7
seguito un notevole ampliamento del mercato, una rilevante crescita dei tassi di
sviluppo, ed un considerevole aumento del numero degli acquirenti.
Da un’attenta segmentazione del mercato emerge che il target dei luxury
consumers italiani è composto da individui che risiedono nel Centro Nord (64%) e
per due terzi (66%) sono donne; hanno una formazione universitaria, sono
recettivi a nuove informazioni e tendenze e fanno un uso massiccio di Internet
1
.
La classe socio-economica è quella medio-alta, con un rilevante numero di
appartenenti alla classe media, specie in riferimento ai consumatori saltuari.
Questi dati, a conferma dell’assunto che, ormai, il lusso interessa vasti strati
sociali, in linea con l’attuale convergenza tra concetto di lusso e lifestyle.
Intimamente collegato con il mercato del lusso è il settore della moda, che
rappresenta una sorta di mercato adiacente, poiché gran parte delle categorie
merceologiche appartenenti al lusso, sono prodotti di moda: abbigliamento,
calzature, pelletteria, accessori. La correlazione è tale che sempre più spesso si
assiste alla penetrazione delle maggiori griffe anche nel comparto gioielli, con
ottimi risultati, mentre, invece, non è frequente il fenomeno contrario.
L’analisi dei processi produttivi, dei tempi di sviluppo e dei passaggi
interni, prima che il prodotto arrivi alla tanto attesa passerella, è stato utile per
comprendere le dinamiche dell’azienda Tod’s, che punta molto sul carattere di
artigianalità delle sue produzioni. Infatti, date queste premesse, il case study
rappresenta il vero e proprio punto d’arrivo della analisi da me svolta.
La Tod’s S.p.A. è un’azienda con una strategia di crescita chiara, che non ha
debiti e si autofinanzia, con tre marchi distinti ma correlati e che si occupa
principalmente di calzature, pelletteria, accessori moda e abbigliamento, con il
chiaro obiettivo di inserirsi anche nel mercato degli occhiali da sole.
E’ la storia di come un calzaturificio delle marche è riuscito a divenire
un’azienda leader nel settore, conosciuta a livello mondiale e sviluppata su molti
mercati internazionali.
In realtà, è proprio la dimensione “locale” del distretto produttivo di
Sant’Elpidio, in provincia di Ascoli Piceno, la vera forza del gruppo Tod’s, che in
1
Ricerca condotta attingendo a dati provenienti da fonti differenti. Cfr.
http://www.deluxeportocervo.com
8
questo modo riesce perfettamente a coniugare il lusso con l’artigianalità e il gusto
per l’arte; il tutto rigorosamente “Made in Italy”.
Va senz’altro affermato, che l’indagine condotta sullo sviluppo ed il
successo di tale, ormai, illustre azienda, è stata resa ancor più stimolante dalla
possibilità di effettuare un’ intervista personale al Dott. Diego Della Valle,
presidente del Gruppo, cui va inevitabilmente rivolto un sincero ringraziamento
per l’opportunità che mi ha concesso e per il tempo che mi ha destinato.
Mi è sembrato, pertanto, opportuno inserire il testo di tale intervista
nell’appendice bibliografica, dato l’enorme valore aggiunto che ha fornito alla
trattazione.
9
CAPITOLO I
IL CONCETTO di STRATEGIA
1.1- L’ Impresa e le Strategie
Il termine “strategia d’impresa” è impiegato per individuare un concetto
imprenditoriale relativamente nuovo e complesso. Esso consiste in un insieme di
indirizzi di gestione che definiscono la posizione dell’impresa in rapporto al
mercato e ai prodotti, le direzioni in cui essa cerca di svilupparsi e trasformarsi,
gli strumenti di cui si servirà per far fronte alla concorrenza, i mezzi con cui
penetrerà i nuovi mercati, il modo in cui strutturerà le proprie risorse, i punti di
forza che cercherà di sfruttare e, viceversa, gli aspetti di debolezza che cercherà di
evitare. Strategia è cioè un concetto unificante di tutte le attività d’impresa
2
.
Da alcuni decenni il tema della strategia ha suscitato interesse sempre
maggiore fra studiosi e professionisti del management. Ciò, in parte, è dovuto ai
mutamenti che in concreto si sono avuti nell’ambiente economico e nelle
organizzazioni, a partire dalla crisi petrolifera ed economica della metà degli anni
settanta del secolo scorso.
