I due aspetti naturalistico-geomorfologico e quello classico strutturale devono perciò
compenetrarsi, assumendo pesi differenti all’interno dell’intervento sistematorio a seconda del
grado di protezione richiesto, del tempo di ritorno dell’evento di progetto e degli obiettivi
fissati in fase di pianificazione.
Il recupero ambientale dei corsi d’acqua degradati impone quindi la conoscenza sia delle
diverse tipologie morfologiche e dei processi fluviali associati, che della naturale tendenza del
corso d’acqua a raggiungere, nel medio-lungo periodo, una configurazione stabile.
La comprensione dei processi e delle tendenze evolutive di alvei e sponde fluviali costituisce
quindi un passo importante verso la ricerca di adeguate soluzioni e strategie di intervento,
soprattutto quando si voglia risolvere il problema esistente attraverso una mitigazione delle
cause di instabilità piuttosto che semplicemente attraverso una rimozione degli effetti. Nel
passato, infatti, e spesso ancora oggi, gli interventi di stabilizzazione sono stati realizzati
nell'ottica di proteggere o sistemare un singolo tratto del torrente dove si è manifestato il
problema di instabilità. L'esperienza ha spesso mostrato come l'adozione di tale approccio,
ristretto al singolo tratto, tenda a risolvere il problema localmente innescando però altrove
ulteriori problemi nel sistema fluviale. L'impiego di un approccio geomorfologico può invece
consentire il raggiungimento di una maggiore efficienza (idraulica, geomorfologica,
ecologica) del corso d'acqua non solo nell'immediato, ma anche nel medio e nel lungo
periodo.
La questione, non riguarda unicamente la sola realizzazione di opere efficienti dal punto di
vista idraulico, poiché l’intervento sistematorio deve garantire anche un buon inserimento
delle briglie nell’ambiente circostante, nell’intento di mantenere un certo grado di naturalità
del corso d’acqua.
Per contro questi interventi non sono applicabili in circostanze più complesse, come ad
esempio nei torrenti ad elevata pendenza che si trovano generalmente a competere con eccessi
energetici ai quali rispondono con repentini cambiamenti plano-altimetrici, elevato trasporto
solido al fondo o colate detritiche. Bisogna stare quindi attenti a non cadere in una
generalizzazione nell’applicazione dei criteri di ricostruzione morfologica d’alveo; questa
impone infatti la presenza di una serie di presupposti atti a garantirne una reale efficacia.
Bisogna inoltre essere consapevoli che il recupero ambientale dei corsi d’acqua non è un
obiettivo facilmente raggiungibile fino a quando le molteplici variabili coinvolte nel
mantenimento di un assetto stabile del sistema fluviale non sono accuratamente analizzate e
valutate (Lenzi e Paterno, 1997).
Alla base dell’attuale indirizzo di ricerca vi è la necessità di consolidare un approccio
pluridisciplinare anche in relazione alle principali indagini conoscitive che devono precedere
ed affiancare i contenuti tecnico-scentifici di tutti i piani, programmi e progetti che riguardano
un corso d’acqua. L’analisi integrata degli ambiti fluviali, giustificata dalla rilevante
importanza che questi ambienti rivestono a livello ecosistemico, deve quindi essere sempre
più orientata a consolidare la coesistenza delle esigenze di salvaguardia e di tutela ambientale
con la sicurezza idraulica del territorio.
Molto importante è, a questo riguardo, la sistemazione della testata dei bacini idrografici,
caratterizzata dalla presenza di torrenti a pendenza piuttosto elevata (maggiore del 2-3%), con
andamento planimetrico prevalentemente rettilineo, granulometrie variegate e piuttosto
grossolane e variazioni del livello di fondo talvolta accentuate. In questi contesti si
riscontrano spesso le unità morfologiche a step-pool caratterizzate da un profilo longitudinale
a gradinata molto simile a quello che si ottiene con una serie di briglie o di soglie di
consolidamento.
