2
Introduzione
L’urgenza di differenziare le fonti energetiche, a seguito della crisi del petrolio,
l’aumento della domanda di energia e il dibattito politico internazionale sui
cambiamenti climatici, sta determinando nel panorama mondiale una crescente
attenzione per tutte le risorse energetiche rinnovabili. Le fonti energetiche
rinnovabili possono, infatti, contribuire a ridurre la dipendenza dalle importazioni
e aumentare la sicurezza dell’approvvigionamento, oltre che contribuire alla
riduzione delle emissioni dei gas-serra. In questo scenario le biomasse giocano un
ruolo fondamentale per la realizzazione di un sistema di generazione distribuita,
favorendo, nello stesso tempo, lo sviluppo locale e la creazione di nuove
opportunità per il settore agricolo. L'utilizzo delle biomasse a scopi energetici,
pertanto, è oggi promosso attivamente nelle politiche internazionali, nazionali e
locali, d’altra parte, il settore delle bioenergie presenta diversi aspetti critici legati
all’organizzazione delle filiere e la necessità di integrare differenti settori
produttivi (mondo agro-forestale e mondo industriale), oltre che questioni legate
all’efficienza delle tecnologie, la sostenibilità economica ed ambientale e le
difficoltà in termini di iter autorizzativi e accettabilità sociale degli impianti.
La questione dei biocombustibili si interfaccia anche con una componente
territoriale legata all’approvvigionamento delle biomasse che ha diverse
implicazioni rispetto alle dimensioni sopra indicate. La natura strategica delle
bioenergie va, infatti, inquadrata nel contesto del territorio agro-forestale
coinvolto nel meccanismo di produzione delle stesse. L’approvvigionamento delle
risorse deve, pertanto, essere pianificato attraverso un’analisi integrata delle
potenzialità del territorio che consideri aspetti quali le pratiche agricole correnti e
la disponibilità di residui colturali, la compatibilità delle condizioni pedo-
climatiche con i requisiti delle colture energetiche, la competitività di tali colture
con le colture tradizionali e con la vegetazione naturale, nonché il loro impatto sul
3
paesaggio e sulla biodiversità. Infine, le problematiche legate all’elevata
dispersione della risorsa e le conseguenti difficoltà connesse alla raccolta,
condizionamento, trasporto e stoccaggio, richiedono un approccio dove la
dimensione spaziale dell’organizzazione della filiera riveste un’importanza critica.
In questa tesi si è deciso di affrontare la questione delle potenzialità delle
biomasse a fini energetici dal punto di vista dell’analisi delle materie prime,
privilegiando la dimensione territoriale delle filiere agro-energetiche. In
particolare la finalità è quella di identificare dei criteri e dei modelli spaziali per la
stima delle potenzialità e l’integrazione delle colture dedicate in una gestione
ambientale sostenibile ed in una programmazione integrata del territorio.
L’approccio territoriale è quindi inteso in senso fisico e l’approfondimento degli
aspetti ecologici ed agronomici, è finalizzato ad indagare sulla disponibilità delle
risorse, sia in termini di residui agricoli che di potenziale diffusione delle colture
dedicate, delineando dei possibili scenari di sviluppo delle bioenergie a livello
locale.
Il problema di ricerca è stato affrontato in due diversi casi di studio che hanno
permesso, attraverso percorsi diversi, ma con finalità analoghe, di elaborare dei
modelli multi-criterio di analisi spaziale. Il primo caso di studio si riferisce a tutta
la Regione Puglia ed è stato condotto nell’ambito del progetto di ricerca “Studio
per la valorizzazione energetica di biomasse agro-forestali nella Regione Puglia”,
finanziato dalla Regione Puglia (Ispettorato Regionale Foreste), e del programma
di ricerca scientifica di rilevante interesse nazionale cofinanziato dal MIUR
(2005-2006) “Studio di filiere per la produzione di energia da biomasse in Italia”.
Il secondo caso è stato invece circoscritto alla provincia di Foggia ed è stato
realizzato in collaborazione con la Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi
di Foggia (Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali, Chimica e Difesa Vegetale)
e con la School of Geography della University of Leeds (Inghilterra). Il problema
della pianificazione agri-energetica del territorio è stato affrontato, nel primo caso,
in termini di adattabilità delle colture energetiche ai parametri pedo-climatici al
fine di quantificare le risorse disponibili, mentre nel caso della provincia di
Foggia, lo studio è rivolto alla individuazione dei criteri da adottare per allocare
l’uso agroenergetico del suolo in relazione a diverse condizioni ambientali.