La strategia emerge come tema centrale in seguito all’aumento del grado
di complessità ambientale ed in particolare in relazione al continuo prodursi di
lacune conoscitive rispetto alla mutata realtà da governare. Tutto ciò rende
obsoleti strumenti direzionali per molto tempo utilizzati dalle imprese, come il
2
I.H. ANSOFF, (1974), La strategia d’impresa, Milano, Franco Angeli Editore.
10
long term planning, ed esalta, invece, le virtù carismatiche ed allo stesso tempo
processuali del decidere e dell’agire strategico
3
.
Il tentativo di fornire una chiave di lettura dinamica dei rapporti fra
impresa e settore passa, a questo punto, necessariamente attraverso la
presentazione del concetto di strategia, un termine sul cui significato e valore
concettuale continua una notevole disparità di vedute. Comunque, fra quanti
riconoscono al concetto di strategia un significativo valore euristico, vi è una
sostanziale convergenza nell’assegnare a questo concetto il ruolo di scelta degli
obiettivi di lungo periodo dell’impresa e quindi delle relazioni fra l’impresa stessa
e l’ambiente in cui essa opera, e innanzitutto il settore, o i settori, di diretta
attività
4
.
In tal senso l’analisi strategica va intesa come prospezione dei diversi
aspetti rilevanti e delle differenti variabili che, di fatto ed in varia misura,
incidono sulla performance della singola impresa: la concorrenza, gli attori e le
loro caratteristiche organizzative e comportamentali; gli aspetti dinamici e
strutturali profondi degli ambiti produttivi; la tecnologia e le risorse e competenze
delle organizzazioni; le diverse opzioni strategiche potenzialmente adottabili dalle
singole imprese; le modalità di attuazione delle opzioni strategiche compresa
l’internazionalizzazione. Tutti questi aspetti devono essere presi in considerazione
e valutati da coloro che, responsabili strategici della conduzione delle singole
imprese, affrontano situazioni complesse caratterizzate da mutamenti esogeni
difficilmente prevedibili e dalla presenza di una molteplicità di attori tra loro
collegati secondo modalità anch’esse complesse e mutevoli nel tempo. Sempre
più spesso, infatti, si osservano nei meccanismi dinamici tra imprese dei
mutamenti dalla collaborazione alla competizione, dalla dominanza al
coordinamento, dalla complementarietà alla sovrapposizione.
In realtà mutamenti strategici hanno luogo in moltissime imprese,
indipendentemente dalla presenza o meno di un’esplicita formulazione strategica
3
W.G. Scott, M. Murtula, M. Stecco (2003), Manuale di management : strategie, modelli e risorse
dell'impresa nell'economia digitale, Milano, Il Sole 24 ore.
4
G. Volpato, (1986), Concorrenza, impresa, strategie, Bologna, Il mulino.
11
da parte dei dirigenti; ma, a seconda dei casi, la natura del cambiamento tenderà
ad essere differente
5
.
Le obiezioni manifestate nei confronti del concetto di strategia possono
invece riassumersi nella seguente casistica:
- il termine strategia non sarebbe che una nuova
“etichetta” per delle problematiche vecchie. Da sempre l’impresa
assume, se non altro nei fatti, degli obiettivi inerenti sia alla
propria strutturazione interna, sia ai rapporti con l’ambiente in
generale e alla concorrenza in particolare
6
.
- L’impresa, in quanto istituzione composta da una
pluralità di soggetti, non ha una propria strategia basata su canoni
di razionalità (nemmeno in via tentativa), ma soltanto un
confronto di interessi fra le parti. Non esiste quindi una strategia,
per lo meno nel senso di progetto coerente d’azione elaborato ex
ante, ma al massimo un sentiero strategico desunto ex post dalla
sequenza di decisioni e di azioni effettivamente realizzatesi
7
.
- Infine vi è una concezione strettamente
behavioristica dell’impresa che nega l’esistenza di un legame di
razionalità fra obiettivi e mezzi a livello individuale, e che basa il
comportamento esclusivamente su routine selezionate dal
meccanismo competitivo del mercato
8
.
In ogni caso, aldilà dell’effettivo grado di razionalità mostrato dalle
imprese e della validità concreta manifestata dagli studi di orientamento
strategico, l’assunzione di un disegno strategico da parte del top management
aziendale appare come un opzione necessaria allo stesso sforzo di analisi del
comportamento dell’impresa
9
.
