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CAPITOLO I
IL PROBLEMA ENERGETICO
Garantire il sempre crescente fabbisogno energetico mondiale nel rispetto
dell’ambiente, rappresenta l’obiettivo principale degli anni a venire. Scopo di
questo capitolo è fornire un quadro generale ed esaustivo della questione
energetico- ambientale globale, richiamando, inoltre, le principali normative, a
livello mondiale e Comunitario, in materia di emissioni. Particolare attenzione
sarà rivolta, infine, all’influenza del settore dei trasporti nel contesto generale.
I.1 - Lo scenario energetico e le relative problematiche ambientali
L’inarrestabile aumento della domanda di energia dovuta alla continua crescita
della popolazione mondiale e la naturale aspirazione dei paesi in via di sviluppo
di raggiungere standard economici e qualità di vita simili a quelli dei paesi
industrializzati, rappresentano le principali cause dell’aumento delle emissioni di
gas serra e del continuo peggioramento della qualità dell’aria.
In figura 1.1 è riportata una previsione della domanda mondiale di energia da
parte delle nazioni in via di sviluppo e quelle industrializzate [1], e dal grafico si
deduce che con il passare degli anni tale richiesta continuerà a crescere.
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Fig. I.1 – Domanda mondiale di energia in funzione del tempo
Se si prendono in considerazione i consumi di energia primaria di U.S.A., Cina,
Giappone, India, e U.E. ( vedi Fig. I.2 [2] ) si deduce che il trend crescente della
richiesta mondiale di energia è dovuto soprattutto al contributo dei Paesi Asiatici.
La sola Cina, che nel 2007 ha praticamente raddoppiato i consumi rispetto al 2000,
ha ormai superato i consumi dell’U.E. e, nei prossimi anni, si avvia a superare
quelli degli U.S.A.
Fig. I.2 – Consumi mondiali di energia primaria 2000-2007 [Mtep]
( Fonte: BP Statistical Review of World Energy – June 2008 )
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In Fig. I.3 sono riportati gli andamenti dei consumi mondiali per fonte, dai quali si
deduce che gran parte della domanda di energia elettrica mondiale, viene ancora
soddisfatta dalla combustione del petrolio, che però presenta una crescita
percentuale del solo 1,1% (rispetto al 2006), mentre aumenta percentualmente
l’utilizzo del carbone (+4,5%) e del gas naturale (+3,1%) [3].
Fig. I.3 – Andamento dei consumi mondiali per fonte fossile 2000 – 2007 [Mtep]
( Fonte: BP Statistical Review of World Energy – June 2008 )
Soffermandoci invece sulla situazione energetica Italiana (come riportato in Fig.
I.4), la domanda di energia viene soddisfatta in gran parte dal petrolio (43%), una
percentuale sempre maggiore viene ricoperta dal gas naturale (36%), mentre
carbone (9%) e fonti di energia rinnovabile (7%) ricoprono invece un ruolo
ancora marginale nell’approvvigionamento energetico nazionale[4].
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Fig. I.4 – Disponibilità di energia per fonte (2007)
( fonte: elaborazione ENEA su dati del Bilancio Energetico Nazionale )
C’è da dire però che la struttura degli approvvigionamenti energetici Italiani si sta
già da vari anni modificando. Dalla Fig. I.5 si evince un trend negativo dei
consumi di petrolio, che tra il 2006 e il 2007 ha registrato una diminuzione del
3,1%, e un trend estremamente positivo del gas naturale, che con il passare del
tempo soppianterà l’uso del petrolio, data la sua natura meno inquinante; fonti
rinnovabili e carbone registrano, invece, una crescita molto modesta.
Fig. I.5 – Disponibilità di energia per fonte (trend 2000-2007)
( fonte: elaborazione ENEA su dati del Bilancio Energetico Nazionale )
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Come abbiamo visto precedentemente (vedi Fig. I.3) per soddisfare la richiesta di
energia, si ricorre principalmente allo sfruttamento di fonti fossili, come petrolio,
gas naturale e carbone.
L’utilizzo di fonti fossili per la produzione di energia presenta, però, un forte
impatto ambientale.
Un combustibile fossile, infatti, durante la sua combustione, rilascia in atmosfera
un grande quantitativo di anidride carbonica (uno dei principali gas serra) e altre
sostanze estremamente dannose per l’uomo e per l’ambiente, come NOx, HC, PM,
SOx .
