5
contemporanea; nel quarto capitolo verrà effettuata, quindi, un’analisi
delle possibili motivazioni che hanno determinato la recente espansione
dei giochi pubblici, per comprendere se questo successo può essere legato,
come sostiene qualcuno, ad una presunta crisi di valori da parte degli
individui.
Nell’ultimo capitolo, infine, verranno prese in considerazione alcune
contraddizioni attualmente esistenti tra le caratteristiche dei giochi pubblici
e la legislazione inerente al gioco d’azzardo. Inoltre verranno analizzati
alcuni degli impatti negativi che il gioco d’azzardo pubblico può produrre
all’interno della nostra società, con riferimento soprattutto al gioco
patologico.
In sostanza l’analisi effettuata in questo lavoro, si propone di comprendere
infine, se il gioco d’azzardo pubblico possa rientrare in qualche modo tra i
cosiddetti beni demeritori. Se così fosse, probabilmente sarebbero
necessarie diverse modalità di gestione per i giochi d’azzardo pubblici.
6
CAPITOLO I
STORIA DEL GIOCO ISTITUZIONALIZZATO IN ITALIA ED IN
EUROPA
1.1 Le origini del gioco pubblico in Italia
Il gioco è un fenomeno connaturato all’uomo, presente in tutte le società
umane. Soprattutto i giochi di sorte avevano, in molte società antiche, ruoli
mistici e servivano ad interrogare il fato sul futuro prossimo. Anche le
lotterie sembrano avere origini molto antiche, visto che tracce della loro
presenza nella storia, sono descritte anche nella bibbia.
1
Con il gioco d’azzardo le legislazioni di tutte le epoche più recenti hanno
avuto un rapporto difficile, sembra che l’avversione al gioco d’azzardo ed
al gioco in generale sia un fenomeno medievale. Questo tipo di ideologia
contrastava quelle che erano le usanze precedenti, ad esempio nelle società
romana e nella società greca, i giochi erano previsti e disciplinati (anche se
non si trattava di giochi d’azzardo). Nel Medioevo, al contrario, il gioco
era visto come un elemento che favoriva l’ozio e che acuiva i vizi ed i
difetti umani.
2
Sembra che il potere politico abbia cominciato ad occuparsi dei giochi
d’azzardo nel 1200, quando alcuni giochi erano già diffusi e praticati in
molti paesi europei. L’atteggiamento governativo generale era quello
proibizionistico, anche se in molte città europee esistevano di fatto dei
luoghi in cui il gioco d’azzardo, benché proibito, veniva praticato, ed era
per lo più tollerato.
3
E’ in questo clima, che varie legislazioni europee
cominciano ad occuparsi del gioco d’azzardo, regolamentandolo e, a volte,
attraverso l’istituzione di case da gioco pubbliche, sfruttandolo come fonte
di entrata monetaria.
Tuttavia soltanto con l’invenzione del gioco del lotto,
l’istituzionalizzazione del gioco d’azzardo assumerà caratteristiche del
1
National gambling impact study commission, http://www.gamblingproblem.org/NGISC.htm
2
La ratio che determina, nella legislazione attuale, l’interdizione del gioco d’azzardo è per molti aspetti la stessa
3
G.Ortalli, Gioco e giustizia nell’Italia del comune, Viella Roma 1993
7
tutto peculiari, diventando sostanzialmente una fonte di entrate erariali
sufficientemente sicura.
Pare che l'origine della parola italiana "lotto" derivi dal francese, per
l'esattezza deriverebbe da "lot", un'antica voce franca che significa
"eredità, sorte". C’è anche chi sostiene che la parola "lotto" abbia
un’antichissima origine germanica e che esistesse già molto prima del
gioco stesso.
Essa designava, in genere, giochi a sorte basati su un'estrazione. Il
vocabolo, infatti, veniva usato per chiamare l'oggetto, simile a un disco o a
un ciottolo, che veniva estratto o gettato per decidere, sotto l'influsso
divino, divisioni di proprietà e simili
4
. Dalla stessa parola potrebbe
derivare anche il verbo lottizzare, ossia dividere in più parti, questo verbo
veniva utilizzato per indicare la divisione in più parti di terreni e di
immobili.