5
H. I. Ansoff,( 1968), Strategia a aziendale, Milano, Etas Kompass.
6
G. Volpato, (1980), Per una ridefinizione dell’approccio strategico: il ciclo di trasformazione
del settore, in «Economia e politica industriale», n.26.
7
G. Volpato, (1986), op. cit..
8
Cyert e March,(1963), A behavioral Theory of the Firm, Englewood Cliffs, Prentice Hall, trad.
it., Teoria del comportamento d’impresa, Milano, Angeli,1970
9
Un comportamento non teleologico, cioè privo di un progetto, non può essere interpretato, ma
solo descritto. G. Volpato (1963).
12
Come appare evidente, protagonista principale dell’analisi è l’impresa, un
sistema costituito da un insieme di risorse e di attori legati tra loro da relazioni
orientate alla realizzazione di determinate attività
10
.
Il sistema impresa, si articola in un’organizzazione composta da un
insieme di risorse e di attori legati tra loro da relazioni orientate alla realizzazione
di determinate attività. L’economista E. Penrose definisce tale sistema as a
collection of resourse, che però bisogna ben intendere nella sua accezione di
“combinazione” di risorse e attività che si ottiene nel tempo e in uno specifico
ambiente, non in una loro semplice “somma”
11
.
L’impresa è dunque un entità che va compresa in relazione al suo contesto
geografico e storico, dal quale è condizionata e sul quale esercita la sua
influenza
12
.
Essa infatti è intimamente collegata al contesto in cui si evolve, poiché
sopravvive solo attraverso rapporti di scambio con l’esterno, ma è anche in grado
al tempo stesso di conservare determinate condizioni di stabilità interna, almeno
per un certo periodo di tempo della sua vita. In riferimento a quest’ultimo
concetto – la vita – non si deve pensare che per comprendere il ruolo e
l’evoluzione dell’impresa, si possa applicare un modello di tipo biologico; tuttavia
possiamo con certezza parlare di uno sviluppo autopoietico del sistema impresa,
nel senso che è autonomo ed in grado di creare da sé la propria realtà, allo stesso
tempo è morfogenetico, poiché nel corso della sua evoluzione, il sistema trova al
suo interno le condizioni e le risorse per trasformarsi e modificare in maniera più
o meno radicale la propria fisionomia
13
.
Accade, perciò che all’impresa venga talvolta a attribuita, di fatto, la
qualità di soggetto decisionale e agente, con espressioni consuete negli scritti di
economia aziendale e di management quali ad esempio: “l’impresa può reagire
adottando diverse opzioni…”; “di fronte a questa situazione l’impresa decide di
avviare una strategia..”.
10
F. Fontana, M. Caroli, (2003), Economia e gestione delle imprese, Milano, McGraw-Hill.
11
F. Fontana, M. Caroli, (2003), op. cit.
12
I. H. Ansoff, (1974), La strategia d’impresa, Milano, Franco Angeli Editore.
13
F. Fontana, M. Caroli,(2003), op.cit.
13
In realtà l’impresa, in quanto organizzazione, sistema di parti
interconnesse, non decide, non adotta azioni, non intende, non ha i suoi fini e i
suoi obiettivi: sono i soggetti che la animano, le persone che a vario titolo operano
nell’organizzazione che decidono, eseguono, cercano di conseguire risultati ed
obiettivi per realizzare i loro fini.
Infatti come è stato osservato : “…L’impresa è una realtà e una possibilità
al tempo stesso. Come realtà essa è una funzione dei disparati fattori, che hanno
concorso a formarla e a darle il sigillo della sua individualità. Ma fermarsi ad una
combinazione acquisita non basta. Le combinazioni mutano e l’utilità, che quelle
combinazioni sono dirette a produrre, muta anch’essa. E queste mutazioni sono il
portato delle possibilità dell’impresa”.
14
Queste affermazioni evidenziano come la realtà dell’impresa non sia
definibile attraverso la semplice combinazione dei fattori che concorrono a
costituirla o delle motivazioni che inducono i soggetti differenti ad intraprendere
e/o partecipare a qualsivoglia attività economica; essa, piuttosto, emerge dal
compromesso tra le motivazioni indotte e le possibilità che, nel tempo, si
dischiudono dal continuo divenire delle dinamiche tra l’impresa e l’ambiente
15
.
