ANALISI PUBBLICITARIA. ADIDAS E NIKE: DUE MONDI DELL’UNIVERSO SPORTIVO A CONFRONTO
Capitolo I Semiotica e pubblicità
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Capitolo I
Semiotica e pubblicità
I.1 – Cos’è la semiotica
La semiotica (dal greco semeiotikós, relativo al segno) è la disciplina che
ha per oggetto lo studio dei segni, della loro natura e funzione, della loro
produzione e interpretazione. Alla base della semiotica ci siamo noi, in quanto
esseri umani, ed il mondo che ci circonda (compreso anche tutto ciò che è
inanimato) perchè in ogni gesto che compiamo, o ogni cosa che vediamo,
trasmette un’informazione. Per poter essere valido, uno studio semiotico deve
prevedere un oggetto che trasmette informazioni ed un interpretante pronto a
carpirne il significato. Ad esempio, se vediamo del fumo che proviene da un
camino, possiamo immaginare che in quella casa ci sia un camino acceso.
L’uomo, dunque, è circondato, e circonda il mondo attorno a sé, da segni:
dai cartelli stradali alla pubblicità, dai semplici gesti quotidiani ad un articolo
di giornale che leggiamo. A causa di questa infinità di segni, l’uomo, o per
meglio dire gli studiosi di “semiotica”, hanno creato una settorializzazione di
questa scienza creando diversi ambiti legati ai differenti settori di riferimento:
semiotica della pittura, del cinema, della musica, dei generi televisivi...
Facendo così, sono state generati, quindi, diversi modelli e diverse
terminologie creando, dunque un linguaggio specifico per questa scienza.
Un ramo della semiotica è la linguistica in quanto studia i segni
linguistici e verbali di una lingua. Proprio per questo, all’interno della
semiotica ci sono tre diversi elementi d’analisi:
la sintassi che studia l'ordinamento degli elementi della
comunicazione (segni, codici e linguaggi) e la loro
organizzazione interna;
la semantica si occupa del rapporto tra gli elementi della
comunicazione e il loro significato, s’interroga sugli oggetti di
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riferimento di un segno, che possono essere intesi come cose reali
presenti nel mondo oppure come una rete di concetti;
la pragmatica che si occupa del rapporto fra comunicazione,
interlocutori e ambiente in cui avviene il processo comunicativo e
comprende, per esempio, le modalità di enunciazione, gli effetti
di una comunicazione.
I.2 – Breve storia introduttiva
Prima di approfondire le tecniche con cui si può impostare un lavoro
d’analisi semiotica, occorre presentare un breve excursus storico di questa
scienza.
Innanzitutto bisogna specificare che la scienza della significazione ha una
duplice origine: Charles Sanders Peirce (Cambridge, 10 settembre 1839 –
Milford, 19 aprile 1914) la chiamava semiotics; Ferdinand de Saussure
(Ginevra, 26 novembre 1857 – Vufflens-le-Château, 22 febbraio 1913) la
chiamava, con un neologismo, sémiologie. Dunque si parla di semiotica e di
semiologia.
Peirce affermava:
«la dottrina della natura essenziale e delle varietà fondamentali di ogni
possibile semiosi. Per semiosi intendo un’azione, una influenza che sia, o
coinvolge, una cooperazione di tre soggetti, come per esempio un segno, il suo
oggetto e il suo interpretante, tale influenza tri-relativa, non essendo in nessun
caso risolubile in un’azione tra coppie».
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de Saussure affermava:
«la lingua è un sistema di segni esprimenti delle idee e, pertanto, è
confrontabile con la scrittura, l’alfabeto dei sordomuti, i riti simbolici, le forme
di cortesia, i segnali militari eccetera eccetera. Essa è semplicemente il più
importante di tali sistemi. Si può dunque concepire una scienza che studia la vita
dei segni nel quadro della vita sociale. Essa potrebbe formare parte della
psicologia sociale e, di conseguenza, della psicologia generale; noi la
chiameremo semiologia (dal greco semeìon = segno). Essa potrebbe dirci in
cosa consistono i segni, quali leggi li regolano. Poiché non esiste ancora non
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Charles Sanders Peirce, Collected Papers, 1931 - 1935
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possiamo dire che cosa sarà; essa tuttavia ha diritto a esistere e il suo posto è
determinato in partenza»
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Alla base di tutto, per entrambe le
concezioni, sta comunque il termine greco
semeìon (“segno”), per cui in una
definizione minimale si potrebbe dire che
si tratta della "scienza dei segni" (si veda
infatti la semeiotica medica, che studia i
sintomi, dunque segni, delle malattie).
La differenza di base tra le due concezioni descritte in precedenza, sta
nell’approccio all’analisi e sull’oggetto da porre sotto analisi. Peirce, che
operava in ambito logico e filosofico (pragmatismo), si basava sui processi
cognitivi. Il segno, o rapresentament, è un "primo" che intrattiene con un
"secondo", il suo oggetto, una relazione che diviene triadica per la mediazione
di un interpretante, il quale costituisce piú o meno il suo senso (fig. I.1).