4
L’obiettivo principale della tesi è quindi quello di realizzare degli scenari di
potenzialità delle filiere bioenergetiche congiuntamente alla delineazione di
alcune strategie per la gestione sostenibile del territorio rurale in prospettiva di
una diffusione delle colture destinate alla produzione di energia, fornendo così
uno strumento tecnico di supporto alle decisioni in fase di pianificazione
energetico-territoriale.
Gli obiettivi specifici possono essere così riassunti:
Inquadrare il problema energetico-ambientale in relazione ai principali
drivers (sviluppo sostenibile, cambiamenti climatici, scarsità delle risorse
energetiche, nuova funzionalità dell’agricoltura);
Individuare criteri e indicatori per realizzare una analisi delle potenzialità
del territorio in termini di produzione sostenibile di biomasse;
Mettere a punto una metodologia di analisi multi-criterio basata su
software GIS per classificare il territorio in base alle potenzialità di
biomasse;
Identificare le aree disponibili per l’avvio di colture finalizzate alla
produzione di biomasse a fini energetici (energy crops) secondo criteri di
sostenibilità ambientale;
Individuare le filiere bioenergetiche più promettenti in base alla
disponibilità di biomasse locali;
5
1. ASPETTI AMBIENTALI, POLITICI E TECNOLOGICI
DELLE BIOENERGIE
1.1 Risorse energetiche e sviluppo sostenibile
La rapidità dell’evoluzione dei processi di degrado ambientale e di sfruttamento
delle risorse naturali sono stati osservati negli ultimi decenni con crescente
preoccupazione in riferimento alla gravità delle loro conseguenze sulle prospettive
di sviluppo futuro. Il concetto di sviluppo sostenibile è stato riconosciuto a livello
internazionale a partire dal Rapporto Brundtland (1987), e, soprattutto dopo la
Conferenza di Rio (1993), è diventato un principio base per il perseguimento di un
equilibrio a lungo termine tra sviluppo umano e conservazione delle risorse
naturali. Dalla Conferenza di Rio nacque un documento, Agenda 21
1
, sulle “cose
da fare nel XXI Secolo”, che stabilisce i principi guida cui devono orientarsi tutte
le politiche (globali, nazionali e locali) in materia di ambiente, economia e società,
al fine di migliorare le condizioni di vita, non soltanto a favore delle generazioni
presenti, ma anche e sopratutto per le generazioni future. Secondo questi principi
la tutela della sostenibilità implica l’attuazione di azioni di controllo, salvaguardia
e recupero delle risorse, ovvero l’assunzione di un "approccio pro-attivo" che
permetta di percepire anticipatamente le tendenze ed i cambiamenti futuri per
pianificare le azioni opportune. Un tale obiettivo è perseguibile solo attraverso
programmi di sviluppo a lungo termine che tengano in debita considerazione la
tutela dell’ambiente e lo sfruttamento adeguato di tutte le risorse in funzione della
capacità di carico dell’ambiente. Ciò significa che il tasso di consumo delle risorse
1
La Conferenza di Rio de Janeiro del giugno 1992, promossa dall’ONU su “Ambiente e Sviluppo”
(UNCED), portò alla redazione della Dichiarazione di Rio, di Agenda XXI e della Convenzione
Quadro sui Cambiamenti Climatici. Questo ultimo documento fu sottoscritto da 166 Paesi, tra cui
l’Italia, ed entrò in vigore, come atto di diritto internazionale, il 21 marzo 1994.
6
materiali rinnovabili non deve superare il loro tasso di ricostruzione e, nello stesso
tempo, il tasso di consumo delle risorse non rinnovabili non deve superare il tasso
di sostituzione con le risorse rinnovabili.