Al fine di apportare una maggiore conoscenza sulla dinamica formativa ed evolutiva di queste
tipologie morfologiche, il presente lavoro compara gli scavi localizzati a valle di steps con
quelli provocati dalla presenza di opere in alvei di torrenti montani con pendenze comprese
tra il 2% e il 16%.
Questo al fine di trovare possibili analogie e differenze tra i due casi in modo di porre
maggiore chiarezza sull’influenza dello scavo nelle dinamiche idrologiche e geomorfologiche
dei torrenti montani, oltre ad incrementare la disponibilità di dati di campo relativi a queste
unità fluvio-morfologiche.
1 PROCESSI MORFOLOGICI ED IDRAULICI NEI CORSI
D’ACQUA MONTANI
1.1 Morfologia generale dei torrenti montani
1.1.1 Introduzione
A livello scientifico la ricerca di una classificazione morfologica dei corsi d’acqua finalizzata
alle problematiche del recupero ambientale ha subito, negli ultimi anni, un notevole impulso.
La configurazione morfologica assunta dai corsi d’acqua è il risultato di due azioni congiunte:
da un lato gli eventi naturali su larga o piccola scala come possono essere le attività
tettoniche, le mutazioni climatiche, le azioni d’erosione e modellamento operate dall’acqua, le
glaciazioni, le variazioni del livello del mare, ecc., e dall’altro lato l’intervento antropico in
grado di favorire certi processi a scapito di altri, innescando nuove tendenze evolutive o
accelerando quelle già in atto. Si comprende, pertanto, come la morfologia dell’alveo rifletta
il peso dei vari fattori agenti, i quali, in tempi anche molto ravvicinati, possono portare a delle
modificazioni localizzate anche sostanziali sia in termini planimetrici, sia geometrici (per
esempio: erosioni di sponda, accumulo di materiale, migrazione del canale principale, ecc.).
L’instabilità che localmente può manifestarsi non ha delle ripercussioni sul carattere
morfologico di base del corso d’acqua, ma deve essere presa ugualmente in considerazione,
soprattutto in relazione all’attività di pianificazione territoriale.
Le principali difficoltà che si riscontrano nelle classificazioni fondate sulla caratterizzazione
delle forme fluviali attualmente esistenti possono essere imputate al fatto che esse non
prendono in considerazione i cambiamenti e la dinamica evolutiva dei sistemi fluviali. Oltre
all’osservazione e allo studio della configurazione attuale di un corso d’acqua è necessario
quindi comprendere anche la sua evoluzione storica, attraverso i diversi scenari che si sono
succeduti nel tempo.
La comprensione di queste dinamiche non può quindi prescindere da un metodo di
classificazione che permetta agli “addetti ai lavori” di potersi confrontare in modo chiaro per
poter lavorare in sinergia al fine approntare tecniche di sistemazione idraulico-forestali
sempre più efficaci, che riescano a garantire una certa sicurezza idraulica rispondendo al
contempo alle esigenze di tutela ecologico-paesaggistica.
Le differenti terminologie utilizzate per caratterizzare osservazioni di campo simili oppure
confrontabili derivano dalla diversità dei parametri utilizzati per distinguere le varie forme di
fondo e, talvolta, dalla difficoltà nell’assegnare confini precisi fra le varie morfologie.
Mentre i criteri di classificazione dei sistemi fluviali consentono un’adeguata descrizione
delle tipologie morfologiche dei corsi d’acqua pedemontani e di pianura, meno dettagliate
sono le distinzioni delle tipologie morfologiche dei torrenti montani, caratterizzati da un
andamento planimetrico prevalentemente rettilineo, da variazioni altimetriche del fondo del
canale talvolta accentuate, da pendenze elevate (>2-4%), e da una granulometria variegata e
grossolana.
