Premessa
scatenano improvvisi, obbligando il traffico ad interrompersi anche per diversi giorni. La
soluzione di un traforo sottopassante il Gran Sasso a quota inferiore a 1000 m era
probabilmente la migliore risposta a tali gravi problemi: soluzioni differenti avrebbero
infatti incontrato difficoltà di tipo geologico e morfologico.
Si pervenne così, ancora nel clima ottimistico degli anni dell’espansione
automobilistica, a rendere esecutivo il progetto di un doppio traforo autostradale, cui si
aggiunse, qualche anno più tardi, la costruzione dei più grandi laboratori sotterranei in
territorio nazionale. Le gallerie autostradali ed i Laboratori sotterranei dell’Istituto Nazionale di
Fisica Nucleare hanno costituito opere civili di grande complessità, la cui realizzazione si è
svolta nel lungo arco di tempo compreso tra il 1969 e il 1987.
Al fine di un pieno utilizzo delle acque drenate sono state previste e realizzate varie
soluzioni di drenaggio e di convogliamento delle acque, talora modificate o sostituite in
corso d’opera. Tali sistemi sono successivamente stati riconvertiti per sfruttare le risorse
idriche ai fini della captazione e dell’eduzione delle acque.
Gli interventi, sviluppatisi per oltre un trentennio, hanno tuttavia prodotto
modificazioni degli equilibri naturali preesistenti, in particolare per quanto riguarda il
necessario drenaggio delle falde acquifere ed i nuovi assetti dei carichi idrostatici
instauratisi negli ammassi rocciosi al contorno degli scavi. E’ stato indubbiamente
modificato l’assetto idrogeologico complessivo del massiccio, principalmente per effetto
dell’azione drenante esplicata dalle gallerie, che si è pesantemente sovrapposta alla
circolazione idrica naturale. La progressiva maturazione di una più accentuata sensibilità
ambientale, unitamente alla consapevolezza della irreversibilità dei mutamenti prodotti, ha
reso l’intera collettività particolarmente attenta alla conservazione del nuovo equilibrio
faticosamente raggiunto dall’acquifero. La straordinaria importanza assunta, ai fini del
soddisfacimento delle richieste idropotabili, dalle risorse idriche captate lungo le opere in
epigrafe ha prodotto nella opinione pubblica abruzzese un atteggiamento psicologico di
diffusa diffidenza, esploso in misura appariscente a seguito dell’incidente del giugno 2002.,
quando si ebbe un consistente sversamento nelle opere di captazione idraulica di materiale
altamente pericoloso proveniente dai laboratori.
La recente istituzione, nel 1992, del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga
ha poi aggiunto un ulteriore soggetto attivo, dal peso piuttosto rilevante, nella scacchiera
dei molteplici interessi presenti sull’area.
Tale stato di fatto ha indotto il Commissario Delegato per il superamento
dell’emergenza del sistema Gran Sasso ad individuare un complesso di indagini e di studi
Analisi idraulico-ambientale del sistema Gran Sasso 2
Premessa
interpretativi suscettibili di fugare qualsiasi perplessità in merito agli interventi ipotizzati,
con particolare riguardo alle differenti modalità di captazione, al fine di ottemperare alle
prescrizioni normative vigenti.
Con ordinanza n. 3303 del Presidente del Consiglio dei Ministri del18/07/03 è stato
disposto di fronteggiare la situazione di emergenza socio-ambientale nelle province di
L’Aquila e Teramo, che chiedono interventi per la messa in sicurezza del sistema del Gran
Sasso.
La complessità della situazione ha poi indotto il Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti a farsi carico dei finanziamenti degli interventi urgenti a carattere idraulico ed
ambientale per la messa in sicurezza dell’intero “Sistema Gran Sasso”.
