Capitolo 1
sforzi tangenziali sulle pareti τp , ecc.) sono completamente diversi a secon-
da che il flusso sia laminare o turbolento [1]. In particolare, a causa della
maggiore agitazione molecolare presente in uno strato limite turbolento, gli
elementi fluidi con maggiore energia presenti nella regione esterna vengono
spinti verso la parete [2], dando luogo ad una maggior velocita` media rispetto
ad uno strato limite laminare. Ne deriva che
[
∂V
∂n
]
turbolento
>
[
∂V
∂n
]
laminare
e quindi
τp turb > τp lam
Nasce cos`ı l’interesse a realizzare profili che consentano un deflusso laminare
il piu` esteso possibile; tali profili permettono appunto di minimizzare il va-
lore della resistenza di attrito in condizioni di progetto (cioe` per determinati
valori del coefficiente di portanza e dei numeri di Mach e Reynolds) con visi-
bile miglioramento delle prestazioni in campo transonico (es. NACA 63-210,
fig. 1.7).
Gia` da molto tempo e` risultato evidente che la transizione e` solo la fase
finale di un complicato fenomeno di instabilita` del flusso laminare [11]; essa
avviene, essenzialmente, quando il numero di Reynolds locale diventa mag-
giore di un certo valore critico Recrit che, a sua volta, dipende fortemente
dalla rugosita` superficiale, dalla turbolenza iniziale della corrente, dalle con-
dizioni fisiche. Studi di Lord Rayleigh (1880-1913) dimostrarono, tra l’altro,
il criterio di instabilita` inflessionale: profili di stabilita` che presentano un
punto di flesso sono sicuramente instabili. Altre cause di instabilita` sono
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Capitolo 1
Figura 1.7: Variazione del coefficiente di resistenza con l’angolo d’attacco per un profilo
laminare (NACA 63-210 , Re = 3 · 106).
l’instabilita` di Gortler, che puo` essere presente in flussi paralleli a superfici
concave, quindi anche sul ventre di un profilo alare molto ricurvo; l’insta-
bilita` del flusso parallelo all’ala che si verifica per ali a freccia; e la crossflow
instability, che ha luogo in prossimita` del bordo d’attacco per effetto della
tridimensionalita` dello strato limite ivi presente.
Una delle principali tecniche per realizzare profili alari laminari e` quella
di arretrare il piu` possibile il picco di espansione della corrente sul dorso,
generando una lenta e continua espansione per una buona percentuale della
corda: infatti un gradiente di pressione favorevole rende stabile lo strato
limite laminare, in quanto il profilo di velocita` non presenta punti di flesso,
mentre zone in cui il fluido deve procedere lungo gradienti di pressione avversi
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Capitolo 1
Figura 1.8: Schema delle fonti di instabilita´ dello strato limite laminare
rendono probabile il fenomeno della transizione verso un regime turbolento.
In questo caso si parla di flusso laminare naturale, NLF. I primi voli
di dimostrazione su velivoli medio-grandi, sia negli Stati Uniti (B757 con
HLF sull’ala nel 1988) ed in Europa (Fokker 100 con NLF sull’ala nel 1990-
91), hanno chiaramente mostrato che l’applicazione del flusso laminare puo`
portare ad una riduzione della resistenza fino al 10%.
Possono ovviamente nascere delle difficolta` nella progettazione di un pro-
filo NLF: per arretrare il picco di espansione, il raggio di curvatura del bordo
d’attacco sara` relativamente piccolo, ed e` stato citato (par. 1.2) il rischio
connesso a questa caratteristica geometrica: deve essere posta molta atten-
zione al degrado delle prestazioni che si potrebbe verificare in condizioni di
alta portanza. Inoltre, abbiamo appena visto che la minore energia connessa
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Capitolo 1
allo strato limite laminare crea problemi in presenza di una onda d’urto che,
se troppo intensa, puo` causare la separazione del flusso con conseguente au-
mento della resistenza; questo fenomeno potrebbe vanificare, a partire da un
certo valore del numero di Mach, gli sforzi fatti per massimizzare l’estensione
della zona laminare. Per prevenire questo fenomeno, nella pratica costruttiva
e` noto l’uso di turbolatori, ovvero di rugosita` superficiali (chiodature sporgen-
ti o strisce di materiale ruvido) volontariamente installate al fine di avere una
transizione certa a monte della posizione prevista per l’onda d’urto.