Successivamente la parola lotto si abbinò al gioco, proprio perché con tale
nome si indicava il premio; un lotto di terreni, un lotto di immobili, che
inizialmente costituivano l'oggetto della vincita. Per trasposizione il nome
"lotto", che indicava il montepremi, passò ad identificare il gioco.
L'abbinamento delle scommesse con premi costituiti da lotti potrebbe
avere origine olandese. Ad Amersfort, non lontano da Amsterdam, sembra
che nel 1500 alcuni cittadini pensarono di sfruttare la passione del gioco
dei loro concittadini per alienare alcune proprietà non facilmente divisibili.
Misero allora in palio il lotto completo delle loro proprietà. In seguito
l’esperimento si ripeté più volte, tanto che in un secondo momento venne
regolamentato il "Lotto di Olanda". Anche a Venezia venne organizzata,
dal Consiglio dei Pregadi
5
, una lotteria il cui montepremi era appunto "un
lotto" di immobili. La lotteria venne chiamata appunto "lotto del ponte di
Rialto" ed aveva un montepremi complessivo di centomila ducati.
L’ideazione del gioco del lotto, comunque, non è attribuibile ad una
determinata persona. Si può soltanto dire che, questo gioco, è il risultato di
regolamentazioni e perfezionamenti di diverse forme di scommesse, che da
sempre l'uomo ha avuto il gusto di effettuare sui più disparati avvenimenti.
4
www.giocodellotto.com
5
Il consiglio dei Pregadi era l’antico senato veneziano
8
Nel 1339 è rinvenibile a Vicenza uno Statuto che tenta di dare un
ordinamento ai diversi giochi, stabilendo e limitando luoghi e giorni in cui
essi si potevano svolgere, fissando una tassa per chi teneva il gioco ed
elencando i comportamenti proibiti, l'ammontare delle eventuali multe
nonché i limiti sulle diverse puntate. In questo periodo esistono già vari
giochi: le carte, i dadi, la "Zara", i giochi di sorte. Nessuno di questi,
tuttavia, poteva per vantarsi di avere nulla in comune con il lotto attuale.
Soltanto nel 1448 a Milano si rinviene il gioco delle cosiddette "borse di
ventura" che in sostanza possono ritenersi un primo abbozzo di quello che
sarà più tardi il vero gioco del lotto. Il gioco consisteva nell'assegnare sette
"borse" contenenti rispettivamente, dalla prima alla settima, 300, 100, 75,
50, 30, 25, 20 ducati contanti.
6
Chiunque, versando un ducato, aveva la
possibilità di veder inserito in una corba (un recipiente di vimini
intrecciato) un biglietto recante il proprio nome. Poi in piazza
Sant'Ambrogio in un'altra corba venivano depositati altrettanti biglietti
bianchi di cui solo sette recanti l'ammontare dei diversi premi. Chiamato
uno dei presenti ad effettuare due operazioni: veniva estratto un biglietto
dal recipiente contenente i nomi, ed uno da quello con i premi.
Chiaramente se al nome estratto risultava abbinato un biglietto bianco
questi non vinceva nulla, se ne veniva estratto uno recante un premio,
l'ammontare di questo veniva consegnato subito al vincitore alla presenza
di tutti. Questa forma di gioco avrà più tardi nuova vita. Infatti nel 1539 in
Francia, sotto Francesco I, verrà ripresa con il nome "Blanque" (bianca).
Bisogna comunque segnalare che queste forme di gioco non sempre erano
approvate dalle autorità.
Le scommesse erano, già, nel XVI secolo, largamente diffuse ed ogni
avvenimento pubblico dava vita ad una grande attività di gioco. Questo è
testimoniato da uno Statuto, che a Genova nel 1588 proibiva di
scommettere sulla vita del Pontefice, dell'imperatore, dei re, dei cardinali,
sulla riuscita degli eserciti, sull'esito delle guerre, sui matrimoni,
sull'elezioni dei magistrati o dei dogi e addirittura sulla peste
7
. Il gioco del
lotto a Genova era, comunque, già nato proprio sulle scommesse che
vertevano sull'elezione dei senatori della città. La posizione delle autorità
6
www.stsfit.it/lotto/afstolo2htm
7
Vedi nota precedente
9
di fronte al fiorire dei giochi di scommessa fu inizialmente di condanna e
divieto, in seguito, un po' per gli scarsi risultati ottenuti con la repressione,
un po' perché i giocatori provvedevano ad effettuare le loro puntate in Stati
più permissivi, causando una notevole fuoriuscita di denaro, si giunse
spesso a legalizzare il gioco.