Una metodologia recentemente proposta da Montgomery e Buffington (1997) costituisce, a
questo riguardo, un tentativo di sviluppare un sistema di classificazione più articolato delle
unità morfologiche che caratterizzano i corsi d’acqua montani.
Lenzi et al. (2000) hanno posto particolare attenzione alla distinzione e alla descrizione delle
varie forme di fondo che si possono incontrare nei torrenti di tipo alpino suggerendo alcune
integrazioni e puntualizzazioni alla classificazione di Montgomery e Buffington, presentando
anche un’utile scheda di rilevamento delle unità morfologiche dei torrenti alpini.
La conoscenza ed interpretazione qualitativa e quantitativa dei sistemi fluviali fornita dalle
osservazioni dirette in campo si rivela quindi uno strumento prezioso sia per una più accurata
comprensione della loro dinamica, sia per cercare di ricreare le tendenze evolutive dei corsi
d’acqua attraverso interventi di sistemazione più attenti alle dinamiche morfologiche degli
stessi.
1.1.2 Parametri morfologici principali
La configurazione morfologica di un corso d’acqua è definita dalle varie unità fisiografiche
che la compongono. Queste unità assumono forme tipiche e si combinano secondo rapporti
geometrici abbastanza costanti.
Gli elementi che concorrono all’individuazione della morfologia di un corso d’acqua, sia esso
montano o di pianura, sono molteplici e non sempre facili da definire in modo univoco. Una
prima distinzione indicativa può essere quella di suddividere i corsi d’acqua in alvei a fondo
fisso e alvei a fondo mobile.
I primi presentano un alveo inciso nella roccia e sono privi di sedimenti al fondo: in questi
casi la corrente possiede una capacità di trasporto eccessiva rispetto alle quantità e alle
granulometrie disponibili, perciò il materiale giunto in alveo dai versanti circostanti o
formatosi per disgregazione delle roccia di fondo, è immediatamente rimosso e trasportato a
valle.
Questa tipologia di alveo è in genere caratterizzata da un’elevata pendenza e si localizza
prevalentemente nelle zone montane in corrispondenza dell’affioramento di soglie
geolitologiche, mentre la dinamica torrentizia è piuttosto lenta e arealmente limitata: eventuali
modificazioni sono da imputare ad un’erodibilità differenziata della roccia nei diversi tratti.
I corsi d’acqua ad alveo mobile sono più frequenti dei precedenti. Essi scorrono in zone
alluvionali prodotte dai propri sedimenti e adattano la loro dimensione, forma e tracciato al
variare dell’assetto generale del bacino e delle condizioni di portata. Tali adattamenti si
attuano attraverso l’erosione del letto e delle sponde, il trasporto e la deposizione dei
sedimenti. Questi fenomeni contribuiscono non solo alla modellazione dell’alveo, ma anche
alla formazione di una pianura alluvionale. Proprio per questi motivi gli alvei a fondo mobile
sono detti anche corsi d’acqua alluvionali.
Alla definizione della morfologia di un corso d’acqua partecipano più parametri, tra i più
significativi e determinanti al fine del seguente lavoro si ricordano:
– la granulometria;
– il trasporto solido totale;
– il rapporto fra larghezza del letto e profondità della corrente;
– la pendenza ed il profilo longitudinale;
– la sezione trasversale;
Granulometria
Il materiale che compone il fondo e le sponde, oltre ad influenzare il trasporto di sedimento,
l’erosione e la resistenza idraulica, è decisivo nel definire la forma planimetrica e il profilo del
corso d’acqua. Per questi motivi la conoscenza della granulometria dell’alveo è di
fondamentale importanza per risolvere problemi idraulici, stima del trasporto solido e
valutazioni di carattere biologico.
