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Da tutto questo, da una mattinata piena di caos e di dolore, nasce la mia riflessione sul
significato che l’uomo dà ai suoi simili.
L’uomo dovrebbe aver fiducia nell’uomo, trovare sostegno e aiuto nel suo simile, invece mi
trovo a dover spiegare ai miei figli, testimoni impotenti di quanto sta accadendo, che non è
così, che il rispetto è un’utopia?. Ci sono voluti mesi prima che smettessero di avere paura, di
svegliarsi di notte, di chiedermi perché è successo. E non solo per loro, anche per noi adulti è
difficile uscire da casa e non guardare dove abbiamo visto T. per l’ultima volta.
Non voglio apparire la disillusa che pensa che l’essere umano sia buono in toto e abbia uno
spirito nobile, ma mi sento in dovere di domandarmi come riusciamo a trasformarci in furie
assassine.
E’ difficile capire come, malgrado la violenza sia sempre più sfacciata, un “uomo”, inteso
come maschio, arrivi a pensare che la vita di un altro essere , di una donna, possa non contare
nulla; perché questo è accaduto, G. ha deciso di essere Dio, quel Dio che pregava tutte le
domeniche in chiesa, la frequentazione della cui chiesa gli ha permesso di mantenere
l'apparenza del “brav’uomo”, e lui, simile al Dio che decide della vita e della morte dei suoi
figli, ha scelto di punire T., togliendole l’unica cosa che non si può riavere: la vita.
Questo caso è come tanti altri casi, due settimane dopo in cronaca c’erano i dettagli di un
altro omicidio simile, un mese ancora un altro e così via, succederà ancora e ancora che una
donna non possa scegliere la sua vita perchè un uomo non vuole; ancora che, la
determinazione di una donna di sfuggire alle violenze, la costringa a vivere nella paura.
Come T. molte donne hanno il coraggio di scegliere di allontanarsi da ingiurie e improperi, da
violenze fisiche e psicologiche, e “dovrebbero” poterlo fare con la certezza che questa scelta
verrà rispettata e se così non fosse “devono” essere tutelate da chi è preposto alla sicurezza
dei cittadini.
Sono molte le donne che hanno pagato con la vita per aver OSATO !!! contrapporsi al proprio
uomo. In questo mondo di maschi che credono di essere il meglio, di maschilisti, di padri
padroni, come si permettono le donne di contrastare il loro “signore”, come possono solo
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pensare che non sia giusto prendere botte, essere rinchiuse in casa, essere trattate come
prostitute, essere esposte come un trofeo !!
La dignità di un essere umano è la sua forza di volontà, in suo intelletto che aspira al bene e al
giusto, e nel bene e nel giusto fonda il RISPETTO per il prossimo.
La prepotenza di alcuni uomini, unico stile di vita, è talmente preponderante che prevarica ogni
pensiero e determina, unica componente, le azioni furiose e violente; non c’è rispetto, non c’è
attenzione, ne ascolto, l’ignoranza più profonda, intesa come incapacità di percepirsi e
analizzare le proprie emozioni e i propri intenti, hanno portato G. a quanto e accaduto; non
c’è pentimento, non c’è pietà in lui, solo “orgoglio” per ciò che ha fatto.
Ho ricevuto uno scritto di G dal carcere qualche giorno dopo la sentenza che lo ha condannato
all’ ergastolo, uno scritto delirante nel quale incensava se stesso per tutto il bene che aveva
fatto alla “straniera”. Naturalmente non c’era accenno alcuno al male fatto, perché “lui” non
lo sa che lo ha fatto il male, perché rientra nella normalità della sua vita e del suo
comportamento. Non c’è segno di pentimento, ma solo una lunga sequela di frasi sconnesse,
che vorrebbero dimostrare tutta la bontà di questo individuo, bontà tradita dalla “puttana
ucraina”; e per una storia così, l’unico finale possibile per lui era l’eliminazione, ma forse è
meglio dire “l’annullamento”.
E’ così che si sentono le donne che “guardano”, che sopravvivono ad atti come questi, si
sentono come se per terra, accoltellate ci fossero loro, senza più speranza, senza più possibilità
di parlare, di fare, di essere. Ci si sente NULLA, è questo il valore che si dà all’essere umano ?
Per alcuni uomini, altri uomini non valgono niente, non “sono” niente.
E tutta l’analisi fatta nelle pagine successive, psicologica, corretta, razionale, precisa nel suo
tentativo di “spiegare”, non ci consola, non ci tranquillizza, non ci fa sentire più sicure, ci
indigna maggiormente perché se si consoce il “mostro” perché non lo si neutralizza prima che
la furia si scateni ?
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Introduzione.
Abbiamo la pessima abitudine nel nostro Paese di “inglesizzare” la vulgata comune, di
per sé il fenomeno è abbastanza naturale dato che la lingua è viva e si modella attraverso
influenze reciproche, cercare di cristallizzarla, come fanno i francesi, porta a volte a sfiorare il
ridicolo, si pensi al termine ordinateur ed alla sua eventuale traduzione letterale.
