2
In questa ottica l’economia mondiale si dovrebbe basare su un vettore energetico con le
seguenti caratteristiche:
di impatto ambientale, sia globale che locale, quasi nullo;
producibile da più fonti energetiche primarie, tra loro intercambiabili e disponibili
su larga scala, anche in futuro;
distribuibile preferenzialmente attraverso una rete.
Fig. 1.2 – Aumento della temperatura media nel periodo 1860-2000
Il vettore energetico che meglio si presta per questo scopo è l’idrogeno, che viene
considerato il migliore tra tutti i potenziali vettori energetici secondari. In passato il suo
difficile utilizzo come gas leggero ha provocato l’accantonamento dell’idea di un suo
impiego in campo energetico, anche a causa di tragedie come quella del dirigibile
tedesco Zeppelin.
Un’economia basata sull’idrogeno è per ora ancora al livello ipotetico e sperimentale; si
tratterebbe di un particolare sistema economico in cui le diverse forme di energia (sia
per trazione che per applicazioni statiche) vengono immagazzinate sotto forma di H2.
Allo stato attuale l’energia elettrica presenta notevoli problemi in materia di accumulo
per utilizzi successivi. Il sistema più efficiente è lo stoccaggio ad acqua pompata,
effettuato nelle centrali idroelettriche, che ha lo svantaggio di richiedere sistemi di
grosse dimensioni difficilmente applicabili su scala portatile.
Alternative di minori dimensioni esistenti, quali capacitori ed accumulatori, hanno
densità energetiche troppo basse; altri sistemi come i volani presentano invece, in
3
situazioni di ridotte dimensioni, problemi di sicurezza legati a possibili rotture
esplosive.
I campi d’applicazione dell’idrogeno come vettore energetico sono molteplici, ad
esempio:
trasporto intercontinentale di energia da fonti energetiche distanti, come centrali
idroelettriche o solari;
utilizzazione 24 ore su 24 di energia da fonti energetiche produttive solo
limitatamente a certi orari, come l’energia solare;
produzione di elettricità con celle a combustibile e carburante liquido per veicoli,
imbarcazioni e velivoli.
Tuttavia ancora parecchi sono gli ostacoli da superare affinché l’idrogeno diventi il
vettore energetico del futuro e le principali linee di ricerca in questo campo riguardano
quindi la produzione, lo stoccaggio e la distribuzione di H2.
La produzione attuale di idrogeno ammonta a circa 50 miliardi di m3 (STP), pari a 45
milioni di tonnellate. Attualmente la maggior parte dell’idrogeno viene impiegato in
due processi chimici: la produzione di ammoniaca (processo Haber-Bosch) e
l’hydrocracking del petrolio. A causa dei problemi di trasporto e stoccaggio, le
industrie utilizzatrici di idrogeno preferiscono avere impianti di produzione di idrogeno
in situ, invece di acquistarlo da fornitori esterni.
Tra i paesi più attivi nella ricerca sull’idrogeno troviamo gli USA con l’iniziativa di
ricerca e sviluppo Hydrogen Fuel, partita nel 2003 grazie ad un finanziamento di 2,3
miliardi di dollari. Inoltre il dipartimento statunitense per l’energia (DoE) ha favorito la
nascita dell’International partnership for the Hydrogen Economy (Iphe), una sorta di
consorzio cui hanno aderito 15 nazioni (tra cui l’Italia) e la Commissione europea, per
accelerare lo sviluppo dell’idrogeno e delle fuel cell.
In Italia sono coinvolti sia centri di ricerca pubblici (quali l’ENEA), sia centri privati
(ad esempio Ansaldo Fuel Cells e Arcotronics Fuel Cells). In Piemonte sono presenti
vari progetti legati allo sviluppo delle tecnologie dell’idrogeno, tra cui Fiat City Car
Hydrogen, volto alla realizzazione da parte del gruppo FIAT di vetture alimentate a
celle combustibile, e Irisbus, mirato alle infrastrutture.
Inoltre all’Environment Park di Torino è presente il laboratorio HysyLab, presso cui è
stata realizzata la parte sperimentale di questa tesi, ovvero la validazione del modello
matematico proposto per la descrizione di un sistema di stoccaggio di idrogeno.