Con l’avvento dell’era industriale l’uomo ha cominciato ad immettere
nell’atmosfera un quantitativo sempre maggiore di queste sostanze, i cui effetti si
incominciano a sentire già da diversi anni.
Basti pensare che la concentrazione di CO
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in atmosfera è passata da 300 ppm
(parti per milione) prima della rivoluzione industriale, a 380 ppm oggi [5].
Un aumento così elevato della concentrazione in atmosfera di uno dei principali
gas serra, non può che ripercuotersi sull’omonimo effetto.
L’effetto serra è un fenomeno naturale di fondamentale importanza per la vita
stessa, poiché fa sì che la temperatura media sulla terra risulti maggiore della
temperatura di congelamento dell’acqua.
L’aumento della concentrazione di CO2 in atmosfera ha determinato, secondo
recenti studi, un aumento della temperatura media sulla terra di 1° Celsius,
passando da 13,5° a 14,5°, causando così dei graduali cambiamenti nel sistema
climatico mondiale.
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L’aumento dei gas serra nell’atmosfera non è legato solo all’aumento delle
emissioni dovute alla combustione, ma anche ad un altro fenomeno: la sistematica
distruzione di milioni di ettari di foreste.
Gli alberi possono essere considerati dei veri e propri accumulatori di carbonio, in
quanto, nella fotosintesi clorofilliana, sfruttano il carbonio presente nell’atmosfera
per liberare nella stessa ossigeno. Mancando questi accumulatori naturali la
concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera tende ad aumentare.
I.2 - La posizione Europea nel contesto energetico
L’inquinamento dell’aria e l’effetto serra, sono fenomeni imputabili
principalmente al settore della produzione di energia, e al settore dei trasporti;
basti pensare che quest’ultimo, in ambito Europeo, è responsabile del 71% del
consumo globale di petrolio [4], e che circa l’80% dell’energia primaria prodotta
nel mondo deriva dai combustibili fossili[5].
Nell’ambito della Comunità Europea, nel 2007 i processi energetici sono stati alla
base di circa l’80% delle emissioni complessive di gas serra [3], mentre il settore
dei trasporti ha registrato nel periodo 1999-2005 un incremento delle emissioni di
gas serra del 15% [5].
In ambito Italiano (vedi Tab. I.1), invece, nel periodo 1990-2005, le industrie
energetiche hanno registrato un aumento del 15,9% delle emissioni di gas serra,
mentre il settore dei trasporti ha registrato nello stesso periodo un aumento delle
emissioni pari al 26,1% [4].
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Tab. I.1 – Emissioni di gas serra da processi energetici per settore economico
Nel seguito si analizzeranno nel dettaglio tutte le possibili soluzioni alle
problematiche ambientali, con particolare attenzione al settore dei trasporti su
strada.
I.3 - Il protocollo di Kyoto: primo passo per fronteggiare il
surriscaldamento globale
Se da un lato ogni paese è responsabile, con proporzioni variabili, dell'immissione
nell’atmosfera di gas-serra, è anche vero che ogni singolo paese si trova oggi ad
affrontare il difficile problema degli effetti dei cambiamenti climatici,
indipendentemente dalle proprie responsabilità.
Questo carattere "planetario" del problema lascia intendere come sia importante la
presenza di misure internazionali globalmente condivise per la progressiva
riduzione delle emissioni in atmosfera.
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A tal proposito nel 1997 più di 160 paesi sottoscrissero, nella città di Kyoto, il
cosiddetto “Protocollo di Kyoto”, un trattato internazionale riguardante il
riscaldamento globale del pianeta.
Tale trattato prevede l’obbligo, da parte dei paesi aderenti, di riduzione delle
emissioni di gas serra nell’atmosfera, in misura non inferiore al 5,2% di quelle
registrate nel 1990 (considerato come anno base) nel periodo 2008-2012.
Perché il trattato potesse entrare in vigore, si richiedeva che fosse ratificato da non
meno di 55 nazioni che, a loro volta, contribuissero almeno al 55% delle
emissioni inquinanti globali.
Tale condizioni è stata raggiunta solo nel 2004, quando anche la Russia, che da
sola produce il 17,6% delle emissioni totali, ha aderito al Protocollo.
