroneo». Ecco perché Guido de
Colmieu aveva diffidato la sua autrice dal «leggere» ad altri il libro stesso nonché
a divulgarne le dottrine. Non pare che Margherita Porete si sia lasciata intimidire
da questa sua prima vicenda processuale, perché gli atti inquisitoriali parigini
informano che lei non solo non si era attenuta alla prescrizione, continuando a
predicare in pubblico le sue idee, ma addirittura aveva riscritto un libro «simile» a
quello distrutto dal rogo, probabilmente in latino, destinato ad essere sottoposto
all’approvazione di tre teologi e del Vescovo di Chalons-sur-Marne Giovanni de
Chateau-Villain
4
. Ma quest’ultimo, ricevuto il libro, invece di approvare il testo,
aveva informato subito il nuovo Vescovo di Cambrai, Filippo de Marigny,
(sfortuna vuole che fosse anche il fratello del consigliere di Filippo il Bello), della
nuova e sfacciata impresa letteraria di Margherita. E’ lui a riaprire un secondo
processo contro la recidiva Porete e a consegnarla al Grande Inquisitore di
Francia. Questi fatti si svolgono tra il 1296 e il 1308, anno dell’incarcerazione di
Margherita Porete a Parigi.
La storia del libro scorre a questo punto su due livelli, perché se il testo
sta continuando a suscitare irritazione negli ambienti ecclesiastici la versione del
libro portata dalla Porete ai tre autorevoli teologi riceve invece precise
approvazioni. I manoscritti latini del Le Miroir, oggi conservati nelle biblioteche
4
Romana Guarnieri Prefazione storica in Lo Specchio delle Anime Semplici, ed. San Paolo, Torino 1994
p.13
11
vaticane, fanno riferimento ad una traduzione in latino del libro di Marguerite
Porete, scritta ancora vivente l’autrice, nella quale sarebbero confluite anche le
approbationes redatte da questi tre autorevoli chierici. Le tre approbationes
corredano anche i manoscritti latini conservati negli archivi di varie biblioteche
europee, ma non il documento in medio francese. Sarebbero firmate da un
misterioso francescano inglese di nome Giovanni di Querayn, da un cistercense,
detto Dom Franco, dell’abbazia di Villers in Brabante e dal teologo parigino
Goffredo da Fontaines, originario delle Fiandre ed ex rettore dell’Università di
Parigi. Per quanto concerne il misterioso francescano inglese di nome Giovanni di
Querain è stata formulata l’ipotesi che si tratti di Giovanni Duns Scoto
5
, infatti di
lui, Echkart e Goffredo da Fontaines è documentata la presenza a Parigi sino al
luglio del 1303. A partire dai manoscritti latini il gesuita Paul Verdeyen ha
realizzato una preziosa traduzione del Miroir, probabilmente la più fedele al testo
originale della Porete, visto che una delle traduzioni individuate da Verdeyen
dovrebbe essere stata scritta quando la Porete era ancora in vita
6
. Ciò induce a
credere che dopo la sua prima vicenda processuale di Cambrai, Marguerite abbia
riscritto il suo libro in latino, proprio per sottoporlo all’approvazione dei tre
teologi de la Sorbona. Le tre famose approbationes correderanno in appendice il
testo che sarà diffuso dopo la sua morte, e saranno proprio questi tre giudizi
autorevoli sull’ortodossia del Miroir, ad impegnare per oltre un anno e mezzo il
Tribunale dell’Inquisizione parigino, nonché a sostenere Margherita nella sua
ostinata e orgogliosa presa di posizione contro le richieste di abiura degli
inquisitori.
