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La prima cosa che compresi fu che la storia del cinema belga è continuamente costretta a
confrontarsi, a fare i conti, praticamente, con solo due autori: Henri Storck ed André Delvaux;
se il primo per molti anni è stato l’unico cineasta di un certo spessore autoriale ad operare nel
paese, l’esordio del secondo ha rappresentato per la cinematografia belga un vero e proprio
punto di svolta, dando il via ad una produzione “regolare” di lungometraggi.
Tuttavia, André Delvaux all’inizio fu totalmente ignorato in patria e, solo dopo il successo
che L’homme au crâne rasé ebbe all’estero, la critica belga si accorse che era nato un nuovo
autore cinematografico.
Questa prima impasse critica sembra segnare l’intero andamento della carriera di Delvaux e
vizia gli studi a lui dedicati; la maggior parte degli autori che si sono occupati del suo cinema
spesso forniscono solo uno sterile elenco delle costanti stilistiche rintracciabili nei suoi film e
per il resto si affidano alla nozione di “realismo magico” per catalogare ed impacchettare la
sua estetica.
Manca, quasi sempre, uno sforzo critico maggiore che metta alla prova queste costanti e
questa definizione, manca qualsiasi inquadramento storico, politico e/o sociologico
dell’autore e qualsiasi riferimento alle particolari condizioni produttive che hanno
caratterizzato il suo cinema.
Molto probabilmente, poiché queste opere critiche sono destinate ad un pubblico belga, si dà
per scontato che ad esso sia nota la storia del proprio paese; ma lo studioso straniero il più
delle volte è costretto a rivolgersi altrove per trovare queste fondamentali nozioni.
Per tali motivi in questa tesi abbiamo creduto necessario fornire tutta una serie di dati che a
nostro avviso facilitano la lettura critica dei film dell’autore.
La prima parte di questa tesi intende fornire un quadro generale degli anni che vanno dal 1926
(anno in cui nacque Delvaux) al 1965 (anno in cui fu realizzato L’homme au crâne rasé).
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Il nostro viaggio parte dall’infanzia del cineasta non solo perché egli giudica quel periodo
“essenziale” per la propria carriera di regista, ma anche perché sono questi gli anni nei quali
Delvaux “scopre il cinema”.
Nello stesso periodo si modifica la struttura politica e sociale del Belgio, la comunità
francofona e quella fiamminga si separano nettamente ed il paese assume una struttura
fortemente federalista: lo iato tra le due comunità si consuma intorno a due questioni: quella
della lingua e quella della religione; se non si ha coscienza di ciò che accade, allora la stessa
comprensione dei film di Delvaux resta oscura.
Successivamente abbiamo ritenuto opportuno presentare una breve ricognizione storica
sull’evoluzione del cinema belga che ne mettesse in luce peculiarità e contraddizioni
riassumibili in quattro punti fondamentali: assenza pressoché totale di lungometraggi,
predominanza del cortometraggio sperimentale e documentario, assenza di infrastrutture
produttive, assenza di una politica statale di finanziamento del cinema.
Da questo quadro emerge una tensione che attraversa tutto il cinema belga: la ricerca costante
di un'identità culturale.
La situazione fin qui descritta cambia completamente agli inizi degli anni ’60.
In questo periodo lato lo stato (e la televisione) cominciano ad interessarsi attivamente del
cinema occupandosi sia dei problemi inerenti il suo finanziamento, sia cercando di dare vita
ad una regolare produzione nazionale di lungometraggi e, contemporaneamente, tramite
l’azione di un gruppo di intellettuali, nascono la Cinémathèque Royale de Belgique con
l’annesso Musée du cinéma ed una serie di scuole di cinema, prima tra tutte l’I.N.S.A.S.
(Institut National Supérieur des Arts du Spectacle).
André Delvaux è direttamente coinvolto in queste creazioni, accompagna al pianoforte le
proiezioni di film muti che si svolgono al Musée du cinéma ed è tra i primi ad introdurre lo
studio del cinema nelle scuole, sia tramite la sua attività di professore al Liceo, sia tramite i
corsi che tiene all’I.N.S.A.S.
