5
reminescenza di un articolo su Gary Becker, padre dell’ economia del
crimine, mi ha fornito una immediata risposta, che ha mutato
l’immagine di Tanzi che custodivo rabbiosamente nella mia mente
come quella di un delinquente, di un criminale. Certo, di scrupoli deve
averne avuti davvero pochi, ma non essendo uno sprovveduto ha fatto
bene i suoi calcoli sui costi e i benefici della propria attività “
criminale”. Il computo è risultato evidentemente positivo, visto
l’incentivo derivante da un sistema inefficiente di controlli interni ed
esterni all’impresa, oltre che dalla mancanza della concreta certezza
della pena che avvelena dall’interno il nostro sistema giudiziario,
vanificando così i seppur tardivi sforzi del nostro sonnolente
legislatore, volti a scongiurare il ripetersi di fenomeni tutt’altro che
fisiologici nelle dinamiche che caratterizzano il sistema finanziario.
Nelle speranze dell’autrice non c’è il sogno di un perfetto e
impeccabile iperuranio finanziario, ma solo la realtà di una “ giustizia
giusta ”, la concreta applicazione dei principi di libertà e legalità che
permeano ogni ramo del nostro diritto, che ci hanno accompagnato fin
dall’inizio del nostro studio universitario, ma che, allo stato attuale,
vivono solo tra le pagine dei libri.
6
INTRODUZIONE
Il Gruppo Parmalat in poco più di 40 anni, da media azienda
agroalimentare italiana è divenuta un colosso del mercato
internazionale, in continua e inarrestabile ascesa, che ha visto la parola
fine quando si è aperta la voragine dogli affari sfacciatamente
fraudolenti e truffaldini.
In questo lavoro, analizzando i fatti accaduti inerenti al crac,
esamineremo, alla luce dell’attuale sistema di corporate governance
vigente nel nostro ordinamento, le responsabilità dei soggetti che, per
l’attività svolta, hanno avuto un ruolo determinante nella vicenda,
cercando di capire, utilizzando gli strumenti analitici propri
dell’approccio tradizionale dell’economia criminale di Becker (1968),
se, in primis, il presidente della Parmalat, Calisto Tanzi e coloro che
hanno contribuito alla realizzazione di quella che si è rivelata una
truffa colossale, siano da considerare criminali senza scrupoli,
delinquenti spregiudicati, o se in realtà il loro comportamento
criminoso sia il risultato di un calcolo razionale messo in atto per
soppesare vantaggi e svantaggi connessi alla realizzazione dell’atto
criminale, rispondendo così a incentivi, come la mancanza di adeguati
controlli e la tenuità delle pene, che rendono il compimento di reati
finanziari particolarmente conveniente. Infine analizzeremo come,
nell’ambito di un sistema repressivo efficiente di prevenzione e
irrogazione delle pene, sia fondamentale l’effettività della certezza
della pena, deterrente esemplare ed efficace alla commissione di reati.
7
CAPITOLO 1. PARMALAT: DIARIO DI UNO SCANDALO
Introduzione
Il dissesto dell’azienda di Collecchio si è riversato sul mercato
finanziario globale come una cascata gelata; la Parmalat era di fatto
apprezzata come un’impresa di grande successo, caratterizzata da una
struttura finanziaria molto solida, e, almeno apparentemente,
detentrice di elevata liquidità, pari a circa 3,5 miliardi di euro.
La valutazione del mercato sul valore del gruppo Parmalat era
piuttosto positiva, essendo l’enterprise value (cioè il valore
complessivo delle attività operative del gruppo) compreso fra i 5 e i 6
miliardi di euro.
Il Montesi (2004), nella sua analisi delle condizioni finanziarie della
Parmalat, afferma che “ Una buona parte del valore di Parmalat era
costituita dalle disponibilità liquide che erano ormai da anni ad un
livello molto elevato e ben superiore alle esigenze fisiologiche di
flessibilità finanziaria di una multinazionale come Parmalat”. Ciò ha
posto inevitabilmente un primo punto di domanda relativo alle
8
modalità di gestione operativa della Parmalat. Se la Parmalat aveva a
disposizione una forte liquidità perché mai queste risorse non furono
impiegate per finanziare le attività della società, continuando invece a
ricorrere all’indebitamento? Nei paragrafi che seguono descriveremo
l’iter storico del crac, mostrando, con l’ausilio di grafici, le cifre
stellari di quello che si è rivelato uno scandalo dalle gigantesche
dimensioni.
1.1. Ascesa e declino della premiata ditta Parmalat
Il crac Parmalat è senza dubbio uno dei più gravi scandali della
finanza globale, un orrendo bubbone, un’inaspettata stangata al
mercato italiano, con ripercussioni economiche di proporzioni
gigantesche. L’ente di controllo sulla Borsa americana l’ha definito
«una delle frodi più sfacciate della storia della finanza».