La problematica ingegneristica che ne risulta appare dunque fortemente complessa e
articolata:
• da una parte la fruibilità dell’ormai fondamentale via di comunicazione di
rilievo nazionale rappresentata dalle gallerie autostradali, con i relativi problemi di
manutenzione ed i ben noti rischi ambientali connessi al traffico gommato;
• dall’altra la presenza, di estrema rilevanza scientifica e di notevole prestigio
internazionale, dei più importanti laboratori al mondo che studino la struttura della
materia senza ricorrere agli invasivi acceleratori di particelle, i cui esperimenti prevedono
però lo stoccaggio di sostanze tossico-nocive fra le più pericolose;
• il tutto sovrastante una delle più importanti risorse idriche del Paese, un
acquifero basale che si estende fino alla Majella e al Sirente e pare influenzi direttamente il
regime delle immense sorgenti del Peschiera, ma certamente compromesso
dall’antropizzazione operata negli ultimi anni;
• esiste poi il problema legato alla posizione dello spartiacque all’interno delle
canne autostradali: la sua collocazione, a circa metà dello sviluppo longitudinale delle
gallerie, non corrisponde né con il confine fisico né con quello geografico, determinando
così un contenzioso giuridico, oltre che ambientale, sulla ripartizione fra le Province
dell’Aquila e di Teramo delle importanti risorse idriche captate attraverso le gallerie;
• a ciò si aggiunga l’esistenza di un canale di gronda, che raccoglieva le acque
provenienti da alcune sorgenti di alta quota, sfruttato dall’ENEL per la produzione di
energia elettrica, e ad oggi completamente prosciugato dall’abbattimento di 600 m di
piezometrica causato dallo scavo delle gallerie;
Analisi idraulico-ambientale del sistema Gran Sasso 3
Premessa
• infine, non certo per importanza, le problematiche relative alla coesistenza di un
elevatissimo livello di antropizzazione all’interno di uno dei più vasti parchi nazionali, di
rilevanza europea sia quanto a particolarità di ambienti paesistici sia per la varietà ed
unicità di presenze floro-faunistiche uniche nel continente.
La coesistenza e le relazioni reciproche fra tali sistemi determinano la definizione di
una delle più gravi emergenze naturalistiche che l’Italia si trovi a dover affrontare
attualmente. La disamina delle problematiche è di una vastità tale da non consentire di
poter affrontare ogni singolo aspetto in tutte le sue molteplici sfaccettature. E’ tuttavia
possibile restringere il campo di studio ad alcuni punti fondamentali inerenti l’idrologia del
Sistema Gran Sasso per avere una chiarezza, se non esaustiva, se non altro completa
limitatamente all’oggetto in esame.
La legge istitutiva del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga prevede
l’impossibilità di porre in atto ogni opera antropica volta direttamente o indirettamente alla
modifica dell’attuale assetto idrogeologico. La difficoltà per chi deve interpretare la
restrizione si articola su diversi punti:
9 che cosa si intende per assetto idrogeologico?
9 quale deve essere la grandezza idrogeologica in grado di descrivere adeguatamente
lo stato dell’assetto idrogeologico e dell’acquifero?
9 l’attuale assetto è stabile o risente ancora del transitorio innescato dall’abbattimento
della falda operato durante i lavori per la costruzione delle gallerie?
9 qual è l’effettiva estensione dell’acquifero, che pare connettere con le sue propaggini
tutti gli acquiferi dell’Appennino centrale?
Per tentare di dare risposta a questi interrogativi si rende necessaria un’accurata
analisi statistica sui dati di portata ottenuti dalle sorgenti alimentate dal massiccio del Gran
Sasso, in modo da verificare quale parte della variabilità osservata sia legata alla ciclicità
stagionale, quale ai cambiamenti climatici ed infine quale all’esaurimento del transitorio.
Occorre nel contempo un’attenta disamina dei dati di portata ottenuti sulla captazione
dall’interno delle gallerie ed un’approfondita conoscenza del profilo idrogeologico della
zona.
Una volta determinata la situazione presente, sarà possibile mettere in opera gli
interventi relativi alla messa in sicurezza dell’approvvigionamento idrico: gli interventi
Analisi idraulico-ambientale del sistema Gran Sasso 4
Premessa
devono infatti essere dimensionati sulla base delle portate massime e minime che ci si
attende negli anni in cui si ritiene l’opera rimanga in funzione.
