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1.2 DEFINIZIONE DI NANOTECNOLOGIA
La Nanotecnologia è il settore della tecnologia che si occupa dello sviluppo di
materiali e prodotti industriali caratterizzati da dimensioni della struttura interna o
dell'oggetto finito inferiori a 100 nanometri (1 nm = 10
-9
m, ovvero un miliardesimo
di metro).
La nanotecnologia è la previsione di una tecnologia di costruzione capace di fornire
un controllo totale e a costo ridottissimo della struttura della materia. Spesso il
termine è stato usato per far riferimento a qualsiasi tecnica capace di funzionare su
scale al di sotto del micron. L'uso più comune, comunque, si riferisce al controllo
della struttura della materia su scala nanometrica, il che si traduce nella capacità di
controllare la disposizione degli atomi. Questa capacità richiederà lo sviluppo di
strumenti chiamati assemblatori.
La nanotecnologia, oggi in fase di sviluppo, porterà alla creazione di nuovi materiali,
con composizione chimica e proprietà chimico-fisiche definite in modo estremamente
preciso, per la realizzazione di strutture di grande durezza e di componenti per
computer altamente miniaturizzati. Consentirà inoltre la messa a punto di metodi
rivoluzionari nelle tecniche chirurgiche e nella fabbricazione industriale, prima fra
tutte la manipolazione atomo per atomo.
Il termine “nanotecnologia” fu coniato nel 1974 dallo scienziato giapponese
Taniguchi Norio, che lo utilizzò per la prima volta in un articolo dedicato ai
fondamenti della tecnologia su scala nanometrica. Fu tuttavia l’opera dell’ingegnere
statunitense Eric Drexler, Engines of creation (1986), che ne sancì la diffusione. Eric
Drexler, nel 1976, definì così la ”sua” scienza: ”una tecnologia a livello molecolare
che potrà permettere di porre ogni atomo dove si vuole che esso stia. Chiamiamo
questa capacità nanotecnologia, perché funziona sulla scala del nanometro, 1
millionesimo di metro”.
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Il prefisso-nano indica quindi una grandezza matematica pari a 10
-9
: si tratta dunque
di una tecnologia a livello atomico, una scala che vede confondersi le applicazioni
della chimica con quelle della fisica, dell’ingegneria genetica con quella della
meccanica quantistica.
Figura 1.1.. Rappresentazione pittorica di una possibile applicazione a lungo termine delle nanotecnologie in campo
medico e diagnostico. Nell'illustrazione qui riprodotta, il nanorobot (in alto ), è un robot computerizzato di dimensioni
nanometriche in grado di operare all'interno di strutture più grandi, ed è usato per l'individuazione di placche sclerotiche
nei vasi sanguigni: il robot usa lame rotanti per spezzare le placche e boccagli di aspirazione per rimuovere la placca
grigia; gli oggetti a forma di disco sono i globuli rossi.
Il controllo preciso e la manipolazione dei singoli atomi hanno recentemente reso
possibile la fabbricazione di strutture artificiali di dimensioni nanometriche con
nuove proprietà estremamente interessanti. Queste strutture sono chiamate spesso
”nanostrutture” e rappresentano la frontiera del progresso della tecnologia dei
materiali.
Una nanostruttura è costituita da un’insieme di atomi le cui dimensioni, in una , due o
tre direzioni, sono dell’ordine di grandezza del nanometro (1nm=10
-9
m). Si tenga
presente che un atomo di idrogeno ha un raggio di 0.005 nm mentre le distanze
interatomiche nei solidi sono dell’ordine di 0.3 nm.
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Quindi una nanostruttura a due dimensioni, dello spessore di 3nm è composta da
circa 10 piani atomici. Nel caso particolare in cui la struttura è limitata in tutte e tre le
direzioni spaziali, questa struttura è chiamata ”punto quantico”, piccolo agglomerato
costituito quindi da un
insieme di 10
3
-10
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atomi. Generalmente, con il termine ”nanotecnologia” si intende la
fabbricazione e il controllo delle nanostrutture. In effetti è fondamentale ottenere non
soltanto oggetti piccoli ma oggetti di cui si controllino le dimensioni nanometriche
con un processo di costruzione atomo per atomo, al fine di ottenere proprietà
particolari e importanti.