L’oggetto di questa tesi di laurea rientra infatti nel progetto HysyVision, un’iniziativa
4
promossa da Unione Europea, Regione Piemonte e Ministero dell’Economia e delle
Finanze, in collaborazione con Università degli Studi di Torino, Università del
Piemonte Orientale, Politecnico di Torino e Environment Park.
Il progetto mirava a:
rafforzare il sistema delle piccole e medie imprese attive nel settore idrogeno;
qualificare l’offerta tecnologica nel settore della componentistica accreditandola
presso i principali attori industriali a livello internazionale;
creare un cluster di imprese e centri di ricerca specializzati sul tema idrogeno in
grado di competere a livello internazionale;
sviluppare tecnologie e sistemi attraverso i progetti “dimostratori” tecnologici
sviluppati dalla collaborazione tra i partner del progetto e le imprese.
Tra le aziende partecipanti vi è la Compumat S.r.l., il cui ruolo all’interno del progetto è
stato quello di occuparsi di tutto il background teorico relativo allo stoccaggio di
idrogeno sotto forma di idruri; in particolare è stata coinvolta nello studio preliminare
sulla lega da utilizzare. Presso Compumat S.r.l. è stata svolta un’attività di stage.
Altre aziende collaboratrici sono state Termomacchine S.r.l., che si è occupata della
macinazione della lega prodotta e dell’acquisizione del materiale commerciale, e
Tecnodelta S.r.l., che ha provveduto alla costruzione materiale delle bombole.
5
2 – L’idrogeno
2.1 – Proprietà
L’idrogeno, scoperto nel 1776 dal chimico inglese Henry Cavendish, è il più
abbondante elemento presente nell’universo (si stima che rappresenti circa il 75 % della
massa delle stelle e delle galassie), tuttavia esso non è presente in atmosfera allo stato
elementare (è circa 14,4 volte più leggero dell’aria).
Nella crosta terrestre è presente in abbondanza combinato con O, N e C, costituendo
uno degli elementi fondamentali per lo sviluppo della vita. È il più semplice e leggero
degli elementi esistenti: il suo atomo è costituito da un protone e un elettrone.
In natura è presente inoltre il deuterio, l’isotopo H2 dell’idrogeno con un neutrone, in
quantità relativamente modeste: l’isotopo H1 costituisce infatti il 99,98 % dell’idrogeno
presente sulla Terra. Esiste infine un terzo isotopo dell’idrogeno, il trizio o H3, che si
produce esclusivamente nelle interazioni nucleari.
L’idrogeno in condizioni standard (STP) è un gas incolore e inodore, e come tale si
presenta in forma molecolare diatomica; ad alte temperature tuttavia l’idrogeno si
dissocia. Il gas H2 è una miscela di due differenti forme: l’ortoidrogeno (con spin dei
nuclei paralleli), che costituisce circa il 75% della miscela, ed il paraidrogeno (con spin
antiparalleli). Reagisce facilmente con l’ossigeno formando acqua; tale reazione
avviene con andamento esplosivo al di sopra dei 550 °C.
La sua densità, purtroppo, è molto bassa: circa 0,09 kg/m3, per confronto si osservi che
la benzina ha una densità superiore ai 710 kg/m3 ed il metano pari a 0,72 kg/m3. Per
unità di massa l’idrogeno sviluppa ben 120 MJ/kg, contro i 43,5 MJ/kg della benzina ed
i 50 MJ/kg del metano; di contro per unità di volume (sempre in condizioni STP) si
hanno 2,97 MJ/m3 per l’idrogeno, mentre il metano sviluppa 3,22 MJ/m3 e la benzina
ben 31000 MJ/m3.
La sua reazione di combustione è data da:
H2 + ½ O2 H2O + calore
L’unico prodotto inquinante in questa reazione è rappresentato dagli NOx che si
formano a causa della combustione ad alta temperatura in aria; sono invece assenti del
tutto altri inquinanti come idrocarburi incombusti, SO3 e CO2. La combustione a
rapporto stechiometrico avviene con fiamma non luminosa, ad una temperatura di
fiamma più alta che nel metano (2400 K contro 2190 K); l’idrogeno, oltre che per la
combustione vera e propria, è l’elemento ideale per le celle a combustibile (fuel cell).
