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Intorno alla tesi
Questo studio si propone di analizzare il linguaggio pubblicitario seguendo il modello
“Apple”.
L’analisi prende in considerazione sette video, di pubblicità comparativa, della campagna
“Get a Mac”, i quali negli ultimi decenni sono stati trasmessi dalle televisioni degli Stati
Uniti, Canada, Australia e Nuova Zelanda e diffusi in lingua originale e a volte tradotti in
tutto il Web. Campagna che vede come rivali i computer Mac con i computer PC.
Per avere gli strumenti adatti a compiere tali analisi, la tesi inizia introducendo il concetto di
pubblicità, spiegando le sue origini e come è cambiata nel tempo e quanto è presente nella vita
di tutti i giorni.
Il mio lavoro poi prosegue concentrandomi sul linguaggio pubblicitario che è il tema
principale di questa tesi. Ho cercato di illustrare accuratamente da cos’è composto, quali sono
gli scopi della pubblicità, di quali tecniche si avvale per raggiungerli e quando uno spot può
essere considerato “efficace”.
Dato che come esempio ho scelto la Apple, ho ritenuto importante parlare di come un marchio
riesce a diventare un’ icona e quali benefici ne riesce a ricavare facendo anche esempi di
icone importanti.
Dopo aver illustrato quali sono i principali mezzi di comunicazione, ho ritenuto fondamentale
far capire da quale punto di vista sono stati analizzati i video. Al fine di comprendere tale
punto, ho ritenuto doveroso fare un’ introduzione sulla semiotica, spiegando di cosa si
occupa, di cosa si compone e quali aspetti e funzioni si avvale nell’ audiovisivo pubblicitario .
Dato che sono tutti video della campagna “Get a Mac” ho illustrato tutte le caratteristiche
principali di questa campagna presentando i due attori che interpretano il Mac e il PC nella
campagna americana.
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Dato che si parla di pubblicità comparativa ho fatto una breve introduzione di questo concetto
per poi passare al punto principale: l’analisi dei sette video pubblicitari. I primi cinque sono
della campagna “Get A Mac” americana, mentre i successivi due sono della corrispettiva
inglese, introdotti da un’ analisi delle principali differenze della campagna inglese e quella
americana.
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Pubblicità
Il termine pubblicità deriva dal latino “advertere” 1: “portare l’attenzione di qualcosa o
qualcuno” o dall’ inglese “advertisement”: written statement calling attention to something
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.
Nel suo primo periodo di esistenza, come è noto, la pubblicità era réclame, cioè consisteva in
annunci puramente informativi che parlavano a pochi privilegiati e che cercavano di
promuovere le vendite attraverso argomentazioni razionali, la valorizzazione delle funzioni e
del contenuto tecnico dei prodotti.
Per esempio nello spot pubblicitario Colgate Flour MFP del 1884 una maestra spiega ai propri
alunni come si forma una carie e spiega che per prevenire le carie c’è un rimedio, ovvero il
prodotto in questione valorizzandone le proprietà e attribuendogli una funzionalità molto
importante.
La definizione che il “Collins Concise Dictionary” da di pubblicità è: “la promozione di beni
o servizi attraverso media impersonali”.
Con l’avvento della tv la pubblicità nel 1950 divenne un vero e proprio personaggio e quindi
diventò un concetto molto più ampio rispetto alla semplice definizione che il vocabolario gli
affida e che possiamo costatare che esso non è stato al passo coi tempi.
Il consumatore veniva considerato un essere ragionevole e cosciente al quale ci si rivolgeva
prendendolo per mano, mostrandogli che aveva un bisogno da soddisfare e motivando il fatto
che il prodotto pubblicizzato non era soltanto in grado di soddisfarlo, ma poteva anche farlo
meglio degli altri.
Il concetto generale di pubblicità in ogni lingua è comunque lo stesso ed è un elemento
ricorrente in tutte le società occidentali e nella vita di tutti i giorni. Non potrebbe essere
altrimenti in un sistema economico globalizzato dove il consumo è un elemento fondamentale
della vita economica.
Potremmo definire la pubblicità come una particolare forma di comunicazione usata da
compagnie o da altre organizzazioni per creare attenzione attorno alla loro immagine e
stimolare l’acquisto dei loro prodotti, inoltre c’è la pubblicità istituzionale, la no-profit, quella
governativa.
Si avvarrà di qualsiasi tecnica esistente per interagire con i nostri desideri e i nostri bisogni,
per convincerci, per informarci e per persuaderci.
Oltre a tecniche, ricorrerà all’aiuto di discipline come la psicologia, sociologia, il cinema e la
musica.
1
Elena Di Giovanni, “Advertising. Perspectives and strategies” : EUM, Macerata, 2009, p.6.
2
Online Etimology Dictionary, 1/10/2012, <http://www.etymonline.com/>
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Esistono vari modi per classificare la pubblicità a seconda dei media e delle tecniche, dei
prodotti e dell’utenza. Una distinzione è: hard-sell e soft-sell
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.