Margherita in carcere si rifiuterà di prestare il giuramento di lealtà agli
inquisitori, cosa richiesta dalla prassi processuale per garantire un regolare
processo, e si ostinerà per un lungo anno e mezzo a non presentarsi agli
interrogatori, finchè non vi verrà condotta con la forza, ma anche in questa
occasione lei sceglierà di tacere. Gli studiosi che si sono interessati alla vicenda
5
Guarnieri, Lo specchio delle anime semplici, cit. alla nota 4 pag. 21
6
Paul Verdeyen ha scoperto nelle biblioteche vaticane un manoscritto latino, più antico degli altri, scritto
ancor prima del 1310, dunque con ancora vivente l’autrice. Si tratterebbe, secondo Emilie Zum Brun, del
manoscritto Chigiano B IV 41, Questo testo è stato da Verdeyen comparato ai manoscritti latini e pubblicato
in P. Verdeyen, Speculum simplicium animorum, ed. Corpus Christianorum – Continuatio Mediaevalis 69,
Turnholti, Brepols Editores, 1986
12
processuale di Marguerite Porete sono tutti d’accordo: se lei avesse accettato di
ritrattare si sarebbe salvata da morte certa. Tutta la sua complessa vicenda avrebbe
potuto anche avere un’evoluzione diversa da quella di un rogo. Se lei avesse
accettato di correggere le sue affermazioni la sua condanna avrebbe potuto essere
più mite, commutata in carcere a vita, da scontare con molta probabilità in un
convento. E’ il suo comportamento ostinato ad indispettire il Grande Inquisitore
di Francia, che non tollera il suo rifiuto orgoglioso di prestare giuramento di lealtà
e di rispondere ad ogni sua domanda. Margherita viene così scomunicata e
giudicata come « pro convinta et confessa et pro lapsa in heresim».
1.2 - Le proposizioni eretiche de Le Miroir
Ciononostante per l’Inquisizione rimane in sospeso la questione delle
approbationes dei tre autorevoli chierici, che non consente di procedere contro il
libro in modo leggero. La questione delle proposizioni «errate» contenute nel
Miroir viene demandata quindi ad un collegio di Consultori, di cui gli atti non
citatano i nomi, che estrapolano dal testo quindici proposizioni ritenute «male
sonantes». Di questi quindici passi dubbi del libro di Margherita i documenti
inquisitoriali ne riportano solo due, la prima e la quindicesima: la prima teoria
ritenuta eretica è citata nei capp. 6, 8,13 e 21 della traduzione latina del Miroir e si
riferisce alla tesi secondo cui «quod anima adnichilata dat licentiam virtutibus
nec est amplius in aerum servitute, quia non habet eas quoad usum sed virtutes
obediunt ad nutum», ovvero alla convinzione che l’anima annichilata nell’amore
di Dio possa prendersi un definitivo congedo dall’esercizio delle virtù.
7
La
seconda proposizione incriminata compare invece nei capitoli 9,13,16 del libro e
afferma che «Quod talis anima non curat de consolatinibus Dei nec de donis eius,
nec debet curare nec potest, quoia tota intenta est circa deum et sic impediretur
intentio circa Deum» ovvero l’anima annientata non avrebbe neanche più
7
Guarnieri, Prefazione storica in M.Porete Lo Specchio delle anime semplici, cit. p.143
13
necessità di ricevere consolazioni e doni da Dio, avendo Dio in se stessa
8
. Esiste
poi la testimonianza scritta di un cronista, un benedettino dell’Abbazia di Saint
Denis il cui fratello aveva fatto parte del collegio di ventuno teologi che saranno
successivamente chiamati a pronunciarsi sul libro di Margherita, che aggiunge
una terza proposizione indicata come eretica, quella secondo cui « Quod anima
adnichilata in amore Conditoris sine reprehensione conscientiae vel remorsu
potest et debet naturae quidquid appetit et desiderat concedere», cioè l’anima
annichilata nell’ amore di Dio avrebbe anche il diritto di «…dare alla natura tutto
quello che essa domanda»
9
. I passi relativi a questa tesi fanno parte dei capitoli
9,13,16 e 17 del Miroir.
Un aspetto che le ricerche storiografiche dovrebbero approfondire
riguarda il fatto che le proposizioni citate hanno a che fare solo con i primi
capitoli del Miroir, mentre i manoscritti giunti sino a noi comprendono un testo
costituito da ben 140 capitoli. E’ come se l’Inquisizione avesse avuto a
disposizione un libro ridotto rispetto a quello che è giunto attraverso i manoscritti
tramandatesi dopo il rogo di Margherita. Se poi si considera che, dopo la morte
della Porete, ci fu una vera e propria fioritura di traduzioni manoscritte del Miroir
in almeno quattro lingue, (medio inglese, latino, italiano antico, medio francese),
occorre presupporre che un testo di riferimento sia sopravvissuto al rogo. In tal
caso sarebbe opportuno verificare la possibilità che Margherita abbia finito di
scrivere il suo libro, nella versione che poi è giunta sino a noi, proprio nell’anno
in cui è stata incarcerata e che questa ultima versione sia quella a cui hanno attinto
tutte le traduzioni successive.
