Indice generale
Introduzione........................................................................................................................... 2
1 La disoccupazione nelle discipline socio-economiche........................................................4
1.1 Caratteristiche e costi della disoccupazione.................................................................4
1.2 Le principali cause della disoccupazione nelle discipline economiche........................7
1.2.1 La ricerca del lavoro.......................................................................................7
1.2.2 La rigidità dei salari........................................................................................8
1.3 Alcune caratteristiche della disoccupazione nelle discipline sociologiche...................9
1.3.1 Tipi di disoccupazione nelle scienze sociali...................................................9
1.3.2 I tre elementi che differenziano la disoccupazione odierna da quella passata
nei paesi industrializzati..............................................................................................11
1.3.3 Le cause della disoccupazione nelle discipline sociali: tecnologia e rigidità
dei mercato del lavoro.................................................................................................12
2 Le fonti della disoccupazione...........................................................................................14
2.1 Il tasso di disoccupazione..........................................................................................14
2.2 L'indagine sulla forza lavoro in Italia........................................................................15
2.2.1 Il campionamento utilizzato.........................................................................17
2.2.2 Il sistema CAPI-CATI.................................................................................19
3 Analisi del mercato del lavoro in Italia.............................................................................22
3.1 Le variabili impiegate................................................................................................22
3.1.1 Ripartizione del tasso di disoccupazione per zona geografica sesso e classi di
età e titolo di studio.....................................................................................................22
3.1.2 Ripartizione delle persone in cerca di occupazione per zona geografica,
sesso, classi di età........................................................................................................29
3.1.3 Occupati e tasso di disoccupazione per ripartizione geografica e settore
economico...................................................................................................................31
3.2 Andamento del tasso di disoccupazione e tasso disoccupazione giovanili anni
2007/09............................................................................................................................ 33
Conclusioni..........................................................................................................................37
Bibliografia..........................................................................................................................39
1
Introduzione
La disoccupazione è un termine che evoca vari significati sul versante della
pubblicistica, suscita allarmate reazioni e discussioni nel dibattito massmediatico e
nel discorso politico. Esso però mette in luce un evidente paradosso: all'allarme
sociale suscitato dal fenomeno, corrisponde una certa “normalità” della sua presenza
nel vissuto delle persone e della comunità sociale e, ancor più, una sostanziale
pochezza delle risposte politiche. Dopo una irrilevanza del tema (soprattutto nelle
scienze sociali), non vi è dubbio che alla fine degli anni '70 inizi '80 (con gli aumenti
della disoccupazione nell'Unione Europea a livelli mai raggiunti dalla fine della
seconda guerra mondiale) il tema della disoccupazione ritorna ad occupare la scena
delle riflessioni nelle scienze economiche e sociali. Sulla base di queste
considerazioni, lo scopo di questo lavoro è stato quello di effettuare un analisi della
disoccupazione in Italia, ponendo attenzione nelle variabili demografiche in cui la
disoccupazione influisca in misura maggiore e minore. In particolare, nel primo
capitolo, vengono fornite definizioni (economiche e sociali) della disoccupazione e
le sue principali caratteristiche, soffermando l'attenzione sulle sue possibili cause e
costi, sia sociali che economici. Nel secondo capitolo, vengono analizzate le fonti dei
dati sulla disoccupazione, argomentando gli obbiettivi, il campione e le tecniche di
indagine effettuate nella rilevazione delle forze di lavoro condotta dall'ISTAT e
modificate nel 2004 in adempimento al Regolamento n. 577/98 imposto dall'Unione
2
Europea, per favorire l'armonizzazione nella raccolta dei dati in tutta la zona Euro,
anche a fronte di una possibilità di comparazione dei dati tra i vari paesi Europei. Nel
terzo capitolo, infine, abbiamo messo in luce i vari dati su occupati, disoccupati e
tasso di disoccupazione, prendendo come periodo di riferimento gli anni 2007/08,
incrociando i vari dati per sei variabili significative: classe di età, sesso, titolo di
studio, ripartizione geografica e regioni, cercando di capire se esistono alcune
variabili o categorie “protette” dall'aumento della disoccupazione dovuta alla crisi
economica attualmente in atto. I dati analizzati sono stati tratti principalmente dal
data base dell'ISTAT e dell'OCDE (Organizzazione economica per la cooperazione e
lo sviluppo).
3
1 La disoccupazione nelle discipline socio-economiche.
1.1 Caratteristiche e costi della disoccupazione.
Gli economisti si dedicano allo studio della disoccupazione con l'obbiettivo di
individuarne le cause e di definire quali provvedimenti di politica economica siano in
grado di alleviare o risolvere il problema. Alcuni di questi provvedimenti, come i
contratti di formazione e lavoro, sono orientati ad aiutare chi è in cerca di una prima
occupazione, mentre aiuti come il sussidio di disoccupazione sono volti ad alleviare i
disagi connessi con la condizione del disoccupato.
Sebbene la disoccupazione generi un incremento del tempo libero, il valore di
quest'ultimo risulta largamente controbilanciato dal disagio di sentirsi rifiutati.
Per definizione (Mankiw 2004) la disoccupazione è la condizione di mancanza di
lavoro per una persona in età da lavoro (da 15 a 64 anni) che lo cerchi attivamente,
sia perché ha perso il lavoro che svolgeva (disoccupato in senso stretto), sia perché è
in cerca della sua prima occupazione. In macroeconomia il concetto di
disoccupazione si può estendere ad un intero stato.
In questa tesi con il termine disoccupazione ci riferiamo soprattutto alla
disoccupazione involontaria, che sorge quando vi sono potenziali lavoratori disposti
ad occuparsi al tasso di salario reale vigente, mentre la domanda di lavoro è
insufficiente per occuparli.
