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Da qui in avanti, dunque, è per noi ipotesi implicita la richiesta di
quotazione, in quanto l’offerta pubblica ha senso se i titoli possono essere
scambiati poi sul mercato.
La teoria finanziaria fornisce diverse spiegazioni sui modi, i tempi e sulle
motivazioni per le quali un’ impresa sceglie di aprirsi al mercato quotando i
propri titoli. Secondo la c.d. “ pecking order theory” (Myers) esiste un
ordine gerarchico nelle preferenze di finanziamento di un’ impresa; secondo
questa scala preferenziale il ricorso al capitale di rischio (equity)
rappresenterebbe l’ ultima risorsa, spiegando in questo modo il ricorso
invece al capitale di debito. Secondo un altro approccio, invece, che ha
come fautori lo stesso Myers e Majluf, è l’ asimmetria informativa che
spiega l’ offerta delle proprie azioni. I managers, infatti, dispongono di
informazioni superiori rispetto agli investitori istituzionali, e pertanto sono
in grado di scegliere il momento più adatto per collocare i titoli in un
momento di “ sopravvalutazione ” del mercato.
Lo scopo di questo lavoro, pertanto, è quello di analizzare un aspetto
fondamentale della fase di quotazione, in quanto dal successo del lancio do
una IPO molto probabilmente dipenderà l’evoluzione della società
quotanda, sia nel breve che nel lungo periodo.
La scelta della forma contrattuale, dello Sponsor che coordina ed affianca la
società in questa fase, del mercato da aggredire e di tutta una serie di
5
elementi che richiedono un’ attenta valutazione rappresentano un momento
fondamentale per la buona riuscita dell’ operazione.
In particolare, mi sono voluto soffermare su un aspetto che in letteratura ha
acceso forti dibattiti e che anche qui in Italia sta diventando frutto di
importanti studi, cioè l’ Underpricing. Spesso, infatti, esaminando
l’andamento dei titoli, emerge il fatto che le società emittenti,
probabilmente deliberatamente, sottoprezzano le emissioni, generando
appunto questo fenomeno. Numerose ricerche effettuate, soprattutto nei
paesi anglosassoni e statunitensi, hanno evidenziato un sistematico divario
tra il prezzo di sottoscrizione e quello fatto registrare dai primi scambi sul
mercato. La trattazione di questo interessante aspetto sarà però sviluppata
nella seconda parte del lavoro, nella quale si analizzeranno in particolar
modo i fattori determinanti l’ Underpricing e gli aspetti più significativi di
quest’anomalia.
Nel primo capitolo, infatti, mi è sembrato opportuno descrivere la struttura,
in linea sommaria, del mercato azionario in generale, per riuscire ad avere
una visione sulle caratteristiche e sulle varie possibilità che le imprese oggi
hanno quando decidono di quotarsi.
Si darà uno sguardo all’ evoluzione del mercato che ha caratterizzato gli
anni ’90, anche dal punto di vista normativo, nei quali, radicali
cambiamenti hanno inciso soprattutto sulla struttura e sull’ organizzazione
del mercato, apportando senza dubbio benefici in termini di trasparenza e
6
di competitività. La privatizzazione della Borsa Italiana ha infatti
rappresentato un’ opportunità importante soprattutto per particolari
categorie di imprese, che prima di tale momento incontravano forti ostacoli
nell’ accesso ad un mercato regolamentato. Basti menzionare
l’ introduzione nel ’99 del Nuovo Mercato, un mercato destinato a quelle
imprese che presentano un alto potenziale di sviluppo.
L’ esigenza di avere un listino per le piccole e medie imprese attive in
settori innovativi o che fanno dell’ innovazione il loro fattore critico di
successo, agevolate anche da una modalità di accesso e di negoziazione
diversi rispetto al mercato telematico azionario (MTA), fanno di questo
mercato uno sbocco importante per tutte le imprese giovani e tecnologiche.
