3
“E’ proprio qui, in questa identificazione della sfera
del sensibile con quella della bellezza, e dell’idea di
bellezza con l’idea di arte, che è stato indicato uno
dei momenti fondamentali della costituzione della cul-
tura estetica e dell’estetica in quanto scienza moderna”.
3
Il vero atto di nascita dell’estetica comunque viene in genere fatto risalire alla
pubblicazione nel 1750, del primo volume di AESTHETICA di A.G. Baumgarten. Da
ora in poi il termine “ estetica” viene adoperato nel senso di “scientia cognitionis
sensitivae” che ha per oggetto centrale di analisi il bello e le arti.
L’estetica quindi come “ scienza antica e moderna” nello stesso tempo. E’
intorno al settecento che l’estetica va incontro alla svolta decisiva, che permette di
caratterizzarla come un fenomeno tipicamente moderno.
La storia dell’Estetica presenta una grande varietà di definizioni di arte ( e
quindi di bello : Platone, ad esempio, la intese come imitazione, Aristotele come
attività pratica, il Medioevo in genere come attività strumentale, il Romanticismo
come creazione, Baudelaire come espressione con finalità autoreferenziali.
3
Ibid, p. 76
4
I.1.1 - Nuovi concetti
Nel settecento si mettono a fuoco un insieme di concetti nuovi o definiti in
termini nuovi, come “gusto”, “genio”, “ sensibilità”, “passione”, “sentimento”. Per la
prima volta si delinea una concezione unitaria delle “ belle arti”, analizzate come
forme autonome di esperienza e di conoscenza della realtà, distinte dalla morale,
dalla scienza e dalla filosofia.
Già negli ultimi decenni del seicento si sviluppa in Francia una concezione
dell’estetica ispirata al pensiero di Cartesio, che mira a ricondurre tutte le arti ad
alcuni principi razionali e universalmente validi: contro il “cattivo gusto” e le
“esagerazioni del Barocco”, si afferma che la fantasia e i sentimenti dell’artista
debbono essere sottomessi al “ giogo della ragione”e che l’oggetto dell’arte deve
essere il “vero”, espresso con il massimo della chiarezza, naturalezza e
equilibrio, sul modello dei classici:
“ Nulla è bello se non il vero, solo il vero è piacevole..
Qualunque soggetto si tratti, piacevole o sublime, il
buon senso si accordi con la rima….Prima di scri-
vere imparate a pensare”.
4
4
N. BOILEAU, Ouvres Completes, Paris, Gallimard, 1966, p. 210
5
I.1.2 - Il valore educativo dell’arte
Se si esclude la posizione isolata e radicalmente anticartesiana di VICO,
orientata ad esaltare la natura ispirata e passionale della poesia come linguaggio
originario dell’umanità, le concezioni razionalistiche dell’arte e un diffuso fastidio
per il gusto barocco si diffondono anche in Italia sia pure in versione più moderata,
tesa a conciliare le esigenze della ragione e l’imitazione dei classici con i diritti della
fantasia e dell’immaginazione a cercare “ una pulitezza di stile”, capace di farsi
capire e leggere dai “ lettori ancor meno esperti e poco pazienti”.
Nel secondo Settecento il tema dell’efficacia comunicativa e del valore
educativo dell’arte è ripreso con intonazioni più radicali e incisive dagli illuministi: si
reclama un’arte fatta di “ cose” e non di “parole”, che non abbia una funzione
genericamente morale o edificante ma di concreta utilità sociale, legata alla
divulgazione del pensiero politico e filosofico e alle nuove esigenze del pubblico
borghese.
6
I.1.3 – La specificità dell’arte.
Ma le novità più radicali sul piano teorico provengono dalle teorie sensiste, che
vogliono spiegare la specificità della comunicazione artistica a partire dai suoi effetti
percettivi e psicologici.
Condillac aveva scritto che “ il piacere e il dolore sono l’unico principio che,
determinando tutte le operazioni dell’anima, deve innalzarla gradatamente a tutte le
conoscenze di cui è capace.”
Anche l’arte passa prima di tutto attraverso le sensazioni, la sua specificità sta
nell’offrire impulsi particolarmente piacevoli e stimolanti, che mettono in movimento
i processi psichici del fruitore, potenziandone la capacità di pensare, di sentire, di
volere. Quindi per giudicare del valore artistico di un testo non ci si chiede più se è
stato composto secondo un insieme di regole definite ma se è capace di colpire,
interessare, commuovere il lettore.
Così nella riflessione degli illuministi al culto della ragione si affianca una
sempre maggiore considerazione per il sentimento e le passioni. La tradizionale idea
di bellezza come criterio di perfezione, definito indipendentemente dalle reazioni
soggettive del fruitore, non sembra più adeguato a descrivere tutte le sfumature del
piacere estetico. Si colloca in questo quadro la grande fortuna dell’estetica del “
pittoresco” e del “sublime”.
7
I.1.4 – L’esperienza della sublimazione
“Il sublime è nettamente contrapposto al bello”.
5
Il suo scopo infatti non è quello di offrire una sensazione gradevole ma di stimolare
violentemente gli aspetti più oscuri e profondi della psiche .