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1.3 DEFINIZIONE DELLA SCALA DI GRANDEZZA
Figura 1.2. Un nanotubo dello spessore di circa 10 atomi (in azzurro), accanto a un elettrodo di platino, in un'immagine
ingrandita 120.000 volte. Un nanotubo è una microscopica struttura tubolare, che si ottiene avvolgendo su se stesso un
foglio di grafite dello spessore di un singolo atomo e applicando alle estremità due emisferi di fullerene (C60).
Nonostante le dimensioni microscopiche, vanta proprietà fisiche eccezionali: ha una notevolissima resistenza meccanica
e, a seconda del diametro, può comportarsi da conduttore elettrico o da semiconduttore. Sulla tecnologia dei nanotubi si
baserà probabilmente tutta la componentistica dei computer di prossima generazione.
La scala nanometrica è importante perché costituisce il limite inferiore dimensionale
della materia solida e perché molti dei meccanismi biologici e fisici avvengono su
scala nanometrica, vale a dire su distanze dell’ordine dei 0,1-100 nm.
Per comprendere a quanto corrisponde la scala di grandezza di un nanometro basti
pensare che il diametro di un capello umano misura mediamente 100 micrometri
(µm), vale a dire 100.000 nm (un micrometro equivale a un milionesimo di metro: 1
µm = 10
-6
m); un tipico batterio ha un diametro cento volte più piccolo di quello di un
capello, cioè di 1 µm; un virus è circa un decimo più piccolo, ovvero misura circa
100 nm; la singola proteina che costituisce l'involucro del virus ha uno spessore di 10
nm; la lunghezza di 1 nm è equivalente a circa 10 diametri atomici, oppure alla
dimensione di uno degli amminoacidi che formano le molecole proteiche. Si
comprende bene dunque che un nanometro è una scala dimensionale che sembra
preclusa alla manipolazione industriale: è proprio questa la sfida che le nuove
tecnologie hanno raccolto e stanno tentando di vincere.
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Figura 1.3. Scala Nanometrica. Alcuni esempi , su scala nanometrica, di nanoparticelle bio-fisiche.
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1.4 ORIGINI DELLA NANOTECNOLOGIA
Precursore della nanotecnologia fu il fisico statunitense Richard Feynman: nella
lezione tenuta il 29 dicembre del 1959 all'American Physical Society, dal titolo
"There's plenty of space at the bottom" (C'è un sacco di spazio alla base), Feynman
illustrò i benefici che ne sarebbero venuti alla società se si fosse stati in grado di
manipolare la materia realizzando manufatti con una precisione a livello atomico,
vale a dire dell'ordine del nanometro. Lo scienziato aveva previsto correttamente
l'impatto che la miniaturizzazione avrebbe avuto sulle capacità dei calcolatori
elettronici e preconizzò lo sviluppo dei metodi attualmente utilizzati per produrre i
circuiti integrati. Aveva previsto anche la nascita delle tecniche di microscrittura
tramite fasci di elettroni e la possibilità di costruire macchine che operassero
interventi su scala molecolare.
Dopo Feynman, alla fine degli anni Settanta Eric Drexler ha definito in modo più
fattivo il concetto di nanotecnologia e indicato la strada della ricerca in questo
campo. Oggi, in Europa, Stati Uniti e Giappone la ricerca scientifica si sta muovendo
per costruire macchine submicrometriche capaci di manipolare gli atomi.