Il complesso delle possibilità percorribili, quali “vie imprenditoriali”,
prende forma dalle continue interazioni che l’impresa riesce a stabilire con i
diversi interlocutori, qualificati come sovra-sistemi, che partecipano alle
dinamiche di contesto
16
.
I sovra-sistemi, pertanto, sono in grado di esprimere e proiettare, con
maggiore o minore intensità, attese e pressioni sull’impresa la quale, al fine di
remunerare adeguatamente i diversi fattori produttivi che di volta in volta si
rendono necessari per lo svolgimento dei processi gestionali e che sono acquisiti
dai sovra-sistemi stessi, avverte la necessità di generare e mantenere elevati gradi
di consonanza e risonanza con il contesto
17
.
14
C. Merlani, (1999), Lineamenti dell’impresa industriale e dell’impresa mercantile, Padova,
Cedam.
15
G. M. Golinelli, (2000), L’approccio sistemico al governo dell’impresa, Padova, Cedam.
16
R. Fazzi, (1984), Il governo d’impresa, Milano, Giuffrè.
17
In questa sede il concetto di consonanza si riferisce all’integrazione tra strutture, ovvero alla loro
compatibilità; la risonanza, invece, qualifica un’interazione sistemica capace di generare armonia
tra le parti, originando una sintesi superiore che travalica quelle manifestate dalle individualità
sistemiche. G. M. Golinelli (2000) op.cit.
14
Dunque, potremmo definire l’impresa come “[…] un insieme o un
raggruppamento che la nostra mente riesce a concepire in modo unitario e
ordinato, in virtù delle connessioni ed interdipendenze che, direttamente, legano
tutte le parti o componenti separate, costituenti l’insieme”
18
.
A partire dagli anni sessanta del secolo scorso, soprattutto sulla spinta
degli studi sistemici sull’impresa provenienti d’oltreoceano, la dottrina si è
orientata maggiormente a definire le possibili qualificazioni sistemiche
dell’impresa, avvalendosi dei progressi realizzati nei molteplici ambiti
disciplinari.
Le prime associazioni metaforiche (impresa come sistema meccanico,
come sistema organico, come sistema meccanico-organico), introdotte mediante il
procedimento analogico, hanno portato a rappresentare l’impresa come un sistema
cibernetico, cognitivo, ecc
19
.
Tra tali impostazioni, merita particolare attenzione quella che qualifica
l’impresa “[…] come un sistema cognitivo, […] in grado di funzionare sulla base
della sua conoscenza e in grado di alimentare continuamente la conoscenza di cui
è dotato”
20
.
Coerentemente con l’impostazione che vede nella conoscenza la
principale capacità di cui un’impresa dispone, si è affermato ancora che “[…]
l’impresa genera […] valore differenziale – rispetto ai competitors – mobilitando
il patrimonio di conoscenze specifiche ereditate dalla sua storia o acquisite
dall’esterno per progettare, costruire e vendere prodotti, processi e relazioni che
incorporano la sua conoscenza e la rendono utilizzabile da parte dei clienti
serviti”
21
.
Nessuna delle interpretazioni suddette è infondata. In effetti, l’impresa può
essere osservata da diversi angoli visuali e può essere effettivamente rappresentata
come sistema, ma ciascun osservatore può privilegiare l’angolo che si rivela più
coerente con i propri obiettivi di ricerca.
18
P. Saraceno, (1972), Il governo delle aziende, Milano, Libreria Universitaria Editrice.
19
G. M. Golinelli, (2000), op.cit.
20
S. Vicari,(1991), L’impresa vivente. Itinerario in una diversa concezione, Milano, Etas.
21
E. Rullani, La conoscenza e le reti: gli orizzonti competitivi del caso italiano, in Sinergie, n.31,
1993, pag. 70.
15
Pertanto nella presente trattazione si farà riferimento all’impresa come
sistema di risorse e di attori, focalizzato sulle decisioni che i primi prendono in
merito alle seconde, e sulle strategie che da ciò emergono.
