7
Il common law, diffuso nella tradizione anglo-americana, in quanto
contrapposto al diritto di origine legislativa e come diritto fondato sulle
decisioni dei giudici, pare adattarsi meglio di ogni altro all’utilizzo delle
tecniche dell’EAL. In tale ordinamento il sistema giudiziario si compone di
pochi giudici, scelti senza le procedure del concorso pubblico, ma in base alla
loro precedente carriera di avvocati. Al contrario il giudice di civil law è una
figura istituzionale disegnata soprattutto per compiere operazioni
ermeneutiche di routine sui testi legislativi. Il giudice di common law rimane
invece un personaggio in grado di compiere decisioni istituzionali rilevanti
anche in presenza di testi legislativi da interpretare, e nel fare ciò nulla vieta
che egli faccia ricorso a considerazioni di carattere più spiccatamente
economico.
1.2. EAL e la tradizione di civil law.
Da quanto appena detto sembrerebbe che la fruibilità del ragionamento
economico applicato al diritto, da parte dei tecnici della materia, all’interno di
un sistema civilistico, sia alquanto limitata. L’approccio romanista classico è
un approccio eminentemente ermeneutico: il diritto è incorporato nei testi
legislativi e il compito del giurista è quello di interpretare questi testi. Al
giurista, all’interprete, non è dato di compiere scelte, queste sono già state
fatte dalla legislazione; il giurista opera scelte limitate fra i significati
possibili lasciati aperti dal testo ma, sempre, nel rispetto di criteri
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interpretativi autoritativamente fissati. Il diritto diviene un problema
prevalentemente linguistico e la parola calata nel suo contesto storico sociale
diventa la chiave di lettura di regole già codificate in modo spesso tanto
indeterminato quanto incompleto.
L’approccio dell’EAL che guarda alle conseguenze delle regole e le
seleziona in base alla loro desiderabilità, che indirizza le scelte del giudice in
base a criteri di efficienza, difficilmente sembra “calzare” gli spazi lasciati
aperti dai nostri codici. Data questa antitesi fondamentale tra l’approccio
romanista tradizionale e quello di Law and Economics, ci si può quindi
chiedere se quest’ultimo abbia un senso nei sistemi codificati di civil law.
Se ci fermiamo a riflettere su quanto appena detto, possiamo renderci
conto di come, in realtà, la mancanza di legittimità del ragionamento
economico in sede di interpretazione sia solo apparente. Infatti, sebbene il
giudice romanista legittimi le sue scelte in quanto frutto dell’interpretazione
di scelte fatte da altre autorità, in sostanza qualsiasi testo viene in realtà
riempito, a colmare le lacune presenti tra gli enunciati, per loro struttura rari.
1
In tal modo l’interprete crea, legittimandosi però con l’asserzione che si tratta
di interpretazioni. Del pari, le scelte legislative sono in realtà delle scelte
essenzialmente incomplete e indeterminate, che richiedono, per essere
amministrate, un’opera di completamento da parte del giurista.
1
Cooter R., Mattei U., Monateri P.G., Pardolesi R., Il mercato delle regole: analisi economica del diritto
civile, Bologna, il Mulino (1999).
9
In questo modo si può vedere come l’EAL si adegua perfettamente a
questo tipo di interpretazione, permettendo al giurista di svelare la dimensione
economica “delle parole della legge”.
1.3. Il ragionamento economico come completamento al
ragionamento giuridico.
Molte e differenti sono le occasioni di riflessioni che accompagnano la
norma giuridica. Abbiamo già visto come per il giurista una norma giuridica,
una decisione giudiziaria o una dottrina possono essere scelte o preferite, non
in quanto “più giuste”, ma in quanto “più efficienti”. La giustizia, tradizionale
obiettivo del giurista, viene ad essere un criterio di scelta ed una guida per il
giurista ormai superata, se considerata in modo distaccato dall’ambiente
istituzionale che la circonda, sempre più influenzato e determinato da fattori
di tipo economico.
2
L’EAL propone, a questo proposito, di affiancare al
criterio della giustizia quello dell’efficienza. L’EAL insegna al giurista a
considerare e valutare i costi sociali di ciascuna regola e di qualsiasi scelta
istituzionale; insegna a vedere chi sopporta questi costi, quali sono i soggetti
che ne traggono vantaggio e quelli a cui ne deriva un sacrificio. Una regola
efficiente è quella regola che consente di raggiungere un certo obiettivo
sociale ad un prezzo più basso di quanto non lo consentano le possibili
alternative.