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Gli economisti (Mankiw 2004 e Krugman 2004) hanno compiuto una classificazione
della disoccupazione:
• disoccupazione frizionale: indica la posizione di quelle persone che non hanno
un occupazione nel breve periodo, di coloro che stanno cambiando lavoro o
che lo stanno cercando per la prima volta. In un' economia in continua
evoluzione il tasso di disoccupazione frizionale è sempre presente, perché con
il variare della domanda di beni e servizi , varia anche la domanda di lavoro
per produrre quei nuovi beni e servizi. Di conseguenza nuove competenze
professionali richiederanno tempo per essere ricercate o specializzate;
• disoccupazione stagionale: tipo di disoccupazione che interessa anch'essa il
breve termine, ed è causata dalla variazioni stagionali e climatiche del mercato
del lavoro;
• disoccupazione ciclica: è la disoccupazione legata alle variazioni del ciclo
economico, cioè se un' economia è in fase espansiva si presuppone un livello
della disoccupazione basso, viceversa nel caso di fase recessiva. Questa
relazione inversa tra disoccupazione e PIL (maggiore indicatore del ciclo
economico di uno stato) è detta legge di Okun (Krugman 2004);
• disoccupazione nascosta: è l'eccesso di lavoratori impiegati in contesti rurali
nei paesi in via di sviluppo caratterizzati da una produttività marginale bassa.
A dispetto degli altri tipi di disoccupazione, in quella nascosta il lavoratore è
in realtà occupato nel contesto sociale, ma percepisce una remunerazione che
5
basta solo a soddisfare i propri bisogni primari e il suo apporto alla produzione
è praticamente nullo.
La disoccupazione produce conseguenze di rilievo: comporta, in genere, la riduzione
del prodotto e del reddito aggregato. Il costo della perdita di produzione si ripartisce
tra gli occupati e i disoccupati: i primi devono pagare maggiori oneri fiscali sia per
finanziare i sussidi di disoccupazione, sia per coprire la perdita di gettito che i
disoccupati avrebbero garantito se fossero occupati e sia perché subiscono un
maggiore carico familiare per il sostentamento dei parenti disoccupati. I disoccupati
devono pagare per la differenza tra il salario che avrebbero guadagnato ed il sussidio
di disoccupazione che percepiscono.
Inoltre, la disoccupazione accompagna un incremento della diseguaglianza sociale,
giacché i disoccupati subiscono una perdita maggiore degli occupati; intacca il
capitale umano; comporta costi psicologici che si ripercuotono sugli atteggiamenti
devianti degli individui senza lavoro come: aumento della criminalità, uso di droghe
ed alcool, perdita di salute fisica e mentale, la scadenza delle capacità
lavorative/professionali derivanti dalla non abitudine al lavoro con conseguenze
cumulative di lungo periodo che sfociano in inflessibilità professionale e incapacità
ad adattarsi a forme di lavoro nuove. I disoccupati, quando sono impoveriti dalla
mancanza di reddito guadagnato con il proprio lavoro, percepiscono inoltre se stessi
meno liberi ed esclusi dalla possibilità di accedere ad una pensione, alle cure
mediche o anche semplicemente dalla possibilità di partecipare alla vita sociale.
Inoltre, ai costi monetari privati per i disoccupati si devono aggiungere i costi fiscali
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per lo stato.
Questi ultimi derivano dalla spesa per indennità di disoccupazione, dalle minori tasse
da reddito e da contributi previdenziali, nonché dai vincoli sul bilancio strutturale
delle spese assistenziali e, quindi, dalla minore flessibilità in genere della politica
fiscale di uno stato.
1.2 Le principali cause della disoccupazione nelle
discipline economiche.
1.2.1 La ricerca del lavoro
Secondo il filone economico una delle ragioni dell'esistenza della disoccupazione
deriva dalla necessità di un periodo di tempo per far coincidere lavoratori e
occupazioni. Questo perché i lavoratori hanno preferenze e competenze diverse,
mentre i posti di lavoro hanno caratteristiche non omogenee, poiché a diverse
competenze corrispondono salari differenti, portando il lavoratore a non soffermarsi
sulla prima offerta che gli vieni presentata.
Oltre a questi limiti strutturali, il flusso di informazioni di scambio tra lavoratori e
posti di lavoro disponibili è imperfetto e la mobilità geografica dei lavoratori non è
istantanea. Tutte queste ragioni secondo gli economisti (Mankiw 2004 e Krugman
2004) concorrono a ridurre il tasso di ottenimento del lavoro, cioè l'insieme degli
individui disoccupati che trovano occupazione in un periodo temporale.
I governi, tramite la politica economica, hanno a disposizione diversi provvedimenti
che possono utilizzare per contrastare la riduzione del tasso di ottenimento del
7
lavoro. Nel caso di informazione imperfetta, gli uffici di collocamento diffondendo le
notizie sui posti di lavoro vacanti, riuscirebbero a far incontrare più facilmente la
domanda e offerta di lavoro.
1.2.2 La rigidità dei salari.
La seconda ragione per cui esiste la disoccupazione è la rigidità dei salari, che causa
l'incapacità dei salari di aggiustarsi istantaneamente, così che la domanda e l'offerta
di lavoro si eguaglino, come in un qualsiasi modello microeconomico di
concorrenza perfetta.
L'impossibilità di uguaglianza tra domanda e offerta nel mercato del lavoro deriva
dal fatto che i salari reali non sono perfettamente flessibili, a volte rimangono
bloccati a livelli superiori o inferiori dell'equilibrio di mercato. Dunque se il salario
reale è al di sopra del livello di equilibrio tra domanda e offerta, la quantità di lavoro
offerta è superiore alla domanda e le imprese sono costrette a razionare i posti di
lavoro disponibili tra i lavoratori.
