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L’approccio tecnico è basato su tre principali premesse:
1. Il mercato sconta tutto. Questo principio costituisce la base di qualsiasi regola
di analisi tecnica: l’analista tecnico ritiene che qualunque fatto, notizia o
evento che possa influenzare il prezzo di un titolo sia già riflesso nel prezzo di
mercato. Egli perciò assume che uno studio approfondito di prezzi e volumi
sia tutto ciò che è necessario per predire futuri movimenti di domanda e
offerta. A differenza degli analisti fondamentali, quelli tecnici non si
preoccupano di indagare le ragioni di un aumento o di una caduta dei prezzi,
che considerano non necessarie nel processo di previsione: i movimenti dei
prezzi semplicemente riflettono la psicologia rialzista o ribassista del mercato.
2. I prezzi si muovono in trend. Un trend in moto è più facile che continui
piuttosto che si inverta: questo corollario, proposto da Murphy (1999), è
un’applicazione della prima legge del moto di Newton ai mercati finanziari.
La gran parte delle regole tecniche di trading azionario sono perciò basate
sull’identificazione di trend da cavalcare fino al momento in cui il mercato
non presenti sintomi di inversione.
3. La storia si ripete nel corso del tempo. Questa terza premessa è basata sulla
convinzione che la psicologia degli esseri umani reagisca sempre nello stesso
modo in risposta agli stessi impulsi esterni nel corso del tempo. In modo
analogo, le figure grafiche identificate e categorizzate nelle ultime decine di
anni dovrebbero riflettere la stessa psicologia rialzista o ribassista del mercato
azionario.
Nonostante moltissimi trader professionisti utilizzino l’analisi tecnica, fino alla
pubblicazione dello studio di Brock, Lakonishok e LeBaron (1992) la gran parte
dell’ambiente accademico non aveva ancora riconosciuto la validità di questi metodi,
preferendo invece la molto più teoretica analisi fondamentale. La principale
differenza tra le due scuole consiste nel fatto che l’analisi tecnica concentra il proprio
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studio al movimento del mercato, mentre i fondamentalisti si focalizzano sulle forze
economiche di offerta e domanda che stanno dietro ai movimenti dei prezzi verso
l’alto, verso il basso o laterali. Ovvero, gli analisti fondamentali esaminano tutti quei
fattori rilevanti che possano influenzare il prezzo di un titolo azionario al fine di
determinarne il suo valore intrinseco. Nonostante le due teorie sembrino opposte e
quindi alternative, in realtà sono per certi aspetti complementari e ciò è confermato
dal fatto che molti trader le utilizzano entrambe per operare nel mercato. Sia
l’approccio tecnico che quello fondamentale possono essere utilizzati nella processo
di previsione del corso azionario. Tuttavia, solo attraverso l’analisi tecnica l’analista
finanziario può determinare il timing, ovvero gli specifici momenti di entrata e di
uscita dal mercato, e soprattutto l’analisi tecnica è caratterizzata da una forte
adattabilità potenzialmente a qualunque strumento trattato e a qualsiasi dimensione
temporale. I loro differenti obiettivi dimostrano come possono essere utilizzate in
modo complementare piuttosto che alternativo.
Un’altra teoria contrapposta all’approccio tecnico, ben sviluppata all’interno della
comunità accademica, è la cosiddetta “Random Walk Theory”, originariamente
proposta da Kendall (1953) e divenuta più popolare dopo la pubblicazione dell’opera
“A Random Walk Down Wall Street” da parte di Malkiel (1973). Tale teoria, basata sulle
“Efficient Market Hypothesis” sviluppate da Fama (1965), sostiene che i cambiamenti di
prezzo siano serialmente indipendenti, seguano una qualche distribuzione di
probabilità e pertanto i movimenti passati del prezzo di un titolo non rappresentino
un indicatore affidabile della direzione futura. Il fatto che i movimenti di prezzo
siano casuali e non prevedibili implica perciò che la migliore strategia da utilizzare
nel mercato sia una strategia passiva, ovvero una semplice strategia “buy and hold”,
ovvero acquistare e mantenere il titolo a lungo in portafoglio. Tuttavia, anche se è
altamente dubbio che l’evidenza statistica provi o smentisca totalmente la Random
Walk Theory, se i mercati fossero veramente e completamente casuali, nessuna
strategia di previsione porterebbe a buoni risultati.