Una grossa rivoluzione nella nanoscienza si è avuta nel 1981 nei laboratori dell’IBM
di Zurigo con l’invenzione del microscopio a scansione a effetto tunnell (STM,
scanning tunneling microscope), capace di visualizzare i singoli atomi (lavoro di
Binning e Rohrer, premi Nobel per la Fisica nel 1986). Questo strumento si basa su
una punta acuminata che viene fatta scorrere su una superficie. Una debole corrente
elettrica passa dalla punta metallica verso il primo atomo della superficie: l’intensità
della corrente aumenta esponenzialmente al diminuire della distanza tra punta e
superficie. Il passaggio della corrente è permesso dall’effetto tunnel, un fenomeno
previsto dalla meccanica quantistica, per il quale una particella (in questo caso un
elettrone) ha una certa probabilità di attraversare una regione normalmente ”proibita”
(che in questo caso è costituita dal vuoto compreso tra la punta e l’atomo della
superficie). Questa probabilità dipende esponenzialmente dall’estensione della
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regione non permessa. Nel mondo macroscopico l’effetto tunnel non è osservabile
perché le distanze sono troppo grandi e quindi la probabilità di attraversamento è
trascurabile. Al contrario, nel nanomondo, nel quale le dimensioni in gioco sono
dell’ordine del nanometro, l’effetto tunnel diventa osservabile e produce conseguenze
misurabili (come un flusso di corrente). Nel microscopio elettronico ad effetto tunnel
(Scanning tunnelling microscope, o STM) l’intensità della corrente dovuta all’effetto
tunnel permette di identificare esattamente la posizione occupata dall’atomo sulla
superficie. Il microscopio a forza atomica (atomic force microscope, o AFM) è
invece una differente versione di sonda a scansione la quale usa, per la
visualizzazione degli atomi, forze atomiche al posto delle correnti di tunnel.
Visualizzare gli atomi è molto importante nella nanoscienza. D’altro canto,
manipolare e spostare gli atomi per costruire nuove strutture è ugualmente di
fondamentale importanza. Effettivamente, l’STM ha mostrato di essere capace di
estrarre e spostare singoli atomi, vale a dire di alterare la struttura a livello atomico.
Progressi continui nelle nanotecnologie hanno aperto la strada alla fabbricazione di
un’ampia varietà di sistemi di dimensioni ridotte, con i materiali più diversi, anche
nel campo delle telecomunicazioni e della medicina.
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Approcci alla fabbricazione di materiali nanocristallini
1.5 NANOTECNOLOGIA”TOP-DOWN”
Le nanostrutture possono essere costruite attraverso due metodi differenti:
1)Approccio “top-down”;
2)Approccio”bottom-up”.
Taniguchi Norio, nel suo articolo del 1974, aveva sostenuto che, se gli interventi atti
a innalzare il livello di precisione della fabbricazione industriale fossero continuati
con il ritmo di allora, entro il 2000 i componenti ottenuti con macchine comuni
avrebbero avuto un'accuratezza di 1 µm, quelli ottenuti con macchine di precisione
avrebbero avuto un’accuratezza delle dimensioni di 10 nm e di 1 nm da quelle di
ultraprecisione. La previsione di Taniguchi si è rivelata corretta: il settore della
tecnologia di cui egli parlava viene oggi definita "nanotecnologia top-down" (dall'alto
verso il basso, o dal grande al piccolo): il suo approccio consiste quindi nella
miniaturizzazione, nel perfezionamento di sistemi di fabbricazione già esistenti.
Quindi, attraverso l’approccio “top-down”, la fabbricazione della nanostruttura parte
da aggregati macroscopici e procede verso il basso con riduzione delle dimensioni e
riordinamenti successivi. Questo metodo rappresenta un’estensione delle
microtecnologie che, su scala microscopica (1micro metro=10
-6
m) hanno determinato
il successo della microelettronica e della fabbricazione dei circuiti integrati. I metodi
del tipo ”top-down” sono generalmente basati sulle tecniche litografiche. In questo
caso, uno schema macroscopico precedentemente disegnato viene notevolmente
rimpicciolito e riportato su di una matrice.
