Scopo della tesi
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Scopo della tesi
Oggetto di questo lavoro di tesi sono stati lo studio e la valutazione critica delle tecniche
diagnostiche più diffuse per l’indagine della struttura e della morfologia dei materiali
ceramici di valore storico-artistico e archeologico. In particolare, con morfologia micro-
strutturale della ceramica ci si riferisce allo studio della forma (morfologia) e
dell’organizzazione tridimensionale (struttura) dei costituenti il corpo ceramico, che
influenzano le proprietà finali del manufatto.
Indagare queste caratteristiche permette di risalire alle trasformazioni subite
dall’impasto (dall’estrazione delle materie prime al ritrovamento del manufatto) per
ricavare informazioni storico-archeologiche, tecnologiche e antropologiche sulle culture
che hanno prodotto tali oggetti. Inoltre, la caratterizzazione delle ceramiche
archeologiche consente di valutarne correttamente l’aspetto conservativo, sia in termini
di interventi straordinari di restauro sia di ordinaria conservazione ed eventuale
esposizione.
Riscontrando l’assenza di un lavoro riassuntivo sulle analisi morfologiche e strutturali,
in questa tesi si è voluto illustrarne e valorizzarne le peculiarità. Le analisi morfologiche
permettono di ricavare una ricca varietà di informazioni, relative ai più vari aspetti del
percorso produttivo di un manufatto, al di là della sua composizione chimica ed
elementare. Le difficoltà analitiche e i dati ottenibili sono comunque diversi e legati:
all’invasività delle tecniche, alla possibilità di movimento dei manufatti,
all’interpretazione dei dati e alla loro affidabilità, ai costi economici delle
strumentazioni e a quelli in termini di tempo. Si è cercato dunque di organizzare alcune
informazioni pratiche relative ad ognuna delle tecniche trattate ed i risultati da essa
ottenibili attraverso l’analisi di casi di studio sui Beni Culturali, analizzando e
discutendo le procedure analitiche più affermate. In questo modo si spera di fornire
alcune indicazioni per meglio approcciare queste tecniche e comprenderne
l’importanza, i limiti e le potenzialità.
Analisi morfologiche e strutturali per lo studio delle ceramiche archeologiche
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CAPITOLO 1: INTRODUZIONE ALLA CERAMICA
La ceramica è il materiale di cui è fatta la maggior parte degli oggetti artificiali più
antichi giunti fino ai giorni nostri. Quasi onnipresente in tutte le civiltà storiche e
preistoriche, la ceramica riporta tracce che permettono di inquadrare un sito
archeologico in un contesto storico e studiare la sua evoluzione nel tempo ed i contatti
commerciali con le comunità coeve.
I materiali ceramici possono essere definiti in molti modi, sottolineando diversi aspetti
propri degli oggetti: geologico, mineralogico, tecnologico, etc. (Cuomo di Caprio 2007).
Dal punto di vista chimico e tecnologico la ceramica di tipo comune ed archeologica è
definita come un “materiale sintetico, parzialmente o totalmente cristallino, solido,
inorganico, non metallico, modellato a freddo e consolidato a caldo tramite trattamento
termico (Campanella 2011)“. L’ampia diffusione di questi oggetti è da ricondursi all’alta
resistenza meccanica e all’inerzia chimica che li caratterizza, alla presenza massiccia
nella crosta terrestre delle materie prime necessarie alla realizzazione, e infine alla
relativa semplicità di lavorazione (Cuomo di Caprio 2007). Il più antico reperto
ceramico mai ritrovato è la Venere di Věstonice, una statuetta risalente al 29000-25000
a.C. (de Soto et al. 2014). L’inizio della produzione vasaria invece viene fatto risalire a
circa il 10000 a.C. in Giappone ed al 6000 a.C. in Medio Oriente (Tite 2008). La
produzione dei materiali ceramici si è evoluta da allora; civiltà lontane fra loro hanno
prodotto manufatti molto variegati per forma e destinazione d’uso ed oggi l’industria
dei ceramici avanzati è in grado di creare materiali con prestazioni meccaniche e
strutturali altissime, impiegati in edilizia, aeronautica, e medicina (Vlach et al. 2017; De
Pasquale et al. 2013; Nakamura et al. 2017), ma anche componenti per l’elettronica,
dispositivi ottici, catalizzatori, etc. (Manion 2002; Zhang et al. 2015; Han et al. 2015).
