3
INTRODUZIONE
L ’ a na l i s i del rapporto che legò Verga al cinema non può prescindere dallo studio del
periodo storico, politico e letterario in cui lo scrittore visse e si formò. Giovanni Verga
è stato uno dei più grandi narratori de ll ’ Ot to c e n to poiché, attraverso il suo modo di
concepire la narrazione in maniera impersonale, diede origine al romanzo moderno.
Per la maggior parte della sua produzione letteraria, da l l ’ a de s i o ne al verismo in poi,
Verga adottò un punto di vista narrativo dal basso, coincidente con quello dei
personaggi. L ’ i m p e r s o n a li t à verghiana rappresentò, quindi, una vera e propria
rivoluzione stilistica rispetto al passato, in particolare rispetto al modello ineludibile di
Manzoni, nel cui romanzo la narrazione è condotta da un narratore onnisciente che
raccontava i personaggi e le vicende; viceversa in Verga tale figura scompare e
“ l ’ o pe r a d’ a r t e deve sembrare essersi fatta da sé, senza serbare alcun punto di contatto
col suo autore, alcuna macchia del peccato d’ or i g i ne ”
1
. Vi è, dunque, una totale
rinuncia da parte de l l ’ a uto r e che non manifesta più i propri sentimenti e le proprie
ideologie ma incarna totalmente l’ o r iz z o nt e culturale, l ’ o tt i c a narrativa e il linguaggio
dei suoi personaggi.
Verga, per la prima volta nella storia della letteratura italiana, presta la voce a soggetti
marginali e li rende protagonisti, lo strato sociale subalterno non è più visto con
distacco paternalistico né giudicato, bensì il suo punto di vista diventa il punto di vista
privilegiato del racconto.
1
Giuseppe Petronio, La nuova attività letteraria in Italia, storia della letteratura italiana, ed. G.B.
Palumbo Editore, Palermo, 2000, p. 400.
4
Al centro della narrazione vi è un mondo fino ad allora per la gran parte estromesso
dalla letteratura, quello delle masse dei poveri lavoratori, della loro vita quotidiana
fatta di miseria e di espedienti per tirare a campare e per accumulare la roba.
La coraggiosa scelta stilistica di Verga scaturì da una crisi storica, poiché egli
rappresentò uno degli ultimi scrittori appartenenti alla generazione del romanticismo
risorgimentale e ne visse le contraddizioni. Il protagonismo ideologico degli
intellettuali, tipico de l l ’ e t à romantica, fu totalmente soppiantato n e l l ’ e po c a della
nuova Italia in cui predominarono interesse economico e potere bancario e industriale.
Proprio in questo periodo Verga scelse di avvicinarsi al verismo, in concomitanza e su
sollecitazione de l l ’ e s pe r i e n z a naturalista francese, e scelse di raccontare sì ma
attraverso il metodo della documentazione scientifica, estraniandosi quindi dalla
vicenda e facendo parlare i personaggi.
5
Capitolo 1:
VERGA E IL SUO TEMPO
1 LA FORMAZIONE GIOVANILE: TRA FIRENZE E MILANO
Verga nacque a Catania il 2 settembre del 1840, in una famiglia di proprietari terrieri
con antiche discendenze nobiliari. Compiuti gli studi primari presso la scuola di
Francesco Carrara, proseguì quelli secondari alla scuola di don Antonino Abate,
scrittore, appassionato patriota e repubblicano, dal quale assorbì il gusto letterario
romantico e l’ a mo r e per la patria.