Nel secondo capitolo si entrerà nel merito della trattazione, analizzando in
dettaglio tutta la fase di una IPO, nella quale i soggetti coinvolti assumono
un ruolo essenziale, sia nella fase preparatoria, sia in quella
immediatamente successiva. In una ottica concorrenziale le regole e le
procedure di ammissione alla quotazione rappresentano un pilastro
fondamentale, soprattutto per il mercato stesso e per la sua capacità di
attrarre società emittenti, intermediari ed investitori. Naturalmente la parte
centrale del capitolo verterà sulle tipologie di offerte che un’ impresa può
effettuare, in particolare viene fatto riferimento alle offerte pubbliche di
sottoscrizione e di vendita ( OPS e OPV ), oppure allo sfruttamento di
entrambe le modalità ( OPVS ) andando ad evidenziare quali sono i fattori
7
e gli elementi che incidono sull’ offerta ed in particolar modo sul prezzo di
emissione. Si analizzeranno in breve anche le forme contrattuali che una
società può utilizzare per collocare i titoli. Tra gli aspetti più delicati vi è
senza dubbio la determinazione del prezzo di collocamento, una variabile
cruciale, non solo nei confronti dei potenziali investitori che intendono
acquistare i titoli al loro primo “ lancio”, ma anche per le performance e i
rendimenti nel lungo termine. Il prezzo deve, in maniera attendibile,
rispecchiare i fondamentali dell’impresa, sia in chiave storica ma
soprattutto prospettica, e, in quest’ottica si darà una breve panoramica sui
metodi di valutazione di un’azienda. Un ruolo importante che risulta
determinante sul valore dell’ impresa emittente e che dunque incide sulla
scelte degli investitori, come strumento di “signalling” è dato dalla
certificazione di particolari soggetti istituzionali. La scelta tra sponsor,
società di revisione o investitori istituzionali, infatti, è un fattore che risulta
essere variamente incisivo e che molto spesso scaturisce dal livello
“reputazionale” che l’investitore istituzionale gode sul mercato. La parte
finale del capitolo si conclude accennando ad un fenomeno, più che altro ad
un’ anomalia che caratterizza il lancio di una IPO, che è l’ Underpricing.
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In realtà, dall’ analisi e dalla classificazione fatta dagli studi svolti in
materia, sono sostanzialmente tre le anomalie che caratterizzano l’ “ IPO
market ”:
1) underpricing iniziale;
2) “hot issue" markets;
3) underperformance di lungo periodo.
Lo studio delle reazioni del mercato borsistico alle IPOs, nel breve e nel
lungo periodo, si è particolarmente intensificato negli ultimi anni, non solo
per la valenza strategica attribuita nei paesi più industrializzati alle capacità
dei mercati finanziari di attrarre le imprese a quotarsi, ma anche
all’affacciarsi sul panorama mondiale dei mercati in via di sviluppo che
rappresentano una realtà nuova e ancora poco esplorata.
Per esigenze espositive, tuttavia, si è scelto di soffermarsi solo sul primo
aspetto, più che altro un’anomalia, che rappresenta una disfunzione del
breve periodo e che molti studiosi affrontano prendendo come riferimento i
primi giorni immediatamente successivi alla quotazione oppure un mese
dopo. Si illustrerà, in parte, l’ampia letteratura esistente al riguardo,
testando se il caso anche empiricamente le teorie esplicative proposte dagli
autori. Inevitabilmente, per affrontare in modo adeguato il fenomeno si
dovrà riprendere un concetto noto in finanza: la teoria di efficienza del
mercato, che, come in ogni contesto avvantaggia determinati attori del
mercato a scapito di altri ( asimmetria informativa ).
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Nella parte finale, quindi, si illustreranno delle evidenze sul mercato
italiano, avendo come riferimento la teoria di Baron, un noto studioso che
mette in relazione l’ Underpricing con alcune variabili, sviluppando una
propria teoria sull’ anomalia. Secondo l’autore esiste una netta asimmetria
informativa tra emittente ed investment banker: gli intermediari,
conoscendo meglio il mercato, sarebbero in grado di stabilire un prezzo di
emissione a loro più “ comodo ” giustificandolo all’ emittente come più
adatto alla congiuntura di mercato. Si proporrà infine, in sintesi, per dare
anche un taglio più pratico al problema, un’analisi svolta su un campione
italiano di IPO nel periodo 1995/1998 svolta da due studiosi di Finanza.
Bisogna sottolineare, tuttavia, il fatto che per il mercato italiano, gli studi in
materia sono stati abbastanza limitati, sia nello sviluppo di teorie, sia sullo
studio come evidenza empirica, in ragione supponiamo del carattere non
ancora maturo del mercato. Per questo, risulta essere interessante andare a
verificare se, anche in Italia, cominciano ad evidenziarsi le anomalie
presenti già presenti negli altri paesi.
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CAPITOLO I
CARATTERISTICHE GENERALI
DEL MERCATO AZIONARIO
1 L’ evoluzione del mercato azionario del decennio 1991-
2000
A partire dalla fine degli anni ottanta la borsa italiana ha vissuto profonde
trasformazioni ed innovazioni sul piano della struttura e della
regolamentazione.
In particolare, il mercato azionario
1
in genere, si trovava in una posizione di
forte arretratezza, soprattutto se confrontato con gli altri paesi europei.