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Infine abbiamo ritenuto opportuno fornire alcuni cenni sia sulla pedagogia del regista, sia
sulle opere da lui girate in questi anni.
La seconda parte di questa tesi fornisce un quadro generale delle posizioni critiche sull’opera
del regista, mettendo in luce, anche tramite una serie di esempi, quelle che sono le sue costanti
stilistiche ed estetiche; in particolar modo ci soffermiamo sul concetto di “realismo magico” e
sulla struttura del rito iniziatico ad esso connesso e sul concetto freudiano di “perturbante”
che gli studiosi Agel e Marty utilizzano come chiave di lettura del cinema di Delvaux,
fornendo un excursus storico e teorico per ognuno di tali termini.
Giungiamo così a L’homme au crâne rasé (1966) del quale prima analizziamo le questioni
inerenti il problema dell’adattamento del romanzo, e poi le varie sequenze.
L'homme au crâne rasé è il primo film di quella che possiamo una quadrilogia
1
, nella quale,
in modo diverso e con esiti differenti, vengono esplorati i territori del realismo magico.
Abbiamo scelto di analizzare il primo di questi film perché, com’è spesso tipico di un esordio,
esso presenta “allo stato grezzo” molte delle costanti stilistiche ed estetiche del cinema di
Delvaux.
L'intento è stato quello di (di)mostrare in cosa consiste questo misterioso “realismo magico”,
quali sono i mezzi utilizzati dall’autore affinché lo spettatore si chieda sempre se ciò che ha
visto è “reale” oppure no, quale forma assumono concetti come “mise en abyme, struttura a
specchio, circolazione degli oggetti), quale è il rapporto tra la vicenda del protagonista e la
struttura del rito iniziatico, quale è il lavoro compiuto sulla bande son , quale è il ruolo del
primo piano nel film, come si articola il discorso su quelle figure che rappresentano un doppio
del protagonista, quali sono i risvolti psicologici della vicenda, che ruolo ha la figura
femminile nel film… e soprattutto quale è la vera funzione dell’enunciazione.
1
Gli altri film che la compongono sono: Un soir, un train (1968), Rendez-vous à Bray (1971) e Belle
(1973).
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L’ultimo capitolo della tesi è dedicato a Met Dieric Bouts (1975), documentario che segue
l'insuccesso di Belle e col quale possiamo definire concluso il primo periodo della filmografia
di Delvaux (non è un caso che l’unico dei suoi successivi film per il quale abbia ancora un
senso parlare di realismo magico sia Benvenuta de 1983); Met Dieric Bouts ci “costringe”
non solo a confrontarci col genere documentario ma anche con l’annosa questione del
realismo al cinema.
Siamo dinanzi ad un film-saggio, nel quale tutto è trattato come pura forma e pura fonte di
bellezza, un’opera nella quale tornano, in veste nuova, tutte le ossessioni di Delvaux ed il cui
significato più profondo risiede nell'analisi del rapporto che intercorre tra l'arte e la società;
ovvero come trovare una giusta compensazione a quei condizionamenti sociali, economici,
ideologici ecc. ecc. che determinano l’operare stesso di un artista, sia esso un cineasta o un
pittore, al di là delle epoche storiche nelle quali vivono.
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Biografia.
André Delvaux nasce a Louvain il 21 Marzo 1926; nel 1931 suo padre si trasferisce nel
quartiere di Schaerbeek a Bruxelles: "L'enfant dans ses premières années -ricorda Delvaux- ne
parle qu'un patois obscure qu'on le force à remplacer par un français d'école dont il ne
comprend pas un mot. Il pleure beaucoup"
2
.
L'identità bilingue e pluriculturale del regista Delvaux è un elemento fondamentale della sua
vita come della sua opera; in un paese attraversato da forti tensioni (si pensi alle
"manifestazioni linguistiche" del 1968 cui farà cenno nel 1968 Delvaux in Un soir, un train),
egli non rinuncerà mai né alla sua parte fiamminga né a quella francofona, attingendo
elementi da entrambe le culture.
Terminati gli studi secondari, nel 1943 il futuro regista si vede sbarrate le porte dell'Université
Libre de Bruxelles (U.L.B.) che, rifiutando ogni forma di collaborazionismo ha chiuso.