Conosciuto ed apprezzato il consistente utile che dalla gestione del gioco
poteva derivare, molti Stati giunsero addirittura alla monopolizzazione,
curando in proprio lotterie nazionali. Comunque - almeno in linea teorica -
fu sempre l'intento umanitario a far decidere i governi a legalizzare il lotto.
Ogni statuto, bando o decreto che regolava il lotto, stabiliva che il ricavato
dalla gestione del gioco fosse destinato a fini di pubblica utilità, scopi
umanitari, opere pie che di volta in volta venivano specificate, quasi a
volere giustificare lo svolgimento di un’attività, di per sé, ritenuta
immorale.
8
1.2 Storia del lotto in alcuni stati preunitari
1.2.1 La patria del lotto: Genova
Genova, secondo quella che è la tesi più accreditata, può fregiarsi
dell'appellativo di patria del gioco del lotto. Esso viene comunemente fatto
risalire ai primi anni del 1500 e la sua ideazione viene attribuita ad un
patrizio genovese di nome Benedetto Gentile, anche se non esistono dati
certi a riguardo
9
. Risulta accertato, al contrario, che il gioco nacque dalle
scommesse che si praticavano in occasione della scelta semestrale di
cinque membri dei serenissimi collegi. Nel 1539, tuttavia, fu emanato un
decreto mediante il quale veniva vietata ogni forma di scommessa, in
special modo quelle che riguardavano le elezioni dei Duci. Tale divieto
costituisce la prova che nel 1539 esisteva già un sistema di scommesse
collettive legato all'elezione dei magistrati chiamati a far parte del Senato
della repubblica genovese.
8
Ancora oggi in molti paesi tra cui glki Stati Uniti e l’Inghilterra, devolvono il ricavato di alcune lotterie a fini di
pubblica utilità. Anche l’Italia ha recentemente attuato una politica analoga, devolvendo i proventi derivanti
dall’introduzione della seconda giornata del lotto, per la salvaguardia del patrimonio artistico.
9
Enciclopedia Treccani
10
In realtà a Genova esistevano anche altri giochi legati a determinati
accadimenti naturali o civili. Il Governo genovese non rimase inerte di
fronte al proliferare di queste nuove attività ludiche. Esistono infatti
almeno tre editti, uno del 1617, uno del 1619 ed uno del 1627, che
vietarono espressamente ogni forma di scommessa tra cittadini e citavano
diverse volte questi giochi. Nonostante le suddette proibizioni, alcuni
scommettitori trasformarono la loro passione in una attività economica
redditizia, iniziando a tenere il banco. Apparve così il "Gioco del
Seminario" (detto anche del "Seminajo"), che aveva anche il merito, per i
giocatori, di riconoscere premi in misura più elevata di quelli concessi
dalle altre forme embrionali di gioco in vigore fino a quel momento. Un
altro vantaggio che sembra avesse il "Gioco del Seminario" rispetto agli
altri giochi allora in vigore, era dato dal "Monte delle scommesse". Si
trattava di un sistema automatico di capitalizzazione che consentiva di dare
sempre maggiori premi al vincitore. Quando i nomi estratti non erano tra
quelli pronosticati dagli scommettitori, gli introiti venivano accumulati in
una cassa (detta appunto "monte delle scommesse") ed assegnato in
occasione dell'estrazione successiva.
10
Questo sistema ci fa pensare al fatto
che le vincite fossero assegnate non in base a quote fisse, come accade
oggi per il lotto, ma in base al sistema più sicuro per il gestore, ma meno
invitante per il giocatore, del montepremi (sistema recentemente ripreso
dal superenalotto)
11
.
