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Tra le ipotesi considerate si Ł deciso di includere anche lo sviluppo di un sistema di sfruttamento
energetico basato sull utilizzo di biomasse legnose. Le biomasse rappresentano una delle forme
energetiche rinnovabili con potenzialit di svilupp o piø elevate, favorite anche dalla loro
versatilit di utilizzo e dai vantaggi misurabili i n termini di: valorizzazione dei residui forestali e
agro-industriali; nuove opportunit di sviluppo per zone marginali; possibilit di sviluppo di
nuove iniziative industriali; autonomia energetica locale per piccolo-medie collettivit .
Utilizzare le biomasse per produrre energia non contribuisce all aumento dell effetto serra, dato
che la stessa quantit di CO 2 emessa con la combustione corrisponde a quella riassorbita durante
il processo di crescita della biomassa stessa, mediante la fotosintesi clorofilliana. In quest ottica,
quindi, aumentare la quota di energia prodotta mediante l uso delle biomasse pu contribuire alla
riduzione della CO2 emessa in atmosfera.
Un secondo tavolo di discussione che ha visto coinvolti soggetti pubblici e privati ha
definitivamente dirottato la strada verso l ipotesi di studio di utilizzo di biomasse legnose.
Durante questa discussione si sono incrociati gli interessi di un ente privato (Energy Saving S.r.l)
proponente una tecnologia di sfruttamento della bioamssa e di enti pubblici di competenza agro-
forestale (ERSAF e Comunit Montana delle Alpi Lepo ntine).
Le proposte di collaborazione messe in campo durante il tavolo di discussione hanno creato
margini per valutare l opportunit di compiere uno studio sulla possibilit di utilizzare la
biomassa legnosa per fini energetici contestualizzato in particolari realt territoriali .
Il presente lavoro di tesi ha voluto ampliare il risultato di questo contesto andando a costruire un
sistema di supporto alle decisioni per la valutazione della sostenibilit dell utilizzo di biomasse
legnose per lo sfruttamento energetico. Il sistema di supporto qui proposto ha voluto affiancarsi
ai metodi tradizionali di valutazione e proporre nuove ipotesi di sviluppo per uno studio e una
valutazione sempre piø completa della sostenibilit .
Una volta individuato il sistema decisionale di tale valutazione, il presente lavoro di tesi ha
voluto testare ed applicare il metodo su un caso di studio reale, vale a dire la Comunit Montana
delle Alpi Lepontine. L applicazione ha messo in luce i potenziali ambiti di realizzazione del
sistema di utilizzo della biomassa legnosa nella realt considerata e evidenziato punti crititi e
margini di ottimizzazione per lo sviluppo del sistema di supporto.
Il sistema di supporto alle decisioni ipotizzato in questo studio vuole proporsi come strumento
per coinvolgere la Comunit Monata delle Alpi Lepon tine nel progetto della Regione Lombardia
Kyoto Enti Locali finalizzato a sostenere gli ent i locali partecipanti nell attuazione di azioni
che perseguano gli obiettivi del Protocollo di Kyoto.
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2. LA PIANIFICAZIONE ENERGETICO AMBIENTALE
In questo capitolo verr esposto il contesto normat ivo e pianificatorio a cui ha fatto riferimento il
presente lavoro di tesi, ponendo l attenzione sull adozione di politiche ambientali ai diversi
livelli pianificatori territoriali. Il presente lavoro Ł contestualizzato principalmente all ambito
energetico-ambientale. Uno dei riferimenti di queste politiche a livello internazionale Ł la
Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (United Nations
Framework Convention on Climate Change UNFCCC ) sottoscritta a Rio de Janeiro nel 1992.
Questa convenzione ha portato all adozione del Protocollo di Kyoto (1997), il principale
strumento che ha posto l obiettivo di riduzione del le emissioni di gas a effetto serra come strada
da percorrere nella lotta ai cambiamenti climatici.
Il percorso qui di seguito esposto ha seguito la logica della pianificazione normativa ed
energetica, dei diversi livelli amministrativi, in riferimento alle prescrizioni del Protocollo di
Kyoto, fornendo come chiave di lettura l utilizzo di strumenti come lo sfruttamento energetico
da fonti rinnovabili e l utilizzo razionale negli usi finali di energia.
L intento di questo approccio Ł quello di identificare, negli ordinamenti dei diversi livelli
istituzionali, la sostenibilit normativa degli int erventi e delle azioni che possono essere
sviluppate nell ambito di una pianificazione energetica, soprattutto a livello locale.