6
Inventate nel 1839, e tornate oggetto di ricerca negli anni sessanta del XX secolo, le
fuel cell sono dispositivi elettrochimici che convertono direttamente l’energia contenuta
nell’idrogeno in elettricità e calore, senza passare attraverso cicli termici e superando
quindi le limitazioni imposte dalla termodinamica.
La cella elettrochimica funziona analogamente ad una batteria, con la sostanziale
differenza che consuma sostanze provenienti dall’esterno ed è quindi in grado di
funzionare in continuo fintanto che al sistema sono fornite le sostanze esterne.
2.2 – Produzione
Uno degli aspetti fondamentali, quando si parla di H2 come vettore energetico, è la sua
provenienza: può infatti essere prodotto in vari modi e da differenti fonti di energia,
rinnovabili e non.
Attualmente quasi tutto l’idrogeno è prodotto su vasta scala tramite processi di
reforming di idrocarburi: si tratta di conversione catalitica di metano (SMR, steam
methan reforming) o altri idrocarburi (ad esempio etano o nafta) con vapore acqueo, a
temperature comprese tra gli 800 ed i 1000 °C e a pressioni di circa 2,5 MPa.
Questa tipologia di processo prevede due distinte reazioni:
1. scissione dell’idrocarburo (metano in questo caso) in presenza di vapore
CH4 + H2O CO + 3H2
2. reazione di “shift” per convertire il CO in CO2
CO + H2O CO2 + H2
La reazione netta del processo è quindi:
CH4 + 2H2O CO2 + 4H2
I gas passano quindi in un’unità PSA (pressure swing adsorption), in cui si ha la
separazione di H2 da CO2. Il rendimento del processo si aggira sul 50 – 70 %. Nello
steam reforming tradizionale gli idrocarburi sono la fonte sia dell’energia chimica, sia
dell’energia termica: circa il 45 % del consumo degli idrocarburi è destinato alla
produzione di calore.
Per idrocarburi pesanti, ed in paesi in cui si ha scarsità di idrocarburi leggeri, si procede
alla gassificazione di idrocarburi pesanti o di coke; complessivamente la reazione è la
seguente:
C + 2H2O CO2 + 2H2
Anche in questo caso il gas prodotto passa attraverso un’unità PSA. Alternativamente a
coke e idrocarburi è possibile usare come materiale di partenza biomasse.
7
In settori industriali in cui non si ha un elevato consumo di idrogeno, ed in cui la
presenza di azoto in alte concentrazioni (fino al 25 %) è tollerata, è possibile utilizzare
come fonte di H2 la dissociazione termica dell’ammoniaca, catalizzata dall’acciaio:
2NH3 N2 + 3H2
Lo SMR produce un ridottissimo impatto ambientale; può essere inoltre conveniente se
combinata con l’alimentazione di veicoli, utilizzando celle a combustibile prodotte su
scala ridotta alimentate direttamente a metanolo (o altri idrocarburi). La produzione di
idrogeno mediante gassificazione del carbone è competitiva con la tecnologia SMR
solo dove il costo del gas naturale è molto elevato. La gassificazione di coke si presenta
quindi economicamente interessante solo nelle regioni in cui il carbone abbonda ed è
poco costoso.
Va tenuto presente che la produzione di H2 da combustibili fossili deve essere
considerata come una sorta di “ponte tecnologico” verso la produzione da fonti
rinnovabili. Tale soluzione lascia infatti irrisolti i problemi economici a causa
dell’inevitabile progressivo esaurimento delle riserve di combustibili fossili e del costo
aggiuntivo del confinamento della CO2.
Più interessante è la produzione di H2 da fonti rinnovabili, in cui i processi produttivi
possono essere sommariamente distinti in:
produzione dall’acqua;
produzione da biomasse.