1.2 – Il concetto di strategia
La precisazione del concetto di strategia, allo scopo di collocarne la
posizione all’interno della catena fini-mezzi in cui si articola il processo decisorio,
può essere elaborata a partire dal fatto che l’acquisizione di un profitto nel lungo
periodo, considerato come l’obiettivo finale dell’impresa operante in una
economia capitalista, non presenta i requisiti necessari ad orientare concretamente
il complesso delle scelte che la struttura dell’impresa è chiamata continuamente ad
assumere. In altre parole l’acquisizione del profitto appare come un metaobiettivo
tanto generico quanto generale e permanente dell’impresa
22
.
Esistono infatti molte vie, molti comportamenti, che possono consentire
all’impresa l’acquisizione di un profitto, tuttavia esso non è in grado di fornire
indicazioni operative sul che fare. Solo ex post è possibile (peraltro non senza
dubbi e difficoltà) esprimere una valutazione di efficacia delle scelte in merito alla
loro capacità di assicurare il profitto. Ex ante un «orientamento al profitto»
potrebbe consentire l’applicazione di regole decisionali solo in ipotesi di
particolare semplicità. Di fronte a due modalità differenti di compiere una certa
operazione economica (per esempio produrre un certo componente) la scelta a
favore della modalità meno costosa in termini di risorse utilizzate appare come
una regola coerente solo se le due scelte alternative producessero esattamente gli
stessi effetti sotto ogni profilo, tranne che in quello del costo.
23
.
Sarebbe allora evidente che l’obiettivo della massimizzazione del profitto
consentirebbe di individuare la soluzione più vantaggiosa. Ma se a fronte di una
differenza di costo si produce anche una qualche variazione di altro genere, il cui
22
G. Volpato, (1986),op.cit..
23
G. Eminente, (1981), La gestione strategica dell’impresa, Bologna, Il Mulino.
16
significato economico pur se evidente non è immediatamente monetizzabile (per
esempio un maggior costo si associa ad una piccola variazione positiva di qualità),
tale quindi da essere portato a rettifica del costo di produzione, il criterio basato
sul profitto diventa inapplicabile. Ciò significa che l’esercizio di una scelta, che
non sia perfettamente e immediatamente (rispetto al momento della scelta)
riconducibile ad una situazione di riduzione dei costi o aumento dei ricavi
(attraverso condizioni di ceteris paribus), richiede la determinazione di obiettivi
concreti basati su una gamma di attributi empiricamente definibili e misurabili
24
.
La strategia è quindi un sistema di obiettivi specifici capace di orientare le
decisioni
25
.
La strategia scelta dal top management di un’impresa potrà essere più o
meno valida (alla prova dei fatti), ma senza una strategia la struttura decisionale
dell’impresa, ai vari livelli gerarchici, non sarebbe in grado di assumere delle
scelte se non applicando arbitrari parametri di scelta, in quanto non coordinati.
Vista questa possibile impostazione, è chiaro che sarebbe possibile operare senza
una strategia (definita ex ante) solo se nell’impresa esistesse un unico soggetto
decisionale a cui spetta anche la più minuta delle decisioni e che dispone di tutte
le informazioni necessarie a stabilire una coerenza fra ciò che si vuole ottenere
(fine) e le alternative di comportamento (scelta)
26
.
Giusta questa impostazione, se ne deduce che gli attributi essenziali della
strategia sono dati dal fatto di avere un orientamento prospettico e una
caratterizzazione empirica specifica. Senza queste due caratteristiche la
definizione di una strategia non è in grado di assolvere alla funzione che le è
propria. E nel contempo ciò spiega perché nello schema teorico neoclassico non vi
sia posto per la strategia. Abbiamo un unico soggetto decisore operante in una
situazione di determinatezza che consente di rapportare ogni scelta, dalla più
complessa alla più minuta, ad una variazione positiva o negativa del profitto
27
.
Molti dei fraintendimenti che sussistono in merito al significato e alla
validità del concetto di strategia, derivano dal fatto che è frequente trovare
24
G. Volpato, (1986),op. cit..
25
S. Faccipieri (1984), Il processo di formulazione e di scelta delle strategie, in L’impresa
industriale, a cura di M. Rispoli, Bologna, Il Mulino.
26
P.M. Ferrando, Impresa, ambiente, processi decisionali e organizzativi, Genova, ECIG.
27
G. Volpato, (1986),op.cit..
17
studiosi che definiscono gli orientamenti strategici in termini così vaghi e generici
da rendere tali obiettivi altrettanto inadatti dal punto di vista operativo del
meccanico riferimento al profitto
28
.