1-1 Il versante Nord-Est del massiccio del Gran Sasso
Analisi idraulico-ambientale del sistema Gran Sasso 5
Premessa
Analisi idraulico-ambientale del sistema Gran Sasso 6
1-2 Localizzazione geografica della catena montuosa del Gran Sasso, qui sotto ingrandita
IL MASSICCIO DEL
GRAN SASSO
1 INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO 8
1.1 I CONFINI FISICI DEL GRUPPO MONTUOSO
1.2 LA STRUTTURA DEL MASSICCIO
1.3 LA MORFOLOGIA DELLA CATENA 10
1.3.1 LA CATENA SETTENTRIONALE 10
1.3.2 LA CATENA MERIDIONALE 10
1.3.3 LE DEPRESSIONI E LE ALTURE MINORI 11
1.3.4 LE MODELLAZIONI TETTONICHE, GLACIALI E ATMOSFERICHE 11
1.3.5 LA MORFOLOGIA CARSICA 12
2 INQUADRAMENTO IDROGEOLOGICO 17
2.1 PREMESSA 17
2.2 PROFILO GEOLOGICO DEL MASSICCIO DEL GRAN SASSO 17
2.2.1 INTRODUZIONE 17
2.2.2 ASSETTO GEOLOGICO-STRATIGRAFICO 17
2.2.3 ASSETTO TETTONICO-STRUTTURALE 18
2.2.4 NOTAZIONI SISMOLOGICHE 20
2.3 PROFILO IDROLOGICO DEL MASSICCIO DEL GRAN SASSO 21
2.3.1 INTRODUZIONE 21
2.3.2 LA CIRCOLAZIONE IDRICA 22
2.3.3 LO SCENARIO IDROLOGICO NATURALE PREESISTENTE I LAVORI DI SCAVO DELLE GALLERIE
AUTOSTRADALI 28
3 CONCLUSIONI DELLE ANALISI SPECIALISTICHE 30
3.1 GENERALITÀ 30
3.2 I COMPLESSI IDROGEOLOGICI 31
3.2.1 COMPLESSO DELLE UNITÀ DETRITICHE 31
3.2.2 COMPLESSO DELLE UNITÀ CLASTICHE CONTINENTALI 32
3.2.3 COMPLESSO DELLE UNITÀ TERRIGENE MARINE. 32
3.2.4 COMPLESSO MARNOSO 32
3.2.5 COMPLESSO CALCAREO-MARNOSO 32
3.2.6 COMPLESSO CALCAREO 33
3.2.7 COMPLESSO DOLOMITICO 33
3.3 I LIMITI IDROSTRUTTURALI E LE SORGENTI 33
3.4 QUADRO IDRODINAMICO SOTTERRANEO 36
3.4.1 LA CIRCOLAZIONE PROFONDA 36
3.4.2 LE DISCONTINUITÀ STRUTTURALI 37
Il massiccio del Gran Sasso
1 Inquadramento geomorfologico
1.1 I confini fisici del gruppo montuoso
L' Appennino Centrale, a S dei Monti Sibillini, si apre nella regione dell'Abruzzo. Il
gruppo del Gran Sasso d'Italia si trova sulla più orientale di tre catene montuose con
direzione NO-SE: le valli dell' Aterno e del Gizio dividono la catena orientale dalla
centrale, la depressione del Salto, dell'Imele e del Liri la catena centrale dall'occidentale.
Il Gran Sasso d'Italia è un massiccio calcareo esteso per circa 30 km con
allineamento E-O. Ad E ed a SE la Valle del Pescara e le Gole di Popoli lo dividono dai
gruppi del Morrone e della Maiella, a S e SO la Valle dell' Aterno lo divide dai gruppi del
Velino e del Sirente, a O e NO la Valle del Vomano lo separa dai Monti della Laga, a N e
NE precipita sui dolci rilievi del teramano che lo separano dal Mare Adriatico.
1.2 La struttura del massiccio
Per grandi linee possiamo identificare il gruppo del Gran Sasso con una lunga catena
estesa dal Passo delle Capannelle 1300 m (a O) al Vado di Sole 1621 m e alla Forca di
Penne 918 m (a E). E’ divisibile in tre parti:
occidentale, centrale e orientale.
Quella occidentale è caratterizzata da tre
sottogruppi: il Massiccio del Monte Corvo a
NO, la Catena Meridionale a S e il Massiccio
d'Intermesoli a NE, e da grandi vallate
solitarie.
La parte centrale, la più elevata e articolata,
comprende il Corno Grande, la vetta di maggiore altitudine dell' Appennino, e il Corno
Piccolo.