2.1 Il Protocollo di Kyoto
Nel corso del Vertice su Ambiente e Sviluppo organizzato a Rio de Janeiro nel 1992, venne
sottoscritta la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC),
delineando i primi elementi di una politica comune in difesa del clima.
Obiettivo finale della convenzione, approvata con decisione 94/69/CE dall Unione Europea, fu la
stabilizzazione delle concentrazioni di gas a effetto serra nell atmosfera ad un livello che
prevenisse dannose interferenze antropogeniche sul sistema climatico.
Si istitu , in questo modo, l inizio di un processo permanente di esame, di discussione e di
scambio di informazioni che permise l adozione di impegni supplementari adattati all evoluzione
delle conoscenze scientifiche e della volont polit ica.
Nella terze sessione della Conferenza delle Parti (CP-3), tenutasi a Kyoto, Giappone, nel 1997, si
approv , per consenso, l adozione di un Protocollo secondo il quale i Paesi industrializzati ed i
Paesi con economia di transizione, firmatari del Protocollo, dovessero impegnarsi a ridurre le
loro emissioni di gas ad effetto serra complessivamente del 5,2 %, rispetto a quelle del 1990 nel
periodo compreso tra il 2008 ed il 2012.
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PerchØ il trattato potesse entrare in vigore, si richiedeva che fosse ratificato da non meno di 55
nazioni firmatarie e che le nazioni che lo avessero ratificato producessero almeno il 55% delle
emissioni inquinanti; quest’ultima condizione Ł stata raggiunta solo nel novembre del 2004,
quando anche la Russia ha perfezionato la sua adesione.
Il Protocollo di Kyoto Ł entrato in vigore ufficialmente il 16 Febbraio 2005, e da allora Ł quindi
diventato strumento vincolante. Attualmente piø di 160 Paesi hanno aderito al Protocollo di
Kyoto.
A livello quantitativo si calcola che l’atmosfera terrestre contenga 3 milioni di megatonnellate
(Mt) di CO2, il Protocollo prevede che i Paesi industrializzati riducano del 5% le proprie
emissioni di questo gas. Il mondo immette 6.000 Mt di CO2, di cui 3.000 dai paesi
industrializzati e 3.000 da quelli in via di sviluppo; per cui, con il protocollo di Kyoto, se ne
dovrebbero immettere 5.850 anzichØ 6.000, su un totale di 3 milioni. Ad oggi (dati aggiornati al
6 giugno 2007), 174 Paesi e un’organizzazione di integrazione economica regionale (EEC) hanno
ratificato il protocollo o hanno avviato le procedure per la ratifica. Questi paesi contribuiscono
per il 61,6% alle emissioni globali di gas serra.
Gli obblighi previsti dal Protocollo sono:
• Adozione di obiettivi giuridicamente vincolanti di riduzione delle emissioni di 6 gas ad effetto
serra (biossido di carbonio, metano, ossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi,
esafluoruro di zolfo) nel periodo 2008-2012;
• Adempimento congiunto dei loro obblighi da parte degli Stati membri mediante ripartizione
dell onere;
• Esistenza di meccanismi di flessibilit (Emission Trading, Joint Implementation e Clean
Development Mechanism);
• Rafforzamento degli obblighi in materia di comunicazione e di informazione.
I meccanismi flessibili sono intesi come strumenti operativi del Protocollo e vengono definiti
come:
• Clean Development Mechanism (CDM): consente ai Paesi industrializzati e con economia in
transizione di realizzare progetti nei paesi in via di sviluppo, che producano benefici ambientali
in termini di riduzione delle emissioni di gas-serra e di sviluppo economico e sociale dei Paesi
ospiti e nello stesso tempo generino crediti di emissione per i Paesi che promuovono gli
interventi;
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• Joint Implementation (JI): consente ai Paesi industrializzati e con economia in transizione di
realizzare progetti per la riduzione delle emissioni di gas-serra in un altro paese dello stesso
gruppo e di utilizzare i crediti derivanti, congiuntamente con il paese ospite;
• Emissios Trading (ET): consente lo scambio di crediti di emissione tra Paesi industrializzati e
con economia in transizione; un paese che abbia conseguito una diminuzione delle proprie
emissioni di gas serra superiore al proprio obiettivo pu cos cedere (ricorrendo all ET) tali
"crediti" a un paese che, al contrario, non sia stato in grado di rispettare i propri impegni di
riduzione delle emissioni di gas-serra.