In letteratura è frequente trovare tra gli attributi della strategia anche una
«notevole permanenza nel tempo». Questo aspetto è certamente un probabile
elemento della strategia, ma non un attributo specifico, in quanto la mutabilità
dipende sia dal variare delle condizioni ambientali in cui si trova l’impresa (e
dalla percezione che il top management ha di queste modificazioni), che dalla
capacità organizzativa e comunicativa della struttura aziendale
29
.
Non è quindi facile mutare rapidamente strategia, ma dal punto di vista
concettuale essa dovrebbe essere modificata non appena sono cambiate le
condizioni interne e/o esterne all’impresa.
È inoltre opportuno distinguere dalla strategia il complesso di procedure
logico-formali attraverso cui vengono composti in sistema i tempi, le modalità, le
competenze con cui si estrinseca la funzione decisionale dell’impresa
30
.
Mentre il problema strategico è un problema di decisione in merito ai
contenuti da dare all’azione dell’impresa con riferimento ad una specifica
situazione economica (organizzativa, concorrenziale, sindacale, ecc.), le attività di
planning prendono corpo a partire da un problema di coerenza fra gli obiettivi
(strategia) e le forme di utilizzazione delle risorse disponibili (mezzi)
31
La mancata distinzione fra strategia (strategy) e pianificazione (planning)
ha prodotto non pochi equivoci e contrapposizioni immotivate, quali quelle fra
una concezione della strategia come «sistema di obiettivi» e una come «processo
decisionale» (con l’accento posto soprattutto sul termine processo), e quella fra la
natura «progettuale» della strategia (strategia come «voler essere») e natura
«positiva» come concreto operare dell’impresa. Dovrebbe essere evidente che il
modo attraverso cui si giunge alla formulazione di una strategia è comunque un
28
G. Volpato, (1986),op.cit..
29
L. Zan, Strategia d’impresa: Problemi di teoria e di metodo, Padova, Cedam.
30
G. Volpato, (1986),op. cit..
31
A. Rugiadini (1977), L’organizzazione nelle imprese industriali, in l’Inflazione/Accademia
Nazionale di Ragioneria e di discipline Economiche di Azienda. Vol I: Problemi e risposte per i
diregenti dell’industria, Milano, Giuffrè.
18
processo, se non altro perché la definizione degli obiettivi richiede una confronto
di opinioni fra gli organi dell’impresa dotati di un certo potere decisionale.
Anche nel caso, del tutto ipotetico, di un’azienda gestita in modo
autocratico, la definizione degli obiettivi prende necessariamente corpo nel tempo,
in quanto richiede un lavoro di acquisizione di informazioni e di valutazione delle
convenienze lungo e reiterato, caratterizzato da un riciclaggio di ipotesi e di
verifiche parziali. Nel caso dell’azienda autocratica non si può escludere che il
lavoro di ridefinizione degli obiettivi venga continuamente rimesso in discussione,
ma tutto ciò non toglie che quando l’imprenditore debba passare ad una scelta
concreta egli comunque assumerà dei criteri. E questi giusti o sbagliati che siano
rappresentano la sua strategia
32
.
Nel caso normale di una impresa gestita attraverso una pluralità di poteri
decisionali, anche se distinti per funzione e gerarchia, la definizione della strategia
è, a maggior ragione, il frutto di una serie di mediazioni fra opinioni almeno in
parte contrastanti. Né si può escludere che esistano una pluralità di strategie più o
meno apertamente conflittuali
33
.
Ciò significa solamente che di fronte ad una decisione particolare, il
soggetto incaricato applicherà i criteri e gli obiettivi corrispondenti alla strategia
del gruppo di potere di cui fa parte.
Certamente una situazione del genere crea non poche difficoltà al processo
decisorio complessivo dell’impresa, e rende assai più difficile’ cogliere da una
indagine esterna l’orientamento e i contenuti effettivi della «strategia risultante»,
ma ciò non nega né l’esistenza di uno (o più) disegni strategici né il fatto che la
dimensione «processo» della strategia si sviluppi comunque dalla individuazione
di un sistema di obiettivi, dal momento che la razionalità strategica non è di tipo
tecnico-formale, ma pratico-sostanziale
34
.
