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CAPITOLO 3 – IL PROGETTO: I WOLKENBÜGEL
Nel 334 a.C. Aristotele, nel suo trattato sulla poetica, propose una
prima distinzione tra poesia e storia, secondo cui la poesia è più filosofica della
storia poiché quest’ultima conosce le cose solo come erano veramente, mentre
la poesia le descrive per come avrebbero potuto essere, cogliendone l’esatta
essenza universale e permanente
18
. La raccolta “Architetture Assenti del
Ventesimo Secolo” si propone di adempiere al compito della poesia,
recuperando ciò che è andato perduto, in questo caso specifico 24 progetti non
costruiti, demoliti o alterati, architetture non esistenti più fisicamente ma nella
memoria, analizzate attraverso i loro valori. Le fonti dell’iniziativa sono state
ricavate da archivi, documentari, pubblicazioni, gli autori hanno contattato
esperti, viaggiato, cooperato con organizzazioni, tutte cose che a me sarebbero
risultate difficili. Queste opere appartengono al XX secolo ma ancora oggi sono
oggetto di spunto: l’architettura deve essere un collegamento con la società e
deve garantire l’accesso ad abitazioni di buona qualità; il valore di essa nelle
vite della gente è ancora più evidente in un contesto di disordini politici.
La Rivoluzione Bolscevica sognava un nuovo tipo di uomo che fosse
adatto alla nuova struttura sociale che andava formandosi e come disse lo
scrittore Andrej Platonov “[...] un Bolscevico deve avere il cuore vuoto, così può
farci spazio per tutto”
19
. Così iniziò l’idea di formulare una nuova fisicità, in cui
il peso e la forza di gravità sarebbero stati aboliti in quanto appartenenti al
passato. Fino al 1917 la forza di gravità era una condizione per cui le
architetture avevano un senso, erano la sua espressione e conseguenza, ora
invece era diventata una sfida, un ostacolo da superare. Le Avanguardie e le
nuove tecniche avevano dimostrato che la sfida era possibile, gli ingegneri
erano in grado di risolvere il problema: le avant-gardes perciò smisero di fare
affidamento sul suolo, siccome non si poteva liberare dalla sua natura
ancestrale, e il socialismo non poteva certo essere costruito direttamente a
contatto con esso, era troppo legato alla tradizione mentre tutto doveva essere
nuovo, nuove relazioni umane, non doveva esserci nessun tipo di vincolo.
Questo bisogno di tagliare i ponti con il passato, con nuove costruzioni,
tipologie e tecnologie, era molto sentito e anche El Lissitzky ne avvertiva la
necessità.
Esempi di città con zonizzazione verticale erano già stati proposti, con
viabilità pedonale, stradale e ferroviaria separate, ma queste idee erano
18
Aristotele, Dell’arte poetica, Mondadori, Milano, 1974, p. 31
19
A. Platonov, Chevengur, Ardis, Ann Arbor - Michigan, 1978, p. 47
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diventate fertili soprattutto
nell’URSS: la “Città Volante” di
Krutikov, in cui la superficie della
terra era protetta dall’azione
dell’uomo poiché gli edifici vi
fluttuavano sopra; Khidekel propose
strutture urbane realizzabili senza
alterare il terreno; anche Tatlin
sognava di volare, infatti creò la
macchina volante “Letatlin”, unione
del suo nome con il verbo russo letat
che vuol dire volare. Queste strutture
derivavano dalle idee suprematiste
di Malevič come anche dalla
tradizione russa visto che, come le
poesie di Khlebnikov,
promuovevano trasparenza, assenza
di solidità e del materialismo
tradizionale, per unificare piuttosto
gli edifici e l’uomo all’ambiente
tramite luce e aria. L’ambizione di
volare dell’architettura significava
che le opere dovevano diventare
oggetti e la perdita di legame con la
geografia rese l’architettura meno
concreta, più utopica e astratta. Ciò
che rappresentava meglio questa
condizione “aerea” era il
Wolkenbügel di El Lissitzky, la
cosiddetta “nuvola di ferro”.
Si trattava di una variazione orizzontale del grattacielo americano,
pensata in forma socialista; era un’opera bizzarra intesa come antitesi critica
al grattacielo capitalistico e al portale classico. Secondo El Lissitzky i grattacieli
americani avevano un’unica preoccupazione, “quella di sorpassare in altezza e
fastosità gli edifici vicini”
20
, atteggiamento ideologico di sopraffazione tipico del
capitalismo, quindi propone degli edifici sollevati dal suolo e orizzontali,
poiché la forma del grattacielo orizzontale lo demitizza come segno del potere
economico, negandone la centralità prospettica “a obelisco”.
20
S. Lissitzky-Küppers, op. cit., 1980
Figura 22: G. Krutikov, "Città Volante", 1928
(https://it.pinterest.com/pin/93309023506363754)
Figura 23: V. Tatlin, "Letatlin", 1929-32
ricostruzione
(http://artalbum.tumblr.com/post/112008506774/less-ismore-vladimir-tatlin-
letatlin-1929-1932)
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Il progetto prevedeva un
edificio con tre piani alti 3,24 metri
adibiti a uffici, a forma di H in pianta,
sospeso a 50 metri sopra la piazza
sottostante (inizialmente era
destinato a piazza Nikitsky),
sostenuto da doppie travi lunghe
cento metri in acciaio inossidabile
dell’azienda Krupp, da cui
sporgevano piattaforme a sbalzo. Era
sospeso grazie a tre piloni traslucidi
di 10x16x50 metri, al cui interno vi era
un complicato sistema di doppie
scale e vani ascensore a vista. Una
delle torri era collegata alla stazione
metropolitana sottostante, le altre due erano adiacenti a fermate del tram e del
bus. Le grandi vetrate, in vetro trattato chimicamente, permettevano il
passaggio della luce ma non del calore. L’edificio provvedeva alla quantità di
luce e spazio necessaria per gli uffici, garantiva il soleggiamento e la
ventilazione dei piani superiori, riduceva la necessità di demolizioni per il
minimo spazio occupato di suolo urbano (dato che non c’era abbastanza
spazio per costruire a terra), poneva su uno stesso livello qualitativo i piani,
non essendoci una posizione prevalentemente “elitaria” come nei grattacieli.