Il controllo attivo della transizione (HLF, flusso laminare attivo), che
potrebbe aprire interessanti prospettive per un impiego efficiente ed affidabile
di ali laminari per velivoli veloci, e` tuttora oggetto di importanti programmi
di ricerca; una tecnologia ritenuta strategica dalle industrie aerospaziali per
la significativa riduzione dei consumi e, quindi, dei costi operativi (ma anche
dell’inquinamento). Le tecniche maggiormente studiate sono il raffreddamen-
to della parete e la suzione di parte dello strato limite.
1.5 Analisi di diversi metodi di calcolo
Come accennato nel par. 1.1, una notevole semplificazione nella modellazione
dei campi fluidodinamici puo` essere fatta se sono valide le ipotesi di incom-
primibilita` e di fluido ideale non viscoso: l’assenza di viscosita` comporta
che, in ogni punto del campo, sia nulla una grandezza detta vorticita`; tale
grandezza puo` essere posta in relazione con il rotore del vettore velocita`, e
ne deriva che ~∇ ∧ ~V = 0 , e il moto (detto irrotazionale) sara` tale da poter
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Capitolo 1
definire una funzione (potenziale di velocita`) tale che
~V = ~∇φ
dalla equazione di conservazione di massa, unita all’ipotesi di incompri-
mibilita`, deriva anche che il vettor V e` solenoidale, ovvero
~∇ · ~V = 0
ma allora, unendo le due equazioni, si ha che
∇2φ = 0 , ∇2 =
(
∂2
∂x2
+ ∂
2
∂y2
+ ∂
2
∂z2
)
(1.6)
La 1.6 e` detta equazione di Laplace. Le nozioni di matematica teorica sulle
soluzioni dell’equazione di Laplace sono ormai consolidate. In pratica, il cam-
po di moto intorno ad un oggetto qualunque puo` essere creato dalla somma
di addendi (tale equazione gode della sovrapponibilita` delle soluzioni); tale
formulazione e` allora alla base dei metodi di calcolo detti metodi a pan-
nelli o metodi full potential: la superficie del corpo viene modellata come
un insieme di punti sede di pozzi, sorgenti, vortici e doppiette, appunto le
principali soluzioni dell’equazione di Laplace, le cui intensita` sono calcolate
imponendo l’annullamento, sulla superficie del corpo, della componente di
velocita` normale alla superficie stessa, e l’annullamento all’infinito del dis-
turbo creato dal corpo. Alla fine degni anni ’60 soluzioni di problemi pratici,
come configurazioni complete di aerei, potevano essere prodotte con metodi
a pannelli ed in tempi relativamente brevi.
Non approfondiremo ulteriormente questa metodologia, poiche` le ipotesi
alla base di tale modello sono visibilmente molto restrittive, in particolar
modo l’idea di trascurare ovunque gli effetti viscosi.
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Capitolo 1
Uno studio piu` accurato dei fenomeni fluidodinamici deve muovere ne-
cessariamente dal concetto di bilancio, e dalla scrittura delle equazioni di bi-
lancio delle grandezze coinvolte nei fenomeni stessi. E` impossibile, in questo
lavoro, mostrare dettagliatamente tali concetti fondamentali della fluidodi-
namica. Si deve a M. Navier ed a G. Stokes (prima meta` del XIX secolo), una
formulazione piu` potente basata sulla scrittura delle equazioni di bilancio di
massa, quantita` di moto ed energia.
Ci limiteremo, in questo paragrafo, solo a riportare le equazioni di Naver-
Stokes:
Equazione di bilancio di massa:
∂ρ
∂t
+∇ · (ρV ) = 0
Equazioni di bilancio di quantita` di moto:
ρ
Du
Dt = −
∂p
∂x
+ ∂τxx
∂x
+ ∂τyx
∂y
+ ∂τzx
∂z
ρ
Dv
Dt = −
∂p
∂y
+ ∂τxy
∂x
+ ∂τyy
∂y
+ ∂τzy
∂z
ρ
Dw
Dt = −
∂p
∂z
+ ∂τxz
∂x
+ ∂τyz
∂y
+ ∂τzz
∂z
Omettiamo per semplicita` l’equazione di bilancio di energia.