Analogamente una strategia non può non avere uno specifico contenuto
progettuale (il cosiddetto «dover essere») e, allo stesso tempo, il top management
di un’impresa non può configurare questo «dover essere» in modo totalmente
32
G. Volpato, (1986), op.cit.
33
G. Volpato, (1986),op.cit..
34
S. Faccipieri (1984), op.cit.
19
sganciato dai vincoli dell’ambiente concorrenziale e dai limiti finanziari,
tecnologici, organizzativi, sindacali, ecc
35
.
Nel contempo dovrebbe essere altrettanto chiaro che la gerarchia logica
che pone la strategia davanti alla pianificazione, non implica affatto una gerarchia
in termini di importanza per l’acquisizione del risultato economico. La
realizzazione puntuale e rigorosa degli obiettivi prefissati, anche se lacunosi, può
comunque assicurare un risultato apprezzabile, che invece una impostazione degli
obiettivi ottimale può non consentire a causa di una inefficace traduzione pratica.
Solo di fronte ad un caso concreto sarebbe possibile tentare una valutazione
(peraltro assai difficile) di pregi e difetti del momento decisionale e di quello
realizzativo
36
.
Di fronte alla natura empirica e specifica (riferita cioè ad una particolare
impresa, operante in un particolare settore, in un particolare momento)
dell’impostazione strategica, gli «studi di strategia» incontrano le difficoltà
proprie di una argomentazione tendenzialmente generalizzante.
Si tratta di un problema insolubile da un punto di vista rigorosamente
logico, se non nella forma di analitico rapporto di consulenza con l’impresa, che
arrivi fino all’estrinsecazione della struttura degli obiettivi su cui si ritiene
opportuno puntare, una volta effettuata una previsione dell’andamento futuro delle
variabili non condizionabili da parte dell’impresa, e analizzata la potenzialità delle
risorse effettivamente mobilitabili
37
.
A questo punto però diviene chiaro che, anche assumendo una totale
perfezione nella definizione della strategia per l’impresa, non è possibile dedurne
in modo automatico alcuna estensione generalizzante per altre imprese operanti
nello stesso settore o anche per la stessa impresa colta in un momento diverso;
l’applicabilità delle analogie può esistere, ma va giustificata con un nuovo esame
ad hoc
38
.
Di fronte a questo problema gli studi a carattere strategico individuano un
ampio ventaglio di comportamenti ritenuti corretti in presenza di particolari
35
L. Zan, op. cit..
36
G. Volpato, (1986),op.cit..
37
G. Volpato, (1986),op.cit
38
S. Faccipieri (1984),op. cit.
20
determinazioni del rapporto impresa-concorrenza-mercato. Gli esempi più
conosciuti di questo approccio sono relativi alla definizione di:
— strategie di crescita,
— strategie di differenziazione,
— strategie di diversificazione,
— strategie di integrazione verticale, ecc.
Eventualmente questo genere di impostazione può essere ulteriormente
arricchito attraverso un incrocio con «modalità orizzontali» del possibile
comportamento d’impresa:
— strategie offensive,
— strategie difensive,
— strategie collusive, ecc.
Nella sostanza si tratta di individuare una molteplicità di scenari possibili
per il settore o i settori in cui opera l’impresa, scenari che definiscono il
complesso delle variabili non controllabili da una singola impresa, e di dedurne
una serie di obiettivi rapportabili alle possibili posizioni che un’impresa può
assumere nella gerarchia concorrenziale, che rappresenta il modo per avvicinarsi
alla caratterizzazione interna dell’impresa (in realtà assai più complessa). Si tratta
di un modo di procedete indubbiamente utile. I limiti di questa impostazione sono
presenti più sul piano operativo che su quello logico e derivano dal fatto che in
questo modo si evita di esplicitare la teoria che sta alla base della definizione dello
scenario e degli specifici comportamenti
39
.
L’aspetto descrittivo del rapporto tra impresa e ambiente tende
sistematicamente a sfumare il vero problema strategico che sta nella
interpretazione (potremmo dire «decifrazione») prospettica del rapporto fra
impresa e ambiente.
In altre parole questo approccio tende a elaborare una impostazione
generica ma lascia in misura completa al soggetto o ai soggetti decisori la
responsabilità di giudicare se la fattispecie concreta con cui si devono misurare
abbia o meno i caratteri evidenziati da una delle situazioni ipotizzate.
39
G. Volpato, (1986), op.cit