Il nome "del seminario" derivava da quello con cui il popolo chiamava il
contenitore in cui venivano imbussolati i centoventi nomi dei cittadini più
in vista della potente repubblica marinara. Tra questi venivano estratti
cinque nomi che entravano a far parte del Senato.
In molte occasioni la Repubblica Genovese emanò decreti che vietavano il
gioco e le scommesse, senza, tuttavia, scoraggiare mai la passione dei suoi
cittadini. Così in data 22 settembre 1643 i Serenissimi Collegi fecero un
clamoroso "dietro-front", anche per le condizioni dissestate delle finanze
pubbliche. Sembra che alla data del 1641 la repubblica di Genova avesse
10
www.stsfit.it/lotto/afstolo2htm
11
Occorre considerare il fatto ,che all’epoca di cui si tratta, il calcolo delle probabilità era agli albori della sua storia.
Sarebbe stato pertanto difficile per il gestore del gioco calcolare una quota fissa ad ogni singola scommessa, in grado di
garantire comunque un utile per il banco. Con il sistema del montepremi il banco aveva la possibilità immediata di
stabilire l’ammontare del proprio utile.
11
un deficit di oltre mezzo milione di lire genovesi, dovuto essenzialmente ai
debiti contratti per la costruzione delle poderose fortificazioni cittadine. Su
proposta della Camera, l'organo statale che curava la buona salute delle
finanze, le autorità pubbliche decisero di appaltare il gioco, ribadendo nel
contempo l'assoluto divieto di effettuare privatamente raccolte e giocate.
Questa data segna la nascita ufficiale del gioco del lotto legale. Nel marzo
del 1644 fu assegnato l'appalto per la gestione del gioco del lotto che
continuò a chiamarsi "giuoco del seminario". Ad aggiudicarsi la gara fu
una società composta da quaranta concessionari (che appunto si chiamava
"società dei quaranta").
I giocatori potevano puntare sull'estratto semplice, sull'estratto determinato
(il primo nome eletto in ordine di estrazione), sull'ambo e sul terno. La
ricevuta che veniva consegnata al giocatore a riprova dell' avvenuta
giocata, si chiamava "firma". Dal punto di vista del diritto civile aveva un
grande valore in quanto per il pagamento della "firma", al pari dei
"pagherò" e delle "cambiali", era prevista una forma di esecuzione
privilegiata detta "esecuzione parata". In verità i nomi imbussolati non
erano mai 120 ma subivano una certa oscillazione in base al numero
effettivo dei candidati.
Il nuovo gioco, a seguito della liberalizzazione e della conseguente
regolamentazione, ebbe nel tempo un successo clamoroso tanto che le
giocate provenivano da ogni parte d'Italia. Ne è prova il fatto che, gli
introiti ricavati dal gioco del Seminario, registrarono una forte impennata
negli anni seguenti alla proibizione del gioco in Roma, decretata nel 1696
da Papa Innocenzo XII. Infatti i sudditi del potere temporale della chiesa,
non potendo più giocare sul lotto di Roma, spostarono le loro scommesse
su quello di Genova.
12
Del resto era la prima volta che uno Stato questo
tipo di attività e questo offriva finalmente una certa garanzia ai giocatori
che tutto venisse fatto nel più regolare dei modi.
Il controllo della Camera, il Ministero delle Finanze della repubblica
genovese, era molto preciso. Oltre a decidere sulle controversie tra privati
e privati e tra privati e pubblica amministrazione, la Camera presenziava
all'estrazione e si prendeva cura di pubblicare a proprie spese l'elenco
12
Non a caso uno dei motivi che spinsero Papa Clemente XII a reintrodurre il gioco, vietato solo sei anni prima, fu
proprio la grande fuga di danaro che avveniva da Roma verso le casse di altri Paesi.
12
ufficiale dei nomi imbussolati e di quelli estratti. Anche per questo,
l'interesse per il gioco crebbe in tal misura che, per dare nuove opportunità
ed anche per acquisire moneta estera, il Governo autorizzò i gestori di
raccogliere scommesse anche sui lotti di Torino e Milano. Tale possibilità
era però riservata ai soli stranieri e non era consentito raccogliere
scommesse di cittadini genovesi. Per questo il sistema di raccolta era
diverso da quello ordinario e veniva effettuato da speciali "prenditori"
direttamente presso il domicilio dei forestieri. Interessante notare che
anche il Gioco del Seminario conobbe una sorta di "lottonero"
13
Nel 1735 si registrò la novità dell'importazione da Torino del "Gioco delle
Zitelle". Venivano imbussolati novanta nomi di giovani ragazze da marito.