1.1 Le materie prime
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1.1 Le materie prime
L’impasto crudo è composto fondamentalmente da tre ingredienti: argilla, minerali non
argillosi ed acqua. Il contenuto di acqua può variare fra il 10-25% a seconda del grado di
malleabilità richiesto della tecnica di foggiatura.
Minerali argillosi
I minerali argillosi sono i componenti più importanti nell’impasto: sono responsabili
della plasticità in crudo e una volta cotti vanno a comporre lo scheletro rigido del
manufatto. Dal punto di vista geologico l’argilla è un accumulo di minerali argillosi, non
litificato formatosi con la sedimentazione di particolato di 2-5µm dopo un lungo
processo di idrolisi chimica in situ (argille primarie) o erosione e trasporto (argille
secondarie) di rocce silicatiche (Cuomo di Caprio 2007). La dimensione microscopica di
questi minerali si traduce in una superficie specifica molto alta e quindi in una grande
possibilità di adsorbimento acquoso. Questo sottile velo d’acqua riduce gli attriti e
permette la plasticità dell’impasto grazie allo scorrimento delle sottili lamine di argilla
le une sulle altre.
Dal punto di vista mineralogico le argille sono silicati idrati di alluminio:
Al22(SiO2)2(H2O)
che si organizzano in disposizioni lamellari a foglietti, che a loro volta stratificano nei
diversi minerali in strutture a pacchetto (caratteristica dei fillosilicati). Lo strato singolo
più comune (indicato con la lettera “T”) è composto da tetraedri di silicio (SiO4) che si
sviluppano in modo planare. Un’altra conformazione tipica (indicata con “O”) prevede
una geometria ottaedrica dove un catione di Al, Fe o Mg è circondato da quattro gruppi
ossidrilici e due atomi di ossigeno (Campanella 2011).
La classificazione dei minerali argillosi è abbastanza complessa e solitamente vengono
distinti sette gruppi, dei quali i tre più importanti per la realizzazione degli impasti
ceramici sono:
• Gruppo della caolinite, con formula chimica generale
Al2Si2O5(OH)4
Analisi morfologiche e strutturali per lo studio delle ceramiche archeologiche
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I minerali sono composti quasi esclusivamente da tetraedri di silicio e ottaedri di
alluminio in conformazioni “T-O” senza cationi interstrato. La caolinite si
presenta sotto forma di lamine microscopiche di colore tendente al bianco. Il
reticolo di questo minerale è molto compatto, il che ostacola l’adsorbimento
interstrato dell’acqua e rende le argille caoliniche difficili da modellare.
• Gruppo della montmorillonite (o delle smectiti) con composizione chimica media
(Na, Ca)0,3(Al, Mg)2Si4O10(OH)2·n(H2O)
Le argille di questa categoria sono caratterizzate da un pacchetto formato da uno
strato di tetraedri racchiuso fra due di ottaedri (T-O-T). Insieme alla caolinite, la
montmorillonite è il minerale argilloso più abbondante, ma a differenza di questo
è in grado di assorbire molta acqua grazie ai cationi Ca
2+
e Na
2+
nell’interstrato.
• Gruppo dell’illite, caratterizzato da due strati ottaedrici che ne racchiudono uno
tetraedrico (T-O-T), con ioni Na
+
, Ca
2+
, Ba
2+
e K
+
nell’interstrato; soprattutto
quest’ultimo può inibire l’adsorbimento di acqua.
