___________________________________________________SOMMARIO
II
sensibilmente più basso (12000 kJ/kg).
Per assicurare sempre la produzione di energia elettrica nominale in tutte le
condizioni di funzionamento con ridotta resa termica dalla combustione di CDR
l'impianto è equipaggiato con un sistema di post-combustione ausiliario a metano.
Questa soluzione non e certamente la migliore dal punta di vista termodinamico e
pertanto nella seconda parte della Tesi vengono proposte e due soluzioni diverse:
™ il preriscaldamento dell’aria secondaria di combustione mediante recupero del
colore di raffreddamento della griglia del forno;
™ l’utilizzo dei gas di scarico di una Turbina a Gas come aria secondaria di
combustione (Hot Windbox Repowering).
Entrambi gli interventi sana risultati molto vantaggiosi, soprattutto quando le
condizioni operative dell'impianto sano diverse da quelle di progetto.
In particolare, i risultati delle simulazioni condotte con il modello termodinamico,
opportunamente modificato, mostrano che il repowering dell'impianto con una turbina a
gas consente di raggiungere prestazioni globali notevolmente più elevate dello schema
base ed il miglioramento massimo viene raggiunto proprio nelle condizioni operative più
sfavorevoli. In talune condizioni operative, per mantenere la potenza resa dell'impianto ai
valori nominali, i consumi di metano necessari per alimentare i combustori; ausiliari a
metano sano risultati addirittura superiori a quelli della turbina a gas
Nell'ultima parte della Tesi viene riportata una valutazione di massima della convenienza
economica degli interventi di modifica proposti per l’ottimizzazione delle prestazioni
dell'impianto
Capitolo primo
1
1. Incenerimento e termovalorizzazione di Rifiuti Solidi Urbani (RSU):
Tecnologie correnti, Costi d’investimento e gestione
In Italia, solo il 7 % dei circa 26 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani (RSU) prodotti
viene inviato a impianti di incenerimento, e di questi solo alcuni prevedono il recupero
energetico del calore di combustione (termovalorizzazione). Attualmente il recupero
energetico dei RSU è una opzione valutata con crescente interesse sia per razionalizzare il
sistema di smaltimento in discarica, sia perché la termovalorizzazione sembra offrire una
logica conclusione a numerosi cicli di raccolta differenziata. Per lo sviluppo di questa
opzione tecnologica, è stato determinante il contributo di alcune grandi associazioni
ambientalistiche che si sono di recente dichiarate favorevoli in presenza di garanzie
specifiche.
Alcune di queste garanzie sono state previste dal decreto legislativo del 5 Febbraio 1997,
n° 22 (meglio noto come decreto Ronchi). Il Decreto provvede ad un attento riordino delle
normative riguardanti le tecnologie di smaltimento dei RSU e pone particolare attenzione
ai sistemi di riciclaggio e di recupero energetico: entro cinque anni dall’entrata in vigore
del decreto, dovrà essere recuperata come materia prima o come fonte di energia una
frazione in peso degli RSU compresa tra il 50% e il 65%.
La termovalorizzazione dei RSU ai fini della sola produzione di energia elettrica non è
certamente competitiva rispetto alle tecnologie tradizionali (i costi sono 5-6 volte
superiori) ma può diventarla se si considerano gli elevati locali costi di smaltimento in
discarica degli RSU (particolarmente elevati nei grandi centri urbani), le incentivazioni del
Cip 6/92 e la possibilità di utilizzare il calore di supero del processo di conversione per
impianti di teleriscaldamento e/o di climatizzazione. Inoltre il progressivo esaurimento
della capacità delle discariche comporterà continui incrementi dei costi di smaltimento e
dunque non è azzardata la previsione di 400 MWe installati nel 2005 (con investimenti di
2.800 miliardi di lire e una produzione di 0.5 Mtep/anno)
Capitolo primo
2
1.1 Problematiche e tecnologie correnti di combustori
I rifiuti solidi urbani contengono elementi ossidabili in grado di liberare energia termica e
quindi possono essere considerati combustibili di basso potere calorifico. Tuttavia le
caratteristiche chimico-fisiche dei RSU rendono impossibile il loro utilizzo negli impianti
tradizionalmente impiegati per produrre elettricità e/o calore da combustibili fossili, sia per
problemi tecnologici a causa di:
™ elevato tenore di umidità
™ elevato tenore di inerti
™ corrosione
™ disomogeneità
sia per problemi ambientali. Sono quindi necessari componenti e processi di conversione
dell’energia sviluppati appositamente per i RSU. Tali processi prevedono due possibilità:
⌢ Combustione diretta, con trasferimento dell’energia termica liberata dalla
combustione ad un ciclo termodinamico mediante un generatore di vapore. In
questo caso il combustibile utilizzato può essere RSU oppure RDF (composto con
potere calorifico relativamente elevato ottenuto dai RSU mediante una serie di
processi quali: vaglio, separazione metalli, macinazione, classificazione,
addensamento, etc). I rendimenti di produzione elettrica sono notevolmente bassi
(circa il 20 %) a causa:
• della necessità di adottare cicli termodinamici a combustione esterna
• di problemi di corrosione della caldaia generati dalle elevate temperature dei
fumi. Ciò è chiaramente evidenziato in figura 1.1 ove è riportato l’andamento
qualitativo della velocità di corrosione dei tubi in una caldaia a recupero da
fumi di RSU in funzione della temperatura di parete dei tubi.