In questo contesto, un ruolo cruciale va riconosciuto alle risorse energetiche, l’uso
sempre maggiore dei combustibili fossili ha infatti creato diversi problemi sociali
e ambientali, legati sia alla scarsità delle risorse e il conseguente aumento del
prezzo dei combustibili, sia all’impatto ambientale. Lo stretto legame tra energia e
sviluppo sostenibile è stato espressamente affrontato, in ambito internazionale, a
partire dal Millennium Summit delle Nazioni Unite del 2000 attraverso la
definizione del settimo obiettivo del Millennium Development Goals delle
Nazioni Unite
2
(target 9, indicatore 27) e successivamente dalla Dichiarazione di
Johannesburg sullo Sviluppo Sostenibile del 2002 che definisce l’energia come un
bene primario. Diverse risoluzioni internazionali sono state discusse ed avviate al
fine di affrontare il problema energetico, individuando nel risparmio e nello
sviluppo di fonti rinnovabili le principali strategie da attuare con urgenza. Le fonti
energetiche rinnovabili sono quelle fonti energetiche che si rigenerano almeno alla
stessa velocità con cui vengono utilizzate, ed hanno un impatto ambientale minore
rispetto ai combustibili tradizionali. Le risorse energetiche rinnovabili (FER)
possono inoltre contribuire a ridurre la dipendenza dalle importazioni di energia
ed incrementare la sicurezza della fornitura attraverso la diffusione e
differenziazione dell’offerta di energia a livello locale. Secondo la normativa di
riferimento italiana, vengono considerate fonti energetiche rinnovabili “il sole, il
vento, le risorse idriche, le risorse geotermiche, le maree, il moto ondoso e la
trasformazione in energia elettrica dei prodotti vegetali o dei rifiuti organici e
inorganici” (DL 16 marzo 1999, n.79, art. 2,15) e quindi rientrerebbero nella
definizione di energie rinnovabili l’energia idroelettrica, l’energia geotermica,
l’energia solare (termica e fotovoltaica), l’energia eolica, l’energia da biomasse la
termovalorizzazione di CDR.
Le biomasse costituiscono la fonte energetica rinnovabile più diffusa nel mondo
anche se, nella maggior parte dei casi, si tratta di usi tradizionali la cui
2
La Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite è stata firmata nel settembre del 2000 ed
impegna i 191 stati membri dell'ONU a raggiungere gli otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio
(MDG) per l'anno 2015.
7
conversione energetica è ancora caratterizzata da bassi rendimenti. Il suo peso è
particolarmente importante nei paesi in via di sviluppo, dove le biomasse di
origine vegetale costituiscono ancora in molti casi l’unica risorsa disponibile. A
livello mondiale, le biomasse costituiscono la quarta fonte di energia, dopo il
carbone, il petrolio ed il gas naturale, coprendo il 14% del fabbisogno energetico
del pianeta (Parikka 2004).
1.2 Le Fonti Energetiche Rinnovabili per il raggiungimento degli
obiettivi di Kyoto
Nel corso delle ere geologiche, il clima terrestre ha raggiunto diversi stati di
equilibrio, come quello attuale, o quelli delle diverse ere glaciali, rispondendo a
fattori i cui rapporti di causa-effetto non sono facilmente identificabili e
prevedibili. Il sistema climatico, infatti, è il risultato di un delicato equilibrio tra
interazioni non-lineari che coinvolgono in un’intricata rete la fisica dell’atmosfera
e degli oceani, le risposte della biosfera e le scelte politico-economiche
dell’umanità (Mercalli, 2003). La presenza dei gas-serra ha determinato, nel corso
del secolo appena finito, un riscaldamento della temperatura media globale di
circa 0,75°C (Hansen et al., 2000; Hansen e Sato, 2001; Hansen et al., 2005).
La risposta internazionale ai cambiamenti climatici consiste in un lungo e
complesso negoziato per il raggiungimento di compromessi tra le prospettive di
crescita economiche, strettamente legate alle risorse energetiche, e l’esigenza di
minimizzare l’impiego dei combustibili fossili. L'esecuzione del Protocollo di
Kyoto
3
è il primo passo per l'obiettivo di riportare nei prossimi decenni le
concentrazioni di CO
2
in atmosfera a livelli compatibili con il tasso di
3
Il Protocollo di Kyoto pone ai paesi industrializzati l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas ad
effetto serra (anidride carbonica, metano, protossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi
ed esafluoruro di zolfo) del 5,3% nel periodo 2008-2012 rispetto ai livelli del 1990. Il Protocollo di
Kyoto è entrato in vigore dal 16 febbraio 2005, 90 giorni dopo che, con la ratifica da parte della
Russia, è stato soddisfatto il requisito di ratifica da parte di 55 dei Paesi partecipanti alla
8
assorbimento terrestre e oceanico; più basso sarà il livello di concentrazione a cui
si raggiungerà una stabilizzazione, meno gravi saranno gli effetti del cambiamento
climatico. La stabilizzazione entro il 2100 della concentrazione di anidride
carbonica attorno a 550 p.p.m.