Gli economisti definiscono questo tipo di disoccupazione, derivante dalla rigidità dei
salari, come strutturale, cioè i lavoratori non sono disoccupati perché stanno
cercando attivamente un posto adeguato alle loro aspirazioni, ma perché al salario
reale corrente, l'offerta di lavoro è superiore alla domanda. Chi determina la rigidità
dei salari reali è anche lo stato che attraverso leggi sul lavoro impedisce al salario di
scendere fino a raggiungere il livello di equilibrio. Le leggi sul salario minimo
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fissano un limite legale ai salari che le imprese possono corrispondere ai propri
dipendenti. Un' altra causa della rigidità dei salari è il potere monopolistico esercitato
dai sindacati, che in Italia tramite la contrattazione collettiva concorrono alla
formazione di regole generali di carattere economico e normativo a cui tutti i
contratti individuali di lavoro si devono uniformare. Questo, secondo i maggiori
esponenti dell'economia (Layard et al. 2004), causerebbe una sorta di conflitto tra
occupati e disoccupati. Infatti i lavoratori che hanno già un impiego saranno orientati
a tenere alti i salari ed i costi ricadono tutti sui disoccupati che a livelli salariali più
bassi, probabilmente, troverebbero un'occupazione.
1.3 Alcune caratteristiche della disoccupazione nelle
discipline sociologiche.
1.3.1 Tipi di disoccupazione nelle scienze sociali.
Fin dalla nascita della disoccupazione, fatta coincidere nella sociologia con le prime
rivoluzioni industriali, le discipline sociali si sono concentrate soprattutto nello
studio della condizione operaia; cioè i disoccupati dell'industria i quali hanno
incarnato l'immagine del disoccupato tipico. Il dibattito attuale sulla disoccupazione
cerca soprattutto di sottolineare quanto sia cambiata la condizione dei disoccupati e
quanto sia differente la disoccupazione operaia da quella attuale. La partenza dello
studio della disoccupazione operaia porta ad individuare tre forme principali che si
sono susseguite e sovrapposte in epoche storiche differenti.
9
Le tre forme storiche sono le seguenti (Pugliese 1993):
• la disoccupazione di chi non è stato operaio, ma tenderà a diventarlo. Questi
individui, che provengono da contesti nei quali i rapporti di produzione
capitalistici non sono ancora generalizzati, l'occupazione operaia è ancora un
punto di arrivo;
• la disoccupazione di chi è già stato operaio, di chi vive in contesti sociali
industriali e ha perso la sua occupazione. In questa forma la condizione
operaia per i proletari è una condizione normale, mentre la disoccupazione un
incidente di percorso;
• la disoccupazione di chi non è stato operaio, e che ha scarse opportunità di
entrare nella condizione operaia. Si tratta della disoccupazione giovanile,
diffusa in tutte le società capitalistiche per effetto del calo strutturale della
domanda di lavoro industriale.
Di particolare interesse risulta quest'ultima forma di disoccupazione perché
attualmente in atto nei contesti Europei e USA.
In particolare, mentre continua a sussistere la disoccupazione tradizionale, (la
disoccupazione del secondo tipo) ne nasce uno tipo nuovo: la disoccupazione dei
giovani in condizione di precarietà, già presente negli anni trenta, ma che sta
attualmente diventando strutturale. In questo caso manca sia la prospettiva di una
specifica collocazione lavorativa alle spalle, ma anche di una futura.
Tutto ciò deriva dai processi di deindustrializzazione in corso, cioè la riduzione
dell'occupazione industriale alle dipendenze e lo sviluppo dei fenomeni di
10
terziarizzazione dell'economia, che comportano la riduzione della domanda di
occupazione industriale e più in generale di un occupazione stabile alle dipendenze.
Il processo in atto non comporta necessariamente una riduzione delle occasioni
lavorative (Zucchetti 2000): anzi queste possono aumentare. Soprattutto aumenta
l'instabilità occupazionale e la debole identità lavorativa.
1.3.2 I tre elementi che differenziano la disoccupazione
odierna da quella passata nei paesi industrializzati.
Il primo elemento riguarda il maggior grado di protezione di cui godono i
disoccupati per effetto dell'estendersi dei sistemi di welfare e delle politiche di
sicurezza sociale. Non vi è dubbio che le situazioni sono cambiate rispetto al passato,
infatti l'estensione del sistema di welfare ha garantito la possibilità di sopravvivenza
a persone senza lavoro.
Il secondo elemento argomenta la perdita dei confini netti tra occupazione e
disoccupazione, l'estendersi dell'area dell'impiego temporaneo e/o precario; poiché
molti giovani non hanno la fortuna (o sfortuna) di un lavoro regolare.
Le cause derivate da questa trasformazione sono dovute all'inversione del trend
storico relativo alla riduzione del lavoro autonomo e all'incremento dell'occupazione
industriale, dunque crescita delle occupazioni temporanee e in generale della
mobilità della forza lavoro (ma stabilire quanto di questo processo è imposto o
espressione di scelta soggettiva è difficile da quantificare).
Il secondo elemento ci porta al terzo, che rappresenta la grande disponibilità di
11
tempo liberato, da sempre considerato il fulcro della lotta operaia, che oggi va
acquistando nuove situazioni e possibilità sempre più grandi.
Nello specifico, si può affermare che in tutti i paesi industrializzati, assistiamo ad un
dualismo del mercato del lavoro. Da una parte una fascia forte con una occupazione
stabile, protetta sindacalmente; dall'altra una fascia piuttosto estesa di lavoratori
saltuari, precari, con poca protezione sindacale.
1.3.3 Le cause della disoccupazione nelle discipline
sociali: tecnologia e rigidità dei mercato del
lavoro.