1-1 La cima del Corno Grande
Analisi idraulico-ambientale del sistema Gran Sasso 8
Il massiccio del Gran Sasso
Per quanto riguarda la parte orientale, il massiccio si affaccia da un lato sulla piana di
Campo Imperatore, dall'altro verso l'Adriatico con versanti caratterizzati da grandi
dislivelli e termina con il Vado di Sole; piùoltre, verso S, un ulteriore contrafforte, supera
Forca di Penne e scende sulle Gole di Popoli.
Al di là della suddetta divisione in tre
parti, possiamo individuare un percorso di
cresta che senza soluzione di continuità, dal
punto più occidentale del gruppo (Passo
delle Capannelle), porta al punto più
orientale (Vado di Sole): segue dapprima la
Catena Meridionale, poi il Massiccio del
Corno Grande e infine la Catena Orientale.
In una conca del Massiccio del Corno Grande è situato il piccolo ghiacciaio del Calderone,
l'unico dell' Appennino e il più meridionale d'Europa, dopo lo scioglimento completo di
quello spagnolo della Sierra Nevada.
1-2 La piana endoreica di Campo Imperatore
A S della lunga Catena Orientale si estende il vasto e caratteristico altopiano di
Campo Imperatore, lungo circa
27 km e largo 6/7, di altitudine
compresa tra i 1800 e i 1500 m
e la cui denominazione sembra
riferita a Federico II. La
splendida piana è limitata a S
dai morbidi e discontinui rilievi
del Sottogruppo del Monte
Scindarella e del Monte Bolza.
1-3 Gli abbondanti accumuli nevosi ricaricano l'acquifero di base
Analisi idraulico-ambientale del sistema Gran Sasso 9
Il massiccio del Gran Sasso
1.3 La morfologia della catena
La catena appenninica del Gran Sasso si sviluppa dal passo delle Capannelle al guado di
S. Leonardo, su un arco che includendo anche la struttura del Morrone, si estende per una
sessantina di chilometri.
Essa rivela un aspetto di tipo "alpino", di gran lunga più evidente rispetto a tutte le altre
catene montuose della regione peninsulare italiana.
Non solo infatti essa si spinge alla massima altezza dell'Appennino (m. 2914 del Corno
Grande), ma presenta molti elementi morfologici caratteristici della zona alpina: pendii
notevolmente acclivi, creste e scarpate, intensi processi di denudamento, ripidi canaloni, cui si
aggiungono condizioni climatiche di tipo "continentale", con forti escursioni termiche
stagionali e giornaliere, venti violenti, improvvisi cambiamenti climatici.
Nel suo aspetto morfologico generale il Massiccio del Gran Sasso appare costituito da
due catene subparallele di rilievi allungate in direzione Est-Ovest, tra le quali si interpone una
zona depressa pressoché pianeggiante.
1.3.1 La catena settentrionale
La catena settentrionale, più vicina al mare, è la più elevata ed è costituita da una
successione ininterrotta di rilievi montuosi calcareo-dolomitici comprendente le vette più alte
(M.Corvo, m. 2623; Pizzo d'Intermesoli, m. 2635, il Corno Grande, m.2914; M.Aquila, m.
2495; M.Brancastello, m. 2385; M.Prena, m. 2561; M.Camicia, m. 2564).
Essa costituisce una imponente bastionata rocciosa con pendii molto ripidi, a tratti
verticaleggianti, che domina la regione periadriatica antistante, caratterizzata da un paesaggio
formato da rilievi collinari con forme molto più dolci, modellati sui terreni arenaceo marnosi e
talora sormontati da spesse coltri detritiche pedemontane.
1.3.2 La catena meridionale
La catena meridionale, quella più interna, è costituita da rocce prevalentemente calcaree e
raggiunge quote minori della precedente; in tale catena sono comprese le creste di M.S.Franco,
m. 2132; Pizzo Cefalone, m. 2533, M.Portella, m. 2385; M.Scindarella, m.2233).
Il versante esposto a nord è caratterizzato da pendii moderatamente acclivi che
immergono verso la zona depressa mediana.
Analisi idraulico-ambientale del sistema Gran Sasso 10
Il massiccio del Gran Sasso
Il versante sud è invece caratterizzato da pendii molto più alti ed acclivi, talora aspri o
decisamente scoscesi (Le Malecoste).