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L’analisi tecnica è oggi divisibile in due scuole principali, i “chartisti” e gli analisti
tecnico-quantitativi, anche se i due tipi di analisi vengono generalmente utilizzati
dagli stessi trader come conferma l’uno dell’altro.
Nel caso dei “chartisti”, lo strumento di analisi primario è la lettura dei grafici,
spesso supportata da strumenti quantitativi come le medie mobili. Essi utilizzano la
lettura dei grafici rappresentanti prezzi e volumi dei titoli finanziari per identificare
figure particolari da associare a segnali di acquisto o di vendita e a livelli di supporto
o resistenza. Queste figure possono essere di due tipi: di continuazione, se per
esempio danno luogo ad un segnale bullish nel corso di un trend rialzista, o di
inversione, se prevedono un cambiamento della direzione del trend in corso. La
figura grafica probabilmente più utilizzata e conosciuta è il cosiddetto “testa e
spalle”. Tuttavia, la lettura dei grafici è qualcosa di estremamente soggettivo e perciò
altamente dipendente dalle capacità del trader che la pratica.
Al contrario, gli analisti tecnico-statistici basano le loro strategie di trading
principalmente sullo studio di indicatori quantitativi, spesso utilizzati per la
creazione di sistemi di trading automatici. Come le figure “chartiste”, tali indicatori
hanno il fine ultimo di generare segnali di acquisto o di vendita, ma sono spesso
utilizzati come strumenti di supporto ad altre strategie di trading. Lo strumento più
utilizzato e conosciuto tra tutti gli indicatori statistici di analisi tecnica è la media
mobile, presente nel panorama del trading azionario sotto una varietà di differenti
forme e tipologie.
Come già detto in precedenza, a partire dall’articolo di Brock, Lakonishok e LeBaron
(1992), che evidenziò il fatto che semplici forme di analisi tecnica possono prevedere
in modo significativo i movimenti del prezzo del Dow Jones Index, molti accademici
hanno cominciato a considerare l’esistenza di un potenziale valore in queste teorie.
Oggi, tutte le principali case di trading e brokeraggio pubblicano commentari tecnici
sul mercato o su specifici titoli individuali e molte delle newsletter pubblicate nel
settore sono basate su considerazioni di tipo tecnico. Nel corso degli ultimi anni un
numero sempre maggiore di ricercatori ha cercato di provare la redditività delle
regole di analisi tecnica in differenti mercati e con risultati alterni.
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Obiettivo di questo studio è valutare la redditività delle regole di analisi tecnico-
quantitativa e definire quali di queste sono più profittevoli, applicate sul mercato
azionario italiano.
Le successive sezioni saranno organizzate come segue:
La sezione 2 sarà dedicata alla presentazione delle basi teoriche e divisa in due parti:
la prima parte descriverà le principali figure “chartiste” di continuazione e di
inversione, mentre la seconda passerà in rassegna i principali strumenti quantitativi,
ovvero medie mobili ed oscillatori.
La sezione 3 presenterà una panoramica delle ricerche effettuate in passato
sull’argomento.
Nella sezione 4 verrà esposta la metodologia utilizzata per scegliere, da un lato, i
campioni necessari al test empirico e, dall’altro, le regole di analisi tecnica da essere
analizzate.
La sezione 5 servirà ad esporre, commentare ed interpretare i risultati dello studio
empirico.
Infine la sezione 6 concluderà il lavoro con una sintesi dei principali risultati ottenuti.
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SEZIONE 2A – LE PRINCIPALI FIGURE GRAFICHE
Esistono due macro-categorie di figure (o formazioni grafiche), quelle di inversione e
quelle di continuazione. Come il nome stesso suggerisce, le figure di inversione
indicano che un importante cambiamento di trend sta per verificarsi. Le figure di
continuazione, d’altro canto, implicano che il mercato si è solo fermato per un breve
periodo, probabilmente per correggere condizioni di ipercomprato o ipervenduto,
per poi riprendere il corso del trend in precedenza intrapreso.
Questa prima parte della sezione 2 è dedicata alla presentazione delle principali
formazioni grafiche di inversione e di continuazione. Prima però di approfondirle nel
dettaglio è necessario un breve preambolo per dotare il lettore degli strumenti
necessari alla comprensione delle parti successive.