Tra le varie cause che nella sociologia vengono evocate, si può forse ritenere che le
più importanti siano la tecnologia e la rigidità dei mercati del lavoro.
Il primo fattore dunque è la rottura del circolo virtuoso tra produttività e produzione;
poiché è la tecnologia soprattutto ad aver tramutato tale circolo in vizioso. Gli shock
tecnologici provocano la saturazione di molti mercati dell'industria manifatturiere, la
possibilità di dislocare le produzioni in ogni parte del mondo, così da favorire,
secondo le discipline sociologiche, l'aumento della disoccupazione. Il secondo fattore
è connesso alla rigidità del mercato del lavoro, che differentemente dalle discipline
economiche, viene contestato il legame diretto tra aumento della flessibilità e
riduzione della disoccupazione. L'elevatezza di uno stato sociale, nelle scienze
sociali, può spiegare non tanto i livelli di disoccupazione, ma il chi può perdere il
lavoro. Infine nei sistemi di protezione del posto di lavoro, le rigidità formali (fissate
12
per legge) genererebbero flessibilità compensatrici (ad esempio prepensionamenti, il
lavoro in proprio).
13
2 Le fonti della disoccupazione.
2.1 Il tasso di disoccupazione.
Il tasso di disoccupazione è un indicatore statistico del mercato del lavoro, ed ha
come obbiettivo primario quello di misurare una tensione all'interno del mercato del
lavoro dovuto ad un eccesso di offerta di lavoro rispetto alla domanda.
Il tasso in economia è una relazione matematica che ha come numeratore il numero
di eventi registrati in una popolazione, e come denominatore il numero totale di
persone di quella stessa popolazione, il tutto moltiplicato per una costate pari a
cento. Definiamo con L la forza lavoro, O il numero degli occupati e D il numero dei
disoccupati, dato che ogni partecipante alla forza lavoro è occupato o disoccupato, la
forza lavoro è uguale alla somma di occupati e disoccupati:
L=OD
In base a questa considerazione possiamo definire il tasso di disoccupazione come
rapporto tra il numero dei disoccupati(persone in cerca di lavoro)e forza lavoro:
Tasso di disoccupazione=D
L
x100
14
2.2 L'indagine sulla forza lavoro in Italia.
Nata nel 1959, l'indagine sulla forza lavoro rappresenta la principale fonte statistica
sul mercato del lavoro italiano. Inizialmente a cadenza trimestrale, ha visto negli
anni numerose trasformazioni, di cui la più importante è la rilevazione continua dei
dati, la quale è stata imposta da una direttiva europea (Regolamento n. 577/98 )
sull'armonizzazione delle metodologie nella raccolta dati in tutta la zona Euro.
L'armonizzazione alle direttive europee non attiene solo la rilevazione continua ma
anche alla formulazione e alla sequenza dei quesiti utilizzati nel questionario e per le
definizioni di occupato e disoccupato. In sostanza, è un' indagine campionaria
continua, che ha come obbiettivo quello di ottenere informazioni sulla situazione
lavorativa, sulla ricerca di lavoro e sugli atteggiamenti verso il mercato del lavoro di
una popolazione in età lavorativa. Solo con la rilevazione continua viene introdotto
un più generale e sostanziale rinnovamento. La disponibilità di una base informativa
non più limitata ad uno specifico periodo temporale diviene il presupposto per una
più ampia e attendibile valutazione sia dei cambiamenti reali e percepiti dal soggetto
intervistato nella condizione professionale sia dei fenomeni di mobilità territoriale
(ISTAT 2006). Per quanto riguarda le informazioni relative alla disoccupazione, il
cambiamento più importante concerne la rilevazione delle azioni effettuate dai non
occupati che si dichiarano alla ricerca di un lavoro. Per ciascuna azione, infatti, è
previsto uno specifico quesito (con esplicito riferimento anche al periodo in cui le
azioni sono state effettuate), in sostituzione dell’unica domanda a risposta multipla
15
utilizzata nella precedente indagine. La raccolta di informazioni nelle indagini
campionarie viene limitata ad una parte della popolazione statistica, con l'obbiettivo
di generalizzare i risultati ottenuti sul campione a tutta la popolazione. La
popolazione di interesse è costituita da tutti i componenti delle famiglie residenti in
Italia, mentre si esclude i membri permanenti delle convivenze (ad esempio ospizi ed
istituti religiosi). La famiglia è intesa come famiglia di fatto, cioè un insieme di
persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione. L'oggetto
dell'indagine campionaria è la rilevazione delle forze lavoro e delle non forze lavoro.
Le forze lavoro comprendono gli occupati e le persone in cerca di lavoro. Gli
occupati sono le persone con almeno 15 anni di età che al momento dell'intervista
hanno dichiarato di possedere un occupazione. Sono quelle persone che hanno
regolarmente svolto nella settimana di riferimento (settimana precedente alla
rilevazione) almeno un'ora di lavoro o che nella settimana di riferimento non hanno
svolto, per momentaneo impedimento (ferie, scioperi, malattia, ecc.) alcuna attività
lavorativa.
Le persone in cerca di occupazione sono quelle persone di almeno 15 anni ed al
massimo di 64 che risultano disoccupate, cioè hanno terminato l'attività lavorativa a
causa di licenziamento, fine incarico o per dimissioni. Inoltre il disoccupato deve
essere alla ricerca attiva di una nuova occupazione che sarebbe disposto ad accettare
immediatamente (entro due settimane) qualora gli venga offerta. Nelle persone in
cerca di occupazione rientrano anche coloro che sono alla ricerca della prima
occupazione, cioè che non hanno mai svolto attività lavorative autonome o
16
dipendenti, mentre vengono esclusi dalla condizione di disoccupato le persone che
hanno rinunciato alla ricerca di un posto di lavoro.