1.3.3 Le depressioni e le alture minori
La depressione strutturale mediana è colmata da detriti morenici e fluvioglaciali; essa si è
originata per effetto di dislocazioni tettoniche (faglie) di importanza regionale, che ribassano
l'intera catena meridionale rispetto a quella settentrionale.
La depressione si apre in vari ripiani o "Campi" (Campo Venacquaro, Campo Pericoli,
Campo Imperatore), che costituiscono un peculiare aspetto del paesaggio del Massiccio,
interrompendone l'asprezza dei tratti morfologici.
A sud della catena meridionale infine è presente un gruppo di alture e ripiani calcarei
intensamente modellati, a quote via via degradanti in direzione della conca aquilana.
E’ pertanto evidente una marcata differenza morfologica nei due versanti del
Massiccio del Gran Sasso, imputabile alle concomitanti caratteristiche strutturali e
litologiche dell'intero ammasso roccioso
1.3.4 Le modellazioni tettoniche, glaciali e atmosferiche
Il carattere dominante della struttura geologica d’insieme è la traslazione tettonica
dell'intero massiccio in direzione nord e cioè verso l'Adriatico, tramite una superficie di
sovrascorrimento moderatamente inclinata.
Tale evento tettonico è stato determinato principalmente da spinte a componente
prevalentemente orizzontale che hanno prodotto il massimo innalzamento della struttura al
suo bordo esterno; le notevoli differenze di erodibilità dei litotipi coinvolti nei movimenti
tettonici determinano forti contasti morfologici.
Ai rilievi collinari periadriatici, formati da terreni mediamente molto erodibili, si
sovrappone, infatti, per effetto del sovrascorrimento, una struttura rocciosa più o meno
intensamente tettonizzata.
Questa struttura, di natura prevalentemente calcareo-dolomitica, è stata particolarmente
soggetta all'azione demolitrice e modellatrice degli agenti atmosferici d’alta quota,
particolarmente attivi nel Quaternario antico durante le fasi climatiche più fredde (periodi
glaciali).
Oltre al noto ghiacciaio del Calderone, evidenti effetti del passato modellamento glaciale
sono tuttora riconoscibili nel paesaggio.
Analisi idraulico-ambientale del sistema Gran Sasso 11
Il massiccio del Gran Sasso
Sui versanti settentrionali delle creste principali, prospicienti Campo Pericoli, Campo
Venaequaro e Campo Imperatore (in particolare nell'area delle Fontari e nel versante
settentrionale dei monti Scindarella e Paganica) si osserva infatti una successione ininterrotta
di antichi grandi circhi glaciali.
Tracce di vistosi fenomeni glaciali sono inoltre presenti nel versante nord del Gran Sasso,
con ulteriori forme di glacialismo (ghiacciaio di M.Portella) e con abbondanti sedimenti
morenici deposti in fase di ritiro dei ghiacciai, nella zona delle Fontarie, in relazione ai
ghiacciai del Venacquaro e del Rio Arno, la cui valle presenta ancor oggi un vistoso
modellamento ad U, con morene frontali nella zona di Pietracamela e morene di ritiro a
Campo Pericoli.
Inoltre gli agenti atmosferici hanno determinato una accentuata azione di erosione a
spese soprattutto delle formazioni rocciose più tettonizzate, in special modo le dolomie,
denudando completamente i versanti più erodibili e producendo ingenti masse di detrito. I
materiali detritici sono stati convogliati in ampi coni di deiezione e in coltri di versante ed
hanno in parte colmato le originarie depressioni tettoniche, costituendo altresì grandi materassi
di materiale sciolto o scarsamente cementato, sovrapposti alle rocce del basamento.
Allo stato attuale, mentre le incisioni vallive sui fianchi del Massiccio sono soggette a
fenomeni di erosione ancora attivi, in particolare sul versante teramano (Valle dell'Inferno, Tre
Valloni ecc.), la depressione tettonica intermedia (Campo Venacquaro, Campo Pericoli e
soprattutto Campo Imperatore) non evidenzia particolari azioni di modellamento e di incisione
dovute ad acque superficiali.