Il 1860 fu per la Sicilia un anno caratterizzato da sommosse popolari per la mancata
attuazione delle promesse fatte da Garibaldi come l’ a bo l i z io ne del dazio sul macinato
e, in particolare nella provincia catanese, si assistette alla violenta reazione dei
contadini che saccheggiarono le terre. Solo Nino Bixio riuscì, con la forza, a riportare
l’o r d ine e Verga rimase impressionato dalla violenza delle proteste e delle conseguenti
repressioni, tanto da descriverle anche in alcune novelle. Non si può prescindere,
parlando di Verga, dal ricordare gli anni della sua formazione presso la scuola di
Antonino Abate, il quale, legato al purismo toscano, non seppe proporre modelli
linguistici alternativi ai propri discenti, “ L ’ e duc a z i o n e linguistica nella Sicilia del
secondo Ottocento si articolava, senza laceranti divisioni ma anzi con ambigue
mescidanze, tra fiorentinismo manzonista e strascichi di toscanismo purista. Il
modello di lingua viva proposto da Manzoni si contemperava con il toscano
6
cinquecentesco di commedie ed epistolari, o addirittura con quello trecentesco, con
risultati stridenti nella pratica linguistica ( …) ”
2
.
Verga si accorse, non subito, quanto poco offriva di nuovo il maestro Abate per il suo
arricchimento culturale, soprattutto quanto il docente contaminasse il pensiero degli
alunni con le sue ideologie politiche, anche attraverso la scelta dei libri da leggere. Le
contrapposizioni col Maestro si fecero evidenti durante l’ a r r i vo delle truppe
garibaldine in Sicilia. Verga e Abate si schierarono su due fronti opposti, il primo
prese parte a quelle giornate di liberazione di Catania dalla truppe borboniche, il
maestro, invece, si astenne dalle battaglie, ritenendole un inutile spargimento di
sangue. Da qui in poi, nel decennio dal 1850 al 1860, in Verga iniziò a maturare l ’ i de a
che l ’ im po r t a n z a linguistica de l l ’ i t a li a n o , idioma indispensabile sia per lo scambio
comunicativo al l ’ i n te r n o della nuova Nazione, sia per la narrazione, non poteva,
ancora, legarsi alla scuola di Antonino Abate.
Dalla biblioteca di Giovanni Verga, ancora conservata nella sua casa di via
S a n t ’ Ann a a Catania, si evince che egli, sulla base dei volumi ritrovati come il Nuovo
dizionario dei sinonimi di Niccolo Tommaseo (1830), Saggio intorno ai sinonimi
della lingua italiana di Giuseppe Grassi(di cui Verga possedeva l’ e d iz i o ne del 1856),
e Istituzioni di rettorica e belle lettere tratte dalle lezioni di Ugo Blair dal padre
Francesco Soave, (di cui Verga possedeva l’e d iz i o ne del 1850) scrisse i suoi primi
romanzi storici.
2
Gabriella Alfieri, La Sicilia, in L ’i t al i ano nelle regioni. Lingua nazionale e identità regionali, a cura
di F. Bruni, Utet, Torino, 1992, pp.798-860, p. 835-836.
7
Egli aveva 20 anni quando assistette all ’ im pr e s a dei Mille di Garibaldi e tale evento
rimase scolpito nella sua memoria per tutta la vita, tanto che l ’ a ut or e conservò intatti
quei valori propri de l l ’ u ni t à nazionale e de l l ’ i de a l e risorgimentale.
I temi patriottici intrisi di passione politica furono, infatti, al centro delle sue opere
giovanili Amore e Patria e I Carbonari della montagna rispettivamente del 1861 e
1862; con queste due opere però, proprio per il tema storico, Verga dimostra le
condizioni di arretratezza in cui svolge il proprio apprendistato letterario, visto che in
Italia, tra il 1855 e il 1865, era in corso un ampio dibattito sul romanzo, genere sempre
più sganciato dalla tipologia del romanzo storico e ricondotto piuttosto n e l l ’ a l ve o
de l l ’ e p i c a borghese, ovvero come modo di raccontare l’e t à contemporanea. Verga si
adeguò presto ai dettami letterari del periodo in questione con il romanzo Sulle lagune
del 1863, ambientato a Venezia nel 1861 in cui lo sfondo delle vicende raccontate era
se non il presente, il recentissimo passato.