Trasporto solido totale
Le correnti idriche hanno la capacità di trasportare elementi solidi anche di dimensioni
notevoli. Il materiale solido trasportato a valle da torrenti e fiumi rappresenta l’anello di
congiunzione tra i fenomeni di erosione che avvengono nella parte alta del bacino e quelli di
sedimentazione e di scarico nella zona di valle. Si tratta di un fenomeno molto complesso, in
cui il movimento può avvenire secondo tre modalità principali: in sospensione, al fondo e per
saltellamento.
Il trasporto in sospensione interessa il materiale di minori dimensioni ed è condizionato dal
grado di turbolenza del campo di moto, mentre gli elementi più grandi si muovono al fondo
strisciando o rotolando. Il movimento per saltellamento, invece, può essere considerato come
una situazione intermedia rispetto ai primi due.
La relazione fra modalità di movimento e dimensione del materiale trasportato è piuttosto
difficile da definire, in quanto molto dipende dalle caratteristiche idrodinamiche ed in
particolare dalla portata liquida: sedimenti delle stesse dimensioni possono muoversi in modo
diverso al variare delle condizioni idrauliche.
L’analisi del rapporto fra trasporto solido al fondo e trasporto totale evidenzia la differenza tra
fiumi a bassa pendenza (tipicamente di pianura), con valori generalmente bassi, e corsi
d’acqua con gradienti medio-alti (zone montane) i cui valori assunti sono più elevati.
Rapporto fra larghezza e profondità
Questo rapporto descrive le dimensioni e il fattore di forma come rapporto fra la larghezza del
canale in condizione di portata a piene rive (bankfull discharge) e il corrispondente valore di
profondità media della corrente per tale portata. La portata a piene rive è stata definita da
Rosgen (1994) come il valore di portata liquida, massimo e momentaneo, che avviene
mediamente per non più di una volta all’anno e che può essere associato ad un tempo di
ritorno pari a 1.5 anni circa.
Bassi, oppure medio-alti, valori del rapporto B/H sono quelli, rispettivamente, inferiori o
superiori a 12.
Pendenza e profilo longitudinale
La pendenza dell’alveo è uno dei fattori più importanti nella determinazione delle
caratteristiche idrauliche, morfologiche, sedimentologiche e biologiche di un corso d’acqua. Il
gradiente dei corsi d’acqua può assumere valori del tutto trascurabili in prossimità della foce
(dell’ordine ad esempio dello 0.01%), per raggiungere pendenze anche del 30-35% (40%) nei
torrenti montani a maggiore ripidità.
Il profilo longitudinale, strettamente collegato alla pendenza, viene utilizzato come supporto
per la suddivisione dei corsi d’acqua in categorie che riflettono la tipologia morfologica.
Sezione trasversale
La forma della sezione trasversale di un corso d’acqua fornisce delle indicazioni sul modo in
cui un corso d’acqua è inciso nella propria valle. Da essa si possono trarre informazioni per
quanto riguarda il contenimento laterale e verticale della corrente, oltrechè un inquadramento
dimensionale del canale.
Quando le pendenze si affievoliscono la larghezza del corso d’acqua tende ad aumentare con
una riduzione del tirante d’acqua, contemporaneamente la valle che delimita la corrente
diventa meno marcata o addirittura assente quando si tratta di una pianura alluvionale.
1.1.3 Unità morfologiche principali
Le principali unità morfologiche che si possono osservare in un corso d’acqua naturale sono
riconducibili alle seguenti tipologie:
• Pool: sono aree a deflusso lento o tranquillo con pendenza della superficie dell’acqua
prossima all’orizzontale; i massi sporgenti sono limitati o assenti. Il flusso è subcritico ad
eccezione della zona dove si immette il flusso da monte (regime rapido o debolmente
rapido): in quest’area la limitata velocità della corrente entrante forma un piccolo risalto
idraulico o un’onda stazionaria. Il tirante d’acqua all’interno della pool varia, anche in
modo cospicuo, da monte verso valle con la maggiore profondità localizzata,
generalmente, subito a valle dell’immissione del flusso, ossia al piede del riffle o dello
step di monte, mentre nella porzione terminale il tirante d’acqua si riduce anche di un
ordine di grandezza rispetto al punto più profondo.