Ai cinque nomi estratti veniva riconosciuta una dote di cento lire. Per
introdurre in Genova questo nuovo gioco, gli appaltatori si impegnarono a
riconoscere un compenso annuo di diecimila lire.
Nel 1805 la repubblica di Genova passò, come quasi tutta l'Europa
occidentale, sotto il controllo delle armate francesi ed il lotto venne
soppiantato dalla "Lotteria Imperiale Francese", peraltro assai simile al
gioco del lotto. Dissoltosi l'impero napoleonico, il lotto genovese confluì
prima in quello del Regno di Sardegna e poi in quello italiano.
1.2.2 Il lotto a Venezia
Venezia il gioco del lotto, simile a quello odierno, nacque nel 1733. La
prima estrazione fu effettuata il 5 aprile 1734. In precedenza era già
operante una sorta di lotto pubblico, ma assomigliava più alle moderne
lotterie, non è quindi un caso che lotterie del genere continuarono anche
dopo la nascita del lotto vero e proprio.
Il nome con cui il gioco si diffuse a Venezia, "Lotto intitolato di Genova e
di Roma", dimostra come si trattasse di un gioco di importazione. Il
decreto che ne fissò la nascita è datato 14 gennaio 1733. In quella stessa
13
Pare, infatti, che a Genova si diffuse in maniera abbastanza capillare un nuovo gioco, pressoché identico al
Seminario, ma basato su una diversa lista di nomi. Dal momento che i prenditori non dovevano corrispondere alcun
canone allo Stato, le vincite per i giocatori erano superiori. Per contrastare la diffusione di questo gioco alternativo, di
cui - sembra - si svolgessero tre estrazioni all'anno, le autorità genovesi giunsero a prevedere nel 1671 sino a "scudi
douemilla d'oro e con penale sino a due o tre anni di galera" per coloro che venivano trovati a gestire il nuovo gioco.
13
occasione venne stabilito che il gioco fosse gestito direttamente dallo
Stato, evitando l'appalto a terzi. Ma nel 1745 per l'estrazione di cinque
numeri si giunse a dover pagare circa 200.000 ducati di vincite. Si stabilì
allora che non si sarebbe dovuta superare la somma di 118.000 ducati per
ogni estrazione. Era in vigore anche la cosiddetta regola del "castelletto",
in base alla quale quando veniva raggiunta la somma prevista come
massima per le giocate su alcuni numeri, si poteva procedere alla chiusura
del gioco restituendo ai giocatori le giocate accolte in eccedenza.
Il lotto si svolgeva predisponendo una lista di "novanta donzelle nubili, da
scegliersi da Parocchie, Ospitali e luoghi Pij della città da imbossolarsi
nella giornata d'estrazione del lotto". Ogni anno venivano svolte nove
estrazioni di cinque nomi di ragazze. Al primo nome estratto erano
riconosciuti a titolo di dote quaranta ducati; alle altre quattro ragazze solo
venti ducati. La coincidente finalità di voler costituire la dote di giovani
fanciulle, dimostra l'ampio influsso del "gioco delle zitelle", che aveva
avuto luogo a Torino sin dal 1674.
Il Petitti
14
, attento storico del gioco del lotto, racconta che, a Venezia, il
luogo dell'estrazione era la gran loggia del Sansovino sotto la gran torre di
S. Marco, residenza solita dei procuratori di S. Marco. Prima
dell’estrazione si paravano a festa le colonne della loggetta. Si sceglieva
un trovatello dell'età di circa cinque anni, che avrebbe provveduto
all’estrazione delle cedole in pergamena in cui erano stati scritti i numeri
dall’uno al novanta. L’estrazione avveniva alla presenza del pubblico ed
era una vera e propria cerimonia presieduta da due Magistrati che
provvedevano a sigillare la botticella che conteneva i novanta numeri .