2A.1 Le fondamenta dell’analisi grafica
Questo capitolo svolge la funzione di anticamera all’esposizione delle principali
figure di inversione e di continuazione che verranno presentate più avanti. Il suo
obiettivo è di esporre i concetti chiave che stanno alla base delle teorie di analisi
tecnica grafica.
2A.1.1 Basi di rappresentazione grafica
Nonostante l’evoluzione delle metodologie utilizzate dall’analista tecnico abbia
arricchito notevolmente la disponibilità di strumenti di carattere quantitativo,
l'approccio grafico rimane pur sempre il metodo di lavoro primario e costituisce
ancora oggi uno strumento il cui successo dipende in larga misura dall’abilità del
singolo; per questo può essere opportuno esaminare brevemente le possibili
rappresentazioni grafiche dei valori di mercato di un titolo di cui l’analista si può
avvalere.
I grafici delle serie storiche di prezzo vengono rappresentati su piani cartesiani che
riportano generalmente il tempo in ascissa ed i valori in ordinata. Per quanto
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riguarda la scala temporale è opportuno scegliere appropriatamente la cadenza di
rilevazione dei dati e del numero di osservazioni che compongono il grafico da
analizzare; tali scelte condizionano infatti in modo sostanziale non solo il tipo di
operatività, ma anche l’ottica dell’investimento. Vengono utilizzati grafici a
rilevazione oraria prevalentemente per l’operatività di trading speculativo su attività
nelle quali i costi di transazione sono poco rilevanti, come ad esempio valute e
futures. Al contrario grafici a rilevazione giornaliera vengono utilizzati nell’analisi di
attività finanziarie caratterizzate da costi di transazione non trascurabili: è questo il
caso dei titoli azionari.
La scala delle ordinate può essere di tipo lineare o di tipo logaritmico. La differenza
sostanziale tra i due tipi di rappresentazione consiste nel fatto che, nel primo caso, a
variazioni di prezzo uguali corrispondono sul grafico segmenti uguali, mentre, nel
secondo caso, a variazioni percentuali uguali corrispondono, con adeguata
approssimazione, segmenti uguali.
Se la serie storica da analizzare è caratterizzata da una tendenza definita, la
differenza grafica tra le due rappresentazioni è tanto più evidente quanto più esteso è
il periodo di osservazione.
Exhibit N. 1 – FIAT: Scala di prezzo lineare (sinistra) e logaritmica (destra) per la medesima serie di
dati
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Per questo motivo l’analisi tecnica di una serie storica di lungo periodo viene
generalmente effettuata prendendo in considerazione grafici con scala di tipo
logaritmico.
Si è parlato fino a questo punto delle diverse dimensioni possibili assunte dalla
variabile tempo in ascissa e dalla variabile prezzo in ordinata, in funzione degli scopi
e dell’oggetto di cui l’analisi tecnica si occupa. Veniamo ora ad analizzare la
rappresentazione grafica stessa, ovvero le possibili configurazioni che una serie
storica di prezzi azionari può assumere. L’analisi grafica di una serie di prezzi di
mercato può essere condotta generalmente con l’ausilio di:
− grafici con metodo lineare (close only charting)
− grafici con metodo a barre (bar charting)
− grafici a candela (candlestick charting)
− grafici punto e croce (point & figure)
Il grafico lineare è quello di più semplice elaborazione: si costruisce congiungendo
esclusivamente le quotazioni di chiusura per ogni giornata di contrattazione. Il
grafico presenta dunque il difetto di non mostrare tutti i prezzi a cui i titoli sono stati
scambiati, tranne quelli di fine giornata. Per questo motivo, negli Stati Uniti viene
adottato molto raramente, in quanto ritenuto poco significativo. In Italia è stato
spesso utilizzato in passato, principalmente per via della mancanza, per molti titoli
ed anche per gli indici di mercato, dei dati relativi a minimi e massimi registrati
durante le giornate di contrattazione . Attualmente anche nel nostro paese si assiste
ad un progressivo abbandono di questo tipo di rappresentazione grafica.