Ne l l ’ o pe r a successiva l ’ a ut or e si allontanò dalle tematiche precedenti e con Una
peccatrice del 1866 si dedicò a “ f o r ni r e al libro un taglio m o de r n o ” .
3
Tale intenzione
fu espressa nel prologo “c i si propone di addentrarsi con scientifico rigore nei misteri
del cuore, di rendere con obiettività rappresentativa una storia vera, un dramma intimo
di amore e mo r t e ” .
4
3
Irene Gambacorti, Verga a Firenze. Nel laboratorio della Storia di una capinera, quaderni Aldo
Palazzeschi, ed. Le Lettere 1994, Firenze, 1994, p. 14.
4
Irene Gambacorti, Verga a Firenze. Nel laboratorio della storia di una capinera, p.14, cit G. Verga,
Una peccatrice, crf. G. Verga, a cura di G. Tellini ed Mursia, Milano, 1990 pp.32-33. L ’e s c l a m a z i o n e
”I Misteri del c uo r e ” chiude il romanzo p.142.
8
1.1 VERGA A FIRENZE
“F i r e n ze è davvero il centro della vita politica e intellettuale d’ I t a l i a : qui si vive in
un’ a l t r a atmosfera, di cui non potrebbe farsi alcuna idea chi non l ’ a ve s s e provato, e
per diventare qualche cosa bisogna vivere al contatto di quelle illustrazioni, vivere in
mezzo a questo movimento incessante, farsi conoscere, respirarne l’a r ia , inso mma ” .
5
Così scriveva il giovane autore al fratello Mario. Nel suo quasi quotidiano carteggio
con la famiglia, Verga descriveva il trasferimento nella città fiorentina come
necessario per la sua riuscita in ambito letterario e, in effetti, a contatto con la nuova
realtà egli iniziò a maturare scelte diverse a livello compositivo. Verga giunse a
Firenze, per alcuni mesi, nel 1865, , poi, nel 1869, con il suo trasferimento, egli strinse
rapporti con alcuni amici catanesi, già residenti nella città che, fino al 1871, fu
capitale d’ I t a l i a . Proprio queste amicizie offrirono a l l ’ a ut o r e la possibilità di
frequentare salotti letterari45, rendendolo noto prima ad alcuni ambienti intellettuali
fiorentini e poi, grazie a l l ’ i n t e r c e s s i o ne e alle ottime recensioni dello scrittore
romantico Francesco Da l l ’ O n ga r o , a un vasto pubblico. Da l l ’ O n ga r o prese a cuore
Verga e la sua scrittura e lo introdusse nei vari circoli letterari della città dove l ’ a uto r e
catanese ottenne grande stima, tanto da farlo arrivare a pubblicare con importanti
editori de l l ’ e po c a .
Verga rimase affascinato dalla letteratura filantropico-sociale di Caterina Percoto e
dalla poesia tardoromantica di Prati e Aleardi. “Calma, studio, verità psicologica,
efficace semplicità, è lo stile che il nuovo gusto richiede a Firenze: a questi obiettivi
5
G. Verga al fratello Mario,7 maggio 1869, in Lettere sparse, pp.10-11 cit. in Irene Gambacorti, Verga
a Firenze. Nel laboratorio della storia di una capinera,p. 30.
9
Verga cerca di orientarsi, fatta alfine diretta esperienza de l l ’ a m b i e n t e culturale della
capitale, con la scrittura della Capinera ”.
6
La città di Firenze per l ’ a ut or e siciliano rappresentò, a tutti gli effetti, un investimento
per il suo futuro. “ Ve r ga vuole fare lo scrittore, Firenze deve fornirgliene le concrete
possibilità in termini di arricchimento e aggiornamento tecnico e intellettuale, come in
termini pratici, con l ’ o ppor t uni t à di vivere del proprio la vo r o ”.