Questo sistema di gioco restò invariato molto a lungo sino alla prima
dominazione austriaca (1797-1806).
Anche a Venezia il lotto "nero" dovette avere una larga diffusione visti i
numerosi interventi normativi che furono emanati per combattere questa
pratica illegale.
14
Opere scelte di C.I. Petitti Di Roreto, a cura di Gian Mario Bravo, Fondazione Luigi Einaudi 1969
14
1.2.3 Il lotto a Milano
A Milano il gioco del lotto ebbe una storia contraddittoria; una serie
infinita di divieti si alternò, infatti, a concessioni straordinarie. Questo
anche a causa dell’instabilità politica che ha caratterizzato Milano per circa
due secoli. Inoltre i successivi governi presero decisioni talvolta diverse
riguardo al mantenimento del gioco.
Sembra comunque certo che il gioco del lotto a Milano fu introdotto agli
inizi del XVII secolo. E' quanto testimonia l'autorevole storico del gioco
del lotto, Petitti di Roreto
15
. Molto probabilmente il gioco si diffuse
nell'area del capoluogo lombardo facendo riferimento alle estrazioni del
già famoso "Giuoco del Seminario" che si svolgeva a Genova.
Una grida del 1644 confermerebbe l'origine genovese del lotto milanese.
Tale legge vietava la partecipazione al gioco del seminario di Genova,
perché ritenuto fraudolento. Nonostante il divieto il gioco continuò a
crescere in clandestinità tanto che il 2 luglio 1665 il Governatore della città
di Milano decise di affidare la concessione del gioco per 20 anni a tal
Giovanni Battista, in cambio della metà degli utili. Anche il Governo di
Milano aveva ormai capito che il lotto poteva diventare uno strumento da
cui trarre profitti. Il gioco, tuttavia, non riscosse il successo sperato, tanto
che si alternarono diversi gestori in pochi anni, fino ad arrivare nel 1688
alla sospensione dell’autorizzazione ad opera del governatore spagnolo.
Anche in questo caso il nuovo divieto non scoraggiò i giocatori, che
continuarono a puntare sul lotto di Genova. Ciò è testimoniato anche
dall'impennata degli introiti registrati in quegli anni dal gioco nella vicina
repubblica ligure. A questo punto le problematiche che dovevano
affrontare i governatori della città erano molto complesse: da un lato
evitare la fuga dei capitali, visto che la popolazione continuava comunque
a giocare sul lotto di Genova, dall’altro lato il rispetto per il divieto.
Questa situazione determinò un periodo in cui i divieti e le concessioni si
alternarono rapidamente, bisogna sottolineare che i divieti erano spesso
dettati più che da ragioni etiche, dal fatto che i proventi delle concessioni
risultavano inferiori alle aspettative.
15
Vedi nota precedente
15
Fu l’amministrazione austriaca che sancì la definitiva legalizzazione del
gioco, con un editto del 22 dicembre 1768, infatti, Maria Teresa d'Austria
fissò nuove regole, concedendo la licenza alla famiglia Minonzi e
prevedendo la partecipazione agli utili della Regia Camera per un terzo.
L'editto stabiliva che fossero svolte 11 estrazioni l'anno mediante
l'imbussolamento di 90 numeri.
A partire dal 1784 il gioco del lotto venne gestito direttamente dalla Regia
Camera e fu stabilita a favore dell'erario la cifra di 227.000 lire annue, pari
al canone dell'ultimo appalto. Inoltre. per ogni estrazione furono prelevate
5 doti da 50 lire ognuna da destinarsi a cinque ragazze da marito. Nel 1787
queste doti furono destinate ad operaie delle manifatture di seta allo scopo
di promuovere tale settore. Il numero delle estrazioni salì a 26, di cui
tredici si svolgevano a Milano e tredici prendevano come riferimento i
numeri estratti a Torino.
Con l'invasione napoleonica il lotto milanese restò sostanzialmente
invariato anche se le tariffe vennero allineate alla lotteria imperiale in uso
in Francia. Nel 1817 fu emanata un nuova disciplina organica della
materia, fino alla seconda metà del secolo, periodo in cui il lotto di Milano
confluì prima in quello di Torina poi in quello italiano.
