un’ampia fascia di popolazione, svolgono un ruolo di primo piano nel favorire
l’uso di un termine piuttosto che un altro.
Questa tesi può essere suddivisa in tre parti: nella prima parte si dà uno
sguardo in generale agli anglicismi: partendo da una breve nota storica che copre i
secoli compresi tra Medioevo e i giorni odierni, si prosegue con l’elencare quali
sono le tipologie di anglicismi riscontrate durante l’analisi della rivista in esame.
La seconda parte consiste nella ricerca e analisi dei 255 anglicismi
rintracciati nella rivista «Fare Elettronica» numero 257 del novembre 2006; gli
anglismi verranno classificati in ordine alfabetico e per ognuno di essi verrà indicata
la categoria grammaticale e il significato assunto in italiano nel settore in cui
compare: questo ultimo è il risultato di numerose e accurate ricerche condotte in
siti e dizionari tecnici, nei datasheet (documentazione tecnica di un componente
elettronico, in cui il costruttore descrive dettagliatamente le caratteristiche e il
funzionamento del componente) e nelle application notes (documentazione
supplementare, di solito costituita da schemi elettrici corredati da esempi di
utilizzo del componente in questione), i quali costituiscono la letteratura scientifica
internazionale rigorosamente scritta in lingua inglese; di seguito, verrà annotata la
tipologia dell’anglicismo (se si tratta di un calco, di una sigla o acronimo, di un
prestito non adattato o adattato); si procederà con la verifica della loro attestazione
e dei loro possibili derivati nei dizionari italiani dell’uso - Devoto-Oli (DO), De
Mauro (DM) e Treccani - e nei maggiori dizionari della lingua inglese: Oxford
English Dictionary (OED) e Merriam-Webster (MW); si concluderà con una
ricerca del termine sul web italiano e su quello inglese indicando il grado di
diffusione, anche se il numero di pagine sarà naturalmente indicativo, e tale ricerca
sarà utile per capire (insieme alla presenza o meno di quel determinato anglismo nei
dizionari) se un certo termine è diffuso anche nell’italiano dell’uso o se si tratta di
termini settoriali o strettamente tecnici; inoltre, la ricerca di un anglicismo su
Internet è molto utile per smascherare un falso anglicismo, cioè una parola o un
composto che non si trova all’interno di dizionari inglesi o americani.
I siti in cui compare un anglicismo verranno classificati in base al settore
di competenza; le classificazioni più ricorrenti sono:
• settore dell’elettronica e dell’informatica, in cui sono inclusi sia siti tecnici,
8
sia siti creati da appassionati del settore, in possesso, comunque, di
competenze tecniche;
• portali di grosse aziende, le quali presentano tecnicamente i propri prodotti
e servizi. In questa categoria, figurano l’italo-francese STMicroelectronics, e le
americane Maxim e Microchip, aziende di primo piano operanti a livello
internazionale, distinte per le ingenti somme di denaro impiegate nelle attività di
ricerca e sviluppo; basta riportare, per avere un’idea, che nel 2005 la ST
Microelectronics ha investito nel settore “Ricerca e Sviluppo” una somma pari a
1,63 miliardi di dollari;
• università: si tratta di articoli, appunti e dispense di carattere tecnico;
• siti dei più importanti mass media: quotidiani, reti televisive e radiofoniche.
Se un anglismo compare esclusivamente nel settore tecnico-
scientifico, il suo grado di tecnicità sarà elevato e, conseguentemente, l’entrata nella
lingua dell’uso risulterà difficile; di contro, più un anglismo viene impiegato dai
mezzi di comunicazione di massa, più quell’anglicismo avrà un’elevata possibilità
di entrare nel linguaggio quotidiano. Il ruolo dei mass media è molto influente in
quanto riesce a raggiungere un’ampia cerchia di popolazione avente livelli e tipi di
cultura differenti. Col tempo, sarà il concorrere di altri fattori a decretare la
permanenza dell’anglicismo nella lingua italiana o la sua esclusione; tra i fattori che
giocano a loro favore: la brevità del termine, la facilità di pronuncia e di scrittura, il
grado di espressività percepito dai parlanti della comunità linguistica d’arrivo.
I mezzi di comunicazione (televisione, radio, giornali, Internet e telefonia)
fanno un largo uso di termini inglesi legati soprattutto alla tecnologia. Una prova la
si riscontra nelle cosiddette sezioni “Scienza & Tecnologia” presenti in molti
notiziari radiotelevisivi e nei principali quotidiani: Repubblica, Il Sole 24 ore ecc.