4
(Figura 1) è considerato il risultato minimo a cui
tendere per contenere l'aumento della temperatura al di sotto di due gradi e la
crescita del livello dei mari al di sotto di 20 cm (UNFCC, 2002).
Figura 1 - Previsioni del cambiamento globale di temperatura al variare del livello di
stabilizzazione della concentrazione di CO2.
Fonte: James et al., 2001.
La Comunità Europea ha promosso con forza la linea politica di impegno contro
le minacce climatiche e per questo motivo ha sviluppato una serie di strumenti
destinati a diventare operativi, anche nel caso, non verificatosi, della mancata
implementazione del Protocollo di Kyoto
5
.
Convenzione sul Clima, complessivamente responsabili di circa il 55% delle emissioni totali di
CO2 emessa nel 1990.
4
Dall’inizio dell’era industriale a oggi la concentrazione di CO2 nell’atmosfera terrestre è passata
da 280 parti per milione in volume (ppmv) a circa 375 ppmv (Marland et al., 2005) principalmente
a causa delle attività umane (energia, trasporti, industria, edilizia, agricoltura). Secondo le
previsioni più accreditate, potrà arrivare a valori di 540-970 ppmv alla fine del secolo in corso.
5
Per l’Unione Europea il target è una riduzione globale dei gas serra dell’8% al 2012, con
proposte per il 20% al 2020. Con la legge n. 120 del 1° giugno 2002 l’Italia ha ratificato il
Protocollo di Kyoto; la Delibera CIPE 123/2002, ovvero il "Piano Nazionale per la riduzione dei
gas serra", definisce le politiche e le misure nazionali sulla riduzione delle emissioni dei gas serra.
9
Negli ultimi due decenni, circa il 75% delle emissioni antropiche di CO2 sono
derivate dalla combustione di fossili. Gli impegni nel campo energetico sono
quindi da assumere con urgenza nell’ambito delle strategie di riduzione delle
emissioni per il raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto. In
riferimento al settore energetico, il Protocollo prevede, nell’articolo 2, che ciascun
Paese applichi politiche e misure riguardanti:
il miglioramento dell’efficienza energetica;
la ricerca, promozione, sviluppo e maggiore utilizzazione di forme
energetiche rinnovabili;
la limitazione e/o riduzione delle emissioni di metano, attraverso il
recupero e l’utilizzazione nel settore della gestione dei rifiuti, come pure
nella produzione, nel trasporto e nella distribuzione di energia.
In ambito europeo sono state emanate diverse norme collegate al Protocollo di
Kyoto e la promozione delle FER. In particolare, nel novembre 1997, la
Commissione Europea ha approvato il Libro Bianco comunitario che propone un
piano di azione per realizzare l'obiettivo di assegnare all'energia prodotta da fonti
rinnovabili una quota del 12% dell'intero consumo energetico lordo dell'Unione
Europea intorno al 2010, raddoppiando di fatto la quota di produzione da
rinnovabili registrata alla fine degli anni novanta. In questa previsione oltre due
terzi del contributo, ovvero l'8,5%, dovrebbe derivare dall'impiego di bioenergie.
La Direttiva 2001/77/CE rappresenta il principale atto normativo europeo a
sostegno delle FER. Tale direttiva stabilisce che gli Stati membri debbano adottare
misure appropriate atte a promuovere l’aumento del consumo di elettricità
prodotta da fonti energetiche rinnovabili. La direttiva prevede, inoltre, che gli Stati
membri redigano relazioni che stabiliscano gli obiettivi indicativi nazionali di
sviluppo di FER in termini di percentuale del consumo di elettricità e che
predispongano misure per conseguire tali obiettivi. Una delle più importanti
misure introdotte per raggiungere gli obiettivi del Protocollo di Kyoto è stata la
nascita di un mercato europeo del carbonio (Emission Trading, Direttiva
10
2003/87/EC), che stabilisce, per ogni grande operatore dell’energia, dei limiti di
emissioni nell’atmosfera di gas a effetto serra. Secondo questa direttiva, ogni
aumento di produzione di energia viene vincolato al ricorso alle fonti rinnovabili o
all’acquisto di “crediti di carbonio” da chi sia invece riuscito a ridurre le sue
emissioni di CO
2
sotto il limite imposto.