2
Cooter R., Mattei U., Monasteri P.G., Pardolesi R.; op.cit. alla nota 1.
10
L’economia offre al giurista un ulteriore metro di valutazione di una data
scelta istituzionale, in quanto questa, per essere una buona scelta, dovrà anche
consentire un’ottima allocazione dei costi e benefici che procura ai soggetti a
cui è destinata.
Quanto appena detto risulta essere avvalorato dalle osservazioni che si
possono fare nel considerare la situazione del soggetto cui è destinata la
norma nel momento in cui si trova ad interagire con essa. Il privato cittadino
infatti considera il diritto, non come un insieme di precetti accompagnati da
sanzioni, ma come un insieme di incentivi ad attuare o meno determinati
comportamenti.
3
I precetti giuridici impongono in tal modo una serie di
prezzi impliciti per i comportamenti degli individui. Soltanto quando il prezzo
di un dato comportamento sia sufficientemente alto da rendere per il soggetto
più conveniente non intraprenderlo, il precetto verrà osservato. Come in
qualsiasi situazione di mercato, il soggetto avrà la possibilità di comparare il
prezzo della disubbidienza al precetto con i possibili usi alternativi di quelle
risorse. Sceglierà dunque se ubbidire, disubbidire, sfidare la regola in corte,
recarsi all’estero per svolgere lo stesso comportamento, o quant’altro.
In conclusione volendo dare una regola generale, il ruolo dell’analisi
economica del diritto sarà, non tanto quello di indicare al giurista la risposta
esatta ad un problema giuridico.
3
Cooter R., Mattei U., Monasteri P.G., Pardolesi R.; op.cit. alla nota 1.
11
L’EAL non deve sostituirsi ai tradizionali schemi logici che guidano
l’opera del giurista, ma dovrà affiancarsi a questi al fine di consentire al
giurista di prendere una decisione che sia una risposta ad una organica
pluralità di quesiti circa la convenienza della norma in esame.
Quello che ci accingiamo a fare in questo lavoro è quindi di presentare nel
modo più completo possibile il contributo che il dibattito dei
“giureconomisti” ha portato alla risistemazione dogmatica della responsabilità
precontrattuale in Italia e negli Stati Uniti. Il nostro punto di partenza sarà,
però, un’analisi di tale istituto scissa dal background istituzionale che
caratterizza ogni stato, il quale verrà considerato come una delle tante
variabili che vanno considerate nell’analisi di un qualsiasi fenomeno
complesso. Questo al fine di far emergere con maggior evidenza gli schemi e
le logiche microeconomiche protagoniste nella fase antecedente alla stipula di
un contratto.
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2. Trattative commerciali e contratto.
Prima che un contratto sia concluso, le parti dello stesso intrattengono una
serie di rapporti negoziali volti alla definizione del contenuto del futuro
accordo. Durante questo periodo le parti possono decidere se effettuare, a
seconda di quanto confidino nella futura stipula del contratto, degli
investimenti funzionali alla prestazione oggetto del contratto da concludere,
capaci di incrementare per le parti l’utilità che la prestazione in questo
contenuta procurerà alle stesse. Possiamo pensare ad esempio alle trattative
per la concessione di un prestito; il richiedente, confidando nel fatto che il
prestito gli verrà concesso, potrebbe anticipare degli investimenti ed
intraprendere un’operazione commerciale che, soltanto in seguito, una volta
ottenuto il finanziamento, potrà portare a termine. Allo stesso tempo il
creditore, prima di concedere il prestito, impiegherà tempo e risorse per
scoprire la convenienza e il rischio implicito dell’operazione. Questi
investimenti avranno l’effetto di incrementare il valore della transazione, ma,
nel caso in cui le parti non giungano ad un accordo, rappresenteranno delle
perdite per la parte che li ha sostenuti. Se l’accordo viene raggiunto, vi
saranno contenute le condizioni alle quali il surplus generato dall’affidamento
delle parti verrà tra queste suddiviso ( la ripartizione dello stesso dipenderà
dalla distribuzione della forza contrattuale relativa). Se le trattative falliscono
e l’accordo non viene raggiunto la legge dovrà determinare chi sarà a
sopportare le spese sostenute durante le trattative.