Le non forze lavoro sono formate dalla popolazione in età non lavorativa, che
comprende gli individui che hanno un'età inferiore ai 15 anni e superiore ai 64 anni;
e dalla popolazione in età lavorativa, cioè la popolazione compresa tra 15 e 64 anni,
che hanno cessato l'attività di ricerca attiva da almeno due mesi e da non più di due
anni, persone che non cercano lavoro ma che sarebbero disposte a lavorare in
determinate condizioni, persone che si dichiarano casalinghe, studenti.
2.2.1 Il campionamento utilizzato.
Il campionamento è a due stadi, le unità del primo stadio sono i comuni, le unità del
secondo stadio sono le famiglie anagrafiche.
I comuni sono stratificati all'interno delle province di appartenenza, sulla base delle
loro dimensioni anagrafiche. Questa stratificazione porta all'identificazione di due
tipologie di comuni (ISTAT 2006):
• I comuni auto rappresentativi (AR) la quale vengono tutti inclusi nel
campione.
• I comuni non auto rappresentativi (NAR) che vengono selezionati in base alla
dimensione anagrafica.
I comuni auto rappresentativi vengono coinvolti nelle rilevazioni tutte le settimane.
17
Ognuno dei comuni NAR vengono coinvolti nelle rilevazioni una volta al mese
secondo uno schema di associazione casuale delle settimane ai comuni del campione.
Superata questa fase per ogni comune viene estratto, da una lista anagrafica, un
campione casuale semplice di famiglie. Questo campione è formato da gruppi di
quattro famiglie (quartine). In questo modo si assegna ad ogni famiglia da
interrogare(cioè la prima estratta) altre tre che potrebbero sostituirla in caso la prima
non voglia, o non possa, rispondere al questionario. Complessivamente vengono
estratte circa 76.800 famiglie a trimestre. In un anno vengono estratte 300.000
famiglie (ISTAT 2006).Ogni famiglia estratta partecipa all'indagine per due trimestri
consecutivi e ne rimane fuori per i due successivi, infine rientra nell'intervista per
altri due trimestri(schema di rotazione 2, 2 ,2). Quindi da 3 a 12 mesi di distanza il
50% di famiglie intervistate sono le stesse, mentre da 9 a 15 mesi la sovrapposizione
del numero delle famiglie è del 25%. Il sistema di rotazione adottato permette di
mantenere invariato metà del campione da un trimestre all'altro e metà da un
trimestre al corrispondente trimestre dell'anno successivo. Ciò consente di utilizzare i
dati campionari per poter valutare le variazioni congiunturali (intese come le
variazioni dell'offerta di lavoro rispetto alle rilevazioni precedenti) e le variazioni
tendenziali (intese come le variazioni dell'offerta di lavoro rispetto alle rilevazioni
nello stesso periodo dell'anno precedente).
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2.2.2 Il sistema CAPI-CATI.
La rilevazione Forze di lavoro prevede che ogni unità campionaria sia soggetta ad un
ciclo di quattro interviste con l’utilizzo di una tecnica mista di rilevazione computer
assisted: CAPI-CATI. La prima intervista viene effettuata faccia a faccia da un
rilevatore presso il domicilio della famiglia con tecnica CAPI (computer assisted
personal interview), cioè con l’ausilio di un personal computer che gestisce il
questionario elettronico. Le successive interviste vengono realizzate con intervista
telefonica assistita da computer (tecnica CATI – computer assisted telephon
interview), tranne nel caso di famiglie senza telefono che vengono re intervistate
tramite CAPI.
Il ricorso a tecniche di rilevazione computer assisted è sembrata la risposta migliore
per far fronte alle innovazioni metodologiche ed organizzative connesse ad
un’indagine continua (ISTAT 2006).
L’uso combinato delle due tecniche ha permesso di sfruttare i vantaggi di entrambe.
Nel corso della prima intervista, con tecnica CAPI, il contatto diretto che si instaura
tra intervistatore e intervistato favorisce la collaborazione della famiglia, limitando le
mancate risposte totali, e prepara il terreno per le successive interviste.
Conquistata la disponibilità della famiglia, l’intervista telefonica comporta sia la
limitazione della molestia statistica sull’unità campionaria sia una notevole riduzione
dei costi. In caso di non intervista della famiglia, la gestione delle sostituzioni è
diversa per le due tecniche. In CAPI, sia nella prima sia nelle successive interviste, la
19
famiglia è sostituita automaticamente dalla famiglia successiva della quartina. In
CATI, invece, la sostituzione è ammessa solo in caso di prima intervista.
Negli altri casi, la successiva intervista viene condotta con tecnica CAPI per
recuperare l’unità campionaria.
Una volta acquisiti i nominativi delle famiglie dalla banca dati, il sistema CAPI avvia
un iniziale assegnazione teorica tra i vari intervistatori attivi, in seguito gli uffici
territoriali verificano l'effettiva disponibilità e procedono alla convalida
dell'assegnazione. Una volta ricevuti i nominativi, gli intervistatori hanno sei
settimane per la gestione dei nominativi; la prima per prendere contatto e
appuntamento con la famiglia, la seconda per effettuare le interviste, le ultime per
completare le interviste assegnate e non ancora terminate. Nella rilevazione CATI
non è prevista la settimana relativa alla fissazione degli appuntamenti, quindi le
famiglie restano in rilevazione per cinque settimane. In sostanza ogni settimana gli
intervistatori ricevono sul proprio computer le famiglie da intervistare ed ogni giorno
inviano al centro tutti i dati relativi agli esiti avuti nei contatti con le famiglie. Il
flusso di scambio informativo permette non solo il monitoraggio dei dati ricevuti ed
invitati ma anche il controllo sui tempi prefissati per l'esecuzione delle interviste, il
rispetto delle regole metodologiche; infatti il sistema permette il controllo sull'intero
lavoro dell'intervistatore riducendo notevolmente l'errore non campionario perché
costantemente corretto a priori.