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Exhibit N. 2 – ENEL: Grafico lineare, Giugno - Ottobre 2007
La costruzione del grafico a barre è così fatta: per ogni giornata di contrattazione di
borsa, si segnano sul grafico le quotazioni del titolo per mezzo di una barretta
verticale, la cui base rappresenterà il minimo della giornata e l’altezza il massimo; un
segno orizzontale apposto sulla sinistra della barra rappresenterà il prezzo di
apertura, mentre un segno orizzontale sulla destra segnerà il prezzo di chiusura.
Ogni giorno si segnerà una nuova barra, dando così forma al grafico. Un grafico a
barre non deve necessariamente essere giornaliero: ci si può riferire ad intervalli di
tempo cosiddetti intra-day (ad esempio un grafico orario), così come a periodi
settimanali o mensili; naturalmente più larga è la base di riferimento, minore è il
dettaglio evidenziato dal grafico. Un elemento importante, che viene frequentemente
inserito nella parte inferiore del grafico, è il volume, che rappresenta l’ammontare
totale di titoli scambiati nella giornata di contrattazione. Il volume viene
rappresentato da una barra verticale ai piedi del grafico, in corrispondenza della
barra del prezzo per lo stesso giorno. Una barra più alta sta a significare che il
volume di quel giorno è stato molto forte, mentre una barra più bassa evidenzia un
volume più debole. Frequentemente negli Stati Uniti vengono incluse poi non solo
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informazioni di tipo tecnico, ma anche alcuni dati di tipo fondamentale; in un piccolo
spazio del grafico si potranno trovare perciò fatturato, dividendi, profitti e altre
variabili economiche e patrimoniali.
Exhibit N. 3 – ENEL: Grafico a barre, Giugno - Ottobre 2007
Il grafico a candele si costruisce a partire dalle stesse informazioni presenti in un
grafico a barre (apertura, massimo, minimo, chiusura), ma si disegna in modo
differente. L'intera barra viene infatti suddivisa in tre parti distinte: la parte
rettangolare della candela è detta corpo e rappresenta l’intervallo tra il prezzo di
apertura e di chiusura della sessione. Quando il corpo è nero (o pieno) vuol dire che
il prezzo di apertura è superiore al prezzo di chiusura, ovvero la base superiore del
rettangolo corrisponde al valore dell'apertura. Quando, invece, il corpo è bianco (o
vuoto) significa che il prezzo di chiusura è superiore a quello di apertura, cioè
l'aperture forma la base inferiore e la chiusura la base superiore. Le linee sopra e
sotto il corpo sono denominate ombre e rappresentano i prezzi estremi della
sessione: l’ombra sopra il corpo è detta “upper shadow” e congiunge il massimo della
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sessione; l’ombra inferiore è chiamata “lower shadow” e congiunge il minimo della
sessione.
Una candela nera presuppone un mercato ribassista con le forze orso predominanti;
una candela bianca porta invece a pensare ad una certa pressione rialzista del
mercato, che dopo l'apertura fa registrare prezzi in crescita. La candela giapponese
costituisce dunque un modo peculiare di interpretazione dei quattro prezzi
emergenti da una sessione di borsa, che ha il pregio di fornire una percezione visiva
ed immediata della psicologia corrente di mercato.