Ma anche alcune riviste femminili dedicano qualche pagina alle ultime novità in
campo tecnologico: ad esempio il settimanale «Donna Moderna», dove
nell’articolo Come scegliere l'hi-fi si trova la definizione di memoria flash, calco
parziale di ‘flash memory’: «La memoria flash è un circuito elettronico sul quale è
possibile scrivere dati, nel nostro caso brani musicali in Mp3.»
2
.
Infine, la terza parte consisterà in una rielaborazione conclusiva dei dati
ottenuti attraverso la ricerca mantenendo presente l’obiettivo principale
2
www.donnamoderna.com/casa/articolo/idA040001014533.art?sezione=/speciali/hit
ech
9
dell’analisi: gli anglicismi dell’elettronica sono termini tecnici relegati, quindi, a un
linguaggio settoriale di gruppi di parlanti poco rappresentativi o sono anche diffusi
nell’italiano dell’uso?
10
Breve nota sugli anglicismi
Prima di procedere all’analisi degli anglicismi contenuti nella rivista «Fare
Elettronica», è opportuno soffermarsi brevemente su cosa sono gli anglismi, la loro
storia e come si suddividono.
Per anglicismo si intende parola, locuzione o costruzione inglese entrata
in un’altra lingua; i primi anglicismi risalgono al Medioevo (1200 e 1300), e sono
legati al commercio: sterlini (sterlina) e stanforte (tipo di tessuto di Stanford).
Nel 1500 è l’Italia ad influenzare la lingua e cultura inglese impedendo la
stabilizzazione dei pochi anglicismi importati nella lingua italiana attraverso le
relazioni di viaggio, con eccezione del termine puritani, presente nell’opera di
Botero.
3
Ma iniziano ad essere pubblicati le prime grammatiche della lingua inglese
e i dizionari bilingui.
La situazione prende una prima svolta nel 1600, secolo denominato
dell’anglofilia
4
: nasce l’interesse verso la lingua e la cultura anglofona da parte degli
uomini di cultura italiana. A questo proposito, ricordiamo Lorenzo Magalotti e
Alessandro Segni. Il primo ha due ‘primati’: uno, di aver introdotto per la prima
volta nel territorio italiano anglicismi non adattati (coffee house e gentry, notabile),
l’altro, di esser stato il primo letterarto italiano a nominare Shakespeare. Segni,
invece, nel suo diario di viaggio introduce nel territorio italiano anglicismi della vita
di corte.
L’anglofilia si trasforma in anglomania nel 1700. Viene pubblicato il
dizionario di Baretti corredato da indicazioni sulla pronuncia e sulla grammatica;
tra questi lemmi, troviamo per la prima volta attestato “anglicismo”. Comunque, il
numero degli anglismi è ancora esiguo, sempre corredato da glosse e dalla proposta
di un corrispondente italiano, anche nelle riviste esterofile come “Il Caffè” di Pietro
e Alessandro Verri. Si tratta del lessico soprattutto politico ed economico, ma
anche sentimentale, proveniente spesso per via francese: è quest’ultima, infatti, la
lingua egemone conosciuta e parlata dalle classi colte, e lo rimarrà fino al primo
Novecento. L’aumento numerico dei termini inglesi in Italia nell’Ottocento è
3
Gabriella Cartago, L’apporto inglese, in Storia della lingua italiana, a cura di Luca Serianni e
Pietro Trifone, vol. III. Le altre lingue, Torino, Einaudi, 1994, p. 274
4
Claudio Giovanardi - Riccardo Gualdo, Inglese - Italiano 1 a 1. Tradurre o non tradurre le
parole inglesi?, Lecce, Manni, 2003, p. 54
11
dovuto alla circolazione del romanzo storico e della stampa periodica, con la
penetrazione stabile di alcuni anglicismi integrali (soprattutto quelli legati allo
sport) ancora in uso ancora oggi, come, ad esempio: fashion, tunnel e facsimile,
tennis e football. Con la legge Casati del 1859, la lingua inglese viene inserita tra le
discipline impartite nelle scuole superiori italiane.