Minerali non argillosi e materiali accessori
Molto spesso gli impasti (soprattutto se a base di illite o montmorillonite) si presentano
troppo fluidi ed è necessario aggiungere dei degrassanti per migliorarne la plasticità e la
lavorabilità; altri ingredienti possono essere aggiunti con funzione fondente, colorante,
o in modo da ricercare altre peculiarità strutturali e tecnologiche, come un alto valore di
porosità o di resistenza all’urto. Fra i minerali non argillosi presenti negli impasti in
quantità più o meno abbondanti troviamo:
• silicati non argillosi, come il quarzo, o meglio, la silice, che è il degrassante per
antonomasia presente al 20-40% nell’impasto (si trova in ogni tipo di giacimento
e compone il 12% in volume della crosta terrestre), molto resistente ed inerte a
temperatura ambiente. Sono spesso presenti anche altri silicati di K, Na, Ca, o Ba
detti feldspati, come ortoclasio, albite, anortite e celsiana. Questi hanno funzione
di degrassanti nelle ceramiche antiche, mentre come il quarzo svolgono funzione
fondente nelle ceramiche cotte oltre i 1000°C. Le miche sono altri fillosilicati
spesso presenti, omologhi a quelli dei minerali argillosi ma di dimensioni più
grossolane. La muscovite, ad esempio, è una mica impiegata abbastanza
comunemente come degrassante inerte.
1.1 Le materie prime
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• Carbonati: i più comuni sono di calcio, come la calcite (CaCO3), e di magnesio,
come la dolomite (CaMg(CO3)2) e fungono da fondenti nei confronti dei silicati
anche a temperature relativamente basse, già da 800°C. Possono essere presenti
anche carbonati alcalini di K e Na (potassa e soda) che liberando i rispettivi
ossidi svolgono funzione fondente (usati soprattutto nelle invetriature).
• Ossidi e idrossidi, prevalentemente di ferro, sotto forma di magnetite ed ematite,
gohetite e limonite. Questi sono i principali responsabili della colorazione
rossastra dei cotti in ambiente ossidante, che favorisce la formazione di ematite
(Issi, Kara & Alp 2011). Altri ossidi e idrossidi (ossidi di piombo, idrossidi di
boro, etc.), compresi quelli di ferro, svolgono funzione fondente sui silicati
argillosi.
Oltre a questi minerali non argillosi possono essere presenti altri componenti in
quantità considerevoli, o solamente in traccia. Sono comuni basse percentuali di
materiale geologico eterogeneo, come clasti di forma irregolare, vetro e sabbia
vulcanica, e minerali caratterizzanti, che potrebbero permettere di risalire a particolari
giacimenti. Il materiale organico, come paglia, rami, pula o letame, in antichità è stato
frequentemente aggiunto all’impasto per ottenere la giusta lavorabilità, o era già
presente come residui di organismi in decomposizione. È possibile ritrovare nei
manufatti anche fossili e microfossili carbonatici o silicei. Infine anche la chamotte (o
grog), ovvero un insieme di piccoli frammenti di ceramica di scarto macinata, è stata
aggiunta diffusamente come degrassante artificiale (Cuomo di Caprio 2007; Campanella
2011).
Analisi morfologiche e strutturali per lo studio delle ceramiche archeologiche
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1.2 Il ciclo produttivo
A seconda dell’origine e del contesto storico, la lavorazione delle materie prime ha
seguito percorsi differenti, accomunati dalla suddivisione generale in fasi di: estrazione,
purificazione, modellazione, essiccamento, decorazione, cottura e raffreddamento.