La possibilità di controllare la precisione delle macchine a livelli così elevati non
offre solo il vantaggio di produrre oggetti dalla forma perfettamente definita, ma
anche di manipolare materiali finora inadatti alla lavorazione a macchina perché
fragili. Questi diventano infatti perfettamente lavorabili se il taglio ha uno spessore
inferiore a un determinato valore critico (generalmente inferiore al micrometro).
10
Utilizzando macchine di ultraprecisione si evita, in fase di taglio, la formazione di
microcrepe e non si danneggia la porzione di materiale circostante. Un'altra
applicazione tipica della meccanica di ultraprecisione è la molatura, effettuata tramite
una punta (generalmente ricoperta di particelle di diamante o di nitruro di boro) che
ruota a velocità elevatissime (di decine di migliaia di rotazioni al minuto). Con questo
tipo di tecnologia, la lavorazione industriale dei materiali friabili dà buoni risultati dal
punto di vista delle rifiniture di superficie e della riduzione dei danni subsuperficiali,
con conseguente allungamento della durata dei prodotti. Le principali applicazioni
della molatura sono, ad esempio, la rifinitura dei bordi delle lastrine (wafer) di silicio
per i circuiti integrati, la forgiatura dei dischi in vetroceramica utilizzati come
substrato nelle unità per disco rigido dei computer, oppure la molatura di materiali
caratterizzati da un alto valore di durezza, come gli alberi a camme dei motori per
automobili.
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1.5.1 FABBRICAZIONE DI TRANSISTOR MINIATURIZZATI
Figura 1.4. Un'immagine ingrandita di un micorprocessore Pentium, prodotto a partire dal 1993. Contiene più di tre
milioni di transistor stipati in pochi millimetri quadrati, circa il triplo del precedente 486.
Appartengono alle tecnologie top-down anche le tecniche litografiche impiegate per i
circuiti integrati, interessati dal continuo processo di miniaturizzazione dei transistor.
Feynman aveva visto chiaro al riguardo: più piccoli sono i transistor, più velocemente
lavorano e meno energia consumano; più transistor riescono a essere assemblati su
una determinata superficie, minore è il tempo che il segnale elettrico impiega per
viaggiare da un transistor all'altro. Quantitativamente, il potere di calcolo di un chip è
proporzionale all'inverso del cubo della dimensione minima del circuito: dunque, se
quest'ultima viene rimpicciolita di 10 volte, il potere di calcolo del chip aumenta di
un fattore 1000.
Nel 1964 Gordon Moore della Fairchild Corporation affermò che il numero di
transistor che si potevano mettere su un chip sarebbe raddoppiato ogni anno. Oggi si
può affermare che la cosiddetta "legge di Moore" si è rivelata pressoché esatta: le
dimensioni dei chip si dimezzano infatti ogni 2-3 anni. Lo stato dell'arte nella
produzione di chip reperibili in commercio è rappresentato dalla generazione Pentium
della Intel: il chip ha una superficie di 300 nm e contiene 1,5 milioni di transistor.
Prodotti specializzati, come i chip per DRAM (memoria dinamica ad accesso
casuale), che possono immagazzinare 64 milioni di bit di informazioni, portano 64
12
milioni di transistor. Nel giro di qualche decennio, la dimensione minima dei chip in
commercio dovrebbe passare a 100-200 nm, e i componenti per DRAM dovrebbero
contenere oltre 1 miliardo di bit.
Le tecnologie comunemente impiegate per la fabbricazione dei chip hanno comunque
limiti strutturali che potrebbero fermare un giorno l'evoluzione prevista dalla legge di
Moore. Probabilmente, i metodi che permetteranno alla tecnologia dei chip di
superare il limite dei 100 nm verranno da quel ramo della nanotecnologia noto come
"bottom-up" (dal basso in alto, o dal piccolo al grande).