• Riffle: sono zone in regime subcritico con locali instabilità della superficie dell’acqua e
piccoli risalti idraulici lungo il tratto attraversato. Il pelo libero, generalmente, presenta
una superficie increspata con un tirante d’acqua basso e una velocità superiore a quanto
avviene nelle pool in condizioni di basso deflusso. Nonostante siano presenti dei ciottoli o
grappoli di ciottoli questi non sono organizzati. Solo il 5-10% dell’area occupata dal riffle
evidenzia un regime supercritico per la presenza di risalti idraulici od onde stazionarie in
condizioni di basso deflusso. Nei riffle, come nelle pool, il deflusso avviene in corrente
lenta (Peterson e Mohanty, 1960).
• Steps: sono costituiti da un gruppo di massi fortemente incastrati fra loro disposti
trasversalmente rispetto alla corrente, lungo una linea retta o curva, in modo tale da
costituire una sorta di gradino. Gli steps possono essere generati anche da affioramenti
rocciosi. Hayward (1978, 1980) propone la distinzione di tre tipi di steps in relazione al
materiale di cui essi sono costituiti (figura 1):
– boulder-steps: sono costituiti da un gruppo di massi disposti in modo trasversale
rispetto alla corrente lungo una linea retta o curva;
– riffle-steps: sono edificati da un insieme di sedimenti di larghezza superiore alla
media, i quali incrementano la pendenza del profilo. Con pendenze superiori al
5% i riffle-steps possono incorporare dei boulder steps;
– rock-steps: sono caratteristici dei tratti d’alveo confinati tra degli affioramenti
rocciosi. Diversi autori concordano nel riconoscere come in queste situazioni la
morfologia d’alveo sia controllata dalla geologia piuttosto che dalle condizioni
idrauliche.
Figura 1 - Tipologie di step riscontrabili in un torrente secondo Hayward (1980)
Alle tipologie descritte da Hayward sono da aggiunger i log-steps, i quali sono prodotti
dall’ostruzione esercitata dai detriti vegetali, in particolare dai tronchi, caduti
accidentalmente nell’alveo e successivamente incorporati insieme ai sedimenti nel letto
del corso d’acqua, tanto da divenire parte integrante della morfologia torrentizia (figura
2).
Nei bacini montani boscati è infatti oramai riconosciuta da molti autori l’importanza dei
detriti vegetali nel condizionare la dinamica evolutiva dei corsi d’acqua.
Figura 2 - Log step in un torrente alpino (da Lenzi et al., 2000).
La disposizione del materiale organico in alveo è spesso indicata anche come “organic
stepping” (Keller e Swanson, 1979). Studi condotti su queste unità morfologiche hanno
messo in luce forti somiglianze con i boulder step, originati per imbriciamento di
materiale lapideo. La lunghezza d’onda, in entrambi i casi, ricade entro un campo di
variazione compreso fra 1 e 2 volte la larghezza del canale (Keller e Swanson, 1979).
Sebbene i log-step siano costituzionalmente diversi dai boulder-step, alcuni autori
concordano nell’attribuire loro un ruolo simile soprattutto nel processo di dissipazione
dell’energia in eccesso posseduta dalla corrente, la quale potrebbe indurre un incremento
dell’erosione di fondo e delle sponde, soprattutto nei corsi d’acqua caratterizzati da elevati
gradienti (Heede, 1981). Nonostante le similitudini riscontrabili fra log-step e boulder-
step, è da sottolineare come queste due unità morfologiche hanno poco in comune per
quanto riguarda la meccanica di formazione.