2.2 Quadro di riferimento normativo Europeo
2.2.1 Il Protocollo di Kyoto nell Unione Europea
L Unione Europea ha ratificato il Protocollo di Kyoto nel 2002 con la Decisione 2002/358/CE,
impegnandosi di fatto a ridurre complessivamente le proprie emissioni di gas serra entro il
periodo 2008-2012, per una quota pari all 8 % rispetto al valore del 1990.
Per raggiungere tali obiettivi il Protocollo propone una serie di interventi:
• Rafforzare o istituire politiche nazionali di riduzione delle emissioni, quali il miglioramento
dell efficienze energetica, la promozione di forme di agricoltura sostenibile e lo sviluppo di fonti
rinnovabili;
• Cooperare con le altre parti contraenti (scambi di esperienze e di informazioni, meccanismi di
cooperazione quali i diritti di emissione).
Nel corso degli anni l Unione Europea si Ł impegnata a favorire il raggiungimento degli obiettivi
del Protocollo di Kyoto, e in quest ottica si colloca la Direttiva 2003/87/CE, con la quale si
istituisce un sistema per lo scambio dei diritti (quote) di emissione dei gas a effetto serra al fine
di ridurre in modo economicamente efficiente tali emissioni nella Comunit (Emission Trading).
In tale contesto, si definisce quota di emissione il diritto di emettere una tonnellata di quota di
biossido di carbonio o di qualsiasi altro gas a effetto serra di effetto equivalente per un periodo
determinato.
L obiettivo di questa direttiva, oltre a perseguire una riduzione globale delle emissioni di gas a
effetto serra, Ł quello di garantire il corretto funzionamento del mercato interno.
In particolare, la direttiva obbliga gli Stati Membri dell Unione Europea a definire una specifica
normativa nazionale, in base alla quale, a partire dal 1 Gennaio 2005, nessun impianto, tra quelli
nell Allegato I alla Direttiva (attivit nel settore dell energia, della produzio ne e della
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trasformazione dei metalli ferrosi, dell industria dei prodotti minerali e della fabbricazione di
pasta per carta, di carta e di cartone), che comportano emissione di gas climalteranti di cui
all Allegato II, potr operare senza una specifica autorizzazione rilasciata dall autorit
competente. Inoltre non potr rilasciare in atmosfe ra una quantit di inquinanti superiore ad una
determinata soglia, stabilita attraverso le quote di emissione che verranno assegnate dalla Stato al
singolo impianto.
Ciascuno Stato Membro dovr elaborare per il period o 2005-2007 e per il 2008-2012 uno
specifico Piano Nazionale di Assegnazione per determinare le quote totali di emissione che
intende assegnare per tali periodi e le modalit di attribuzione di tali quote; per il triennio 2005-
2007 gli Stati Membri assegneranno almeno il 95 % delle quote di emissione a titolo gratuito
mentre per il periodo 2008-2012 ne assegneranno almeno il 90 % a titolo gratuito.
Il 13 Novembre 2004 Ł stata pubblicata la Direttiva 2004/101/CE recante modifica della
Direttiva 2003/87/CE che istituisce uno scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra
nella Comunit , riguardo ai meccanismi di progetto del Protocollo di Kyoto .
Questa Direttiva approfondisce il collegamento fra il sistema di scambio di quote dell Unione e
il Protocollo di Kyoto, in quanto rende compatibili con tale sistema i meccanismi detti di
progetto del Protocollo di Kyoto (l attuazione con giunta, JI e il meccanismo per uno sviluppo
pulito, CDM). In questo modo i gestori potranno utilizzare questi due meccanismi nell ambito
del sistema di scambio di quote per ottemperare ai loro obblighi. Il risultato sar una riduzione
dei costi che gli impianti soggetti al sistema dovranno sostenere per conformarvisi. Le stime per
il periodo 2008-2012 prevedono una riduzione superiore al 20% del costo annuo di messa in
conformit di tutti gli impianti dell’Unione allargata.