Da media azienda agroalimentare, la Parmalat è divenuta in poco
più di 40 anni un colosso internazionale con 139 stabilimenti in tutto il
mondo e 36.356 dipendenti
1
.
Parmalat, è stata fin dalla sua costituzione un’azienda
finanziariamente fragile, vittima di una contraddizione insanabile in
1
In particolare Parmalat è presente in Italia e nel resto d’Europa (Francia, Germania, Inghilterra,
Portogallo, Romania, Russia, Spagna, Ucraina, Ungheria), nel nord, centro e sud America
(Canada, Messico, Repubblica Dominicana, Stati Uniti, Argentina, Brasile, Cile, Colombia,
Ecuador, Paraguay, Uruguay,Venezuela), nonché in Australia, Cina e Monzambico, come si può
rilevare dal sito web della Parmalat (www.parmalat.com).
capo al suo azionista di controllo, il “patron” Calisto Tanzi, il quale
mirava a realizzare ambiziosi piani di crescita, ma nello stesso tempo
si mostrava totalmente refrattario all’idea di immettere capitali propri
nell’azienda, ricorrendo invece freneticamente e fraudolentemente al
credito bancario e producendo, di fatto, debiti a mezzo di debiti.
Le cifre della crescita di Parmalat sono vertiginose (appena
100mila euro nel 1962 che diventano oltre 7,5 miliardi nel 2002
2
),
sintetizzate dal grafico che segue (Figura 1). Il che significa tassi di
crescita annui del 44 per cento nel primo ventennio e del 21 nel
secondo.
Figura 1. Fatturati Parmalat (1962 - 2002)
0
2000
4000
6000
8000
1
9
6
2
1
9
7
0
1
9
8
0
1
9
9
1
1
9
9
2
1
9
9
3
1
9
9
4
1
9
9
5
1
9
9
6
1
9
9
7
1
9
9
8
1
9
9
9
2
0
0
0
2
0
0
1
2
0
0
2
0,1
3,1 149
568
685 845
1.470
1.836
2.215
2.822
3.677
5.078
6.357
7.349
7.801
Valori espressi in milioni di Euro
2
Dati rilevati dal sito web www.parmalat.com
9
10
La crescita del fatturato è determinata soprattutto dall’estensione
della base produttiva dell’attività principale, realizzata con la febbre
delle acquisizioni in tutto il mondo.
Il Commissario Straordinario Enrico Bondi (2004), nella sua opera
di risanamento, ha proceduto ad alcuni tagli del core business, ma si è
trattato di potature di una pianta complessivamente sana
3
e ha avuto
oltretutto il coraggio di presentare il “conto” più che salato alle
banche: ha infatti chiesto risarcimenti per 10 mld di dollari alle banche
americane e per 7 mld di euro a quelle italiane
4
. Gli errori tattici e
strategici sono molteplici, come le acquisizioni in paesi stranieri, prive
di prospettive commerciali e investimenti in settori che assicurano
consenso e appoggi politici (Tv, calcio) ma divorano risorse. Ma di
fatto non spiegano la fragilità finanziaria di fondo dell’azienda
parmense nè tanto meno le manovre fraudolente e speculative. Lo
squilibrio strutturale è dimostrato nella Figura seguente, che indica gli
investimenti dal 1990 al 2003 e i valori dell’indebitamento
complessivo alle varie date.
3
Stanghellini (2004): “ll piano Parmalat si limita a staccare i rami secchi e a liberare un’impresa
dai vecchi debiti che, pur fragile, può riprendere a camminare da sola”. Il piano prevede la
costituzione di una società per azioni che utilizzi l’attivo (gli utili) di sedici società della galassia
Parmalat. Restano fuori dal piano di ristrutturazione quattro società del gruppo Parmalat (tra cui
Parma calcio) e alcune società sotto il controllo dei Tanzi ma non di Parmalat (ad esempio
Parmatour). Sempre secondo Stanghellini (2004) : “ Il caso Parmalat, anche se si presenta
complesso dal punto di vista tecnico costituisce invece un caso politicamente facile dal punto di
vista della soluzione. Infatti anche se l’indebitamento è risultato enorme, l’impresa ha un margine
operativo positivo e si autosostiene tant’è vero che nessun licenziamento è stato necessario finora
e anche la finanza-ponte concessa dalle banche non è stata utilizzata”.
4
CORRIERE DELLA SERA(2005)
Figura 2 Investimenti tecnici e acquisizioni (1990 - 2003)
1
10 11
20
40
42 41
160
180 181 181
182
189
160
400
40 40
370
41
43
380
510
820
620
420
47
189
0
0
100
200
300
400
500
600
700
800
900
1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003
investimenti
tecnici
acquisizioni
Totale investimenti nel periodo 5,4 mld Euro
Elaborazione su dati di Bondi (2004)
Il grafico mostra, dagli anni ’90, le febbrili acquisizioni in relazioni
alle quali il fabbisogno finanziario
5
necessario, non venendo ad essere
11
5
Bisogna naturalmente tener conto anche delle esigenze di capitale circolante per soddisfare le
esigenze di produzione e vendita su un impero produttivo sempre più vasto.