1.2.4 Il lotto a Roma
Neppure a Roma la storia del lotto ebbe facile corso. Esso fu importato
clandestinamente dagli altri Stati, se ne ha notizia sin dal 1666 quando
Filippo IV, re di Spagna, chiese a Papa Alessandro VII Chigi di decidere
circa la liceità sul piano religioso del gioco del lotto che si stava
diffondendo anche nelle sue terre.
Sua Santità bollò immediatamente il gioco, condannandolo come peccato
grave e prevedendo pesanti pene ai giocatori e la reclusione per i ricevitori.
Inoltre stabilì che tutti coloro che avessero comunque a che fare con il
gioco fossero scomunicati. La bolla papale generò grande malcontento tra
la popolazione, che aveva preso a giocare con passione ai lotti di Genova,
Modena e Napoli.La posizione di Papa Alessandro VII fu però confermata
16
dai suoi successori, che ribadirono il divieto allargandolo a qualsiasi altra
forma di scommessa.
Nonostante queste decise proibizioni il gioco del lotto clandestino a Roma
prosperò in maniera sempre più ampia. Clemente XI Albani decise allora
di ridiscutere tali divieti ed affidò la questione ad un'apposita
congregazione di teologi e canonisti, che giunsero alla conclusione che il
gioco del lotto sarebbe potuto diventare legale solo se gestito dallo Stato
Pontificio.
Nel 1721, a seguito di tale illuminato parere, Papa Innocenzo XIII permise
l'introduzione del gioco. Nell'editto, tuttavia, veniva stabilito il divieto di
giocare ai Lotti delle altre città.
L'abilità dei Papi di dettare un'attenta politica finanziaria trovò puntuale
conferma anche nel campo del lotto. La gestione del gioco venne infatti
data in appalto a privati, a condizione che le vincite per ambo e terno
fossero maggiori di quelle riservate ai vincitori di altri Stati,
rispettivamente del 20% e dell'80%. Grazie a questo importante vantaggio
a favore del giocatore, il gioco conobbe una vera e propria esplosione,
anche per il forte afflusso di giocate provenienti da territori stranieri.
Tuttavia, nonostante il successo, dopo appena quattro anni, probabilmente
per ragioni di ordine morale, nel 1725, Papa Benedetto XIII cancellò
quanto fatto dal suo predecessore, emanando tre diversi editti che
tornarono a vietare il lotto a Roma. Nonostante il divieto, i sudditi papali
continuarono a giocare al lotto sia a Roma (con il lotto clandestino), sia
soprattutto partecipando ai lotti stranieri. Questo fenomeno indusse il Papa
ad emanare una costituzione, datata 12 agosto 1727, che prevedeva nuove
pene spirituali, oltre quelle temporali previste dai precedenti tre editti.
Nel 1731 la liceità del gioco del lotto venne prontamente ristabilita per
motivi economici. Papa Clemente XII decise di reintrodurlo al fine di
trovare i fondi necessari per costruire una grande fontana al termine
dell'acquedotto dell'acqua Vergine. Le casse dello Stato Pontificio erano,
infatti, irrimediabilmente vuote. In poco tempo proventi del lotto
permisero la costruzione della fontana di Trevi, la fontana più famosa del
mondo. Per non cadere in contrasto con il suo predecessore, che ne aveva
sancito l'assoluto divieto.