Nel primo Novecento il numero degli anglicismi cresce ulteriormente
anche se sono i francesismi ad essere quantitativamente più importanti. A porre un
freno a questo tipo di interferenze linguistiche, sia per impedire l’entrata di nuovi
foresterismi, sia per eliminare quelli già esistenti sostituendoli con un
corrispondente italiano, fu il decreto legge dell’11 febbraio 1923, pena multe salate
(i cui ricavi andranno nelle casse della “Società Dante Alighieri” per promuovere la
lingua e la cultura italiana all’estero) e, negli anni della guerra, fino a sei mesi di
prigione.
In realtà, il numero dei foresterismi stabili nella lingua italiana non doveva
essere così rilevante se il giornalista Paolo Monelli, redattore della rubrica Una
parola al giorno della «Gazzetta del Popolo», in cui si analizzavano i foresterismi,
si ricostruiva la storia di ogni termine per poi proporre termini equivalenti in lingua
italiana, confessa nell’introduzione di Barbaro dominio (1933) la difficoltà, a volte
riscontrata, di trovare termini da inserire nella rubrica. Alcune di queste prosposte
hanno avuto successo, come ‘cartoni animati’ per cartoons, altre convivono con i
rispettivi corrispondenti stranieri (budget e bilancio), ma altre ancora annullano il
lavoro compiuto e attecchiscono in italiano nonostante i divieti imposti dal
governo fascista: per esempio, tennis (cui Monelli propose di sostituirlo con
‘pallacorda’); film, all’epoca usato come sostantivo femminile.
E’ dal secondo dopoguerra che la presenza dei foresterismi angloamericani
nella lingua italiana (ma anche nelle altre lingue) è cresciuta vertiginosamente;
infatti, sono gli Stati Uniti d’America a influenzare l’Europa importando come
modello il loro stile di vita ma, soprattutto, conoscenze scientifiche. La causa è da
ricercarsi proprio nella storia: dalla fine della Seconda guerra mondiale si avverte
nel mondo Occidentale l’egemonia politico-culturale degli USA in tutti i campi,
soprattutto in quello economico. Anche la ricerca scientifica si concentra, ormai,
negli Stati Uniti, quindi è logico che i vari termini tecnici e scientifici vengano
coniati in lingua inglese. Ciò che è interessante notare, invece, è come le altre
nazioni, e non solo l’Italia, acquisiscano gli anglicismi spesso in forma non
12
adattata. Appositi organismi governativi aventi la funzione di sorvegliare la lingua
nazionale e proteggerla contro i foresterismi non adattati sono stati fondati in
Francia e in Spagna (la Real Academia nel 1713).
Il linguista Arrigo Castellani, nell’articolo Morbus Anglicus (1987),
mostra la preoccupazione per il futuro della lingua italiana, vedendola seriamente
minacciata dalla lingua inglese, e propone una “cura” per liberare l’italiano dagli
anglicismi seguendo i principi del “purismo strutturale”: ammettere solo i
foresterismi «compatibili colle strutture della nostra lingua (tango e simili)»
5
,
mentre tutti gli altri dovevano sottoporsi all’adattamento grafico o
fonomorfologico, o venire sostituiti da un sinonimo italiano, o da una
neoformazione. Nello stesso anno, Luca Serianni, nella Presentazione del
Dizionario degli anglicismi nell’italiano postunitario di Gaetano Rando, spiega
perchè l’inglese non rappresenti una minaccia per l’italiano: innanzittutto, la lingua
italiana tende ad adattare foneticamente gli anglicismi; a livello morfologico, non
viene usata la -s del plurale, pertanto, il termine resta invariabile: il film, i film; nei
composti si mantiene, generalmente, l’ordine tradizionale determinato +
determinante; la penetrazione degli anglicismi è alta nei linguaggi tecnico-scientifici
e minore nel linguaggio quotidiano
6
.
Tra i linguaggi tecnico-scientifici, un caso esemplare è il linguaggio
dell’Informatica, in quanto buona parte dei termini è penetrata nel linguaggio
quotidiano; alcuni hanno dato vita a derivati, indice della stabilizzazione nella
lingua italiana: softuerista deriva da software, flashare dal sostantivo flash ecc. A
proposito della terminologia dell’informatica interviene Giovanni Adamo, durante
il Seminario «Réflexion méthodologiques sur le travail en terminologie et en
terminotique dans le langues latines» (1996), affermando:
«Non mi sento di condividere pienamente l’opinione di quanti
sostengono una certa passività dell’italiano nei confronti della lingua
egemone. Preferirei parlare piuttosto di una sorte di ‘eclettismo’ che -
nonostante trovi la sua prima ragion d’essere in una pur comprensibile
forma di snobismo tecnologico, quasi a sottolineare il divario che separa
l’emergente cultura informatica dall’analfabetismo computazionale -
necessita tuttavia di rimedi correttivi. E duole notare ancora una volta
5
Arrigo Castellani, Morbus Anglicus, in «Studi Linguistici Italiani», XIII, p. 142
6
Giovanardi - Gualdo, op. c.t., p. 11
13
che ignorare le conseguenze che queste forme di disordine linguistico
possono comportare equivale soltanto ad aggravare la naturale
progressione del fenomeno».