Capitolo primo
3
Fig. 1.1 Andamento qualitativo della velocità di corrosione dei tubi di
una caldaia a recupero da fumi di RSU in funzione della
temperatura di parete dei tubi
• dell’effetto scala ovvero della piccola taglia d’impianto realizzabile
⌢ Conversione in un combustibile intermedio liquido o gassoso (anch’esso chiamato
RDF) tramite pirolisi o gassificazione in reattore atmosferico o pressurizzato. Dopo
un’opportuna depurazione, tale combustibile può essere utilizzato in un combustore
di una turbina a gas o in un motore a combustione interna.
In questo modo si beneficia di una maggior efficienza del processo di conversione
(è possibile raggiungere rendimenti del 30 % per motori alternativi da 400 kW
e
e
superiori al 40 % per cicli combinati da 20 MW
e
). D’altro canto il processo subisce,
però, l’onere energetico della produzione del combustibile intermedio oltre al
consumo del pre-trattamento del RSU per produzione di RDF.
Il forno costituisce il cuore della piattaforma di termodistruzione e dal suo comportamento
dipendono largamente le prestazioni complessive del sistema, anche dal punto di vista
dell’ambiente. Il forno, ove si realizza il processo di combustione può essere:
␢ a griglia mobile
␢ a tamburo rotante
␢ a letto fluido
oppure si possono realizzare processi di gassificazione e/o pirolisi di sostanze a loro volta
combustibili con sistemi che possono essere:
␢ a letto fisso
␢ a letto fluido
Capitolo primo
4
␢ atmosferici
␢ pressurizzati
Nel seguito tali sistemi vengono più ampiamente analizzati e discussi.
1.1.1 Forno a griglia
La tipologia di forno maggiormente utilizzata è del tipo a griglia, anche se tale tecnologia
può essere considerata matura, vengono apportati continui miglioramenti mediante
l’impiego di nuovi materiali o l’applicazione dei risultati degli studi sulla fluidodinamica
della combustione e dello scambio termico con le pareti del generatore di vapore.
La griglia può essere fissa o mobile, su di essa viene formato il letto di rifiuti interessato
dal processo di combustione. I forni a griglia fissa sono caratterizzati da potenzialità molto
piccole e attualmente sono impiegati di rado nel caso di smaltimento di RSU.
I forni a griglia mobile, invece, sono quelli maggiormente utilizzati. Il movimento della
griglia, caratteristico di questo tipo di forni, consente il rimescolamento del rifiuto ed il suo
contatto con l’aria comburente. L’aria necessaria per la combustione viene iniettata parte
sotto la griglia (in quantitativi stechiometrici in relazione al quantitativo di rifiuto presente
sul letto) e parte sopra il letto in modo da permettere il completamento della combustione.
La configurazione della zona di combustione dipende dalle caratteristiche del materiale che
deve essere bruciato ed in particolare dal suo potere calorifico e dalle sue caratteristiche di
infiammabilità. In figura 1.2 è rappresentato lo schema del forno a griglia.
Capitolo primo
5
Fig. 1.2 Forno a griglia
1.1.2 Forno a tamburo rotante
I forni a tamburo rotante sono principalmente costituiti da un tamburo rotante (vedi figura
1.3) inclinato in genere del [1÷ 3 ] % per facilitare il movimento del materiale in presenza
di sostanze solide. La combustione del letto avviene a contatto con la parete del forno
(costituita da materiale refrattario) , mentre la ricarica di nuovo materiale avviene mediante
le testate di carico poste in corrispondenza di una estremità del forno.