17
Clemente XII istituì una commissione "ad hoc" con il compito di
esaminare nuovamente i vari aspetti legati al gioco, non ultimi quelli
religiosi. I lavori della commissione non durarono a lungo, anche perché il
Papa aveva fretta di aprire il cantiere per la nuova fontana. La
congregazione, non poteva essere altrimenti, diede parere favorevole al
ristabilimento del gioco. E' assai interessante sintetizzare i motivi, alcuni
dei quali anche di natura religiosa, che spinsero il Papa a dare seguito alle
richieste del popolo:
a) il gioco poteva essere reintrodotto in quanto vi era stato un eminente
parere di un'apposita congregazione; b) tutte le precedenti proibizioni non
avevano sortito grandi effetti; c) era grande il rischio per i numerosissimi
giocatori di andare incontro non solo alle sanzioni previste dalla legge, ma
anche alla possibilità che i gestori clandestini li defraudassero della
vincita, soprattutto se questa era particolarmente elevata; d) la sincera
afflizione del Santo Padre nel sapere che migliaia di suoi fedeli andavano
incontro alla dannazione della loro anima, pur se molti confessori non
davano corso alle disposizioni papali assolvendo ugualmente i giocatori
pentiti; e) la grande fuga di denaro dalle casse dello Stato Pontificio verso
le casse degli Stati stranieri. Tanto più che con il provvedimento
concessorio di Papa Innocenzo XIII si era potuto invertire il flusso, in
quanto il lotto a Roma prevedeva quote per l'ambo e per il terno
notevolmente superiori a quelle praticate in altri Stati e questo faceva
affluire ingenti somme di denaro dall'estero verso il lotto di Roma; f)
durante la gestione statale del lotto si era potuto verificare che questo
assicurava l'onesto sostentamento di oltre quattrocento famiglie. Ancora
più interessante è notare come, molte delle motivazioni date allora dal
Papa Clemente, siano attualmente utilizzate per giustificare il
mantenimento del gioco del lotto.
Avendo brillantemente risolto i problemi di ordine morale e religioso, nel
1731, Papa Clemente XII emanò l'editto con cui affermava il
ristabilimento in Roma di un nuovo gioco del Lotto, che restava però
interdetto alle persone vincolate al voto di povertà, ai frati ed alle
monache. Per dare una finalità morale a tale nuova attività, il Papa stabilì
che i proventi del gioco dovessero essere impiegati per assicurare ad ogni
estrazione un'onorata dote a cinque povere zitelle e, naturalmente, per la
18
creazione di un fondo destinato alla realizzazione di opere pubbliche.
L'operazione ebbe un notevole successo. Infatti, sin dalla terza estrazione,
il governo pontificio centrò il suo obiettivo assicurandosi le entrate fiscali
necessarie per dare corso ai lavori. Il 12 maggio 1732 Papa Clemente poté
quindi stanziare i primi finanziamenti per la costruzione della fontana di
Trevi.
Nel 1737, poiché anche altri Stati avevano aumentato i premi per l'ambo
ed il terno allineandoli a quelli di Roma, si cercò di attirare l'attenzione
ridestando l'interesse dei giocatori con un'operazione finanziaria che
consisteva nel riconcedere, seppur in un nuovo modo, l'appalto del lotto.
Furono così posti in vendita 20.000 carati, o porzioni, di 50 scudi ognuno.
Il milione di scudi ricavato doveva essere suddiviso in questo modo:
300.000 scudi a disposizione del Papa, per lo Stato e per qualsiasi urgenza
di Roma: 700.000 scudi al monte di pietà. Quest'ultima cifra sarebbe
servita nella somma di 100.000 scudi per il pagamento delle vincite del
gioco qualora non fosse stato sufficiente l'incasso delle puntate; i restanti
600.000 scudi sarebbero stati investiti come riserva di gioco.
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Nel 1770 Pio VI decise di tornare al sistema della gestione centralizzata
assunta dalla Reverenda Camera, con la solita supervisione della Tesoreria
Generale. Risulta che nel 1785, sempre sotto Pio VI, gli utili derivati dal
lotto contribuirono alla bonifica delle Paludi Pontine. A seguito
dell'occupazione francese nel 1811, durante la quale si consumò la grande
"offesa" che vide l'arresto di Papa Pio VII Chiaramonti, il lotto continuò
senza interruzioni. Cambiò solo la sede ove avvenivano le estrazioni. Dalla
piazza del Campidoglio si spostò l'urna nella Chiesa delle Suore
Benedettine della S.S. Concezione di Maria in Campo Marzio.
Al ritorno del Papa, l'estrazione fu nuovamente spostata in piazza
Montecitorio ed il gioco cambiò nome denominandosi "Gioco del Lotto di
Roma e Toscana".
Le estrazioni da nove salirono a 48, 24 si svolgevano a Roma e 24 in
Toscana.
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www.stsfit.it/lotto/afstolo2htm