La direttiva riconosce pertanto la validit dei cre diti derivanti dai progetti di attuazione congiunta
(JI) e di meccanismo per uno sviluppo pulito (CDM) allo stesso titolo delle quote di emissione,
ad eccezione di quelli derivanti dall’utilizzo del territorio, dalla variazione della destinazione
d’uso del territorio e dalla silvicoltura. I crediti derivanti da progetti di attuazione congiunta sono
denominati "unit di riduzione delle emissioni" (ER U), mentre i crediti derivanti da progetti
nell’ambito del meccanismo per uno sviluppo pulito sono denominati "riduzioni certificate delle
emissioni" (CER). La direttiva prevede inoltre modalit per evitare che ERU e CER siano
contabilizzate due volte nel caso in cui risultino da attivit che comportano anche una riduzione
o una limitazione delle emissioni degli impianti ai sensi della Direttiva 2003/87/CE.
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Nel dicembre 2004, grazie al Regolamento 2216/2004/CE, Ł stato istituito un sistema
standardizzato e sicuro di registri a norma della Direttiva 2003/87/CE e della Decisione
280/2004/CE (monitoraggio gas a effetto serra).
Questo sistema prevede l istituzione da parte di ciascuno Stato Membro di un sistema di registri
nazionali che consentano un accurata contabilizzazione delle quote di emissione assegnate,
rilasciate, cedute e cancellate. Tale regolamento riporta le disposizioni generali, le specifiche
tecniche e i requisiti per la gestione del sistema dei registri, strutturato in banche dati elettroniche
standardizzate e del catalogo indipendente comunitario delle operazioni (CITL, all interno del
qual vengono registrate le operazioni di rilascio, trasferimento e cancellazione delle quote di
emissioni). Inoltre Ł previsto un sistema di comunicazione efficace tra i registri nazionali e il
CITL.
Tali registri garantiscono inoltre l’accesso dei cittadini all’informazione, la riservatezza e il
rispetto delle disposizioni del protocollo di Kyoto.
2.2.2 Strumenti I: fonti rinnovabili di energia nell ordinamento UE
L utilizzo e la promozione delle fonti rinnovabili, insieme all utilizzo razionale dell energia, Ł
uno dei principali processi che l Unione Europea ha individuato per far fronte alle problematiche
ambientali relative al cambiamento climatico.
Le energie rinnovabili (tra le piø diffuse: energia solare termica e fotovoltaica, energia eolica,
energia idroelettrica, energia da biomassa, energia geotermica, energia mareomotrice) sono
un alternativa fondamentale ai combustibili fossili . Il loro impiego permette di ridurre non
soltanto le emissioni di gas a effetto serra provenienti dalla produzione e dal consumo di energia,
ma anche la dipendenza dell Unione Europea dalle importazioni di combustibili fossili (in
particolare gas e petrolio).
Un primo passo nella direzione delle fonti rinnovabili si ebbe nel novembre 1997, con
l adozione, da parte dell Unione Europea, del Libro Bianco intitolato Energie per il futuro: le
fonti energetiche rinnovabili. Libro bianco per una strategia e un piano d azione per la
Comunit .
Questo documento pone le basi all intento di raddoppiare la quota di energia rinnovabile nei
consumi interni dell Unione Europea. In particolare, all interno del documento viene stabilito
come obiettivo per il 2010 il raggiungimento di un valore pari al 12 % come contributo delle
fonti energetiche rinnovabili (FER) al consumo interno lordo di energia (corrispondente a circa il
22 % del consumo totale di energia elettrica).
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All interno del Libro Bianco vengono individuati, inoltre, alcuni strumenti per realizzare tali
obiettivi, come l adozione di una normativa che favorisca lo sviluppo delle FER e la promozione
di programmi di finanziamento e di incentivazione.
Questi obiettivi sono stati poi confermati dalla Direttiva 2001/77/CE sulla promozione
dell energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell energia
elettrica , che costituisce il principale riferimento nel settore delle fonti rinnovabili, sia a livello
di principi e definizioni generali che di norme e regole per quanto concerne la produzione di
energia elettrica.
Con questa Direttiva, l UE, stabilisce uno sfondo comunitario per la promozione di fonti di
energia rinnovabile per la produzione di energia elettrica, fissando l obiettivo che le fonti di
energia rinnovabile contribuiscano globalmente per il 21 % nella produzione di elettricit entro
l anno 2010, perseguendo poi degli obiettivi indicativi nazionali, rimodulati ogni 2 anni e
compatibili con gli impegni nazionali assunti con l adozione del Protocollo di Kyoto. In
particolare. Per l Italia la Direttiva ha fissato come target per il 2010 il 25 % di elettricit da
FER, corretto poi al 22 %.