Estrazione e purificazione dell’argilla
L’argilla può venire estratta in cava o essere raccolta lungo le sponde di fiumi, sorgenti
idrotermali o altre particolari zone naturali. Dopo l’estrazione si passa alla stagionatura,
durante la quale le argille vengono lasciate esposte alle intemperie per eliminare le
impurità e sedimentare. In questa fase avviene anche la putrefazione delle sostanze
organiche probabilmente incluse durante l’estrazione, formando un colloide organico
che aumenta il carattere plastico dell’impasto. Al termine o durante questo periodo di
stagionatura è necessario intervenire con operazioni di depurazione per separare le
inclusioni estranee di granulometria eterogenea e grandi inclusioni organiche. I metodi
principali con cui è possibile depurare l’argilla sono: per sedimentazione in acqua, per
lavaggio in acqua corrente, o per setacciatura (Cuomo di Caprio 2007). L’argilla così
depurata si presenta come una sospensione di minerali argillosi (barbottina), che viene
lasciata decantare per rimuovere l’eccesso di acqua. L’impasto può quindi essere
manipolato a lungo per assicurarsi un buon grado di omogeneità e far fuoriuscire le
bolle d’aria rimaste intrappolate.
Modellazione
La foggiatura o modellazione, è il procedimento con cui l’impasto viene plasmato in una
forma ben definita, in funzione delle caratteristiche tecnologiche relative alla
destinazione d’uso del manufatto. Una catalogazione precisa delle diverse tecniche
risulta molto difficile, vista la moltitudine di variabili proprie della lavorazione
artigianale. Il vasaio, ad esempio, può utilizzare o meno tutta una serie di utensili, che
influenzeranno la morfologia microstrutturale del manufatto, ma che non possono
essere considerati in una suddivisione schematica. I passaggi chiave della lavorazione
1.2 Il ciclo produttivo
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permettono di accomunare tecniche di modellazione di comunità anche molto lontane,
ma persino fra siti di produzione limitrofi possono sussistere piccole differenze
metodologiche nei passaggi secondari (definiti come microtecniche), che permettono di
distinguere le produzioni (Tsetlin 2010). Infine, diverse tecniche possono essere
combinate fra loro per motivi tecnologici ed essere distinte in tecniche primarie e
secondarie.
I tipi principali di modellazione dell’impasto ceramico possono essere suddivisi in:
• Modellazione dal pieno: impiegata per statuette ed opere d’arte, mai per
vasellame, e consiste nel modellare l’oggetto da un ammasso di impasto, senza
utilizzare strumenti che guidino nella formatura.
• a colombino: una delle tecniche più antiche; consiste nella modellazione
dell’impasto in un lungo cilindro, che viene sovrapposto a se stesso andando a
formare le pareti del vaso, poi smussate. Sono molto numerose le microtecniche
riguardanti la preparazione e la giunzione dei cilindri.
• a lastre: consiste nello stendere l’impasto in lastre di dimensioni proporzionate
alla grandezza del manufatto, poi giuntate fra loro con diverse microtecniche.
Questi primi tre tipi di modellazione non prevedono necessariamente l’utilizzo di
utensili e possono essere raggruppati fra le modellazioni a mano, che producono
manufatti solitamente asimmetrici e con pareti poco omogenee.
• al tornio: l’introduzione di questo strumento rappresenta un importante
progresso tecnologico. Compare per la prima volta in Mesopotamia attorno al
3000 a.C. e permette di modellare i manufatti in modo più veloce e preciso. Il
tornio è formato da un disco piatto che ruota su un asse verticale sul quale è
fissato al centro. Il movimento è impresso in diversi modi a seconda del luogo e
del tempo e può raggiungere basse velocità utili alla rifinitura di manufatti già
formati (weel shaped), o velocità più alte che generano forze inerziali e
centrifughe che permettono di formare un manufatto partendo direttamente da
un impasto abbastanza fluido (weel thrown).
• a stampo (detta anche a calco): permette di realizzare rapidamente una serie di
oggetti uguali, da piccole statuette semi piene a vasellame di grandi dimensioni.
Nel primo caso, dal modello originale si ricava una matrice in negativo, poi divisa
in due sezioni; nel secondo lo stampo può essere realizzato direttamente in