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Nel corso di questo capitolo cercheremo di verificare se l’imposizione di
doveri precontrattuali, in deroga al principio della freedom of contract,
comporti un aumento o una diminuzione di efficienza, e quali effetti
redistributivi siano connessi all’uno o all’altro regime. Il nodo concettuale
che intendiamo sciogliere con la nostra analisi è in quale misura il
comportamento opportunistico della parte che nulla ha dato, nei confronti di
chi ha invece compiuto investimenti preliminari, debba essere sanzionato.
Cioè in che misura sia giusto risarcire l’affidamento della parte che ha
confidato senza sua colpa nella serietà dell’intento a contrarre della sua
controparte. Poiché siamo in ambito precontrattuale, il recesso dalle trattative
rimane pienamente legittimo e non comporta il sorgere di alcun obbligo per il
recedente, in particolare nessun obbligo a contrarre. Non si può però
escludere che dalla relazione sociale instauratasi con la negoziazione dei
termini contrattuali, le parti abbiano generato un rapporto giuridicamente
rilevante meritevole di tutela e considerazione da parte dell’ordinamento
giuridico.
La regola del ristoro dei danni da affidamento impone, a chi si ritiri dalle
trattative senza una buona ragione, di risarcire l’altra parte dei danni riportati
per aver confidato nel buon esito della negoziazione. In termini economici,
una simile affermazione richiede alcune precisazioni.
Innanzi tutto, l’interesse negativo viene a volte valutato dalle corti quale
comprensivo delle opportunità perdute.
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La rilevanza di quanto appena detto sta nel fatto che potranno verificarsi
più o meno consapevoli sovrapposizioni tra interesse negativo e interesse
positivo alla conclusione del contratto. Ogni volta che ci si trova in un regime
di concorrenza perfetta, l’analisi economica dei rimedi contrattuali postula
l’eguaglianza dell’interesse positivo e negativo.
4
Nelle sue versioni più
rigorose, invece, l’EAL mantiene ferma la distinzione tra le spese che una
parte abbia sostenuto perché fiduciosa della futura stipula del contratto, da un
lato, e, dall’altro, le occasioni parallele perdute nel corso delle trattative
infruttuose. Solo alle prime spetta propriamente la definizione di interesse
negativo: tutto il resto si sovrappone all’idea di interesse positivo.
5
Analogamente in un regime di danni da affidamento i danni risarcibili
concernono solo gli investimenti specifici e non riciclabili: si ha affidamento
solo quando le spese sostenute non possono avere altro utilizzo se non
all’interno del contratto da stipulare. In conclusione, i danni da affidamento
consistono nei sunk cost, risorse perse perché specificamente connesse alla
sola trattativa in questione.
Date queste premesse, cercheremo ora di ricostruire un modello
giureconomico che analizzi, in termini formali, quanto la regola della
responsabilità precontrattuale appena descritta risponda a canoni di efficienza.
4
Kornauser L.A. An introduction to the economic analysis of contract remedies, Colo. Law rev (1986).
5
Shavel S. Damage mesure for bresch of contract ,Bell Journal of Econ. (1980).
15
In particolare, cercheremo di verificare se una tale regola consente di:
1) Indurre le parti ad uno scambio di informazioni efficiente; queste
saranno motivate a condividere con la propria controparte le
informazioni di cui dispongono e da cui può derivare una stipula più
consapevole.
2) Spingere le parti a scegliere un livello efficiente di investimenti
prenegoziali, piuttosto che indurre i contraenti a spendere troppo perché
troppo sicuri della possibilità di recuperare comunque le spese
precontrattuali sostenute.
3) Addivenire ad un tasso efficiente di recesso precontrattuale: una tale
regola, essendo un disincentivo a rompere le trattative, farà conservare
alle parti la possibilità di abbandonare l’affare in vista di guadagni
alternativi.
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3. Induce un tasso efficiente di recesso dalle trattative?
3.1. Il recesso efficiente.
Come abbiamo detto all’inizio del capitolo, uno degli scopi dell’analisi
economica del diritto è quello di suggerire al giurista soluzioni giuridiche o
applicazioni delle stesse in chiave efficientistica. L’EAL si preoccupa di
promuovere norme giuridiche che consentano un’ottima allocazione delle
risorse impiegate in un determinato affare. A tal proposito, molto sviluppata è
la letteratura in materia di inadempimento efficiente. Ampio spazio è dedicato
dalle riflessioni dei giureconomisti alla scelta della misura dei danni da
inadempimento, capace di produrre un tasso efficiente di fedeltà alla
promessa contrattuale.