Per evitare la deportazione nei campi di lavoro, si inscrive ad una classe di retorica in
fiammingo all'Athénée di Bruxelles; nel frattempo prosegue i corsi di pianoforte e si iscrive al
corso di armonia del Conservatoire Royal de Bruxelles e nel 1948 finiti gli studi di filologia
germanica diviene professore di fiammingo ed inglese all'Athénée di Schaerbeek.
In quegli anni tesse contatti sia con gli ambienti fiamminghi che con quelli francofoni,
comincia a frequentare l'Écran du Séminaire des Arts, il futuro Musée du cinéma e come
Julien in Rendez-vous à Bray comincia ad accompagnare al pianoforte i film muti.
Nel 1953 realizza il suo primo cortometraggio: Forges insieme a Jean Brismée;
successivamente comincia ad organizzare corsi di cinema all'Ateneo Fernard Blum di
Schaerbeek e gira alcuni cortometraggi insieme agli studenti (Nous étions treize nel 1956,
Two summer days nel 1959 in collaborazione col King's College, Yves boit du lait nel 1960).
2
Delvaux, André: Je viens de rêver que je m'éveille, in AA.VV.: André Delvaux, édité par Adolphe
Nysenholc. Revue de l'Université de Bruxelles, 1994, Bruxelles. p. 9.
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È tra i "responsabili" dei colloqui sul linguaggio cinematografico che si tengono, grazie a
Raymond Ravar, presso l'Istituto di Sociologia dell'U.L.B. dai quali, sarà proprio da questo
gruppo di amanti del cinema che nascerà l'I.N.S.A.S (Institut National Supérieur des Arts du
Spectacle) oggi considerata tra le migliori scuole al mondo per apprendere il mestiere del
cinema: "Entre 1955 et 1965, -ricorda il regista- il n'y avait pas d'école en Belgique (…), la
seule voie ouverte pour les Belges était celle, traditionnelle, de l'assistanat ou de l'introduction
dans des équipes constituées pour tel ou tel film, en général à l'étranger (…). Il n'y avait, par
exemple, pas de chef opérateur (…). la même chose pour le son"
3
.
Contemporaneamente all’azione svolta in campo culturale, il Belgio conosce una vera e
propria rivoluzione per quanto concerne le modalità produttive di lungometraggi:, lo Stato
comincia i primi deboli tentativi di finanziamento pubblico alla settima arte ed anche la
televisione muove i primi passi nel campo della produzione.
Delvaux svolge i suoi anni di apprendistato realizzando soprattutto documentari, reportages e
trasmissioni per la televisione; tra il 1960 ed il 1964 realizza per la R.T.B. (la
Radiotelevisione nazionale belga di lingua francofona): Fellini (1960), quattro programmi
dedicati al regista; Jean Rouch (1962), cinque trasmissioni sul regista realizzate in
collaborazione con Jean Brismée e il reportage in nove parti Cinéma polonais (1964); durante
la realizzazione di quest’ultimo conosce Ghislain Cloquet (caméraman) e Antoine Bonfanti
(ingénieur du son), suoi futuri collaboratori.
Sarà invece la B.R.T. (Radiotelevisione nazionale di lingua fiamminga) a permettere a
Delvaux di esordire nel lungometraggio, un miraggio per generazioni di registi; nel 1965 esce
sugli schermi De man die zijn haar kort liet knippen (L'homme au crane rasé).
3
Delvaux, André: De la formation à la production, rencontre avec les étudiants de l'Université Libre
de Bruxelles, propos recueillis par Adolphe Nysenholc, Caroline De Bernard et Caroline Petit. Revue
de l'institut de sociologie, n° 3-4, 1988. p. 365-373. Ripreso in AA.VV.: André Delvaux, cit., p. 25.
15
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Il film, girato in fiammingo, tratto da un romanzo di Johan Daisne e finanziato dalla
televisione fiamminga (nonostante che parte dell’équipe sia francese) conoscerà i primi
successi all’estero: "Godard fait une grande intervention à Pesaro en Italie, et quelque chose
se met en marche".
4
Nel 1968 Delvaux decide di affrontare direttamente la questione culturale e realizza Un soir,
un train tratto da De trein, der traagheid ancora di Daisne.