7
Nei romanzi composti durante il soggiorno fiorentino erano confluiti elementi diversi:
da un lato vi era un lirismo autobiografico, mirante a raccontare storie fortemente
emotive (come la monacazione forzata delle ragazze) che, pur non essendo vissute in
prima persona da l l ’ a ut or e , avevano insiti sentimenti provati sulla propria pelle (Storia
di una capinera, ma anche Eva o Tigre reale che pur essendo stati scritti
successivamente quando ormai Verga frequenta piuttosto Milano, fanno riferimento al
soggiorno fiorentino), da l l ’ a l t r o Verga voleva compiere u n ’ a na l i s i della società
contemporanea, soprattutto dei ceti più elevati, rivelandone le beghe sentimentali e gli
inganni convenzionali.
Giunto a Firenze egli dimostrò di avere interesse anche per la produzione teatrale. Fu
proprio su questo genere che l ’ a uto r e puntò nel tentativo di affermarsi e lo fece
attraverso una commedia, pubblicata postuma, nel 1928, ma scritta proprio nel
soggiorno fiorentino del 1869, dal titolo Rose Caduche. Attorno alla scrittura di tale
opera le lettere de l l ’ a ut or e testimoniano molte insicurezze da parte di Verga che,
sebbene avesse in mente di farla mettere in scena a Catania dal capocomico Salvini,
volle prima sottoporla agli amici fiorentini più stretti, per averne un parere. Ciò che
6
Irene Gambacorti, Verga a Firenze. Nel laboratorio della storia di una capinera, pp.16-17.
7
Irene Gambacorti, Verga a Firenze. Nel laboratorio della storia di una capinera, p. 31.
10
Verga temeva era che la commedia fosse troppo distante dai gusti del pubblico del
Sud, ancora legato a un romanticismo imperante, ma ciò non lo fece desistere dal
comporre seguendo i canoni teatrali della capitale. Il giudizio, soprattutto quello di
Da l l ’ O n ga r o , che era anche presidente della commissione Drammatica Governativa,
fu positivo, perché vide n e ll ’ o pe r a di Verga un “l a v o r o che può competere con le
buone commedie fr a nc e s i” .
8
“L a Verità, cioè lo studio attento del cuore umano e della società contemporanea, e la
vita, che ne è la compiuta realizzazione artistica, sono ciò che si reclama dalla critica
fiorentina più avanzata. Anzi le spinte più forti al reale in campo letterario si hanno a
Firenze proprio nel teatro dove il fedele ritratto del vero tende a non scompaginarsi dal
fine morale, ma ad affermare la propria precedenza rispetto ad es s o ”
9
.
Proprio questa verità fu quella su cui Verga volle indagare e che pose alla base
de l l ’ o pe r a fiorentina che lo portò alla fama, ovvero Storia di una capinera, della quale
si parlerà con più attenzione nei capitoli terzo e quarto.
1.2 IL TRASFERIMENTO A MILANO
Nel 1872 Milano era la capitale letteraria d’ I t a l ia. Verga vi approdò con gli stessi
intenti che lo avevano condotto a Firenze, cioè entrare in contatto con le avanguardie
culturali d e l l ’ e po c a e trarne ispirazione per le sue opere, nonché introdursi in un
nuovo ambiente letterario dal quale era quasi completamente estraneo.
8
Irene Gambacorti, Verga a Firenze. Nel laboratorio della storia di una capinera, p. 100.
9
Irene Gambacorti, Verga a Firenze. Nel laboratorio della storia di una capinera, p. 95.
11
La città era in piena espansione, economica, industriale e culturale e il fermento si
percepiva ovunque. Quella nuova realtà che si presentava agli occhi di Verga gli
appariva lontana, e per tale motivo si ritrasse di fronte al capitalismo intraprendente e
innovativo, per rintanarsi n e ll ’ a m b i e n t e arcaico e feudale della sua Sicilia, che meglio
conosceva. “ Na s c e a questo punto nello scrittore il bisogno di risalire alle origini e
risuscitare le memorie pure della sua infanzia e riprender contatto con la sua te r r a ” .