Fig. 1.3 Forno a tamburo rotante
Capitolo primo
6
I forni rotanti sono forni a suola e ciò provoca un inefficace contatto tra combustibile e
comburente. Tale contatto può essere incrementato tramite l’introduzione di strutture
interne (palettature che trascinano il materiale dall’alto e poi lo lasciano cadere), che
rafforzino il contatto combustibile comburente. In generale la combustione delle sostanze
volatili che si generano nel processo non è del tutto garantita, appare quindi necessaria
l’utilizzazione a valle del forno di una camera di post-combustione.
1.1.3 Forno a letto fluido
Il combustore a letto fluido è notevolmente diffuso nel campo petrolchimico, nella
termodistruzione di residui di lavorazione di vario tipo ed ultimamente è stato impiegato
per lo smaltimento di rifiuti e specialmente di RDF. La combustione a letto fluido consiste
nel distribuire il combustibile in un letto di elementi inerti, mantenuto allo stato
“fluidizzato” da un flusso di aria comburente che attraversa il letto con un’opportuna
velocità. La temperatura del letto viene controllata asportando calore, in genere mediante
produzione di vapore con fasci tuberi al contorno del letto e in certi casi addirittura inseriti
nel letto stesso. Il combustore a letto fluido è principalmente costituito da un cilindro
verticale in cui il combustibile viene tenuto in sospensione da una corrente d’aria inviata
tramite una griglia posizionata in fondo al cilindro stesso. La quantità di particelle solide
trascinate dal flusso di gas definisce due diverse categorie di FBC (fluidized bed
combustion):
1) A letto bollente: la velocità del gas uscente dal letto è relativamente bassa [1÷ 1.5
m/sec](figura 1.4)
2) A letto circolante: la velocità è assai più elevata [4÷ 8 m/sec] (figura 1.5).I gas in
questo caso trascinano notevoli quantità di solidi
Capitolo primo
7
Fig. 1.4 Schema funzionale di un combustore a letto fluido, di tipo “bollente”
Fig. 1.5 Schema funzionale di un combustore a letto fluido, di tipo “circolante”
I letti fluidi possono essere realizzati ed operare in condizioni molto diverse:
• a pressione atmosferica FBC;
• a pressione elevata (10÷ 18 bar) PFBC.
I letti fluidi pressurizzati sono di particolare interesse nelle applicazioni con turbine a gas.
I vantaggi dei forni a letto fluido sono:
Capitolo primo
8
␢ Valori bassi di emissioni di NO
x
grazie a valori bassi della temperatura di
combustione [800÷ 900°C] (la produzione di NO
x
temico è virtualmente assente per
temperature di 850 °C)
␢ Possibilità di un miglior controllo degli inquinanti in fase di combustione tramite
l’iniezione di additivi per HCl ed SO
2
␢ Ridotto numero di parti meccaniche in movimento
␢ Alta efficienza di combustione a causa dell’elevata turbolenza
1.1.4 Forni ad aria controllata
I forni ad aria controllata (figura 1.6) sono in genere unità di piccole dimensioni di
costruzione modulare. Questi sono costituiti da due camere di combustione, una primaria
ed una secondaria. Nella camera primaria viene caricato il rifiuto con portata controllata.
La portata d’aria insufflata nella camera primaria è in molti casi il 40÷ 70 % della
stechiometrica per cui la camera primaria funziona in genere come gassificatore. Le
sostanze volatili prodotte passano alla seconda camera ove, con aria in eccesso rispetto a
quella stechiometrica, si ha il completamento della combustione.
Dal punto di vista delle emissioni inquinanti, questo sistema è caratterizzato da
concentrazioni molto basse di particolato allo scarico della camera secondaria (10÷ 20 volte
inferiori a quelle caratteristiche di altri sistemi).
Fig. 1.6 Schema del forno ad aria controllata
Capitolo primo
9
1.2 Principali tecnologie per l’utilizzazione dell’energia da RSU
L’energia sviluppata dai dispositivi di conversione può essere sfruttata per:
™ produzione di solo calore
™ produzione di sola elettricità o potenza meccanica
™ produzione combinata di elettricità e calore (cogenerazione)
Tecnologie adottabili per produrre:
Filosofia di
utilizzo RSU
Calore elettricità calore+ elettricità
Combustione
diretta RSU o
RDF
Forno + Caldaia per
produzione vapore o
acqua calda
Forno + ciclo a
vapore a
condensazione
Forno +
1. Ciclo a vapore a
contropressione
2. Ciclo a vapore a
condensazione e
spillamento
Pirolisi
gassificazione +
depurazione
Caldaia per
produzione vapore o
acqua calda
In funzione della qualità di RDF:
a) Ciclo a vapore
b) Motore alternativo
c) Turbogas/ciclo combinato
Nella figura 1.7 viene riportato lo schema di un ciclo a vapore a condensazione per un
impianto di termovalorizzazione di RSU (p.c.i. 9212 kJ/kg) da 500 t/giorno mentre in
figura 1.8 viene riportato lo schema di un ciclo a vapore a contropressione per la
produzione combinata di elettricità e calore a 111 °C.