Il rischio, però, nell’utilizzo dei termini inglesi è duplice: da una parte si rischia
l’incomprensione concettuale del termine, dall’altra si rischia di “normalizzare” i concetti.
Se parliamo di criminologia bisogna essere accorti a definire comportamenti criminosi dandone
il giusto peso, altrimenti si rischia di pensare a reati come il “mobbing”, i “crime economics”
ecc. come concetti linguisticamente eleganti che perdono il loro reale stato di atto criminale nel
pensiero comune.
La violenza persecutoria psicologica e fisica agita contro le donne (nella stragrande
maggioranza dei casi) oggi viene definita “stalking”.
Termine elegante che racchiude un reato vile, agito contro vittime indifese che ancora la
legislazione italiana fatica a tutelare.
Mi propongo quindi di dare una definizione comprensibile e non troppo elegante del fenomeno:
“Il fenomeno dello stalking è riscontrabile quando una persona ne perseguita un’altra come
parte di un’investigazione o con intenti criminali; la segue o la molesta perché ne è
ossessionata”.
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Definirlo in questo modo mette perlomeno in evidenza la persecuzione e l’ossessione, genera
nella mente del lettore una dinamica per la quale la vittima ha la vita pervasa dall’ossessione
patologica di un’altra persona.
Allo stato attuale, anche sul piano concettuale il fenomeno rinvia ad una sindrome
comportamentale (sindrome delle molestie assillanti) dotata di riconoscibilità, il cui elemento
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Oxford English Dictionary
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unificante può individuarsi in una patologia della relazione e della comunicazione
interpersonale.
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Ciò che proveremo ad analizzare in questo lavoro è il fenomeno dello stalking in senso
etnografico.
Studiare un fenomeno sociale relativamente nuovo, o meglio “alla moda” come lo stalking o il
mobbing, richiederebbe l’analisi storica della società in cui nasce, la disamina di cambiamenti
sociali a livello macro, studi statistici che fotografino il fenomeno nella sua parte visibile:
denunce e procedimenti penali, e quella invisibile, casi non denunciati e quindi non censiti.
Daremo conoscenza del fenomeno sociale tra qualche anno, forse quando, un'altra “emergenza
mediatica” ne avrà già preso il posto con un termine più elegante e spendibile.
La ricerca etnografica ha uno stile differente, si pone l’obiettivo di analizzare in modo
approfondito un territorio di ricerca “micro”, spendendosi sul campo e cercare di raccontare le
dinamiche più intrinseche fornendo dati precisi e dettagliati per una ricerca ad ampio raggio.
Prenderemo in considerazione un caso di stalking consumatosi in un piccolo paese della
provincia del nord indagando da diverse prospettive i fatti, le persone coinvolte, il vissuto del
contesto sociale, i meccanismi instauratisi e le risposte legali.
Si utilizzeranno, per l’analisi del caso riferimenti di antropologia, sociologia e psicologia che
interagendo tra loro ci forniranno un’analisi criminologica dell’evento.
Si cercherà di fare un “profiling” della personalità dello stalker che non è generalizzabile a tutti
quanti commettono o commetteranno questo tipo di reato, ma che potrà darci almeno dei
termini di riferimento rispetto alla personalità criminale.
Si analizzerà il contesto sociale perché è un elemento fondante della strutturazione delle
caratteristiche della personalità e perché il contesto stesso se ne favorisce la formazione
fornisce anche delle risposte, stigmatizzanti o assoluzionistiche, ai fatti criminosi commessi da
un membro della proprio gruppo. In un piccolo paese questo è ancora più radicato che in una
grande città.
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Stalking e violenza alle donne forum associazione donne giuriste franco angeli cit. pag 36-37
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Perché un lavoro sullo stalking? Ritengo che sia importante che le storie di abuso che abbiano
ancora confini incerti nella tutela delle vittime debbano essere rese pubbliche non solo nella
forma mediatica, quando sono “calde”, ma vadano comprese a fondo per dare delle risposte di
tutela alle vittime stesse, che permettano alla magistratura di provvedere con leggi equilibrate e
agli specialisti: psichiatri, psicologi, medici ecc. di avere conoscenza del fenomeno e di
muoversi a curiosità per capire quali sono i meccanismi lavorando per la prevenzione e la difesa
dai reati.
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Capitolo 1
1.1 La storia di Tatiana.
Tatiana nasce nel 1965 in un piccolo paese dell’ucraina da una famiglia contadina.
La prima di tre sorelle è quella che si rivela più intelligente e volonterosa tanto che, la famiglia,
dopo il ciclo primario di scuole, decide di farla studiare da insegnante.
La scuola è lontana dal paese e Tatiana si deve trasferire dai nonni per essere più vicina alla
scuola. È un periodo felice della sua vita e, quando finalmente prende il diploma, decide di
trasferirsi in città a lavorare presso un asilo infantile; i bambini le piacciono ed il suo lavoro lo
svolge con competenza e puntualità.
All’età di venticinque anni conosce suo marito, un tenente dell’esercito appena costituito della
nuova Ucraina.