Le prescrizioni prevedono che gli Stati Membri debbano adottare e pubblicare, entro il 27 ottobre
2002 e di seguito ogni 5 anni, una relazione que stabilisca, per i 10 anni seguenti, gli obiettivi
indicativi nazionali di consumo futuro di elettricit da FER, cos come le misure nazionali
adottate o previste per il raggiungimento di questi obiettivi. Gli obiettivi nazionali devono essere
fissati tenendo conto dei valori di riferimento que figurano nell allegato della Direttiva sugli
obiettivi indicativi nazionali degli Stati Membri rispetto alla parte di energia elettrica prodotta
utilizzando fonti energetiche rinnovabili nel consumo lordo di elettricit nel 2010.
¨ necessario, inoltre, che gli obiettivi nazionali siano compatibili con tutti gli impegni nazionali
adottati nel contesto degli impegni previsti dall Comunit nel raggiungimento degli obiettivi del
Protocollo di Kyoto.
2.2.3 Altri provvedimenti importanti in tema di energia
In un contesto di vulnerabilit delle sue importazi oni, di possibili crisi energetiche e di incertezza
sugli approvvigionamenti futuri, l’UE deve in particolare attuare misure e creare partenariati che
garantiscano la sicurezza dei suoi approvvigionamenti energetici.
Per questo, nel novembre 2004, Ł stato adottato il Libro Verde intitolato Verso una strategia
europea di sicurezza dell approvvigionamento energetico con l obiettivo di mantenere una
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visione globale sulle questioni principali e i rischi legati al futuro aumento della dipendenza
energetica dell Europa.
Recentemente, nel gennaio 2007, con la Comunicazione della Commissione Europea Tabella di
marcia per le energie rinnovabili. Le energie rinnovabili nel XXI secolo: costruire un futuro piø
sostenibile la UE ha voluto disegnare una strada d a percorrere per il raggiungimento degli
obiettivi individuati in tema di fonti rinnovabili.
La tabella di marcia espone la strategia a lungo termine della Commissione in materia di energie
rinnovabili nell’Unione Europea. La strategia mira a permettere all’UE di raggiungere il duplice
obiettivo di accrescere la sicurezza degli approvvigionamenti energetici e di ridurre le emissioni
di gas a effetto serra.
Nella tabella di marcia la Commissione propone di fissare un obiettivo obbligatorio del 20 % per
la quota di fonti energetiche rinnovabili sul consumo di energia dell’UE per il 2020 ed un
obiettivo obbligatorio minimo del 10% per i biocarburanti. Essa propone inoltre un nuovo
quadro legislativo per rafforzare la promozione e l’utilizzo delle energie rinnovabili.
2.2.4 Strumenti II: l uso razionale di energia nell ordinamento UE
Il tema dell uso razionale dell energia, che pu es sere tradotto come miglioramento
dell efficienza energetica negli usi finali dell en ergia, Ł l altro pilastro sul quale si basa la
politica ambientale dell Unione Europea. Ridurre il consumo di energia e prevenirne gli sprechi
sono un obiettivo prioritario dell’Unione Europea. Favorendo il miglioramento dell’efficienza
energetica, l’UE d un contributo decisivo alla competitivit , alla sicurezza degli
approvvigionamenti e al rispetto degli impegni assunti nel quadro del protocollo di Kyoto sui
cambiamenti climatici.
Secondo le stime della Commissione Europea (Comunicazione 2000/47) il potenziale economico
di miglioramento dell efficienza energetica tra il 1998 e il 2010 si colloca, rispetto al 1995,
intorno al 16 % del consumo annuo totale.
Uno dei principali approcci in tema di efficienza energetica Ł stata la stesura del Libro Verde
sull efficienza energetica: come fare di piø con m eno della Commissione Europea, risalente al
giugno 2005.
Con questo Libro Verde, la Commissione desidera ripristinare le attivit dell UE in materia di
risparmio energetico. La Commissione invita le autorit pubbliche a responsabilizzarsi, insieme
ai cittadini e alle imprese, prevedendo incentivi per chi assuma comportamenti di risparmio.