Il Wolkenbügel venne disegnato in maniera molto accurata, con tante
versioni anche a colori e numerosi fotomontaggi da più punti di vista. La
precisione di El Lissitzky è eccezionale, ma le scale dei disegni, 1:200 e 1:500,
sono troppo piccole per ricavarne informazioni sufficienti, per via dei pochi
dettagli visibili, che rendono possibile analizzare solo la struttura portante.
Sebbene fosse un progetto molto ambizioso, venne elaborato e ragionato in
ogni ambito progettuale. Fu esibito per la prima volta all’Esposizione dei
Novembergruppe a Berlino nel 1923 e successivamente alla Mostra
Internazionale di Architettura Moderna a Mannheim; fu invece pubblicato per
la prima volta nella rivista “Asnova” nel 1926, con un rapporto descrittivo e
una pianta che raffigurava otto Wolkenbügel, situati nei principali snodi delle
strade radiali (bul’var) più importanti di Mosca con la prima circonvallazione,
ricavata dalla demolizione delle mura nel secolo precedente. In questi punti
ancora oggi il traffico è più intenso. Per quale motivo posizionarli proprio in
questi luoghi? Solitamente è permesso occupare il centro di un incrocio o di
una piazza durante le manifestazioni, le inaugurazioni o gli eventi politici: in
questo modo il Wolkenbügel diventava implicitamente un monumento
Figura 24: El Lissitzky, "Wolkenbügel", 1923
una delle prime illustrazioni del progetto, da notare la dedica
“Für Oud” in alto a sinistra
(https://danielmartinezarquitectura.wordpress.com/2015/08)
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all’inaugurazione di una nuova società nata dalla Rivoluzione d’Ottobre, un
equivalente delle barricate della seconda Rivoluzione francese del 1848.
L’unica differenza tra i vari edifici era il colore con cui si sarebbero verniciate
alcune parti, per contraddistinguerli. Dovevano essere tutti orientati verso il
Cremlino, come frecce indicative per i passanti e i turisti, creando tra di loro
una tensione che li avrebbe messi in un ordine razionale, come se fossero stati
delle porte alla città e avessero creato una cerchia di mura virtuali.
El Lissitzky iniziò a pensare al
progetto nel 1923 ma giunse a una
conclusione nel 1925. Venne aiutato
dall’ingegnere svizzero Emil Roth, molto
giovane ma con una grande esperienza
nel calcolo architettonico, conosciuto
durante la convalescenza per la
tubercolosi, il quale diede credibilità
geometrica ai Wolkenbügel. La
collaborazione fu raccomandata
dall’amico comune Mart Stam, che
propose a sua volta un sollevamento di
volumi da terra con la sua famosa
“Cantilever Chair”. El Lissitzky
inizialmente voleva realizzare il progetto
in cemento armato ma Roth lo convinse
che una struttura in acciaio fosse più
Figura 25: El Lissitzky, “Wolkenbügel”, 1925
fotomontaggio e schema di distribuzione all’interno di Mosca
(http://theconstructivistproject.com/blog/page/4)
Figura 26: M. Stam, "Cantilever Chair", 1927
(http://www.malikgallery.com/product_detail.php?sku=MC-C-
1802#.V9Z8v5iLShc)
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appropriata poiché non necessitava di impalcature per essere realizzata;
inoltre suggerì l’uso di tre appoggi invece che di quattro perché “necessari e
sufficienti”
21
; fece calcoli approssimativi sul peso sopportato da ogni torre, di
circa 4500 tonnellate, rendendo il progetto realistico seppur molto difficile da
realizzare. Per consentire l’espansione termica della struttura d’acciaio, Roth
propose delle fondazioni con perni e cuscinetti, come quelle di un ponte. Le
piante e le sezioni sono state facili da dedurre nonostante la scala per via del
rigore geometrico ripetitivo, eppure le rampe di scale furono disegnate in
maniera imprecisa, con differenti soluzioni ma tutte incongruenti. Le strutture
delle torri secondo Roth avevano bisogno di maggiori triangolazioni rispetto
al progetto, per creare una struttura più densa e rigida. Le travature alla base
dell’elemento orizzontale bloccavano il collegamento tra scale e piano, ma El
Lissitzky probabilmente non si curò del dettaglio perché relativamente
irrilevante rispetto a quello della stabilità della struttura. Tuttavia, la
dimensione degli scalini e i collegamenti sono fondamentali perché
dimensionano e danno forma al resto dell’edificio, infatti un progetto diventa
possibile e coerente solo se ogni dettaglio è curato, altrimenti è solo un’idea.
21
S. Lissitzky-Küppers, op. cit., 1980
Figura 27: El Lissitzky, "Wolkenbügel", 1925
disegni di progetto
(https://it.pinterest.com/pin/306526318359702055)