• Transverse ribs: sono costituiti dall’allineamento di più ciottoli disposti in modo
trasversale rispetto alla direzione della corrente ed elevati verticalmente rispetto alla quota
di base del letto (Brayshaw et al., 1983). L’elemento diagnostico che permette la
distinzione fra i transverse ribs e gli step è la mancanza di interrimento a monte del
gradino; in altre parole, supponendo di essere in condizioni di assenza di flusso e
osservando la struttura da monte, sarà possibile notare le alzate dei massi che
costituiscono il transverse rib, cosa non riscontrabile per gli step ai quali il profilo di
fondo si raccorda con continuità a partire dal piede dello step a monte.
• Rapida (Cascade): sono delle unità di canale ripido dove il flusso si getta sopra dei larghi
massi che formano una serie di corti e ben definiti step e pool, la cui altezza è definita
dalle dimensioni degli elementi costitutivi, e la larghezza è sempre di dimensioni inferiori
alla larghezza del canale.
Sono presenti generalmente in quei corsi d’acqua che defluiscono su pendenze accentuate
con un alveo confinato e con una certa disorganizzazione trasversale e longitudinale del
materiale lapideo, tipicamente costituito da massi e ciottoli.
Si tratta quindi di una situazione morfologica variabile, che può essere riferita a un intero
tratto del corso d’acqua oppure a una singola unità. I tratti di alveo interessati da questa
formazione sono caratterizzati da una corrente a velocità sostenuta, flusso a getto e
separazione di corrente (“tumblig flow” e “jet and wake flow”) sopra o attorno ai grossi
clasti.
Il fenomeno del tumblig flow, determinato dalla presenza di grossi elementi lapidei, e la
forte turbolenza ad esso associata dissipa la maggior parte dell’energia meccanica
posseduta dalla corrente, favorendo in tal modo la stabilità del tratto.
Nello spazio fra uno step e quello successivo si localizza un’area a flusso subcritico con
una lunghezza inferiore rispetto alla larghezza del canale. Nelle cascades più del 50%
della superficie evidenzia condizioni supercritiche con una tendenza alla convergenza del
flusso verso valle: il rapporto fra la larghezza a monte e quella a valle dell’unità è
superiore a uno.
Le cascades possono essere suddivise in due sottotipi:
– Boulders cascades: sono composte da ben definite sequenze di step e di pool,
ravvicinate e formate da massi che sono parzialmente emergenti dalla superficie
dell’acqua in condizioni di deflusso ordinario;
– Bedrock cascades: l’acqua defluisce sopra a delle soglie in roccia, le quali rendono i
singoli step più uniformi di quelli che compongono le boulders cascades.
Lenzi et al. (2000) preferiscono invece parlare di rapide a scivolo e rapide a gradino. Le
prime sono caratterizzate da macroscabrezze ben distribuite all’interno del canale, mentre le
seconde presentano al loro interno un parziale grado di organizzazione trasversale degli
elementi lapidei.
• Sequenze a gradinata (step-pool): sono sequenze caratteristiche di molti corsi d’acqua
montani in cui il gradiente è superiore al 2-3% e la granulometria d’alveo è molto
assortita. In queste condizioni si viene a formare una sorta di scalinata generalmente
indicata come sequenza a gradinata o a step-pool, dove lo schema del deflusso è
caratterizzato dal “tumbling flow” (Peterson e Mohanty, 1960).
Nei corsi d’acqua interessati dalle presenza di queste unità morfologiche la resistenza al
flusso offerta dalla granulometria d’alveo (“grain resistence”) assume un’importanza
secondaria rispetto alle situazioni dissipative più macroscopiche offerte dagli step-pool.
Questi, infatti, sono responsabili di un processo di dissipazione dell’energia in eccesso
posseduta dalla corrente, la quale, specie per forti pendenze, potrebbe indurre un
incremento dell’erosione del fondo e delle sponde (Heede, 1981).
L’eterogeneità granulometrica del sedimento e la pendenza sono i fattori che condizionano
maggiormente lo sviluppo della morfologia a gradinata: le sequenze a step-pool sono
infatti frequenti in quelle situazioni in cui la dimensione del materiale d’alveo è dello
stesso ordine di grandezza del canale e le pendenze scendono raramente al di sotto del 5%.