Da tale modellazione si perviene ad un sistema di equazioni integro-
differenziali a derivate parziali, non lineari, accoppiate. Tale sistema non
ammette soluzioni generali analitiche, ed anche le trattazioni teoriche sul-
la esistenza globale (cioe` l’esistenza di una soluzione unica in un arbitrario
intervallo di tempo) sono insoddisfacenti.
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Capitolo 1
Data la grande utilita` di queste equazioni nel descrivere fenomeni reali,
molti sforzi vengono compiuti tutt’oggi per ottenere soluzioni numeriche; le
Navier-Stokes sono tuttora, infatti, lo stato dell’arte nella simulazione fluido-
dinamica, e svolgono un ruolo importantissimo in svariati ambiti industriali.
Trascurando i termini viscosi delle equazioni di Navier-Stokes si perviene
ad un’altra formulazione, detta metodo Euleriano; si tratta, ovviamente, di
un modello con un maggior gradi di approssimazione; tuttavia, sovente ven-
gono creati codici basati sui metodi a pannelli o sulle equazioni di Eulero,
accoppiate pero` con equazioni per la modellazione dello strato limite2. Citi-
amo il codice MSES, creato dal professor Drela (Fra). Ovviamente, molti
codici Navier-Stokes permettono di eseguire uno studio Euleriano come caso
particolare, semplicemente non calcolando i termini viscosi.
Infine, maggiori livelli di precisione nella descrizione di campi complessi si
ottengono simulando i fenomeni turbolenti. Anche in questo caso non esiste
un approccio univoco, ma varie metodologie che possiamo cos`ı riassumere:
• equazioni di Navier-Stokes mediate alla Reynolds (RANS), alle quali
vengono aggiunte le equazioni che modellano la turbolenza (modelli di
turbolenza); parleremo in dettaglio di tali modelli nel paragrafo 2.3;
• la simulazione diretta (DNS, Direct Navier Stokes), che tende a risol-
vere le eq. di Navier-Stokes cos`ı come scritte sopra, ma su scale detta-
gliatissime, con evidente aumento della qualita` dei risultati (ma anche
2A rigori lo strato limite ha sempre una struttura tridimensionale, ma risultati del tutto
validi sono ottenuti anche da codici che si limitano ad uno studio bidimensionale
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Capitolo 1
degli oneri computazionali). In questo caso le equazioni di Navier-
Stokes vengono risolte senza l’aggiunta di ulteriori equazioni per la
modellazione della turbolenza;
• la metodologia LES (Large Eddy Simulation), un metodo per la previ-
sione di strutture turbolente di grande scala.
Tra i codici basati sulla risoluzione numerica delle RANS, citiamo in parti-
colar modo il codice FLOSIM, sviluppato nel Dipartimento di Progettazione
Aeronautica a partire dal 1993, che analizzeremo piu` in dettaglio ed utiliz-
zeremo per le nostre elaborazioni, che risolve le Navier-Stokes instazionarie,
comprimibili, bidimensionali; il codice ZEN, sviluppato dal C.I.R.A. (Centro
Italiano di Ricerche Aerospaziali) negli stessi anni, che e` analogo a FLOSIM,
ma che risolve campi tridimensionali; il codice ARC2D creato dalla NASA.
Ogni codice di calcolo vede una lunga fase di validazione, durante la quale i
risultati che prevede vengono confrontati con risultati numerici e sperimen-
tali riportati in letteratura.
Nonostante i continui progressi fatti nel campo della Fluidodinamica
Computazionale, gli studi matematico-teorici sulle soluzioni delle Navier-
Stokes e sulla modellazione della turbolenza, e gli elaboratori sempre piu`
potenti di cui si dispone, non si deve affatto pensare che la risoluzione dei
campi di moto appena visti sia ormai facilmente realizzabile: la corretta
previsione di uno stallo, o di una interazione onda d’urto-strato limite pre-
sentano comunque un elevato grado di complessita`, non sempre alla portata
di un codice numerico.
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