Nel sistema di rilevazione CAPI vengono effettuati diversi indicatori che forniscono
informazioni sulla qualità delle prestazioni delle rilevazioni. Un esempio di questi
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indicatori è il tasso di completezza, costituito dal rapporto tra famiglie intervistate e
famiglie totali che dovrebbero essere intervistate. Un altro importante indicatore è il
tasso di fedeltà che misura il grado di fedeltà tra numero delle famiglie base con
intervista completa e numero delle famiglie base complessivamente assegnate. Oltre
alla formazione di indicatori, il sistema di rilevazione prevede forme di controllo
successive alla formulazione delle interviste delegate agli uffici territoriali che
consistono nel contattare telefonicamente un campione di famiglie intervistate per
verificare se l'intervista è stata eseguita veramente.
21
3 Analisi del mercato del lavoro in Italia
3.1 Le variabili impiegate.
In questo capitolo prenderemo in considerazione alcune variabili del tasso di
disoccupazione e delle persone in cerca di lavoro in Italia. I parametri in esame sono
i seguenti:
• le ripartizioni geografiche;
• il sesso;
• le classi di età;
• settore di attività economica;
• titolo di studio;
• regioni;
Lo spazio temporale che analizzeremo fa riferimento tendenzialmente agli anni
prima e durante l'attuale crisi economica (2007/2008), che ha colpito i maggiori paesi
industrializzati agli inizi del 2008. Cercheremo sopratutto di capire in che modo
l'avvento della crisi economica ha influenzato la disoccupazione e occupazione in
Italia.
3.1.1 Ripartizione del tasso di disoccupazione per zona geografica
sesso e classi di età e titolo di studio.
Osservando le tabelle 1 e 1.2 il tasso di disoccupazione maschile 2008 sale dal 5,0
per cento del 2007 al 5,6 per cento, mentre quello femminile passa dal 7,9 per cento
22
al 8,6 per cento. Nel nord l'aumento del tasso di disoccupazione ha riguardato sia
maschi che femmine per un aumento totale del 0,4 per cento. Nel mezzogiorno la
disoccupazione ha riguardato in modo considerevole i maschi con età da 15 a 34 anni
(+1,1 per cento in totale rispetto al 2007) mentre le femmine hanno registrato una
flessione dello 0,8 per cento rispetto al 2007. Nel centro assistiamo ad un aumento
dello 0,8 per cento del tasso di disoccupazione totale (maschi e femmine),
caratterizzato sopratutto ad un forte aumento della disoccupazione femminile
giovanile. Nel totale il tasso di disoccupazione aumenta dal 6,2 per cento del 2007 al
6,7 per cento del 2008, la crescita deriva da entrambe le componenti di genere e
sopratutto dalle regioni centrali e meridionali.
23
Tabella 1 Tasso disoccupazione per ripartizione geografica, sesso e classi di età 2007 (valori
percentuali)
Fonte ISTAT (2007) (Nota metodologica: per le ripartizioni geografiche sono state costruite classi
che contengono le seguenti regioni; NORD Piemonte,Valle d'Aosta, Lombardia, Liguria (Nord-
ovest), Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna (Nord-est); CENTRO
Toscana, Marche, Umbria, Lazio; MEZZOGIORNO Abruzzo, Molise, Campania, Puglia,
Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna).
Analizzando il tasso di disoccupazione per titolo di studio, sesso e regione relativo al
2007/08 (Tavole 3 e 4) possiamo osservare come il tasso di disoccupazione maschile
indipendentemente dalla variabile titolo di studio, risulti aumentato (con eccezione
della Liguria) in tutte le regioni italiane, con aumenti uguali o superiori di un punto
percentuale per regioni come Marche, Abruzzo, Campania, Basilicata, Sicilia e
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Tabella 2 Tasso disoccupazione per ripartizione geografica, sesso e classi di età 2008 (valori
percentuali)
Sardegna.
Per quanto riguarda la variabile titolo di studio dei maschi, si può notare aumenti del
tasso di disoccupazione significativi per livelli di istruzione bassi, mentre aumenti
meno significativi sono legati a livelli di istruzione più alti.
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Tabella 3 Tasso disoccupazione maschi per titolo di studio e regione - Media 2007 (valori
percentuali) Continua
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Tabella 3 (Continua) Tasso disoccupazione femmine per regione e titolo di studio – Media
2007 (valori percentuali)
Come per i maschi anche le femmine subisco a livello regionale un aumento del
tasso di disoccupazione in tutte le regioni, in particolare si verificano aumenti
sostanziali in più regioni rispetto ai maschi, infatti il tasso di disoccupazione aumenta
considerevolmente in Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Toscana, Lazio,
Campania e Sardegna.
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Tabella 4 Tasso disoccupazione maschi per regioni e titolo di studio – Media 2008 (valori
percentuali) (Continua)
Nonostante questi sostanziali aumenti regionali, il tasso di disoccupazione regionale
femminile registra controtendenze in più regioni rispetto ai maschi, come in Valle
d'Aosta, Trentino-Alto Adige, la Provincia autonoma di Bolzano, Umbria, Abruzzo e
Basilicata. Per quanto riguarda il titolo di studio si nota un aumento del tasso di
disoccupazione a livelli bassi d'istruzione come nei maschi che diminuisce a livelli
più alti di istruzione. Nel totale tra maschi e femmine si nota l'uguaglianza di
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Tabella 4 (Continua) Tasso disoccupazione femminile per regione e titolo di studio – Media
2008 (valori percentuali)
aumento del tasso nei due anni (+ 0,6 per cento), ma una forte differenza tra i due
generi: i maschi che hanno un totale tasso di disoccupazione pari al 5,5 per cento
(2008) e le femmine 8,5 per cento.