Una descrizione più approfondita delle caratteristiche morfologiche e delle dinamiche di
formazione delle sequenze a gradinata (step-pool) verrà meglio approfondita nel prossimo
capitolo.
• Tratti a dune ripple: si formano prevalentemente in tratti del corso d’acqua con basso
gradiente e con materiale d’alveo costituito da sabbia. Sono caratterizzati da piccole dune
o da increspature del fondo che aumentano la resistenza al flusso nel tratto. A differenza
dei tratti a letto piano e di quelli a riffle step, i tratti a dune ripple mostrano un “alveo
vivo” per il trasporto (Henderson, 1963), nel quale il trasporto significativo avviene molto
frequentemente. La capacità di trasporto solido di questi tratti però è sempre largamente
inferiore all’alimentazione solida, e questo ne condiziona la dinamica evolutiva.
• Barre laterali e barre mediane: sono dei corpi sedimentari rialzati ed allungati, disposti
in senso più o meno parallelo rispetto alla direzione principale del flusso. Le barre laterali,
quando presenti, sono aderenti in modo alterno alle sponde, mentre le barre mediane o
isole (a forma di losanga) sono localizzate all’interno dell’alveo. All’interno di queste
unità morfologiche si può osservare una certa segregazione granulometrica: nella parte più
a monte (testa della barra), investita direttamente dall’azione della corrente, gli elementi
costitutivi sono grossolani, mentre nella parte più a valle (coda della barra), la
granulometria è decisamente più fine, essendo costituita anche da sabbie.
• Soglia morfologica: si tratta di un affioramento roccioso in grado di costituire una sorta di
gradino sul fondo dell’alveo a causa della differente resistenza delle rocce nei confronti
dell’erosione oppure a particolari dislocazioni tettoniche. Non è da escludere la
concomitanza di entrambi i fattori.
• Varice o allargamento: con questi termini si fa riferimento ad un aumento in larghezza
dell’alveo del fiume o del torrente. L’ampliamento della superficie interessata dalla
corrente favorisce l’incremento del contorno bagnato, perciò la velocità media della
corrente è destinata a diminuire. La minore energia posseduta dall’acqua si traduce in una
tendenza al deposito del materiale solido trasportato sul fondo o in sospensione, con
conseguente formazione di barre longitudinali o mediane.
• Gola o forra: è costituita da pareti ripide che conservano a lungo le tracce del lavorio
compiuto dall’acqua. Le forre si formano a seguito del graduale approfondimento
dell’alveo per erosione della roccia madre che compone il letto del corso d’acqua. Questo
processo è di solito guidato dalla diaclasi e dalla fessure presenti nella roccia. Sul fondo
della forra, di regola piuttosto stretto, dopo un certo tempo la pendenza longitudinale
assume un valore modesto.
• Letto piano: con questo termine si fa riferimento a dei tratti d’alveo con un profilo
longitudinale regolare e senza brusche variazioni altimetriche. Questa unità morfologica
può essere osservata sia nei corsi d’acqua di pianura sia nei torrenti montani. Infatti, il
termine “piano” non deve intendersi come pianeggiante o a scarsa pendenza, ma piuttosto
come profilo di fondo con un gradiente uniforme.
Una volta presentate schematicamente le principali unità morfologiche riscontrabili in un
corso d’acqua, è utile ricordare che in natura non esistono limiti netti tra le varie tipologie
morfologiche, ma piuttosto un passaggio continuo da una forma all’altra.
Ciononostante le informazioni dedotte dall’applicazione dei criteri di classificazione delle
diverse tipologie fluviali possono essere utilizzate, con successo, nella definizione delle
modalità di manutenzione e di gestione dei corsi d’acqua (Lenzi et al., 2000).