- 13 -
Nel Libro Verde, la Commissione indica che la UE pu ridurre il suo consumo energetico del 20
% da qui al 2020, risparmiando 60.000 milioni di euro annuali per altri investimenti
(http://europa.eu/scadplus). Questo livello di risparmio avrebbe un doppio impatto positivo per i
cittadini della UE. Da una parte, rafforzerebbe la competitivit dell industria europea come da
principi della Strategia di Lisbona ( verso l Europa dell innovazione e della conoscen za , marzo
2000) e supporrebbe la creazione di un milione di posti di lavoro nei settori interessati (gestione
dei trasporti, tecnologie e alta efficienza energetica, etc.). D altra parte, un risparmio del 20 % di
energia permetterebbe alla UE di soddisfare gli obiettivi previsti dal Protocollo di Kyoto,
riducendo le emissioni di CO2 preservando un ambiente sano per i cittadini sia nel presente che
per le generazioni future.
Mantenendo le tendenze attuali, il consumo di energia in Europa subir un incremento del 10 %
nei prossimi 15 anni. La Commissione si propone di invertire questa tendenza, combattendo le
principali forme di spreco energetico.
Sono stati individuati diversi ambiti nei quali Ł possibile rinforzare l efficienza energetica.
Il primo settore con un forte potenziale di risparmio energetico Ł quello dei trasporti, che
rappresenta un terzo del consumo totale dell Unione. Il predominio del trasporto su strada e la
sua forte dipendenza da prodotti petroliferi porta problemi di congestione e contaminazione che
si aggiungono allo spreco energetico.
Un altro ambito suscettibile di miglioramento nell efficienza energetica Ł proprio la produzione
di energia. Le tecnologie attualmente utilizzate disperdono tra il 40 % e il 60 % di energia nel
processo di produzione.
Per ultimo, si possono ottenere progressi importanti nel settore edilizio. Il riscaldamento e
l illuminazione degli edifici rappresentano circa i l 40 % di energia consumata nell UE e
entrambe si possono realizzare con maggior efficienza.
La normativa principale di riferimento in tema di efficienza energetica Ł la Direttiva
2006/32/CE che pone come obiettivo orientativo il risparmio di energia degli Stati Membri, e
obblighi per le autorit pubbliche in materia di ri sparmio e contrattazione di energia con criteri di
efficienza energetica, cos come misure di promozione dell efficienza energetica e dei servizi
energetici.
La finalit di questa Direttiva Ł fomentare l uso r azionale ed efficiente di energia:
• Stabilendo gli obiettivi orientativi, gli incentivi e le norme generali istituzionali, finanziarie e
giuridiche necessarie per eliminare gli ostacoli esistenti nel mercato e le sentenze attuali nell uso
efficiente di energia;
- 14 -
• Creando le condizioni propizie per stabilire e stimolare un mercato di servizi energetici,
programmi di risparmio energetico e altre misure di efficienza energetica destinate agli usi finali.
Le finalit generali per gli Stati Membri sono quel li di fissare un obiettivo orientativo di
risparmio di energia pari al 9 % entro l anno 2015. Questo obiettivo si stabilisce e si calcola in
funzione del metodo indicato nell Allegato I della Direttiva. Gli Stati Membri devono anche
stabilire un obiettivo orientativo nazionale intermedio che devono raggiungere nell anno 2009.
D altra parte, devono nominare una o varie autorit , ovvero organi indipendenti del settore
pubblico esistente o di nuova concezione, con l incarico di controllo generale e che siano
responsabili della vigilanza sul rispetto delle norme generali, per facilitare il raggiungimento
degli obiettivi.
In ambito di promozione dell efficienza nell uso fi nale di energia e dei servizi energetici, gli
Stati Membri devono accertare che le distribuzioni di energia, i gestori delle reti di distribuzione
e le imprese minori che vendono elettricit , gas na turale, gasolio ( per riscaldamento) e
riscaldamento urbano:
• Si astengano da qualsiasi attivit che possa impedi re la prestazione di servizi energetici,
programmi di efficienza energetica e altre misure per l efficienza energetica in generale;
• Forniscano le informazioni necessarie agli utilizzatori finali per poter disegnare e applicare
adeguatamente i programmi di efficienza energetica;
• A discrezione degli Stati Membri, attraverso accordi volontari o misure fondate nel mercato,
offrano e fomentino servizi energetici ai loro clienti finali, offrano e promuovano audit energetici
e/o misure di miglioramento dell efficienza energet ica o contribuiscano con strumenti finanziari
a favore dell efficienza energetica.