Petrov incarna quello che lei ha sempre cercato in un uomo, è deciso, bello, e intende far
carriera nell’esercito.
Petrov ha uno stipendio discreto e con il lavoro di Tatiana non se la passano male, anche se per
l’Est dell’Europa è un periodo difficile.
Dopo il primo anno di matrimonio nasce il primo figlio Dimitri e Tatiana essendo lontano dalla
famiglia d’origine come il marito lascia il lavoro per dedicarsi alla casa e al figlio.
Dopo i primi tre anni dalla nascita di Dimitri ecco arrivare, per Petrov, la prima opportunità per
mettersi in luce nell’esercito ma questo comporta trasferirsi presso una caserma piuttosto
lontano dalla casa coniugale.
Tatiana accetta il cambiamento con difficoltà anche perché non viene stabilito un tempo
determinato all’impegno di Petrov e tanto meno si profila l’opportunità di un
ricongiungimento famigliare.
La vita della coppia si trascina per quattro anni e Tatiana scopre di essere di nuovo incinta
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Dopo una licenza di Petrov. è felice anche se la preoccupano gli sbalzi d’umore delmarito,
nel poco tempo che trascorre a casa in licenza e il suo smodato consumo di alcool negli ultimi
tempi.
Dopo la nascita di Alioscia le cose precipitano, Petrov torna a casa sempre più
raramente e spesso si ubriaca insieme ai suoi commilitoni.
Dopo dodici anni di matrimonio Tatiana decide di divorziare.
La vita non è facile, torna al suo paese d’origine nella casa dei genitori e trova, nella
città vicina un posto come insegnante nella scuola materna statale; il suo stipendio,
l’assegno di mantenimento del marito e qualche lavoretto extra come donna delle
pulizie le bastano appena per tirare avanti: la situazione in ucraina non è facile per
nessuno.
In quel periodo suo padre si ammala di Alzheimer e Tatiana, insieme alle sue sorelle, si deve
prendere cura anche di lui.
Malgrado le difficoltà i suoi figli crescono bene e Dimitri, soprattutto, sembra assomigliare
tantissimo a suo padre, quando finisce il ciclo primario delle scuole decide di intraprendere la
carriera militare e si iscrive all’accademia.
Questo permette a Tatiana di avere un po’ più di respiro, infatti, l’accademia per Dimitri, oltre
che essere un collegio che lo ospita per tutta la settimana è anche la via per ritagliarsi un posto
nella società.
Anche Alioscia comincia a frequentare la scuola e questo permette a Tatiana di avere un poco
più di tempo per sé.
Sembra ora che le cose vadano meglio anche le sue sorelle nel frattempo si sono sposate e
le danno una mano nella cura di Alioscia e questo le permette di avere un po’ più di tempo
libero.
A Tatiana è sempre piaciuto ballare e così, dietro invito delle sorelle decide di prendere una sera
la settimana di svago.
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Non c’è molto nel loro paese, una piccola discoteca che apre il sabato sera ma che attira gente
da tutti i paesini limitrofi.
È qui che Tatiana fa la conoscenza di alcune sue coetanee di origine russa tra cui Irina, una
bellissima ragazza della sua età, con la quale stringe una profonda amicizia.
Irina ha una storia simile a Natalia, proviene da Mosca e conosce le abitudini della grande città.
Con Tatiana si diverte a inventare grandi progetti di emancipazione, di fuga da una realtà che a
entrambe appare grigia e senza futuro.
Sono sogni avventure che non si erano mai permesse di inventarsi concentrate com’erano sulle
loro responsabilità e sulla fatica di tirare avanti.
Sognano l’America, l’Europa ricca, si avventurano con la mente in progetti di fuga, di rivalsa di
benessere economico e sociale.
Ma sono solo i sogni del sabato sera e le settimane s’inanellano, una dopo l’altra, sempre
uguali.
Quell’ appuntamento del sabato diventa per entrambe vitale, è l’unica cosa che le fa ancora
sentire vive, padrone della loro vita, persone con sogni speranze, fiducia nel futuro.
Un sabato sera Irina è più eccitata del solito e racconta a Tatiana che ha conosciuto delle
persone che organizzano delle feste dove ci sono molti uomini stranieri; è una cosa innocente: si
balla si chiacchiera, si fa conoscenza con persone nuove e soprattutto con persone che
provengono dalla Germania, dall’Italia, dalla Spagna e qualcuno anche dagli Stati Uniti.
Un’amica di Irina sarebbe disposta a farle partecipare almeno per una volta a una serata.
Tatiana è perplessa, è a conoscenza del fatto che molti uomini scelgono, tramite riviste
specializzate oppure via internet, ragazze dell’Est Europeo come “escort” o peggio che ci sono
organizzazioni criminali che promettono un lavoro all’estero e poi sfruttano le ragazze come
prostitute sulle strade.
Ne parlano lei e Irina e quest’ultima la tranquillizza dicendole che conosce molto bene la
ragazza che organizza questo tipo di incontri e che è ben lontano dalla malavita organizzata.