A causa della trama; il protagonista del film, Mathias, è un professore di linguistica
nell'Università di Louvain, scossa dalle "manifestazioni linguistiche"; sia la comunità francese
sia quella fiamminga rifiutano qualsiasi forma di aiuto finanziario; in soccorso di Delvaux
interviene nuovamente la Francia: Mag Bogard produce il film, "imponendo" Yves Montand e
Anouk Aimée, mentre la distribuzione viene presa dalla Twentieth Century Fox.
Siamo nel 1968 e la Fox in seguito alle manifestazioni pacifiste che infiammano l'Europa
decide di ritirare tutti i suoi film dalle competizioni europee, Un soir un train non verrà
presentato in nessun festival.
È allora che Delvaux comincia a pensare a Belle che vedrà la luce cinque anni dopo nel 73.
In seguito al rifiuto di Mag Bodard di produrre il film, Delvaux decide per un adattamento di
Le roi Cophétua di Julien Gracq: Rendez-vous à Bray (1971).
Dopo alcuni progetti non giunti a buon fine, tra cui Karl et Anna e la realizzazione di Le
collier de Sybilla (di cui esiste la sceneggiatura) rocambolesca avventura di Arsène Lupin
(sarebbe stato l'unico film d'avventura del regista), il cordone ombelicale con le letture amate
si spezza nel 1973, quando finalmente Delvaux riesce a realizzare l’agognato progetto di Belle
che rimarrà l’unica sceneggiatura scritta dal regista in perfetta solitudine.
Con Belle sembra esaurirsi il periodo del “realismo magico”, Delvaux, deluso
dall’accoglienza fredda riservata alla sua ultima opera, accetta di tornare a girare per la
televisione.
4
Idem, p. 27
16
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Nel 1975 la B.R.T. commissiona al cineasta la realizzazione di un mediometraggio in
occasione del cinquecentenario della nascita del pittore Dieric Bouts.
Met Dieric Bouts, realizzato con Ivo Michiels e catalogato frettolosamente sotto la comoda
etichetta di "documentario sull’arte" è una delle opere più radicali e sperimentali della carriera
del regista, una riflessione estetica e teorica sul senso stesso dell’arte.
Nel 1979, nuovamente con Michiels, Delvaux realizza il lungometraggio Een vrouw tussen
hond en wolf (Femme entre chien et loup).
Il film, ambientato ad Anversa durante la seconda guerra mondiale, tratta dell'argomento tabù
del collaborazionismo col nazismo di una parte della popolazione belga (soprattutto quella
fiamminga); nel cast del film troviamo Marie-Christine Barrault che, successivamente
impegnata in un film di Woody Allen, produrrà e permetterà a Delvaux di realizzare To
Woody Allen, from Europe with love, reportage sul regista impegnato nelle riprese di Stardust
memories.
Nel 1983, Delvaux realizza Benvenuta, adattamento del libro di Suzanne Lilar La confession
anonyme.
Dopo il fallimento del progetto di realizzare una versione di Pelléas et Mélisande di Claude
Debussy e Maurice Maeterlinck in ambienti naturali (bisogna ricordare che nel 1980 Joseph
Losey aveva già tentato un simile esperimento con il suo Don Giovanni), nel 1985 il regista
realizza Babel Opéra: "Une rêverie, dans la forme d'une comédie musicale autour de Don
Giovanni de Mozart. À l'Opéra National (Théâtre Royal de la Monnaie), des chanteurs et une
orchestre répètent sous la direction de Sylvain Cambreling, pendant que Karl-Ernst Herrman
prépare sa mise en scène. Autour d'eux gravitent des personnages imaginaires (ou presque)
qui épousent, comme en un miroir, les situations de l'opéra (…). On y parle plusieurs langues,
comme dans Babel, -comme en Belgique".
5
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Riassunto ad opera di Delvaux in; AA.VV.: André Delvaux, cit., p. 315.
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Infine nel 1988 Delvaux riesce a portare a termine il progetto di trasposizione de L’œuvre au
noir di Marguerite Yourcenar a cui pensa dal 1981 (il 26 febbraio 1982, tramite le edizioni
Gallimard, aveva spedito a Philippe Dussart una lettera destinata alla Yourcenar.