10
Tra il ’ 75 e il ’ 76 il Parlamento promosse le prime inchieste in Sicilia delle quali si
occuparono Franchetti e Sonnino, e da l l ’ i s o l a arrivarono notizie sconfortanti sul
brigantaggio e sulle pessime condizioni di lavoro dei contadini e dei fanciulli nelle
zolfatare. Queste furono le vicende che, con tutta probabilità, ispirarono a Verga il
ritorno ai temi legati alla sua terra. Un mondo, quello descritto nelle novelle Jeli il
Pastore o Rosso Malpelo, lontano e immobile, fuori dalla storia.
L ’ a ut or e entrò, quindi, in contatto con la realtà della Scapigliatura e con alcuni
scrittori più rappresentativi di questa corrente letteraria come Boito, Praga e Gualdo,
con i quali strinse amicizia.
Nello stesso periodo Milano era anche la capitale economica del paese e Verga,
analizzando il comportamento della gente e i meccanismi economici, si convinse che
l’ e t à romantica si era conclusa, sopraffatta da una società in cui dominavano banche e
imprese industriali, come sottolineò nella premessa del romanzo Eva.
L’ i n t e n t o di molti letterati fu quello di trovare un nuovo modo di raccontare la realtà,
sociale, culturale ed economica che si stava formando nel Nord Italia proprio in quegli
10
Giovanni Garra Agosta, Verga fotografo, con uno scritto di Vincenzo Consolo, G. Maimone Editore,
Catania, 1991, p. 26.
12
anni, ponendo a stridente confronto della modernità nascente la realtà delle zone rurali
della nuova Italia.
Un primo avvicinamento al verismo avvenne in questo periodo con la novella Nedda
del 1874, ispirata alla narrativa filantropico-sociale.
Nel 1875 fu la volta di Tigre reale in cui è forte l’ i n f l u e nz a scapigliata, ed Eros con il
quale Verga tentò un primo approccio al romanzo di tipo oggettivo.
“C o n Eros la parabola della delusione romantica è completata. Verga è ormai
approdato a un realismo freddamente oggettivo, ma un po ’ squallido e scolorito. Solo
conquistando l ’ im pe r s o n a li t à del Verismo ( …) poteva tornare a mettere in scena,
attraverso personaggi rusticani, e in modo impersonale e del tutto oggettivo, il
dramma della propria generazione: una generazione che n e ll ’ I t a l i a delle “ B a nc h e e
delle Imprese i ndus t r i a l i ” aveva visto svanire i propri ideali e trionfare la legge
de l l ’ ut i l e e del più fo r t e ” .
11
Alla fine del 1877 arrivò a Milano anche un altro autore siciliano Luigi Capuana che,
insieme a Verga, Cameroni e Sacchetti, creò un gruppo di letterati che si prefiggevano
l ’ o bi e tt i v o di dare vita al romanzo moderno attraverso l ’ a de s i o n e al naturalismo
francese di Zola.
Ciò che Verga e Capuana intendevano fare, attraverso l ’ a de s i o n e alla corrente
filosofico-letteraria francese, era di descrivere la realtà rimanendo legati alla totale
oggettività. Nacque così la figura dello scrittore-scienziato, cui spettava il compito di
mostrare i legami tra l ’ uo m o e l’a mb ie nt e , i rapporti causa-effetto e i condizionamenti
naturali. “Coerentemente con tale impostazione, Verga, come facevano gli scienziati
11
Romano Luperini, Pietro Cataldi, Lidia Marchiani, La scrittura e l ’ i nt e r pr e t az i on e , storia e antologia
della letteratura italiana nel quadro della civiltà europea, Dal naturalismo alle avanguardie (1861-
1925) volume 5, tomo primo, ed. Palumbo, Palermo, 1998, p. 266.