Nel marzo del 2006, il Libro Verde sulla strategia europea per l’energia prevede
una politica energetica europea incentrata sulla mitigazione dei cambiamenti
climatici e la promozione dell’occupazione e dello sviluppo, attraverso misure
tese a migliorare l’efficienza energetica, innalzare la quota di energia rinnovabile
nel mix e rafforzare la solidarietà tra gli Stati membri con una visione più a lungo
termine per lo sviluppo di tecnologie energetiche.
Nel Gennaio 2007 la Commissione Europea propone il Pacchetto integrato
sull’energia e sui cambiamenti climatici, contenente una serie di misure per
istituire una nuova politica energetica per l'Europa finalizzata a combattere i
cambiamenti climatici e a rafforzare la sicurezza energetica e la competitività
dell'UE. Il pacchetto di proposte definisce una serie di obiettivi con riferimento
alle emissioni di gas serra, all’energia rinnovabile e all’efficienza energetica e
punta a creare un unico mercato interno dell'energia con ripercussioni favorevoli
verso competitività, sostenibilità e sicurezza. Inoltre, la Commissione ritiene che,
con il raggiungimento di un accordo a livello internazionale applicabile dopo il
2012, entro il 2020 i paesi industrializzati dovrebbero riuscire ad abbattere le
proprie emissioni del 30%, pertanto propone che l’Unione Europea si impegni a
raggiungere un obiettivo vincolante del 20% del mix energetico complessivo da
fonti rinnovabili al 2020, con particolare attenzione ai settori dell’elettricità, dei
biocarburanti e del riscaldamento/raffreddamento. L’obiettivo riguardante le fonti
rinnovabili sarà affiancato da un obiettivo minimo per i biocarburanti pari al 10%.
A livello nazionale la “Seconda Comunicazione Nazionale per la Convenzione
Quadro sui Cambiamenti Climatici”, approvata dal CIPE nel dicembre 1997,
precisa come l’Italia intende rispettare l'obiettivo di riduzione delle emissioni
climalteranti, facendo riferimento al risparmio energetico e allo sviluppo delle
fonti rinnovabili. La successiva Delibera CIPE del 19 novembre 1998 ha
11
individuato alcune politiche di riduzione dei gas serra e definito il quadro di
riferimento per l'approvazione dei programmi attuativi degli impegni assunti, oltre
che predisporre il Libro Bianco nazionale, in aderenza al Libro Bianco
comunitario. Il Libro Bianco prevede consistenti incrementi di energia prodotta da
fonti rinnovabili, incentivando lo sviluppo dell'energia idroelettrica, solare,
geotermica, eolica, dai rifiuti e da biomasse, attraverso l'integrazione delle
politiche settoriali e tra i vari soggetti istituzionali, nonché l'introduzione di
misure regolamentari e fiscali relative al mercato interno, alla diffusione
dell'informazione e allo sviluppo della ricerca. Secondo l’obiettivo di riduzione
delle emissioni dei gas serra attribuito all’Italia nel periodo 2008-2012, le
emissioni dovranno essere ridotte del 6,5%, ovvero dovranno passare da 521
MtCO2 eq. del 1990, a 487 MtCO2 equivalente. Tuttavia l’inventario delle
emissioni e degli assorbimenti dei gas-serra (National Inventory Report)
predisposto dall'APAT, (2007), mostra come al 2004 le emissioni totali di gas ad
effetto serra (583,33 MtCO2eq) sono aumentate del 12% rispetto ai livelli del
1990 (519,79 MtCO2eq), pertanto, a fronte di un impegno nazionale di riduzione
del 6.5%, il “gap” è pari a 97,32 MtCO2eq. Per colmare il “gap”, rispettando gli
accordi internazionali occorre quindi mettere in atto nel breve termine delle
misure integrate e, contemporaneamente, predisporre una strategia di riduzione a
lungo termine.