"En quoi L'œuvre au noir me touche-t-elle ? J'y lis d'abord, comme en un miroir, notre propre
histoire. A la fin de la guerre, je sortais de l'adolescence. J'étais flamand. Université Libre de
Bruxelles, libre pensée, libre examen".
6
Il film, definito da Nysenholc: "un rêve sur le roman" viene presentato a Cannes nel 1988.
Prima di dichiarare conclusa la sua attività cinematografica, Delvaux realizzerà ancora un
ultimo cortometraggio 1.001 films (1989), omaggio all’amico Jacques Ledoux (fondatore
della Cinémathèque Royale de Belgique).
6
Borgomano Laure et Nysenholc, Adolphe: André Delvaux L'œuvre au noir. Un œuvre, un film,
préface de Luc Honorez, Éditions Labor Méridiens Klincksieck, Bruxelles, 1988. p.115. Lettera di
André Delvaux a Philippe Dussart, 26 Febbraio 1982.
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Prima parte: André Delvaux. 1926-1965.
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L'infanzia.
"L'enfance pour moi elle est essentielle, est très importante, elle a un pois considérable
parce que je n'ai jamais fait de cinéma comme on fait de pâté à gras,
comme on fait de football.
Le cinéma est un langage d'expression personnelle,
je n'ai jamais considéré ca comme autre chose,
je n'ai jamais voulu être un cinéaste qui fait du cinéma, ce n'est pas ca"
7
.
1) Bilinguismo e religione: alcune caratteristiche culturali.
Alla semplice e vaga domanda: "Potreste parlare un poco della vostra infanzia ?", Delvaux
risponde con una frase che potrebbe essere interpretata come una perentoria dichiarazione
estetica.
Il suo cinema appare profondamente influenzato dall'infanzia; alcune delle immagini preferite
dal cineasta possono sembrare la trasfigurazione dei ricordi di quest'epoca, un esempio ce lo
dà l'autore stesso quando ricorda: "J'allais voir le train avec mon grand-père. Quand les
locomotives passaient sur le pont il y avait une large fumé et on était complètement pris par le
fumé"; anche se poi ci avverte del pericolo intrinseco in un analisi strettamente biografica del
suo cinema aggiungendo: " Si ça explique beaucoup de choses je ne sais pas. En tous cas il y a
de préférences. D'ailleurs mes jouets ont été presque toujours des trains".
Tuttavia, il richiamo continuo alla "belgitude" dell'autore, e la particolare evoluzione che
sconvolge il Belgio negli anni '60; impongono una riflessione sui primi anni di vita del
regista.
7
Dichiarazione di Delvaux, conversazione del 15 febbraio 2000. Salvo diversa indicazione le citazioni
tra virgolette sono da intendersi come altrettante "dichiarazioni" dell’autore tratte dalla medesima
conversazione.
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André Delvaux nasce a Lovanio, zona fiamminga del Belgio: " La chose qui c’était essentiel
est que mes parents étaient flamands. Mon père était de Louvain et ce n'était pas le Louvain
universitaire, c’était le Louvain populaire" da una famiglia della "petite bourgeoisie, le milieu
qui évoluait de la partie populaire vers la petite bourgeoisie qui est devenue alors bourgeoisie
intellectuelle".
La lingua che Delvaux parla nei primi anni è il fiammingo: "Le dialecte de Louvain c’est très
différent du néerlandais, ca veut dire que si je parle le dialecte de Louvain avec un néerlandais
il ne me comprend pas" Bisogna ricordare che il Belgio, storicamente, è diviso in due zone
principali; una in cui domina il francese ed una in cui domina il fiammingo: "Au milieu du
seizième siècle (…), toutes les régions néerlandophones ont été rassemblées. Elles forment les
Provinces-Unies dont le Brabant était le centre. En 1585 la ville d'Anvers perdait sa primauté
causant ainsi la déchirure du territoire en une partie septentrional (qui est devenue
approximativement l’actuel Pays-Bas) et une partie méridionale (qui correspond plus ou
moins au territoire flamand). Le lien culturel qui réunissait ces deux parties a été brisé. La
partie septentrionale a connu une période de haute conjoncture tandis que la partie
méridionale a été paralysée et a commencé à dépérir. Les intellectuels flamands persistaient à
parler la langue française et le peuple continuait à se servir de son dialecte"
8
.