1.3.5 La morfologia carsica
L' ingente quantitativo di precipitazioni meteoriche (circa 1250 mm/anno a Campo
Imperatore) viene pressoché interamente assorbita dai materiali detritici molto permeabili e
percola in profondità alimentando la falda idrica profonda sottostante.
Per contro la morfologia carsica, per la larga diffusione dei terreni calcarei, assume un
grande sviluppo nei Campi interni e su vasti tratti del versante meridionale. Le manifestazioni
morfologiche più caratteristiche della evoluzione carsica sono evidenziate da alcune ampie
depressioni note col nome di "Piani".
Si tratta di conche incavate, di forma generalmente ellittica, con allungamento nella
direzione delle faglie appenniniche, il cui fondo, più o meno pianeggiante, è spesso occupato
da fini alluvioni mescolate a terra rossa residuale, I "Campi" ovvero le fosse tettoniche colmate,
appaiono costellati infatti di doline più o meno evolute; in alcuni casi al fondo delle depressioni
Analisi idraulico-ambientale del sistema Gran Sasso 12
Il massiccio del Gran Sasso
si sono formati laghetti,talora stagionali, le cui acque sono sostenute in superficie dai materiali
limo-argillosi praticamente impermeabili originati come prodotto residuale della dissoluzione
carsica delle rocce calcaree.
1.3.5.1 Il fenomeno carsico
Per processo di modellamento carsico si intende l'insieme dei fenomeni fisico-
chimici che determinano la formazione e lo sviluppo di quel vasto ed articolato
spettro di forme che tipicamente caratterizzano il paesaggio nelle dorsali montuose
carbonatiche. I processi attraverso i quali si realizza la carsificazione dell'ammasso
roccioso possono schematicamente raggrupparsi in base al tipo di azione prevalente:
corrosione;
corrasione.
Nel primo tipo è prevalente la dissoluzione chimica ad opera di acque con adeguate
concentrazioni di anidride carbonica disciolta mentre, nel secondo tipo, risulta dominante
l'erosione meccanica per abrasione della roccia operata dallo scorrimento delle acque e del
materiale trasportato.
La contemporanea presenza di queste due azioni, tra loro interagenti (in un
rapporto specifico correlato al contesto lito-morfo-climatico ed idrogeologico),
determina la dinamica carsica di una regione e, conseguentemente, permette di trarre le
indicazioni quantitative sulle variazioni areali del processo di infiltrazione e di
quello di ruscellamento superficiale.
Le forme connesse al processo carsico, quando manifestamente derivate dal
movimento delle acque verso il sottosuolo, consentono di evidenziare sul terreno le
aree dove tale processo è attivo e di caratterizzarle in base all'intensità con cui esso si
evolve.
L'approccio metodologico si basa sulla considerazione che le forme carsiche
superficiali attive ed il loro sviluppo sono un prodotto dell'infiltrazione efficace e sulla
caratterizzazione delle sequenze carbonatiche in base a parametri morfometrici
ricavabili da misure sul terreno.
Quindi l'assetto morfologico (acclività), la litologia (caratteristiche tessiturali e
strutturali dei singoli litotipi) e la climatologia (campo di precipitazione e temperatura,
caratteristiche degli eventi di precipitazione) costituiscono gli elementi di controllo del
processo carsico. Dal loro esame risulta possibile discriminare il peso che assumono
le aree delle diverse litologie nella formazione della ricarica degli acquiferi.
Analisi idraulico-ambientale del sistema Gran Sasso 13
Il massiccio del Gran Sasso
1.3.5.2 Le forme carsiche superficiali più diffuse
Il massiccio del Gran Sasso d'Italia è caratterizzato dalla notevole diffusione di forme
carsiche superficiali, le quali testimoniano la grande importanza avuta dal carsismo nella
evoluzione recente del rilievo.
Il suo ruolo nel sistema idrogeologico del massiccio è fondamentale, controllando
quasi totalmente i meccanismi di infiltrazione delle acque superficiali.
La distribuzione delle forme carsiche superficiali nella regione del Gran Sasso non è
omogenea: esse sono massimamente rappresentate sul versante aquilano, caratterizzato dalla
presenza di numerosi altipiani e da un substrato litologico prevalentemente calcareo, mentre
sono meno frequenti sui versanti teramano e pescarese, caratterizzati da ripidi pendii e dalla
prevalenza di litologie calcareo-marnose ed arenaceo-marnose.