Di pari passo con l’affermarsi di queste convinzioni cambia l’immagine
dell’artista a cui si richiede non più il possesso di un insieme di abilità tecniche o il
rispetto di regole prefissate ma una dose speciale di fantasia, estro e ispirazione: tutte
caratteristiche che sono tipiche del “ genio”, altra parola chiave del Settecento,
contrapposta dalle nuove concezioni dell’arte alla quieta razionalità del “ buon
gusto”.
Come è noto il bello e l’arte, questi due oggetti dell’estetica solo nel Settecento
coincidono, intrattenendo rapporti assai controversi con una terza questione
filosofica, strettamente connessa con la costituzione autonoma della disciplina, che
verte intorno alla possibilità e ai caratteri della conoscenza sensibile.
L’estetica è sempre stata molto di più che un’appendice della critica d’arte o
della filosofia teoretica.
Con la traduzione in francese del trattato Peri Hupsous del Boileau nel 1674 si
inaugura una delle inchieste critiche più importanti del diciottesimo secolo, quella
dell’esperienza della sublimazione.
5
G. SERTOLI, “Introduzione “ a E. Burke, Inchiesta sul Bello e il Sublime, Palermo, Aesthetica,1995
(1985), pp. 10-11
8
I.2.1 - Il dibattito estetico in Inghilterra nel primo ‘700: N. Boileau
Dopo il 1652 e, con maggior vigore nel 1674, un nuovo stile divenne operante
in entrambe le sfere della critica. Questa influenza prese origine dalla pubblicazione
del trattato Sul sublime il cui autore è generalmente indicato come Pseudo- Longino o
Longino. In questo trattato la sublimazione è definita come “differendo dalla bellezza
ed evoca le emozioni più intense del vastness”.
6
Considerando che la bellezza possa essere trovata nel piccolo, nella luce, la
sublimazione è ampia, irregolare, oscura. Lo scopo principale del trattato è ottenere
una definizione fine per trattare la sublimazione quando “trasporta” ad un discorso.
Ma non fu che con la traduzione in lingua francese di tale opera da parte di
Boileau nel 1674, che il termine “ sublime” acquisì un distinto significato letterario
sia in Inghilterra che in Francia. Da questa traduzione ha inoltre derivato la sua
nozione “del quoi di sais del Ne del je”
7
che distingue l’opera d’arte vera e isola il
momento del “greatness” da una parte.
Fu il primo ad allinearsi verso l’esterno, verso una zona molto più vasta
dell’apparecchio della sublimazione che Longinus probabilmente aveva avuto in
mente.
6
L. FORMIGARI, L’Estetica del Gusto nel settecento inglese, Laterza, 1998, p. 26
7
N. BOILEAU, in Ouvres Complètes, cit. p. 547
9
“Longinus non ha dato un significato a ciò che gli orators chiamano “lo stile di
sublimazione”
8
, ma ha dato significato all’elemento dello straordinario nel discorso,
il meraviglioso, il colpire, il trasporto.
Per Boileau la sublimazione, oltre allo stile di sublimazione, deve essere un
“pensiero grande”
9
che deve svegliare le emozioni forti nel lettore o il pubblico. Così
l’analitico della sublimazione è stato trasferito dal dominio di stile alto al “exaltation
spiritoso” causato dai pensieri grandi. Riconosciamo non analiticamente, ma
emozionalmente la sublimazione. I meriti di un’opera d’arte sono determinati non
dalla relativa aderenza rigida alle regole, ma dalla relativa capacità di destare in noi
una risposta psicologica potente durante il momento “esaltato”.
La preferenza di Boileau per i pensieri grandi, lo stile grande che
dell’eccedenza si è scavato contro il Longinian sublima. Longinus, al contrario di
Boileau trova imperativo addomesticare le emozioni violente generate dai pensieri
grandi, lui quindi desidera coltivare lo stile grande come categoria più privilegiata dei
due; la massa del suo trattato è dedita ad enumerare le varie figure che raggiungono
bene lo stile della sublimazione.
La riflessione di Boileau sulla natura del sublime prende avvio dalla prefazione
al “ Traité du Sublime ou du merveilleux dans le discours” dove ritenne opportuno
specificare il reale significato attribuito da Longino al termine “sublime”, termine
che, fino al 1674 , era inteso esclusivamente come stile elevato, racchiuso nell’ambito
della retorica:
8
The art of poetry on a new Plan, Londra, 1762, vol. I
9
Ibid, p.132
10
“Par Sulime Longin n’entend pas ce que les Orateurs
appellent le stile sublime, mais cet extraordinaire et ce
merveilleux qui frape dans le discours".
10
Il sublime quindi definito come quella peculiare qualità che colpisce un discorso; la
tensione espressiva, i colpi di scena, le passioni, vengono rese “tangibili”dalla
semplicità del linguaggio utilizzato, che si rivela the “highest form of the Sublime”,
in quanto il pensiero può colmare senza ostacoli la mente del lettore, suscitando
emozioni più intense tali da rapire la sua anima.