12
soddisfatto con risorse proprie di Tanzi, scatena uno sconcertante
ricorso all’indebitamento che poco dopo porta a un piano di
risanamento curato dalle banche (e favorito dal Governo
democristiano di allora e in particolare da Ciriaco De Mita, potente
segretario della Dc) e alla quotazione in Borsa
6
. La crisi finanziaria
almeno in superficie è superata con successo e Parmalat Finanziaria è
controllata da una società (Coloniale) della famiglia Tanzi, di cui
Calisto detiene comunque il 51,8 per cento.
Secondo la ricostruzione del commissario straordinario
7
Enrico
Bondi, dal 1990 al 2003 la gestione ha fornito risorse per 1 miliardo
circa
8
, il che significa che l’indebitamento è cresciuto di ben 13,2
miliardi
9
.
Il valore dell’attivo è stato gonfiato con una serie di falsificazioni
contabili a volte maldestre. Il buco da coprire è sempre più grosso e il
6
Malagutti (2004) : "La lunga cavalcata dell’ambizioso ragioniere di Collecchio sembrava già
molto vicina al capolinea. Gia allora, venti anni fa, la nave Parmalat faticava a tenere il mare.
Stava a galla grazie all’appoggio garantito dalle banche. Ma a quel tempo, molto più di oggi, il
sistema creditizio dipendeva quasi per intero dai partiti. Ovvero in massima parte dalla
Democrazia cristiana, che a sua volta assegnava le poltrone sulla base degli equilibri fra le varie
correnti interne. Tanzi, che era di casa nei palazzi democristiani, riuscì così a ottenere il sostegno
finanziario di cui aveva assoluto bisogno. Per sopravvivere l’imprenditore emiliano si fece
stringere al collo un guinzaglio da cui non riuscì mai più a liberarsi".
7 Con il decreto legge 3 maggio 2004, n. 119, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 106 del 7
maggio 2004 ed entrato in vigore l’ 8 maggio 2004, sono state apportate alcune disposizioni
correttive ed integrative alla normativa sulle grandi imprese in stato di insolvenza di cui al decreto
legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito con modificazioni nella legge 18 febbraio 2004, n. 39.
In particolare, per effetto delle modifiche introdotte dal nuovo decreto, le procedure di
amministrazione straordinaria delle imprese del gruppo Parmalat possono essere attuate,
alternativamente, attraverso un programma di ristrutturazione economico finanziaria, come
previsto per la “procedura madre” della Parmalat S.p.a., ovvero attraverso un programma di
cessione dei complessi aziendali
8
Bondi (2004)
9
Vaiano (2005)
13
vortice trascina la Parmalat in abissi sempre più profondi. Alcuni
semplici trucchi di falsificazione contabile consentivano di usare una
stessa fattura per ottenere dalla Parmalat “ufficiale” due
finanziamenti
10
che permettevano poi di dirottare i relativi fondi
ottenuti verso i conti della c.d. Parmalat “occulta”; ciò consentiva da
un lato di esporre nei bilanci attività che non erano più esistenti,
dall’altro di ottenere, attraverso quella liquidità fittizia, altre linee di
credito.
Oltre a queste società occulte, sono state segnalate ben otto società
off-shore del gruppo Parmalat, aventi la loro sede nei cosiddetti
“paradisi fiscali”
11
.
La Figura 3 indica come è stata distribuita la gigantesca torta dei
14,2 miliardi di euro complessivamente ottenuti dal gruppo nel
periodo 1990-2003 (Figura 3).
10
Dice infatti Bondi (pag. 5): "Uno stesso documento veniva finanziato più volte; tale finanza,
impropriamente ottenuta, ha contribuito anch’essa a mantenere in vita artificialmente il gruppo".
Come ogni bugia chiama bugie più grosse, così la frode finanziaria trascina l’impresa in un vortice
da cui è impossibile sfuggire.
11
Campobasso (2006) fa riferimento alla legge sulla tutela del risparmio (262/2005), che all’art. 6
ha introduce una disciplina più severa nei rapporti con le società off-shore, volta ad assicurare la
trasparenza delle società estere che sono controllate da società italiane al fine di prevenire la
possibilità che attraverso tali soggetti possano essere elusi gli obblighi informativi o comunque
opacizzate le informazioni sulla costituzione, il reale assetto proprietario e l’andamento gestionale
delle società italiane. Innanzitutto, essa ha stabilito che il Ministero della Giustizia deve
individuare quali sono i paradisi fiscali e gli Stati che non garantiscono la trasparenza finanziaria, e
redigerne un elenco. In secondo luogo, ha introdotto molti vincoli per chi intenda creare una
società in un Paese dove non si garantisce tale trasparenza, come, ad esempio, l’obbligo per la
società italiana di allegare al proprio bilancio quello della società off-shore utilizzando le regole
delle legge italiana o i principi contabili internazionali.