Ulteriore fattore condizionante può essere ricercato nell'assetto strutturale del massiccio.
In prima approssimazione possono essere distinte sul Massiccio diverse tipologie di
paesaggio caratterizzate sia dalla varietà tipologica delle forme carsiche presenti che dal diverso
sviluppo delle stesse.
1.3.5.2.1 Le polja
Una tipologia di paesaggio è rappresentata da polja di dimensioni variabili da alcune
centinaia di metri a qualche chilometro la cui origine ed evoluzione è riconducile ad eventi
tettonici quaternari. Più che di forme carsiche si tratta di depressioni tettoniche, generalmente
associate a sistemi di faglia distensivi o transtensivi, evolutesi in depressioni endoreiche
costituenti il livello di base di primitivi reticoli idrografici, ora secchi.
Su fondo di queste depressioni si sono instaurati nel corso del Pleistocene - Olocene (ed in
alcune sono ancora presenti) ambienti sedimentali di tipo lacustre-palustre, con sedimentazione
di limitati spessori di sabbie, argille e torbe. Spesso, al loro margine, si apre un inghiottitoio. Sui
rilievi che circondano queste polja (localmente dette "piani") si osservano, oltre alle valli secche,
campi carreggiati e doline di varie dimensioni.
Questo paesaggio caratterizza il versante meridionale del Gran Sasso tra l'altopiano di
Navelli-Capestrano e Campo Imperatore.
Il substrato litologico è costituito prevalentemente da calcari in facies di margine e di
scarpata di piattaforma carbonatica.
1.3.5.2.2 Le doline
Analisi idraulico-ambientale del sistema Gran Sasso 14
Il massiccio del Gran Sasso
Altra tipologia di paesaggio è caratterizzata da campi di doline; queste, di dimensioni
variabili da alcuni metri ad alcune decine di metri, sono generalmente poco profonde e con il
fondo pianeggiante coperto da depositi fluvio-colluviali. I dossi separanti le diverse doline sono
spesso caratterizzati dalla presenza di campi carreggiati ed altre forme carsiche minori e talvolta,
alla loro base, si osservano piccoli inghiottitoi.
Il substrato litologico è costituito prevalentemente da calcari in facies di scarpata di
piattaforma carbonatica.
Questo paesaggio caratterizza il margine meridionale dell'Altipiano di Campo Imperatore e
l'area del Voltigno.
1.3.5.3 Manifestazioni carsiche secondarie
1.3.5.3.1 Il reticolo idrografico
Carattere distintivo rispetto al versante meridionale del Gran Sasso è la presenza di un
reticolo idrografico ben sviluppano, ancorché inattivo, che testimonia l'esistenza sino a tempi
recenti di un efficiente sistema di drenaggio superficiale che si è sovrimposto al precedente
reticolo endoreico basato sul carsismo.
Il substrato litologico è costituito da calcari e calcari marnosi in facies di transizione di
piattaforma carbonatica.
1.3.5.3.2 Le grotte
Per quanto riguarda le morfologie ipogee fino ad oggi sono state censite sull'intero
massiccio solo undici grotte, tutte di dimensioni modeste.
Uniche cavità di rilievo sono Grotta a Male, presso Assergi. e Fonte Grotta, sul M.
Camicia.
Grotta a Male si apre in sinistra orografica della valle del t. Raiale, a 950 rn s.l.m.; si tratta
con ogni probabilità di un inghiottitoio fossile.
Essa si sviluppa per ca. 500 metri con un dislivello di -84 metri; il fondo conosciuto è
occupato da due laghetti, verosimilmente originati dal fatto che la cavità intercetta la superficie
piezometrica della falda basale del massiccio carbonatico.
Fonte Grotta è una piccola risorgenza attiva posta a 2.050 m s.l.m. sul M. Camicia, che si
sviluppa per 320 metri con un dislivello di +32 metri.
Il bacino di alimentazione è costituito dalla porzione sommitale del M. Camicia stesso ed
ha una superficie di ca. 1,5 km
2
: la sua importanza nel quadro idrogeologico del massiccio è
pertanto quasi nulla.
Analisi idraulico-ambientale del sistema Gran Sasso 15