Attualmente sono 174 i Paesi che hanno ratificato il Protocollo o che hanno
avviato le procedure per la ratifica (vedi Fig. I.6), che peraltro contribuiscono per
il 61,6% alle emissioni globali di gas serra.
██ Firmato e ratificato ██ Firmato ma non ratificato
██ Firmato ma con ratificazione declinata ██ Nessuna posizione
Fig. I.6 - Posizione dei paesi nel 2005 rispetto al Protocollo di Kyoto.
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Il protocollo di Kyoto, però, concentra l’attenzione solo sulla problematica delle
emissioni di gas serra, senza imporre alcuna restrizione sulle emissioni delle
sostanze responsabili dell’inquinamento atmosferico.
A tale scopo la Comunità Europea, per quanto riguarda il settore dei trasporti, ha
emanato delle direttive antinquinamento (le cosiddette “direttive Euro”) che
impongono il rispetto di limiti massimi consentiti di emissioni per tutte quelle
sostanze pericolose per la salute dell’uomo e dell’ambiente in cui viviamo.
La tabella I.2 riporta sinteticamente quanto è stato ratificato dall’Unione Europea,
mentre invece nella tabella I.3 e nella tabella I.4 sono riportati nel dettaglio, i
limiti di emissioni, rispettivamente, per i veicoli Diesel con massa inferiore alle
3,5 t e per i veicoli Diesel con massa superiore alle 3,5 t.
(*) Normativa Introdotta Note
1°Gennaio 1993
EURO 1
[direttiva 91/441]
Impone l’adozione della marmitta catalitica,
con la sonda lambda e l’iniezione elettronica.
1° Gennaio 1996
EURO 2
[direttiva 91/12]
Viene stabilita una riduzione delle emissioni
inquinanti.
1° Gennaio 2001
EURO 3
[direttiva 98/69]
Impone che i limiti d’inquinamento siano
rispettati non solo in fase di omologazione,
ma anche durante la vita della vettura:il
costruttore deve garantire il funzionamento
del catalizzatore per 80.000 km e installare
l’EOBD, un sistema che controlla
costantemente il tasso d’inquinamento del
veicolo, rileva eventuali malfunzionamenti o
avarie,le segnala tramite una spia sul
cruscotto e registra i km percorsi inquinando
più del consentito.
1° Gennaio 2006
EURO 4
[direttiva 98/69]
Viene stabilita un’ ulteriore riduzione delle
emissioni inquinanti. Il costruttore deve
garantire il funzionamento del catalizzatore
per 100.000 km.
1° Gennaio 2009 EURO 5
Ulteriore riduzione delle emissioni inquinanti
consentite.
1° Gennaio 2015 EURO 6 In via di definizione.
(*) Tutti gli autoveicoli immatricolati a partire dalla data indicata dovranno rispettare la
normativa di riferimento.
Tabella I.2 – Normative antinquinamento EURO.
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Agente
inquinante
[g/km]
Normativa
EU1 EU 2 EU 3 EU 4 EU 5 EU 6
CO 0,13333 1.00 0,04444 0.05 0.05 0.05
NOx 0.05 0.25 0.23 0.08
HC + NOx 0,06736 0.36 0.56 0.03 0.23 0.17
HC 0.06
PM 0.14 0.08 0.05 0.025 0.005 0.005
Tabella I.3 - Quadro dell’evoluzione dei limiti di emissioni per veicoli con motore
Diesel e massa inferiore a 3.5 t.
I.4 - Il settore dei trasporti nel contesto energetico
L’aumento dei consumi, e quindi delle emissioni di gas climalteranti, da parte del
settore dei trasporti (vedi paragrafo I.2), è direttamente collegata ad un’imponente
crescita della domanda di trasporto passeggeri (In Italia, nel periodo 1990-2006, si
registra un aumento del +30% [3] ), soddisfatta, peraltro, in maniera crescente dal
trasporto individuale (autovetture e motocicli).
Attualmente sono circa 750 milioni i veicoli circolanti nel mondo [6], la cui
stragrande maggioranza presenta un sistema di propulsione a combustione interna.
Agente
inquinante
[g/kWh]
Normativa
EU 0 EU 1 EU 2 EU 3 EU 4 EU5
HC 2.4 1.1 1.1 0.66 0.46 0.46
CO 11.2 4.5 4.0 2.1 1.5 1.5
NOx 14.4 8.0 7.0 5.0 3.5 2.0
PM 0.7 0.36 0.15 0.1 0.02 0.02
Tabella I.4 - Quadro dell’evoluzione dei limiti di emissioni dei veicoli con motore
Diesel e massa superiore a 3.5 t.