2.2.5 Il Principio 20-20-20
Nella sessione primaverile 2007 del Consiglio europeo, al quale annualmente la Commissione
riferisce sui progressi ottenuti per il raggiungimento degli obiettivi di crescita, occupazione e
sostenibilit definiti nei Consigli di Lisbona (200 0) e G teborg (2001), i Capi di Stato e di
Governo sono giunti a conclusioni ambiziose per contrastare l emergenza climatico-energetica,
contenute nel Piano d azione del Consiglio europeo 2007-2009 Politica Energetica per
l Europa , che ricalcano quanto gi proposto con l altrettanto ambizioso pacchetto di misure
presentate dalla stessa Commissione il 10 gennaio 2007 e approvato dal Consiglio in tale
contesto. Tali misure sono finalizzate, secondo un approccio integrato tra politiche (mercato
interno, ambiente, clima, trasporti, grandi reti, agricoltura, ricerca scientifica e tecnologica,
relazioni esterne) e uno sforzo congiunto degli Stati membri, al completamento del mercato
- 15 -
interno dell energia e al passaggio a un economia a basse emissioni di carbonio, rafforzandone
allo stesso tempo la competitivit a livello global e.
Tradotto in obiettivi vincolanti, questo vuol dire che l UE si Ł impegnata a ridurre le proprie
emissioni di gas serra del 20% e ad aumentare l eff icienza energetica del 20% entro il 2020;
inoltre, in meno di 15 anni, deve contare su un mix energetico proveniente per il 20% da fonti
rinnovabili, e tra queste l 8% dovr essere generat o da biomasse e biocarburanti, arrivando a
fissare per questi un minimo obbligatorio per l uti lizzo, pari al 10% del mercato dei carburanti e
promuovendo biocarburanti di seconda generazione a minor impatto ambientale, provenienti
da materiale forestale e graminacee, attualmente in fase di studio. Gli obiettivi comunitari che si
ispirano a questo principio del 20-20-20 , oltre a lasciare ai Paesi membri piena facolt di scelta
del proprio mix energetico, a fronte della messa a punto di Piani di azione nazionali con obiettivi
specifici per elettricit , biocarburanti e riscalda mento, saranno ripartiti in maniera differenziata e
ponderata sulla base del meccanismo burden-sharing, introdotto nell ambito del Protocollo di
Kyoto, che tiene conto delle possibilit e delle po sizioni di partenza dei singoli Paesi (Giuca,
2007).
2.3 Quadro di riferimento normativo nazionale
2.3.1 Il Protocollo di Kyoto nell ordinamento nazionale italiano
Con la Legge n. 65 del 15 gennaio 1994 l Italia ha ratificato la Convenzione Quadro delle
Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, impegnandosi ad adottare misure per la riduzione delle
emissioni di gas ad effetto serra.
A partire dal 1997, anno di adozione del Protocollo di Kyoto, l Italia ha cercato di definire
possibili strumenti e percorsi operativi per far fronte agli impegni assunti.
Nel novembre 1998, con Delibera CIPE 137/98 sono state pubblicate le Linee Guida per le
Politiche e le misure Nazionali di riduzione di gas serra, in base a quanto previsto dal Protocollo
di Kyoto.
La Delibera CIPE individua una serie di azioni prioritarie necessarie per raggiungere gli obiettivi
di riduzione che per l Italia sono fissati al 6,5 %, previsti per il periodo 2008-2012:
a) aumento di efficienza del parco termoelettrico;
b) riduzione dei consumi energetici nel settore dei trasporti;
c) produzione di energia da fonti rinnovabili;
d) riduzione dei consumi energetici nei settori industriale, abitativo e terziario;
- 16 -
e) riduzione delle emissioni nei settori non energeti ci quali agricoltura, zootecnia, produzioni
chimiche, smaltimento rifiuti;
f) assorbimento delle emissioni di carbonio dalle superfici boschive e dalle foreste.
L Italia ha ratificato il Protocollo di Kyoto del la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite con
Legge 1 giugno 2002 n. 120. Il testo della legge prevede che si arrivi alla definizione di un piano
nazionale per la riduzione dei livelli di emissione dei gas serra da parte dell allora Ministero
dell Ambiente e della Tutela del Territorio.
Con la Deliberazione CIPE 2 agosto 2002 n. 57, Strategia d azione ambientale per lo
sviluppo sostenibile in Italia 2002-2010 Ł stato successivamente approvato un documento che
individua gli strumenti, gli obiettivi, le aree tematiche e gli indicatori per monitorare lo stato
d attuazione della strategia proposta per lo sviluppo sostenibile.