3.1.2 Ripartizione delle persone in cerca di occupazione per zona
geografica, sesso, classi di età.
Dopo nove anni di ininterrotta diminuzione (periodo 1999/2007), il numero dei
disoccupati torna a crescere (Tabelle 7 e 8). Nella media del 2008 le persone in cerca
di occupazione aumentano, in confronto a un anno prima, del 12,3 per cento
(189.000 unità). L’incremento, diffuso sull’insieme del territorio nazionale, riguarda
sia gli uomini sia le donne.
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Tabella 5 Persone in cerca di occupazione per ripartizione geografica, sesso e classi di età –
Media 2007 (in migliaia)
L’aumento della disoccupazione maschile (+96.000 unità) dipende in misura
significativa da quanti hanno perso il lavoro (+73.000 unità). L’allargamento
dell’area della disoccupazione femminile (+86.000 unità) è dovuto soprattutto alla
crescita delle ex-inattive, in particolare nel Mezzogiorno.
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Tabella 6 Persone in cerca di occupazione per ripartizione geografica, sesso e classi di età –
Media 2008 (in migliaia)
3.1.3 Occupati e tasso di disoccupazione per ripartizione geografica e
settore economico.
Nel periodo di indagine risulta (Tavole 2 e 2.1) una diminuzione degli occupati nel
settore agricoltura (- 0,02%), in linea con la tendenza storica generale, -29.000 unità
nell'intero territorio italiano, che deriva dalla diminuzione degli occupati nelle
ripartizioni centro (-7.000 unità) e mezzogiorno (-22.000 unità).
Nel totale Italia si manifesta un aumento degli occupati (+183.000 unità) frenato però
dalla ripartizione mezzogiorno (-34.000 unità). Il settore dei servizi registra
l'aumento maggiore (+260.000 unità), mentre quello dell'industria subisce una
flessione negativa totale (- 48.000 unità) con la sola eccezione della ripartizione
centro (+22.000 unità).
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Tabella 7 Occupati per ripartizione geografica ed attività economica 2007 (in migliaia)
Tabella 8 Occupati per ripartizione geografica ed attività economica 2008 (in migliaia)
Il tasso di occupazione (dato dal rapporto tra persone occupate e forze lavoro) 15-64
anni (Tabella 21) si attesta al 58,7 per cento, appena 0,1 per cento in più in confronto
al 2007.
Il risultato sconta l’incremento della componente femminile e la riduzione di quella
maschile (rispettivamente, +0,6 e -0,4 decimi di punto). A livello territoriale, alla
moderata crescita dell’indicatore nel Nord e nel Centro si contrappone la
significativa flessione nel Mezzogiorno, che riguarda esclusivamente la componente
maschile (dal 62,2 per cento del 2007 all’attuale 61,1).
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Tabella 9 Variazioni percentuali del tasso occupazione sul 2007
3.2 Andamento del tasso di disoccupazione e tasso disoccupazione
giovanili anni 2007/09.
Per quanto riguarda l'andamento del tasso di disoccupazione negli anni prima ed
attuali della crisi economica, possiamo constatare dal grafico 1 come negli anni 2007
il tasso di disoccupazione oscillava tra il 5% ed il 6% (sfiorando il 7% negli ultimi
mesi dell'anno), toccando il minimo nei mesi di aprile (5,6%), maggio (6,1%) e
giugno (5,4%), con una media annuale (effettuata tramite rielaborazione del tasso di
disoccupazione mensile destagionalizzato) pari al 6,1%.
Il 2008 è stato caratterizzato da oscillazioni comprese tra il 6% e 7%, raggiungendo
il minimo annuale nel mese di agosto ( 5,7%) e salendo verso la fine dell'anno fino
ad un 6,8%. L'anno di inizio della congiuntura economica disoccupazione chiude con
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Grafico 1 Andamento del tasso di disoccupazione negli anni 2007/08
tasso medio annuale del 6,7%, (sorpassando nei mesi di ottobre e novembre il 7%)
superiore all'anno precedente con un aumento dello 0,6 per cento. L'andamento 2009
derivano da dati provvisori (fino ad ottobre 2009) in quanto sono in elaborazione i
dati del quarto trimestre. Dall'andamento dei dati disponibili finora possiamo
constatare come il 2009 sia caratterizzato da forti rialzi del tasso di disoccupazione,
soprattutto nei primi tre mesi dell'anno (gennaio e febbraio 7,9%, marzo 8,1%)
andando generalmente a scendere per tutto il resto dei mesi (fino agosto) senza mai
precipitare sotto il 7% (ad eccezione di agosto), e tornando, negli ultimi due mesi
rilevati, a crescere fino ad arrivare alla soglia del 9% (settembre 8,2% ottobre 8,8%).
Nel complesso il tasso di disoccupazione 2009 è aumentato di un punto percentuale
rispetto all'anno passato considerando i dati attualmente disponibili.
Per ciò che concerne la disoccupazione giovanile (persone con età inferiore ai 25
anni) da sempre molto elevata, l'Italia ha da sempre registrato una tendenza generale
uguale a quella della media dei paesi europei. In particolare, nei mesi presi in
considerazione, assistiamo ad un aumento molto più accentuato rispetto al tasso di
disoccupazione generale (Grafico2).