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I motori a combustione interna ( MCI ), si basano su una tecnologia risalente al
1853, quando gli Italiani Eugenio Barsanti e Felice Matteucci ne realizzarono i
primi prototipi.
Da allora molto è stato fatto per migliorare sempre più l’efficienza, le prestazioni
e le relative emissioni di questi motori.
Nei MCI di ultima generazione, ad esempio, sono impiegate tecnologie come le
marmitte catalitiche, i sistemi “Common Rail” e i filtri antiparticolato, i cui fini
sono rispettivamente quelli di abbattere le emissioni nocive del motore, favorendo
la completa ossidazione e riduzione dei gas di scarico, di far salire la pressione del
combustibile nella camera di combustione (ovvero nel cilindro) in modo da
aumentare il rendimento del motore e al contempo stesso ridurre le emissioni di
NOx e particolato, e di ridurre drasticamente le concentrazioni di polveri sottili
allo scarico, aggregando il particolato dei gas di scarico in agglomerati di
particelle, sicuramente più grandi del particolato originario, che in tal modo
riescono ad essere imprigionate da un apposito filtro.
Dispositivi di questo tipo dopo essere stati lanciati su alcuni modelli di autoveicoli,
vanno sempre più diffondendosi a bordo delle autovetture di nuova generazione.
Nonostante gli enormi miglioramenti di questi motori, sia dal punto di vista delle
prestazioni che delle emissioni, il numero sempre crescente di autoveicoli
circolanti non ha permesso una diminuzione della concentrazione di sostanze
climalteranti nell’atmosfera che, come si è visto precedentemente (Tab. I.1),
continua inesorabilmente a crescere.
Se associamo quanto detto finora, con l’inevitabile dipendenza del settore dei
trasporti dai combustibili fossili, ci rendiamo conto che l’unica possibile
soluzione alle problematiche ambientali è quella di ricorrere a tecnologie
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innovative più rispettose dell’ambiente che basino il loro funzionamento su fonti
energetiche alternative.
Nel settore dei trasporti una soluzione nel breve termine potrebbe essere quella di
ricorrere a combustibili alternativi come biodiesel ed etanolo, ottenuti a partire
dalle biomasse. Queste, infatti, oltre ad essere una fonte rinnovabile di energia,
rappresentano una tecnologia neutra relativamente alle emissioni di CO2, poiché
la quantità di biossido di carbonio emessa durante l’utilizzo dei biocombustibili è
pari a quella assorbita dalle biomasse nel loro ciclo di vita.
Purtroppo però non è possibile pensare di sostituire completamente l’uso dei
combustibili fossili con l’uso dei biocarburanti a causa della loro resa energetica
ancora troppo bassa (ad esempio nel caso del biodiesel si riescono ad ottenere
circa 850 Kg di biocarburante per ettaro coltivato [7]).
Si potrebbe però pensare di realizzare miscele che contengono dal 5 al 30% di
biocombustibili per alimentare i classici motori diesel, senza apportare modifiche
al motore stesso; ciò porterebbe prima di tutto ad una migliore lubrificazione del
motore, con conseguente aumento della sua vita utile, e in secondo luogo ad una
diminuzione delle emissioni di gas serra e altre sostanze particolarmente dannose
per l’uomo e per l’ambiente [7].
L’obbiettivo da perseguire, invece, nel lungo termine deve essere la ricerca di un
vettore energetico ecosostenibile, capace cioè di soddisfare la richiesta energetica
del settore della mobilità, senza portare ad ulteriori immissioni di gas serra
nell’atmosfera.
L’idrogeno, le cui caratteristiche verranno esposte nel Capitolo III analizzando nel
dettaglio sia l’aspetto della produzione che dello stoccaggio, si presta bene a
questa idea di vettore energetico del futuro.
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Nel seguente capitolo verranno prese in considerazione le principali
configurazioni veicolari che potrebbero, sia nel breve che nel lungo termine,
andare ad imporsi sulla tecnologia dei MCI nel settore della mobilità stradale,
essendo queste, tecnologie sicuramente più rispettose del’ambiente.