In ogni caso è solo sulle proposizioni estrapolate dal contesto del libro,
cioè prese in considerazione separatamente e non riferite ai capitoli dove sono
citate, che sono chiamati a pronunciarsi ancora ben ventuno teologi della Sorbona,
tutti canonici e vescovi appartenenti a diversi ordini monastici. Il loro giudizio
deve poter contrastare quello espresso dai tre chierici che hanno già scritto la loro
approbatio in appendice al testo. La commissione dei ventuno teologi si riunisce
8
ibid
9
Guarnieri Prefazione storica, in Lo Specchio delle anime semplici, cit. p.175
14
l’11 aprile del 1309 nella chiesa parigina di Saint Mathurin, sede degli atti
amministrativi de la Sorbona, e decreta che il libro in questione è « tamquam
hereticus et erroneum et heresum et errorum contentivus» ed è un verdetto
inappellabile. Dopo un tale grave giudizio per ogni imputato non c’era più
nessuna possibilità di appello, se non quella di correggere le proprie posizioni
prima di essere consegnato al braccio secolare, perciò prima di procedere con
l’esecuzione, i condannati trascorrevano in carcere un lungo anno durante il quale
meditare sui propri errori ed eventualmente pentirsi, potendo ottenere così il
perdono del tribunale. Anno che fu concesso anche a Margherita la quale,
dall’aprile del 1309 al 31 maggio del 1310, resterà in carcere, ma non accetterà di
ritrattare le sue tesi e continuerà a rifiutarsi ostinatamente di collaborare con i
giudici. E’ così che al termine del periodo concessole per il suo pentimento,
un’ulteriore commissione di canonisti giudica Margherita «relapsa» e la consegna
al braccio secolare: lei e il suo libro dovranno essere bruciati, inoltre chiunque ne
possegga una copia deve consegnarla all’autorità ecclesiale entro un mese, pena la
scomunica. La sentenza viene eseguita il giorno seguente in Place de Grève di
fronte alle autorità civili e religiose e ad una grande folla che secondo un famoso
cronista, individuato come il continuatore di Guglielmo de Nangis, «…si
commuove sino alle lagrime di fronte ai segni di pentimento e pietà mostrati dalla
sventurata».
10
10
Guarnieri, Prefazione storica, in M.Porete, Lo specchio delle anime semplici, cit. p.18
15
1.3 – Chi era Marguerite Porete
Se i documenti dell’Inquisizione sono precisi relativamente alla vicenda
processuale, alla questione delle proposizioni eretiche contenute ne Le Miroir des
simples ames, al rifiuto dell’imputata di prestare giuramento e di rispondere alle
domande degli inquisitori, della storia di questa donna non dicono altro, né di
dove provenga, né quale ne sia l’età. Si stima che Margherita sia stata intorno al
1310 una donna di media età, di circa quaranta o cinquant’anni, se fosse stata più
anziana o più giovane, probabilmente questo fatto sarebbe stato citato negli atti
inquisitoriali. E’ certo che questa donna conosceva bene il latino e che possedeva
una solida istruzione e cultura. Era originaria di Valenciennes una città che faceva
parte della contea di Hainaut, situata nelle vicinanze dell’attuale confine tra
Francia e Belgio. Probabilmente Margherita apparteneva all’aristocrazia cittadina
e come era costume di molte donne nobili che non intendevano essere destinate a
matrimoni non voluti, potrebbe aver scelto di vivere in un beghinaggio. Proprio a
Valenciennes nel 1239 il Vescovo di Cambrai aveva fatto costruire per le beghine
residenti una cappella, ed è altresì noto che le beghine erano donne colte dedite a
lavori di copisteria e traduzione, spesso si guadagnavano da vivere copiando
codici, e di Marguerita alcuni cronisti affermano che avesse già tradotto in lingua
volgare la Bibbia. E’ infatti certo che Marguerita Porete usava scrivere in lingua
volgare, probabilmente un volgare piccardo, ovvero secondo la tradizione delle
grandi poetesse beghine. Come “beghina” questa donna è citata nei documenti
inquisitoriali che la descrivono come «quad beghinam». La sua identificazione
come beghina è comunque controversa perché, proprio nel suo Miroir, Margherita
afferma che le beghine stesse non avrebbero approvato il suo libro, e
l’appellattivo inquisitoriale di “beghina” potrebbe essere stato usato più come
dispregiativo che non come attributo per inserire Margherita in un contesto
preciso di provenienza.