Ferdinand de Saussure, invece, parla della fondazione della semiologia
come estensione della linguistica. Occorre essere a conoscenza, e quindi
studiare, non solo il sistema linguistico verbale ma anche tutti gli altri sistemi
di segni non verbali per arrivare a definire «una scienza che studia la vita dei
segni nel quadro della vita sociale». Il segno è visto come l'unione arbitraria
(cioè convenzionale) di un significante e di un significato.
Saussure fa riferimento a un quadro sociologico. Peirce a un quadro
filosofico.
Gli studi successivi a Peirce ed a de
Saussure hanno portato alla creazione di
nuove teorie inerenti la scienza della
significazione ma tutte si sono basate sugli
schemi dettati dai due fondatori. Un
esempio lampante è la ripresa del
triangolo semiotico di Peirce per la creazione schema di Ogden e Richards
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Ferdinand de Saussure, Cours de Linguistique General, 1916
fig. I.2 Il triangolo semiotico di Peirce
fig I.2 Tirangolo della significazione o
Schema Ogden - Richards
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(fig. I.2): dove la linea tratteggiata evidenzia la mancanza di un rapporto diretto
fra l'oggetto (referente) e il significante (simbolo), perché il rapporto è istituito
solo tramite la referenza (nozione o significato che dir si voglia).
I.3 La semiologia e la pubblicità
La suddivisione in semiologia e semiotica ha le sue ripercussioni anche
nell’approccio che queste due scienze hanno nei confronti del mondo
pubblicitario. In questo paragrafo sarà trattato il punto di vista semiologico.
I primi studi semiologici considerano la pubblicità un’attività
comunicativa a scopo persuasivo. La funzione della pubblicità è quella di
vendere, al potenziale acquirente, il prodotto di cui parla attraverso un
messaggio di tipo linguistico o visivo. Il messaggio che proviene dal testo
pubblicitario deve, dunque, essere persuasivo e convincente affinché esponga i
vantaggi di un prodotto rispetto agli altri ma anche rispetto. Per fare questo,
nelle pubblicità si fa un continuo ricorso alla retorica per creare una
stratificazione del messaggio in livelli linguistici e di significato per poi
provvedere ad un’analisi della loro efficacia comunicativa. Gli artifici retorici
vengono considerati come tecniche per moltiplicare i significati del testo,
ponendo accanto al contenuto denotato che viene fornito dal codice linguistico,
tanti altri possibili significati connotati che rinviano a universi culturali o
sottocodici di tipo ideologico, antropologico, estetico.
Dopo aver studiato il messaggio dal punto di vista linguistico, la
semiologia deve occuparsi anche della parte non verbale del testo pubblicitario:
le immagini.
Lo studio delle immagini pubblicitarie inaugura una vera e propria
semiologia della visualità. Molto spesso l’immagine che accompagna il testo,
ha una funzione di tipo rafforzativo in quanto tende ad enfatizzare il messaggio
linguistico attraverso l’espressione di enfasi che solo un’immagine può dare.
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Charles Ogden; Ivor Richards, Il significato del significato. 1966
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Come la parola, anche l’immagine possiede due livelli di lettura: quello
propriamente pubblicitario, di tipo connotativo e quello visivo, di tipo
denotativo, legato al fatto che l’immagine sta lì in quanto rappresentazione di
qualcos’altro.
Lo sguardo linguistico e semiologico sulla pubblicità, supportato dalle
nozioni della retorica, supera l’idea della comunicazione commerciale come
persuasione occulta. Nel messaggio pubblicitario, nulla agisce a livello
subliminale su un destinatario del tutto passivo che, al contrario, viene
costantemente sollecitato dalla molteplicità dei livelli semantici del messaggio,
a vivificare la sfera di esperienze individuali e sociali entro cui si riconosce e
costituisce.
Attraverso il quadrato semiotico, è possibile ricostruire una tipologia
delle possibili forme a cui la comunicazione pubblicitaria ricorre per
valorizzare gli oggetti che deve pubblicizzare. Ne è venuta fuori la cosiddetta
assiologia dei valori di consumo.
I.4 La semiotica e la pubblicità
La semiotica della pubblicità nasce in epoca più moderna rispetto alla
semiologia. Tale scienza tenta di analizzare i fenomeni che inducono i
destinatari del messaggio a divenire acquirenti del prodotto reclamizzato.
La domanda è: che cosa ha fatto sì che la semiotica e la pubblicità si
siano avvicinate così naturalmente fin da subito?
Marrone risponde così:
«Già a livello intuitivo la comunicazione commerciale si presenta
come uno degli oggetti privilegiati di una scienza della significazione
interessata ai fenomeni sociali. Innanzitutto perché si tratta di un’attività
comunicativa i cui scopi precipui – attirare l’attenzione, persuadere,
sedurre, valorizzare – sono del tutto espliciti, e per quanto spesso
socialmente denigrati, in ogni caso comunemente accettati. In secondo
luogo perché, per raggiungere questi obiettivi, essa mette in moto una
serie di procedure retoriche talvolta molto complesse, sia sul piano della
lingua verbale sia su quello dei linguaggi non verbali quali l’immagine o
la musica. Infine, perché essa è un discorso sociale fortemente