1.3 Biomasse e sostenibilità ambientale
L’interesse verso le bioenergie è cresciuto nei paesi industrializzati a partire dagli
anni Settanta e Ottanta, con l’emergere del problema della dipendenza delle
economie dalle importazioni di petrolio e, ancora di più, nel quadro delle
problematiche sul cambiamento climatico. Oltre ai vantaggi correlati alla
possibilità di realizzare una generazione di energia distribuita e i benefici
ambientali connessi alla riduzione delle emissioni inquinanti, un adeguato
sfruttamento a fini energetici delle biomasse può anche rappresentare
12
un’opportunità per migliore la gestione, il presidio e la tutela del territorio rurale.
Secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) si potrebbe raggiungere un
notevole potenziale di biomasse disponibili dal settore agro-forestale anche
utilizzando criteri sostenibilità ambientale, raggiungendo l’ambiziosi target della
Comunità Europea. Secondo le proiezioni al 2030 dell’EEA, tale potenziale
ammonterebbe, includendo i residui di lavorazione agro-industriale, a circa 295
MtOE, in confronto ai 69 MtOE utilizzati nel 2030, corrispondente al 17%
dell’attuale consumo energetico, di cui circa 25 MtOE potrebbero essere
disponibili in Italia.
Tuttavia il settore delle bioenergie presenta diverse criticità in termini di
sostenibilità ambientale, sociale ed economica e recentemente molti degli effetti
collaterali negativi, quali le conseguenze sul mercato alimentare e le
problematiche legate al cambiamento di uso del suolo, vengono portati
all’attenzione dell’opinione pubblica.
1.3.1 Il ruolo delle biomasse nella riduzione delle emissioni
Il settore agro-forestale è stato coinvolto nelle strategie di mitigazione dei
cambiamenti climatici per il ruolo che può giocare, sia nell’aumentare o
conservare le riserve di carbonio, che nel sostituire i combustibili fossili. Le
attività che possono aumentare o conservare i carbon stocks sono di supporto alle
strategie di contenimento e riduzione delle emissioni nel settore energetico, in
attesa che si diffondano tecnologie pulite e alternative ai combustibili fossili
(Pettenella et al 2006). I metodi possibili di compensazione nel ciclo del carbonio
attraverso il settore primario sono quindi tre:
conservazione delle riserve di carbonio attraverso la protezione dei suoli e
delle foreste esistenti;
aumento delle riserve di carbonio biologico attraverso una migliore
gestione delle attività nel settore;
sostituzione di combustibili fossili con biomasse.
13
I primi due ambiti d’intervento sono riferiti alle politiche di mitigazione, mentre la
sostituzione di combustibili fossili con biomasse fa riferimento alle politiche di
riduzione delle emissioni.
Il contributo delle biomasse alla riduzione dell’effetto serra va analizzato nel
contesto del ciclo del carbonio. Il ciclo del carbonio è un ciclo biogeochimico che
può venire espresso come quantità di sostanza trasferita tra i vari comparti della
biosfera, integrata al flusso di energia solare. Nel ciclo naturale, il carbonio viene
trasferito come CO
2
dall’atmosfera alla superficie terrestre e agli oceani attraverso
la dissoluzione della CO
2
negli oceani e il fissaggio attraverso la fotosintesi da
parte delle piante. I processi coinvolti nella restituzione in atmosfera sono invece
costituiti dal rilascio nelle regioni dove la superficie dell’oceano diventa satura di
CO
2
e l’ossidazione della materia organica attraverso la respirazione e la
combustione (Figura 2). Il ciclo del carbonio può quindi essere interpretato come
un insieme di flussi tra tre principali pools all’interno dei quali il tempo medio di
permanenza, quindi la dinamica del sistema, varia in maniera complessa. Nel
bilancio annuale compaiono le emissioni da combustibili fossili, le emissioni
dovute ai cambiamenti di uso del suolo, l’assorbimento degli oceani, quello da
parte delle foreste in rinnovazione e lo stoccaggio in ecosistemi forestali.
In condizioni naturali il turnover della CO
2
nella biosfera risulta in sostanziale
equilibrio, mentre i fattori di disturbo sono costituiti dalla deforestazione e
dall’uso di combustibili fossili che hanno determinato l’aumento della
concentrazione della CO
2
nell’atmosfera negli ultimi 150 anni.