L’ hard sell è una comunicazione concreta, precisa, logica e razionale che si preoccupa meno
dello stile e più del contenuto. Il suo obiettivo è informare, esaltare le caratteristiche
qualitative del prodotto, mettere in mostra i vantaggi rispetto ai prodotti della concorrenza e
evidenziare l'ottimo rapporto qualità/prezzo.
Prendiamo la pubblicità di un’ auto come esempio e ipotizziamo uno spot nel quale si
evidenziano i principiali vantaggi che derivano dall'acquisto: ottimo rapporto
consumo/prestazioni, grande comfort, gpl gratis su tutte le vetture. Il messaggio è immediato
e privo di troppi fronzoli: «Comprate quest' auto perché consuma poco» o «Comprate quest'
auto perché è comoda e spaziosa» o ancora «Perché potete avere gratis il gpl».
In parole povere, l'obiettivo è vendere e tale fine viene perseguito informando il cliente sull'
esistenza di un prodotto, sulle sue qualità specifiche, sulle condizioni di vendita. In pratica,
parliamo alla testa del cliente, alla sua logica, gli spieghiamo con dati alla mano che la nostra
offerta è conveniente.
La soft-sell è una comunicazione fatta per allusioni, per analogie, che punta alle emozioni, ai
sentimenti, agli atteggiamenti e alle atmosfere. L'obiettivo in questo caso non è informare,
bensì entrare in sintonia con il cliente in modo da soddisfare i suoi bisogni espliciti ed
impliciti.
Tornado alla pubblicità delle auto, pensiamo ad uno spot tutto giocato sulle immagini: un
uomo affascinante che esce da una elegante abitazione, sale sulla sua auto di lusso e attraversa
un’ incantevole paesaggio incendiato dai colori del tramonto. Il tutto contornato da una
romantica musica di sottofondo. Uno spot simile non dice molto al cliente sulle caratteristiche
dell'auto, ma punta tutto sulla seduzione e sul fascino.
È come se al potenziale cliente qualcuno stesse dicendo: «Lo sappiamo che vuoi qualcosa in
più di una semplice auto e noi possiamo darti tutto questo». Questa volta parliamo al cuore
del nostro potenziale cliente, puntiamo sulle sensazioni e sulle atmosfere, e grazie all' uso
sapiente di immagini, di parole e di musica cerchiamo di emozionarlo, di farlo sognare, di
creare una relazione emotiva con il prodotto.
Nel corso della storia si è sempre evoluta sfruttando nuovi codici e passando attraverso nuovi
media, tanto che ora rappresenta il 50% dei contenuti dei mass-media.
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Guy Cook, “The discourse of advertising” Routledge Chapman & Hall; 2001 pag 10
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Da questa considerazione possiamo capire che essa rappresenta un fenomeno culturale
importante, capace di influenzare le abitudini della gente e le loro scelte riflettendo i
cambiamenti e gli stati nella società.
Vanni Codeluppi ha una chiara definizione di come la pubblicità ha svolto un ruolo cruciale
nella struttura della società: ogni oggetto sociale deve essere concepito come se fosse una
pubblicità per se stesso, come se fosse un’ azienda con il compito di sedurre il consumatore e
il pubblicizzare ha progressivamente imposto la sua presenza su tutti gli strumenti di
comunicazione.
Nella società di oggi, spesso descritta come la società delle comunicazioni, la pubblicità si sta
sempre più evolvendo; è stato infatti stabilito che non determina direttamente le azioni degli
individui, ma predispone e stimola l’acquirente ad una sola azione : comprare.
Non è un caso che questi ultimi anni sono stati caratterizzati da ciò che Giampaolo Fabris
chiama “la rivoluzione copernicana” nel campo pubblicitario: il prodotto diventa un segno
ricco di significato culturale e simbolico, quindi il suo valore intrinseco e le sue caratteristiche
perdono importanza. L’autore attribuisce alla pubblicità la capacità di dare vita a oggetti con
un corpo e un’ anima estraendo segni e simboli dall’immaginazione collettiva. In questo
modo non sono i prodotti che completano il mercato, ma i messaggi.
Dunque la pubblicità oggi non ricorderà più le componenti del prodotto. Piuttosto evidenzierà
fattori non contenuti in esso che saranno progettati sul marchio con altri componenti più vicini
al consumatore; avrà il compito di attribuire significati sociali alle cose e attribuire identità e
personalità ai prodotti quotidiani; infine inizierà a parlare meno del prodotto e più di se stessa
cercando di creare una complicità con il ricevitore.
Secondo il mio parere, il fatto che rispetto al passato si abbia una minor conoscenza
immediata del prodotto potrebbe spingere il consumatore ad avviarsi per conoscerlo meglio,
ma nello stesso tempo preferirei essere consapevole immediatamente delle caratteristiche del
prodotto.
Secondo Daniele Pittèri la pubblicità è così strettamente legata al prodotto tanto da esser
capace di esprimere se stessa tramite simboli e icone.
Tutto questo per coinvolgere sempre di più il pubblico in una continua persuasione che non
conosce limiti e confini giungendo perfino nei nostri spazi personali, con le telefonate
promozionali a casa o le sponsorizzazioni sulle automobili private.