Capitolo primo
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Fig. 1.7 Ciclo a vapore a condensazione
Fig. 1.8 Ciclo a vapore a contropressione
Capitolo primo
11
1.3 Sistemi di controllo delle emissioni gassose
Il controllo delle emissioni gassose prodotte dall’incenerimento di rifiuti è realizzabile con
interventi preventivi ed opportune tecnologie di depurazione dei fumi.
I primi sono indirizzati alla riduzione della formazione di alcuni inquinanti, e
comprendono una serie di accorgimenti impiantistici e gestionali volti all’ottimizzazione
delle reazioni di combustione ed alla minimizzazione dell’attività di importanti percorsi di
riformazione a valle delle zone di combustione.
I trattamenti depurativi devono garantire elevata efficienza nella rimozione del
particolato e dei metalli ad esso associati, nonché dei gas acidi e di alcuni microinquinanti
organici presenti in fase vapore.
Le tecnologie di depurazione dei fumi sono molteplici tra le quali ricordiamo:
• I sistemi convenzionali:
o Sistema di depurazione a secco
o Sistema di depurazione a semisecco
o Sistema di depurazione ad umido
o Sistema di depurazione ad umido con lavaggio a due stadi
o Sistema di depurazione ad umido con depolveratore
• I sistemi avanzati:
o Sistema di depurazione a secco con dosaggio di adsorbente
o Sistema di depurazione a semisecco con dosaggio di adsorbente
o Sistema di depurazione ad umido con condensazione, rimozione aerosoli e
denitrificazione catalitica selettiva
o Sistema di depurazione ad umido con adsorbimento finale
L’evoluzione in senso restrittivo delle normative sulle emissioni inquinanti da processi di
termodistruzione di rifiuti richiede sistemi di controllo complessi basati su entrambe le
Capitolo primo
12
tipologie d’intervento. Le configurazioni impiantistiche più avanzate dei sistemi di
depurazione sono particolarmente efficaci nel controllo di microinquinanti difficilmente
condensabili (mercurio e organoclorurati soprattutto) e provvedono anche alla rimozione
degli NO
x
Tra le configurazioni particolarmente avanzate sono da segnalare il sistema di
riduzione non catalitico (SNCR = selective non catalytic reduction”) e quello catalitico
(SCR = selective catalytic reduction) che saranno brevemente presentati.
1.3.1 Tecnologia di riduzione non catalitica degli NO
x
In un processo di combustione la formazione degli NO
x
termici è inevitabile e dipende dai
picchi di temperatura raggiunti nelle zone di fiamma. La tecnologia di riduzione catalitica
utilizza come elemento riducente l’urea CO(NH
2
)
2
sotto forma di soluzione acquosa. La
reazione di riduzione avviene a temperature dell’ordine di 800-1100 °C. Dalla molecola di
urea in forma gassosa si scinde il gruppo NH
2
. A sua volta l’ammoniaca prodotta reagisce
con i radicali
−
OH ottenuti dalla dissociazione termica della molecola di acqua, per
formare gli ioni
−
2
NH . Il processo effettivo di riduzione del monossido di azoto avviene
secondo la reazione : OHNNONH
222
+→+
−
. Con l’aumento della temperatura tende ad
essere favorita la reazione di ossidazione dei gruppi NH
2
dell’urea, che libera ulteriori
NO
x.
. Quindi per favorire la reazione di riduzione del monossido di azoto, la soluzione di
urea è additivata con opportuni catalizzatori che allargano il campo di temperatura di
riduzione degli NO
x
.
La presenza dell’ammoniaca, inoltre, determina anche una riduzione dell’emissioni di
diossine a valle della caldaia grazie ad un effetto di inibizione dell’attività catalitica delle
ceneri volanti nei processi di riformazione a bassa temperatura.
Un esempio di configurazione impiantistica avanzata che adotta la tecnologia SNCR è
riportata in figura 1.9.