Nella decima Reflexion, avrebbe ulteriormente evidenziato l’idea esposta nella
Prefazione a Traité:
Par Sublime en cet endroit Longin n’entrend pas
ce que nous appelons le stile sublime; mais cet ex-
traordinaire et ce merveilleux qui se trouve souvent
dans le paroles le plus simples, et don’t la simplicité
mesme fait quelquefois la sublimité [....] le sublime
n’estant pas point opposé au simple, et n’y ayant rien
quelquefois de plus sublime que le simple mesme".
11
Si distanziava così dalla magniloquenza promossa da Longino che, pur
opponendosi ad “ogni inutile gonfiezza espressiva”, dichiarava la necessità di
utilizzare ardite metafore e iperboli per suscitare pathos, e rendere con esso, il
discorso sublime.
10
N. BOILEAU, in Oeuvres Complètes,Paris, Gallimard, 1966, cit.p.. 338
11
Ibid, p.547
11
Tuttavia nella dodicesima Riflessione, Boileau scriveva:
“Le Sublime est une ceratine force du discours, propre à
eslever et à ravir l’Ame, et qui provient ou de la grandeur
de la pensée et de la nobless du sentument, ou de la magnifi-
cence des paroles, ou du tour harmonieux, vif et animé de
l’expression ; c’est à dire d’une de ces choses regardées sepa-
rément, ou ce qui fait le parfait Sublime, de ces trois choses
jointes ensemble".
12
Purtroppo tale definizione mostra che Boileau, malgrado il nuovo significato
attribuito al termine sublime, non ha operato una completa scissione con il passato
perché attribuendo alla magnificenza delle parole la stessa importanza della
grandezza del pensiero non si discosta da quello che premeva a Longino: sottolineare
l’importanza del naturale slancio dei pensieri e del pathos tra le fonti più produttive
del sublime senza trascurare l’elaborazione artistica che costituisce la sublimità dello
stile.
12
Ibid, pp.562-563
12
I.3.1 -Addison
Pubblicati nel 1712 Sui n. 411-21 dello “ Spectator”, il famoso periodico
culturale e di costume diretto da Joseph Addison e Richard
Steele, gli undici saggi intitolati The pleasures of imagination costituiscono, insieme
a quello sul “gusto” che li introduce n. 409, il primo trattato di Estetica
modernamente intesa. Scritti con tono discorsivo e rivolti ai “ lettori comuni”, essi
fissano le coordinate lungo le quali si muoverà l’intera riflessione settecentesca
intorno all’esperienza del bello naturale e artistico.
Erede di Locke, Addison affronta il problema estetico non più in chiave
retorica ma in chiave psicologica, cioè dal versante della fruizione anziché da quello
della produzione, e “in tal modo avvia una fenomenologia dell’esperienza estetica a
cui tutti gli autori che verranno dopo di lui, fino a Kant incluso, saranno in qualche
misura debitori”
13
. Definizione del gusto, statuto dell’immaginazione, individuazione
di specifiche categorie estetiche ( fra cui quella particolarmente innovativa del “
sublime” ).
Anche se Dennis era forse il teorico più originale della sublimazione, Addison
ha avuto molta più influenza sui suoi contemporanei.; definisce la sua nozione del
“greatness, elenca le fonti usuali del sublimity naturale e spiega il meccanismo
psicologico della
reazione estetica al sublimity”.
14
13
A. ASHFIELD e P. De BOLLA, La sublimazione: un lettore nella teoria estetica del Diciottesimo secolo,Torino,
Tazza, 1996, p. 82
14
J. ADDISON, The Spectator n. 42 edited by Peter Smitchers, D. Phil. London: Dent, Everyman’s Library, 1967,p.
265
13
Addison qui fa parecchi punti che hanno continuato ad essere importanti nelle
scritture successive sulla sublimazione. In primo luogo dichiara che in qualche modo
la sublimazione richiede un magnificence unificato. In secondo luogo, cita le
montagne, i deserti ed i mari usuali mentre la maggior parte sublima le parti della
natura esterna. Ed infine analizza la reazione di sublimazione o l’effetto in termini di
piacere causato tentando di riempire la mente da un oggetto “ troppo grande”.
“L’astonishment” viene identificato tradizionalmente con “l’effetto che si ha
tramite la sublimazione”
15
, una sublimazione che “ nei piaceri dell’immaginazione”
già era stata spostata conclusivamente dai regni della retorica e della poesia, in cui
Longinus e Boileau l’avevano limitata, al mondo naturale.
I piaceri dell’immaginazione presentano questo vantaggio, sopra quelli della
comprensione, che sono più evidenti e più facili da acquistare.
“ Aprendo l’occhio la scena entra”.
16
La sublimazione come esperienza soggettiva indipendente dalle
regole sembra essere realizzata quando ammira Milton sublimando i versi per il
trasporto dello spirito e del sorpasso delle convenzioni mediate solamente dalla nostra
immaginazione.
Che l’estetica di sublimazione si trasformi in un’indagine sui piaceri
dell’immaginazione, non della retorica rende esso un’esperienza accessibile soltanto
ai grandi geni.
15
Ibid, p. 277
16
Ibid, p. 260