6
Se prendiamo in considerazione la teoria
dell’inadempimento efficiente, vedremo come questa potrà tornarci utile
anche parlando della fase precontrattuale e del recesso di una parte dalle
trattative per la stipula di un contratto.
Nella sua versione più classica la teoria dell’efficient beach spiega che una
misura risarcitoria troppo elevata avrebbe l’effetto di indurre le parti a tener
fede alla promessa data anche quando il mercato consentirebbe una più
efficiente allocazione delle risorse impiegate in un determinato affare. Allo
stesso tempo, sanzionare l’inadempimento in misura eccessivamente ridotta
avrebbe l’effetto di indurre i soggetti impegnati in un contratto a rompere la
promessa data in modo più frequente di quanto sia consigliabile secondo
6
Pardolesi R, L’analisi economica e la disciplina del rischio contrattuale, in Pol. Dir. Pag 368 ss., (1978).
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logica economica. L’analisi economica suggerisce una regola di diritto che
preveda una misura risarcitoria capace di indurre il promettente ad ignorare la
promessa data, solo quando il valore generato da un impiego alternativo sia
maggiore di quello generato dal precedente contratto. Tale regola prevede che
l’inadempiente sia costretto a risarcire per intero l’interesse positivo della
controparte. In questo modo, il promittente verrebbe meno alla parola data
soltanto nel caso in cui i proventi del nuovo affare siano tali da coprire le
perdite derivanti dall’obbligo di risarcire l’interesse positivo della controparte.
Quanto appena detto ritorna utile nell’affrontare il problema del recesso
dalle trattative. Tanto il volontario inadempimento di una promessa oggetto di
un contartto, quanto l’abbandono di una trattativa in corso producono una
perdita economica, intesa quale posta negativa in una valutazione paretiana
dell’operazione.
7
Questo disvalore è costituito tanto dai costi transattivi,
quanto dalle spese precontarttuali di entrambe le parti. In assenza di una
sanzione, però, la parte recedente avverte soltanto la propria parte di perdita, e
soltanto di questa terrà conto nel valutare la possibilita di contrarre con un
altro soggetto ad altre condizioni. Al fine di garantire assetti allocativi
globalmente più efficienti, sarà quindi necessario che alla parte recedente
venga fatto carico anche delle perdite subite dalla sua controparte.
Perché sia possibile assimilare l’inadempimento (efficiente) di un contratto
già perfezionato al recesso (efficiente) da trattative mai concluse, sarà
7
Caruso D., La culpa in contraendo: l’esperieza statunitense e quella italiana, Milano, Giuffrè (1993).
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necessario poter uniformare tali due modelli distinti attorno ad un unico
modulo variabile.
8
3.2. Recesso efficiente e danni precontrattuali.
Il modello che ci consente di non dover più distinguere fra precontratto e
contratto è il calcolo probabilistico. Se pensiamo all’evento, adempimento di
un contratto concluso, tale evento avrà due probabilità differenti di verificarsi,
a seconda che le parti abbiano già raggiunto un accordo, oppure stiano
negoziando i termini dello stesso. Se pensiamo ad un contratto concluso, non
è azzardato dire che questo abbia una probabilità pari a 1 di essere adempiuto.
Certo, l’inadempimento in senso tecnico resta sempre possibile, tuttavia un
regime che garantisca al contraente deluso il risarcimento dell’interesse
positivo, consente di raggiungere lo stesso spostamento economico
inizialmente contenuto nel contratto.
9
All’altro capo dello spettro probabilistico, può collocarsi l’ipotesi di
negoziazioni così informali da non consentire il sorgere di qualsiasi
affidamento circa la futura conclusione dell’affare. In questo caso, infatti, la
probabilità che dalle trattative si arrivi poi all’esecuzione del contratto da
stipularsi può dirsi uguale a zero.
8
Caruso D., op.cit. alla nota 7.
9
Viene trascurato lo scarto economico esistente tra realizzazione spontanea e coatta delle prestazioni
contrattuali dovuta alla presenza di maggiori costi transattivi nella seconda ipotesi.