In particolare, tra i principali obiettivi individuati, alcuni riguardano la tematica Clima e
atmosfera :
• Riduzione delle emissioni nazionali dei gas serra del 6,5 % rispetto al 1990, entro il
periodo tra 2008 e il 2012, in applicazione del Protocollo di Kyoto;
• Estensione del patrimonio forestale per l assorbimento del carbonio atmosferico;
• Promozione e sostegno dei programmi di cooperazione internazionale per la diffusione
delle migliore tecnologie e la riduzione delle emissioni globali;
• Riduzione dell emissione di tutti i gas lesivi dell ozono stratosferico.
Il Ministero dell Ambiente e della Tutela del Terri torio di concerto con il Ministero
dell Economia e delle Finanze ha presentato nel dicembre 2002 il Piano nazionale per la
riduzione delle emissioni di gas responsabili dell effetto serra 2003-2010 . In tale documento
vengono riportate una serie di indicazioni, di programmi e di misure da attuare per la riduzione
delle emissioni di gas serra in vari comparti e settori energetici (produzione energia elettrica,
consumi energetici nei settori civile e terziario, etc.) e non (come trasporti, industria, agricoltura,
forestale), al fine di rispettare l obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra attribuito
all Italia. Entro il 2008-2012 le emissioni dovranno essere ridotte del 6,5 %, rispetto al 1990;
questo specifica che le emissioni dovranno passare da 521 milioni di tonnellate di carbonio del
1990 a 487 milioni di tonnellate (fonte: Osservatorio Energia della Provincia di Brescia).
Con la Delibera CIPE n. 123/2002 Revisione delle linee guida per le politiche e mis ure
nazionali di riduzione delle emissioni dei gas serra (Legge 120/2002) viene approvato il Piano
di Azione Nazionale per la riduzione dei livelli di emissione dei gas serra e l aumento del loro
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assorbimento, redatto dal Ministero dell Ambiente e della Tutela del Territorio ai sensi dell art. 2
della L.120/2002.
La Delibera CIPE ha aggiornato le linee guida gi o ggetto della delibera 137/98, in particolare, il
provvedimento, prendendo atto della situazione dell Italia e considerando il fatto che le
emissioni di gas serra sono ulteriormente aumentate, ha rivisto gli obiettivi fissati ed ha
assegnato per ogni singolo settore i livelli massimi di emissione previsti per il periodo 2008-
2012.
All interno di questo documento vengono individuate alcune azioni principali di intervento:
• Promozione dell efficienza energetica in tutti i settori;
• Sviluppo delle fonti rinnovabili per la produzione di energia e delle tecnologie innovative
per la riduzione delle emissioni;
• Protezione ed estensione delle foreste per l assorbimento del carbonio;
• Promozione dell agricoltura sostenibile,
• Limitazione e riduzione delle emissioni di metano dalle discariche di rifiuti e dagli altri
settori energetici;
• Utilizzo di misure fiscali adeguate per disincentivare le emissioni di gas serra.
La Direttiva 2003/87/CE relativa all istituzione di un sistema di scambi di quote di emissione Ł
stata recepita in Italia con Decreto Legislativo 4 aprile 2006, n. 216, il quale attribuisce il ruolo
di autorit nazionale competente per l attuazione d ella Direttiva al Comitato nazionale di
gestione e attuazione della Direttiva 2003/87 .
Il Decreto Legislativo, conformemente a quanto stabilito dalla Direttiva, prevede inoltre che:
• Dal 1 gennaio 2005 nessun impianto che ricada nel campo di applicazione della stessa, possa
emettere CO2, ossia possa continuare ad operare, in assenza di apposita autorizzazione;
• I gestori di impianti che ricadono nel campo di applicazione della Direttiva restituiscano
annualmente all Autorit Nazionale Competente quote di emissione di CO2 in numero pari alle
emissioni di CO2 effettivamente rilasciate in atmosfera.
L assegnazione delle quote di CO2 ai gestori degli impianti regolati dalla Direttiva Ł effettuata
dall Autorit Nazionale Competente sulla base alla Decisione di Assegnazione.
La Decisione di Assegnazione Ł elaborata per ciascuno dei periodi di riferimento previsti dal
presente Decreto; il primo periodo di riferimento riguarda il triennio 2005-2007; i successivi
riguardano i quinquenni 2008-2012, 2013-2018, etc.