Exhibit N. 4 – ENEL: Grafico a candele, Giugno - Ottobre 2007
Il grafico punto e croce (Point & Figure) è una rappresentazione molto peculiare, in
quanto riporta esclusivamente la dinamica dei prezzi, a prescindere dalla dimensione
temporale; si costruisce infatti mediante una combinazione di circoli (O) e croci (X); le
X rappresentano convenzionalmente un incremento delle quotazioni, mentre le O un
decremento. L’analista dovrà decidere, sulla base della propria esperienza e della
variabilità della serie storica sottostante, quale sia la percentuale di variazione
rappresentata da ogni simbolo; in altre parole egli dovrà definire l’ampiezza di
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ciascun movimento unitario. Inoltre dovrà essere stabilita l’entità dell’inversione di
tendenza, ovvero il numero minimo di segni che si ritiene indicativo per un
cambiamento del trend di mercato; in questo modo si potrà rendere la
rappresentazione grafica più o meno sensibile ai cambi di direzione del prezzo, in
risposta al tipo di analisi che viene effettuata. Per la costruzione specifica del grafico
si può procedere come segue: innanzitutto, partendo dal prezzo di chiusura di un
giorno base di quotazione, si appone un segno X (un segno O) nella casella
corrispondente solo nel caso in cui la tendenza ascendente (discendente) sia
maggiore in valore assoluto del numero minimo di box d’inversione stabilito in
precedenza (ad esempio tre). Verranno segnati altri X (O) nella medesima colonna,
sopra (sotto) la prima casella fino a raggiungere la fascia dei prezzi nella quale è
compreso il prezzo massimo (minimo) della giornata. Il giorno successivo possono
verificarsi tre situazioni:
1. il prezzo massimo (minimo) ricopre interamente una casella ancora superiore
(inferiore); in questo caso si incolonneranno altre X (O), sino al
raggiungimento del livello opportuno
2. il prezzo massimo (minimo) non risulta superiore (inferiore) al prezzo
identificato dall’ultimo segno X (O); occorre allora considerare il prezzo
minimo (massimo). Se quest’ultimo si situa almeno tre caselle più in basso
(più in alto) della casella più alta (più bassa) contenente un segno X (O) si
dovranno iscrivere, iniziando dalla casella appena inferiore (superiore) al
segno X (O) più elevato, tanti segni O (X) quanti bastano per raggiungere la
fascia di prezzo dove è compreso il minimo (massimo) considerato
3. il prezzo massimo (minimo) non aggiunge altre X (O) ed il prezzo minimo
(massimo) non è almeno tre box sotto (sopra) la più alta X (il più basso O); in
questo caso non si procederà a nessuna iscrizione e si attenderà una prossima
seduta maggiormente dinamica in una delle due direzioni.
I motivi che conducono all’utilizzo di questa particolare rappresentazione grafica
sono diversi. Innanzitutto la mancanza di oscillazioni di prezzo e variazioni di
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tendenza considerate ininfluenti dall’analista, consente di evidenziare chiaramente la
tendenza primaria di fondo; in secondo luogo è possibile raggruppare le quotazioni
di più anni in uno spazio molto limitato, a differenza di qualsiasi altro grafico;
risultano molto evidenti inoltre i livelli di supporto e di resistenza più importanti e
sono generalmente più affidabili le previsioni di prezzo in base a particolari
formazioni grafiche. La differenza tra grafico a barre e grafico point & figure risulta
dunque evidente; il primo viene disegnato ad intervalli determinati,
indipendentemente dal fatto che siano state o meno registrate variazioni dei prezzi,
mentre un nuovo simbolo tracciato in un grafico punto e croce corrisponde sempre
ad una variazione di prezzo di un determinato ammontare. L’asse temporale non è
quindi presente in questo secondo tipo di grafico, e, se si pone sull’asse orizzontale
una scala dei tempi (rilevando ad esempio la data di inizio/fine di una tendenza),
questa non è lineare; si può affermare dunque che la scansione temporale è definita
dalla dinamica dei prezzi. Nonostante le importanti peculiarità che lo caratterizzano,
il grafico punto e croce viene utilizzato piuttosto raramente nella realtà, in primo
luogo poiché si tratta di un approccio di medio-lungo periodo che contrasta con il
diffuso utilizzo dell’analisi tecnica a scopo speculativo ed in secondo luogo per via
dell’articolata procedura di costruzione che richiede, oltre ad un software
specializzato, scelte discrezionali da parte dell’analista.
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Exhibit N. 5 – ENEL: Grafico punto e croce, Giugno - Ottobre 2007
2A.1.2 Concetti base di trend
Il concetto di trend è assolutamente essenziale all’approccio tecnico dell’analisi di
mercato. La gran parte degli strumenti dell’analista tecnico infatti – livelli di
supporto e di resistenza, figure grafiche, medie mobili, linee di tendenza (trendline),
etc. – hanno il solo fine di supporto alla misurazione e comprensione del trend di
mercato.
In senso generale, il trend è semplicemente la direzione in cui il mercato si sta
muovendo. Tuttavia i valori di mercato non si muovono sempre linearmente, ma
sono caratterizzati da piccoli passi in differenti direzioni, ovvero da picchi e ribassi.
La direzione di questi picchi e ribassi costituisce il trend di mercato: il movimento
verso l’alto, il basso o laterale di questi alti e bassi fornisce all’analista la direzione del
trend.
Il trend ha non due, bensì tre direzioni. Un trend rialzista è caratterizzato da una
serie di successivi massimi e minimi crescenti; un trend ribassista al contrario è