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Prendendo in esame il grafico (Grafico 2) possiamo osservare come attraverso gli
anni, dopo una breve flessione nei primi sei mesi del 2007 (media dell'anno 2007:
20,35%), il tasso di disoccupazione giovanile abbia mantenuto livelli alti e
generalmente in tendenza con il tasso di disoccupazione generale. Il maggiore rialzo
del tasso si registra negli ultimi mesi del 2008 (media 2008: 21,28) dove dopo una
breve flessione registra una tendenza al rialzo, avvicinandosi verso la fine dell'anno
al 25%, mentre nel 2009 (media 2009 fino ad ottobre: 25,14%) il tasso non scende
mai sotto il 20% (escluso Agosto 19,8%), raggiungendo il 30,7% nel mese di ottobre.
Esaminando i valori medi del tasso di disoccupazione giovanile si può presupporre
che la disoccupazione colpisca maggiormente le classi di età inferiore, infatti le
variazioni delle medie dei vari anni del tasso giovanile, risulta maggiore di quelle
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Grafico 2 Andamento del tasso di disoccupazione giovanile anni 2007/09
relative al tasso di disoccupazione generale. In breve i tassi si disoccupazione
generali si differenziavano di qualche punto percentuale mentre quello giovanile si
differenzia tra i vari anni per aumenti percentuali anche vicini al 4%.
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Conclusioni
Nel corso dell'analisi abbiamo cercato di mettere in luce le caratteristiche italiane
della disoccupazione cercando di ricostruire, con un breve excursus, le conseguenze
che la crisi economica attuale ha avuto nel mercato del lavoro.
Dall'analisi delle variabili risulta come tra gli anni 2007 e 2008 le persone in cerca di
occupazione siano aumentate dopo nove anni storicamente in diminuzione.
L'incremento delle persone in cerca di occupazione riguarda tutto il territorio
nazionale, con una variazione maggiore nei maschi dovuta soprattutto alla perdita di
posti di lavoro, mentre per le femmine l'incremento deriva maggiormente dalle ex-
inattive. Nel complesso nelle persone in cerca di occupazione il genere femminile
resta più altro rispetto ai maschi. Osservando i dati relativi al tasso di
disoccupazione, la crisi economica colpisce soprattutto i giovani (15-24 anni) e le
regioni del sud, registrando aumenti importanti anche nella ripartizione centro. Per
quanto riguarda gli occupati divisi per settore economico, diminuiscono sia nel
settore primario e secondario, con il primo in maggior calo rispetto al secondo,
mentre in controtendenza risulta il terziario che, nel periodo analizzato, risulta in
aumento, confermando l'importanza che questo settore sta assumendo nel tessuto
economico italiano. Nel complesso il tasso di occupazione registra una aumento
positivo di 0,1% trainato appunto dal settore terziario ma frenato dalla flessione del
mezzogiorno rispetto al resto dell'Italia, confermando ancora una volta la scarsità di
possibilità attuali economiche di quest'ultimo. Dall'incrocio dei dati analizzati risulta
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come non esista una “variabile forte”, cioè un gruppo demografico che non sia
colpito dall'aumento della disoccupazione. In conclusione l'unica variabile che
sembra influenzare il grado di disoccupazione sembra essere il titolo di studio, infatti
dall'analisi risulta come a livelli più alti di studio (lauree brevi, lauree e dottorandi) e
titoli di studio tecnici, nonostante ci sia stato comunque un aumento del tasso di
disoccupazione, questo sia più contenuto rispetto alle altre variabili prese in
considerazioni. Dall'analisi dei dati dunque è comparsa l'importanza del capitale
umano individuale che sembra essere un altra misura per tutelarsi dalla
disoccupazione. In definitiva, dunque, è possibile affermare che a livelli più alti di
istruzione corrisponda una maggiore sicurezza del posto di lavoro, perché spesso
questi titoli sono collegati a lavoro di tipo indipendenti o in cui sono necessarie
particolari competenze tecniche che richiedono maggior tempo per essere istruite e
sono meno soggette alle fluttuazioni cicliche.
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Bibliografia
ISTAT (2008) Roma “Forze di lavoro. Media 2007”.
ISTAT (2009) Roma “Forze di lavoro. Media 2008”.
KRUGMA P., WELLS R., “Macroeconomia” (2004), Bologna, Zanichelli.
LAYARD R., NICKELL S., JACMAN R., “Misurarsi con la disoccupazione” (1999),
Roma, Editori Laterza.
MANKIW GREGORY N., “Macroeconomia.” (2004), Bologna, Zanichelli.
PACINI B., RAGGI M., “Statistica per l'analisi operativa dei dati.” (2006), Roma,
Carrocci editore.
PUGLIESE E., “Sociologia della disoccupazione.” (1993), Bologna, Il Mulino.
ZUCCHETTI E., “La disoccupazione: letture, percorsi, politiche.” (2005), Milano,
V&P.
Siti consultati
<www.wikipedia.it>
<www.istat.it>
<www.istat.it/lavoro/lavret/forzedilavoro/index.html>
<www.ocde.org>
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Ringraziamenti
Desidero ringraziare innanzitutto mia madre e mia sorella, che in questi anni non
solo mi hanno sostenuto economicamente ma anche incoraggiandomi durante gli
studi. Un ringraziamento particolare va al mio compagno di studi Giuseppe che ha
trasformato le tragiche alzate mattutine delle lezioni in momenti di ilarità. Un
ringraziamento speciale va alla prof.ssa Raggi che ha avuto la pazienza di lavorare
con me e che si è dimostrata sempre disponibile. Ringrazio anche tutti i coinqulini di
via dell'Artigiano che sono stati la mia seconda casa e famiglia. Un ringraziamento
va anche ai miei coinquilini che mi hanno sopportato durante il periodo, poco
normale, di svolgimento di questo lavoro. Infine un ringraziamento sentito a tutte
quelle persone che non credevano che sarei riuscito a raggiungere questo traguardo,
perchè se sono arrivato alla fine è anche per merito loro.
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