Il processo di produzione dall’acqua avviene per elettrolisi, usando corrente elettrica e
producendo direttamente H2 (all’anodo) e O2 (al catodo) puri:
H2O + elettricità H2 + ½O2
A differenza dello SMR i costi di produzione per l’elettrolisi di H2O sono direttamente
correlati alla quantità di H2 prodotta e non diminuiscono con le dimensioni
dell’impianto. Tuttavia l’unico processo a livello industriale per produrre H2 senza
l’utilizzo di fonti di energia fossili è proprio l’elettrolisi, che permette di impiegare
energie rinnovabili (solare, eolico, idroelettrico).
Purtroppo allo stato attuale è ancora conveniente utilizzare direttamente l’energia
elettrica piuttosto che utilizzarla per l’elettrolisi. La gassificazione delle biomasse
prevede l’impiego sia di materiale derivato dai rifiuti solidi urbani sia da materiali
specifici appositamente coltivati per essere impiegati come fonte d’energia.
8
Un importante vantaggio ambientale dell’utilizzo delle biomasse come fonte di
idrogeno è il fatto che il biossido di carbonio emesso nella conversione delle biomasse,
non contribuisce ad aumentare la quantità totale di gas nell’atmosfera.
La CO2 è consumata dalle biomasse durante la crescita (fotosintesi) e solo la stessa
quantità è restituita all’ambiente durante il processo della gassificazione, seguendo il
ciclo naturale (figura 2.1).
Fig. 2.1 – Schema di processo della gassificazione di biomasse
2.3 – Stoccaggio
I problemi connessi allo stoccaggio sono una delle considerazioni tecniche chiave in
prospettiva di un’economia all’idrogeno; tutte le diverse tecnologie di accumulo
devono rispondere a requisiti di efficienza, praticità, sicurezza ed economicità. Lo
stoccaggio costituisce infatti il necessario tampone fra le strutture produttive e le
fluttuazioni della domanda.
9
Un processo d’immagazzinamento pratico ed economico dipende dalla capacità,
dall’integrità strutturale del materiale impiegato, dal costo totale e da altre condizioni
quali temperatura, pressione e purezza dell’idrogeno.
Da vari decenni H2 viene stoccato con sicurezza in grandi contenitori industriali
stazionari; può essere immagazzinato ad esempio in caverne sotterranee o in recipienti
ad alta pressione.
Maggiori problemi si incontrano invece nelle applicazioni legate all’autotrazione: una
notevole difficoltà consiste nel garantire una sufficiente capacità di stoccaggio, così da
ottenere un buon equilibrio tra autonomia di guida e spazio di stoccaggio.
L’idrogeno è infatti caratterizzato da un’alta energia per unità di massa, mentre il
contenuto energetico per un’unità di volume è piuttosto basso: questo è uno dei motivi
che ne hanno frenato la diffusione, insieme ad una pluralità di altri fattori tra i quali
l’estrema volatilità.
Una specifica ulteriore richiesta è quella di poter immagazzinare su un veicolo idrogeno
sufficiente a garantire un’autonomia di almeno 400 km, soglia necessaria per la
commercializzazione; inoltre il rifornimento deve poter avvenire a temperatura
ambiente. I requisiti per lo stoccaggio dell’idrogeno per trasporto sono molto più
stringenti e difficili da ottenere rispetto a quelli riguardanti lo stazionario. Il DoE
(Department of Energy, USA) ha fissato come alcuni obiettivi per quanto concerne lo
stoccaggio di idrogeno, ed essi sono:
60 kgH2/m3 come rapporto tra massa di H2 e volume di serbatoio;
9.0 % come rapporto percentuale tra massa di H2 stoccata e massa complessiva del
serbatoio (pari a 3 kWh/kg);
2 $/kWh come costo dell’energia.
In tutti i casi la data prefissata per il raggiungimento di tali obiettivi è il 2015.
In conclusione H2 per essere utilizzato deve essere immagazzinato in modo tale da
aumentarne considerevolmente la densità. Le soluzioni fisiche per aumentare la densità
di un gas sono sostanzialmente due: aumentare la pressione o diminuire la temperatura.
Nel caso di H2 esiste inoltre una terza soluzione: l’assorbimento allo stato solido, sotto
cui rientrano differenti tecniche (ad esempio fisisorzione o chemisorzione).
Allo stato attuale nessuna di queste tre soluzioni è predominante sulle altre, in quanto
esistono per tutte e tre svantaggi significativi.