Un gap che si evidenziava in molti aspetti: una limitata offerta di capitale
azionario, dimensioni molto ridotte, elevata concetrazione del listino, ma in
particolare, la scarsa trasparenza ed una bassissima differenziazione erano
le caratteristiche principali di quel mercato. In sostanza, possiamo far
risalire a due le cause primarie che ostacolavano lo sviluppo del mercato e
del ricorso al capitale di rischio.
Da un lato, la struttura proprietaria delle imprese italiane, articolata in
gruppi, ha di fatto creato un mercato di finanziamento interno
2
impedendo
le scalate ostili, dall’altro vi era il ruolo indiscusso delle banche che
1
DAMILANO M., “Il mercato azionario” GIAPPICHELLI ( 2002 ).
2
In pratica i capitali venivano raccolti sul mercato dalle imprese che presentavano le migliori
caratteristiche e successivamente ridistribuiti all’interno del gruppo.
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rappresentavano il canale preferenziale per le imprese e le famiglie per
quanto riguarda l’ offerta dei servizi di investimento del risparmio.
Se, infatti, i pochi grandi gruppi industriali e le numerose imprese familiari
erano storicamente ostili al ricorso alla Borsa valori come canale di
finanziamento alternativo al credito bancario, non di meno le banche
contribuivano a ridurre il connaturale squilibrio tra mezzi di debito e
capitale di rischio, per altro già molto elevato nel nostro sistema finanziario.
Inoltre, se si aggiungono, la tardiva istituzione e la limitata presenza degli
investitori istituzionali, ed anche lo scarso interesse dimostrato dalle
famiglie italiane, attratte più verso gli alti rendimenti dei benefici fiscali dei
titoli di stato, si delinea un quadro completo dei fattori che hanno rallentato
il processo di ristrutturazione e di modernizzazione del mercato azionario,
in particolare della Borsa, nel nostro paese.
Anche l’Italia però, sia pure con il “ solito ” ritardo, non è rimasta
insensibile alle mutazioni dei processi di finanziarizzazione
3
dell’ economia
e all’avvento degli investitori istituzionali per la gestione del risparmio.
In tempi rapidissimi cambia l’ambiente operativo e lo scenario
internazionale impone sempre più un “obbligo” di adeguamento. Il
recepimento delle direttive comunitarie, l’ introduzione dell’euro e lo
3
Un sistema finanziario può presentarsi sostanzialmente in due modi: un sistema di tipo market
oriented dove le esigenze finanziarie delle imprese sono soddisfatte innanzitutto dal capitale di
rischio. Il modello di proprietà aperta è per definizione un punto di riferimento. Al contrario , in un
sistema di tipo bank oriented, sistema al quale ancora la stragrande maggioranza di imprese
italiane fa affidamento, si ricorre in via prioritaria al credito fornito dall’intermediazione
finanziaria. In questo caso è più diffuso il modello di proprietà chiuso e il mercato dei capitali è
tendenzialmente poco efficiente.
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sviluppo delle tecnologie di comunicazione, hanno costretto i mercati meno
efficienti, tra cui l’Italia, ad allinearsi ed a compiere notevoli processi di
ristrutturazione. Il ribasso dei tassi di interesse, ormai allineati con quelli
europei, il grande processo di privatizzazione delle imprese pubbliche
hanno sempre più avvicinato alla borsa anche i piccoli investitori. La
massiccia presenza di forme di risparmio gestito ha contribuito ed agevolato
l’allocazione del risparmio a favore del mercato azionario, contribuendo
alla sua crescita, ed infine, il fenomeno del trading on line, ha acceso gli
entusiasmi degli investitori “ fai da te ” partecipando alle negoziazioni di
borsa. Gli effetti di questi cambiamenti sono stati notevoli. La nascita di
nuovi strumenti finanziari, la segmentazione, la specializzazione e la nascita
di nuovi mercati per far fronte alle esigenze sia dei piccoli risparmiatori, sia
delle PMI
4
, che nel nostro paese rappresentano il 90% delle imprese
italiane, sia delle imprese c.d. della “ New economy ”. Oggi l’assetto
organizzativo-istituzionale può essere così schematizzato: da un lato il
potere pubblico ha disegnato una vasta e completa cornice normativa,
agendo come supervisore del mercato attraverso la Consob ( Commissione
Nazionale per le società e la Borsa ), mentre ai soggetti privati ( gli
intermediari ) sono assegnati i poteri per l’organizzazione e la gestione del
mercato con l’istituzione della Borsa Italiana Spa.
4
Perrini F., “La gestione della quotazione per valorizzare le PMI: STAR, il nuovo segmento di
Borsa, e il Nuovo Mercato”, EGEA (2000)