Questa situazione muterà profondamente negli anni ’60 quando si farà sempre più pressante la
rivendicazione linguistica che più tardi porterà alla scissione tra le due comunità (Delvaux
tratterà il tema in Un soir, un train ricordando le manifestazioni fiamminghe che portarono
allo smembramento dell’università di Lovanio).
8
Mollet, Nathalie: L'oeuvre d’André Delvaux (à partir de Johan Daisne et avec Ivo Michiels),
Mémoire présenté sous la direction du Prof. A. Nysenholc en vue de l'obtention du titre de licenciée en
Information et Communication, orientation Ecriture et analyse cinématographique. Université Libre de
Bruxelles, Faculté de Philosophie et Lettres, année académique 1997-1998. Nota 1 p. 38.
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21
Ciò che manca nella zona fiamminga del paese, dato anche il secolare uso del francese da
parte delle fasce più colte e benestanti, è una lingua nazionale; viene così creato l’Algemeen
Beschaafd.
La conseguenza, per Delvaux, è che quando nel 1930 suo padre si trasferisce a Bruxelles uno
dei primi problemi sarà proprio l'inserimento linguistico; il regista infatti apprenderà il
francese a scuola: "J’ai appris le français, à l’école (…). En plus à l’école on apprenait deux
langues: le français et le flamand, mais le flamand qu’on appelle néerlandais, donc le flamand
cultivé"; lingua che, sarà poi legata alla scoperta della letteratura.
Le Fiandre e la zona francofona sono divise anche dalla religione e dalle idee politiche; la
zona fiamminga è legata al cattolicesimo e a posizioni mentre quella francofona è atea ed ha
tendenze liberal-socialiste.
Nella biografia di Delvaux, ancora una volta, il passaggio da una realtà all'altra è
esemplificato dalla figura paterna: "En effet mes grands-parents et ma mère étaient
catholique, mais mon père, qui était devenu intellectuel ; il était instituteur, quand il est entré
en contact à Bruxelles avec les milieux francophone est entré en contact avec les milieux
laïques et a cessé très vite d’être catholique, il voulait être laïque (…). Il a voulu faire des
études universitaires de pédagogie et il est devenu un disciple de Ovide Decroly
9
(…). Donc
mon père est devenu laïque à la façon de Decroly et à la façon de l’université de Bruxelles".
Nonostante ciò l'evoluzione politica del Belgio che pure conoscerà momenti di grande
tensione fu vissuta da Delvaux senza grandi traumi o lacerazioni: "J'ai vécu ça mais pas de
manière violente parce que je n'appartenais pas à un milieu qui vivait ça de manière violente,
je n'appartenais pas à un milieu populaire et révolutionnaire"; "Je n'ai jamais été endoctriné
comme on dit. Je n'ai jamais eu derrière moi une doctrine.
9
Ovide Decroly, pedagogo (Renaix 1871- Bruxelles 1932) Diplomato in medicina si specializza in
neuropsichiatria a Parigi e a Berlino, rientrato a Bruxelles crea nel 1901 una prima scuola per bambini
anormali e nel 1907 l'Ecole de l'Ermitage.
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On m'a laissé toujours libre de faire mes propres choix. Ça c'est une chose emportante de
l'enfance. Je n'ai jamais été moi-même doctrinaire ni fanatique. Je crois que cela vient de là,
que j'essaie toujours de comprendre les diffèrent oppositions entre les choses et les êtres et de
les accepter".
L'educazione in un ambiente borghese intellettuale che rifiuta ogni indottrinamento di sorta
determinerà le future caratteristiche del cineasta ; come nota Sojcher: "Delvaux est un cas
particulier. Même s'il réalisera quelques-uns de ses premiers films pour la RTB, il n'en resta
pas moins situé entre les deux cultures du pays"
10
.
10
Sojcher, Frédéric: La kermesse héroïque du cinéma belge Tome I. Des documentaires et des farces
1896-1965, L'Harnattan, Paris, 1999. p. 66.