7
La lingua italiana non si trova minacciata dall’inglese ma è comunque
opportuno non ignorare quanto accade all’interno della comunità linguistica
italiana. Un primo passo in questo senso lo si può notare da parte dell’Accademia
della Crusca, dove nel 2001 si è costituito il “Centro di Consulenza sulla Lingua
Italiana Contemporanea” (CLIC). Il Centro «conduce ricerche e riflessioni sulle
tendenze evolutive dell’italiano contemporaneo, osservate non solo nel lessico
(dove si impongono all’attenzione i problemi dei forestierismi e tecnicismi), ma
altrettanto nella sintassi, nella morfologia, nella pronuncia e nell’ortografia»
8
Nel corso di questa ricerca, gli anglicismi sono stati suddivisi in:
• prestiti adattati o integrati e prestiti non adattati: foresterismi che
penetrano nella lingua d’arrivo quando quest’ultima non possiede un termine
equivalente per designare quell’oggetto o quel concetto (prestito di necessità); oggi,
l’anglismo entra nell’italiano anche quando esiste già un equivalente (prestito di
lusso, come baby sitter) per vari motivi: per la sua espressività, per il prestigio
accordato alla cultura da cui proviene, per snobismo ecc.; l’anglicismo può essere
accettato nella sua forma originaria (ad esempio chip e timer) o può essere adattato
alle regole fonetiche, morfologiche o grafiche della lingua d’arrivo e, in questo caso,
si ha un prestito adattato: transistore da transistor, digitale da digital;
• calchi traduzione, calchi parziali e i calchi sintagmatici, riconoscibili grazie
alla somiglianza formale tra termini inglesi e quelli italiani; i primi consistono nella
traduzione letterale di termini o composti inglesi: ad esempio altoparlante; i calchi
parziali, invece, sono composti in cui solo uno dei due o più elementi è tradotto
nella lingua d’arrivo mentre l’altro viene acquisito nella sua forma originaria, come
sistema embedded (embedded system); i calchi sintagmatici sono calchi che
rispettano l’ordine dei costituenti della lingua inglese, ad esempio, alta efficienza e
la sigla BF che sta per bassa frequenza.
• sigle e acronimi: per sigla s’intende la sequenza ottenuta mettendo insieme
7
Giovanni Adamo, La terminologia tecnico-scientifica in lingua italiana. Alcune osservazioni
sulla terminologia dell’informatica. Comunicazione presentata al Seminario «Réflexions
méthodologiques sur le travail en terminologie et en terminotique dans le langues latines»,
realizzato nel quadro delle Journées Realitier (Nizza, Università Sophia-Antipolis, 1-2 luglio
1996).
8
www.accademiadellacrusca.it/Costituzione_CLIC.shtml
14
le lettere iniziali di una o più parole, ad esempio RAM, Random Acces Memory;
mentre con acronimo si indicano sia le sigle vere e proprie sia la sequenza ottenuta
combinando o una o più lettere iniziali di altre parole, o lettere iniziali di una parola
e dalle finali di un’altra come, per esempio, DIAC (DIode Alternating Current),
SAF (Synthetic AntiFerromagnet).
• pseudoanglicismo: termine che ha l’apparenza di un anglicismo ma che non
è attestato nei dizionari inglesi e americani; da considerarsi sotto questa categoria
sono i temini mail come riduzione di e-mail; solder come riduzione di solder mask,
vernice isolante utilizzata nei circuiti elettronici. Sono stati classificati come
pseudoanglicismi anche neoformazioni degli autori degli articoli della rivista,
coniate soprattutto con l’intento di distinguere un elemento elettronico da un altro
simile durante la progettazione: ad esempio BAT LOW e BAT OK per denominare
due LED di una scheda elettronica.
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