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1.6 NANOTECNOLOGIA”BOTTOM-UP”
L'idea di ottenere un prodotto manipolando la materia a livello nanometrico,
componendo l'oggetto atomo per atomo o molecola per molecola (l'approccio
cosiddetto bottom-up)
1
,
2-4
è tra quelle espresse da Feynman nella storica lezione del
1959. Attraverso l’approccio ”bottom-up”, si costruisce un nano-oggetto da zero,
atomo dopo atomo, come nei giochi lego per bambini, dove i mattoncini in questo
caso sono costituiti dai singoli atomi. Comunque, entrambi i metodi di “bottom-up” e
di ”top-down” richiedono tecnologie estremamente sofisticate. I metodi del tipo
”bottom-up” si basano su reazioni chimiche e manipolazioni atomiche.
Oggi la manipolazione di atomi è una tecnica nanotecnologica in via di
perfezionamento, praticata mediante microscopi AFM ed STM.
Nell’ambito di queste tecnologie, inoltre, dal 1991 è oggetto di studio un prodotto
nanotecnologico di notevoli potenzialità: il “nanotubo” di carbonio, una struttura
filiforme cava costituita da una parete cilindrica di atomi di carbonio, con proprietà
estremamente interessanti dal punto di vista applicativo. Probabilmente l’uso di
nanotubi nei circuiti consentirà un’ulteriore, straordinaria riduzione delle dimensioni
dei chip nei dispositivi elettronici e informatici.
L’obiettivo delle Nanoscienze è l’ottenimento di nano-oggetti, ossia di nano-strutture,
attraverso l’approccio “bottom-up”.
Esempi di prototipi di questi tipi di strutture sono rappresentati dalla nuova
emergente generazione di nanocristalli inorganici colloidali sintetizzati
chimicamente. Per nanomateriali s’intende nanocristalli di solidi cristallini le cui
dimensioni sono dell’ordine di pochi nanometri. La gamma di materiali
nanocristallini, oggetto di studio, e’ molto vasta: si estende dai semiconduttori
nanocristallini, ai colloidi di oro, ai nanocristalli di cobalto, agli ossidi di diversi
metalli di transizione. Questi materiali presentano la peculiare caratteristica di avere
proprietà chimiche, fisiche ed elettroniche diverse dai solidi di volume da cui
derivano e fortemente dipendenti dalle dimensioni. Ad esempio fondamentale
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caratteristica dei semiconduttori nanocristallini e’ la dipendenza delle loro proprieta’
ottiche ed elettroniche dalle dimensioni. Quando infatti, queste sono paragonabili a
quelle del diametro eccitonico di Bohr si verifica un effetto di confinamento
quantico
5,6
, riconducibile al modello della particella nella scatola. Esso si traduce in
un aumento della gap di energia proibita, confrontata con quella dei solidi di volume,
e una concentrazione della forza dell’oscillatore in poche transizioni. Per questa
ragione i nanocristalli che presentano tale effetto sono chiamati “quantum dots”.
Variando le dimensioni dei nanocristalli anche solo di qualche decimo di nanometro
si ottengono particelle che emettono luce a differenti e ben definite intervalli di
lunghezze d’onda
7,8
. Nel caso del selenuro di cadmio, tale emissione avviene nella
regione spettrale del visibile e quindi la fluorescenza da nanocristalli di CdSe puo’
essere modulata dal blu al rosso variando le dimensioni dei nanocristalli tra 2 e 6
nm.
9
I metodi di sintesi chimica già sviluppati consentono non soltanto di preparare
nanocristalli di materiali diversi a diversa forma e dimensione ma puntano anche ad
ottenere nanostrutture ibride. Per nanomateriali ibridi s’intendono quei materiali in
cui domini inorganici di differenti materiali vengono direttamente sintetizzati in un
unico nano-oggetto risultante. Utilizzando i metodi di sintesi chimica è possibile
assemblare in un nanocristallo colloidale “ibrido” più materiali diversi, ciascuno con
proprietà chimiche e fisiche diverse, senza la necessità di utilizzare molecole
organiche leganti. Nel successivo paragrafo vengono introdotti alcuni esempi di
sistemi ibridi sintetizzati per via chimica.