In ogni caso da un punto di vista letterario il suo Miroir si inscrive in
quella tradizione straordinaria e pregna di poesia che è la letteratura mistica delle
poetesse beghine, quella di Hadewijch d’Aversa, Matilde di Magdeburgo e
Beatrice di Nazareth. La loro esperienza letteraria si colloca agli albori della
16
nascita della letteratura in lingua volgare ma anche ai margini dell’esperienza
religiosa ufficiale. Queste donne non sono sottoposte a nessuna autorità
ecclesiastica, non hanno preso voti e sono libere di condurre un’esperienza di
ricerca interiore non vincolata e controllata da nessuna autorità religiosa.
La fioritura di una letteratura mistica, scritta in volgare e soprattutto da
donne, è un fenomeno che attraversa l’Europa, poco esplorato e indagato dalla
storia della letteratura. Sarà soprattutto il movimento delle beghine, che si
diffonde nel Brabante a nord ovest della Francia e nelle zone dei Paesi Baschi, ad
alimentare il fiorire di scritture mistiche di eccezionale poesia. L’opera di
Marguerite Porete si colloca così in questo filone letterario particolarissimo, anche
se il suo lavoro è molto più che un testo poetico, più precisamente si tratta di un
poema allegorico – filosofico. L’eccezionale particolarità del testo è di inscriversi
nella letteratura mistica pur mantenendo un solido impianto speculativo, di usare
l’espediente narrativo e allegorico per costruire un sistema mistico – filosofico di
eccezionale compostezza. Tant’è che le tesi del Miroir saranno poi quelle su cui
Eckhart costruirà la sua mistica speculativa. Per quanto concerne l’impianto
mistico speculativo di Margherita, così come lo si deduce dal suo libro, occorre
evidenziare che lei riesce a sposare un fervido abbandono mistico, intriso di un
assoluto rifiuto della ragione, con la capacità di esporre in modo assolutamente
razionale proprio quel percorso verso l’annullamento di ogni facoltà speculativa.
In questo consiste la sua particolarità, ed altresì la sua differenza rispetto alle
grandi poetesse mistiche beghine.
C’è un aspetto determinante nella faccenda del Miroir che meriterebbe
un serio studio approfondito: Margherita lo scrive e lo predica in lingua volgare,
pur essendo in grado di scriverlo anche in latino. La sua è una scelta estetica che
merita una riflessione, perché implica un intento comunicativo esteso verso un
vasto pubblico di referenti. Scrivere in lingua volgare significa voler rendere i
propri scritti comprensibili ai più e non rivolgersi solo verso ambienti colti. Il
volgare è altresì la lingua materna attraverso cui si impara a conoscere le cose del
mondo, accompagnati dal suono di una voce che veicola, oltre alla conoscenza
oggettiva delle cose, anche le emozioni che il mondo suscita. Non è certo un caso
17
che il fiorire della letteratura mistica di questo periodo sia fatta di testi che sono
soprattutto, se non esclusivamente, redatti nelle lingue volgari parlate in Europa. E
si badi bene pur essendo al periodo il latino diventato, anche e soprattutto, lingua
della religione e non solo lingua della cultura e dell’insegnamento.
Nella storia della lingua francese il XIII secolo rappresenta un periodo
fecondo: la langue d’oil, ancienne francais, è in questo secolo costituita ancora da
una chimera composita di moltissimi dialetti, usata soprattutto per gli scambi
orali, ma nelle università i chierici se scrivono in latino, colloquiano in volgare.
Dal 1100 e per tutto il 1200 fiorisce in volgare una letteratura in versi dedicata
alla Chançon de geste, ai romanzi sur La Quete du Gral, ci sono inoltre poemi
allegorici: le Romance d’Alexandre, Le Romance de la rose ecc. E’ accanto a
questi primi monumenti della poesia cavalleresca, e della lirica cortese, pietre
miliari della letteratura francese, che compare Le miroir des simples ames,
giudicato oggi il più antico documento della letteratura mistica francese. La sua
particolarità è di essere stato scritto da una donna, fatto non usuale all’epoca, ma
anche di adottare un linguaggio che sposa lirica cortese e letteratura mistica,
retorica del sentimento, del fine amour e mistica speculativa, poesia e prosa.