INTRODUZIONE
Lo studio dei segnali neuronali è uno strumento indispensabile per una comprensione approfondita
dei meccanismi che sono alla base dei processi cognitivi e motori.
In questo lavoro di tesi verranno affrontati i metodi, le tecniche e le basi statistico-matematiche per
l’analisi di segnali neuronali registrati in soggetti animali durante l’esecuzione di compiti di
decisione motoria.
Per compito di decisione motoria si intende un esercizio in cui il soggetto deve eseguire il
movimento di un arto o dei soli occhi nelle modalità indicate da precise istruzioni, fornite sotto
forma di comandi.
Lo studio dell’attività corticale nel contesto di compiti di decisione motoria è uno dei principali
campi di ricerca in neurofisiologia.
D’altro canto, lo studio, l’analisi, l’interpretazione e la formalizzazione teorica dei segnali associati
all’attività neuronale costituiscono i cavalli di battaglia dei più recenti studi nell’ambito della fisica
delle reti neurali.
Nella tesi verranno presentati i fondamenti teorici e analitici utili per una caratterizzazione della
dinamica delle cellule neuronali, sia come singole entità, sia come elementi di una popolazione;
verranno poi illustrati alcuni dei principali lavori sperimentali, con i rispettivi risultati, in cui tali
fondamenti trovano la loro naturale applicazione.
Si inizierà, nel capitolo 1, con una descrizione preliminare dell’anatomia e dell’attività elettrica del
neurone: si vedrà qual è la struttura della cellula, quali sono le afferenze che permettono le
giunzioni tra cellule (dette sinapsi) e come le cellule comunicano tra loro mediante il potenziale
d’azione (o spike); verranno poi trattate più in dettaglio le proprietà della membrana neuronale,
verranno illustrati i principali canali di membrana e verrà spiegata la dinamica che è alla base della
formazione dei potenziali di membrana (e del potenziale d’azione in particolare); a tale scopo verrà
introdotta la descrizione fenomenologica dei processi di scambi ionici, mediati dai canali, proposta
da Hodgkin e Huxley verso la metà del secolo scorso.
Il maggior numero di neuroni è concentrato nella parte più esterna del cervello, la corteccia. Nel
capitolo 2 verranno presentati i tratti generali dell’organizzazione corticale: si vedrà la
composizione a strati della corteccia e la suddivisione in aree funzionali secondo le principali
mappe topologiche. Si passerà successivamente da un piano descrittivo globale ad un piano
descrittivo più ristretto incentrato sul sistema motorio, che è costituito dalla corteccia motoria e
dalla corteccia premotoria: si mostrerà la geografia delle aree motorie e il sistema di comunicazione
di input e output tra le diverse aree, alla base dell’espletamento delle funzioni motorie a cui tale
sistema è preposto.
Il capitolo 3 sarà dedicato alla descrizione dei vari segnali neuronali e delle principali tecniche di
registrazione. Si distingueranno segnali generati da una singola cellula (attività di singola unità,
SUA), segnali associati ad un piccolo numero di cellule (attività di multipla unità, MUA) e segnali
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riconducibili ad un più ampio gruppo di cellule (attività di popolazione, LFP). Verranno poi fatti dei
cenni agli strumenti di registrazione, gli elettrodi (intracellulari ed extracellulari), e alle diverse
metodologie di utilizzo.
Nel capitolo 4 si entrerà in dettaglio nei metodi di analisi di segnali discreti di singola unità, cioè
segnali costituiti da una sequenza temporale di singoli eventi di spike. Verrà dapprima data una
caratterizzazione matematica dei treni di spike e successivamente verranno gettate le basi per una
loro trattazione statistica, all’interno della quale verranno definiti i processi stocastici puntuali a cui
gli eventi di spike sono assimilabili. Dopodiché saranno illustrate le principali tecniche di analisi
dell’attività di singola unità, cioè l’autocorrelazione e la cross-correlazione, e definiti i coefficienti
in grado di descrivere la variabilità insita nei treni di spike, cioè il coefficiente di variazione e il
fattore di Fano.
Nel capitolo 5 si passerà invece allo studio dei segnali continui: verrà definito il concetto di spettro
di potenza, i diversi modi per stimarlo e le problematiche relative all’uso delle finestre utilizzate per
il calcolo dello spettro. Verrà poi mostrato un modo conveniente per rappresentare un spettro: lo
spettrogramma. Infine verranno riportati alcuni lavori sperimentali come esempio di applicazione
dell’analisi spettrale, per mostrare l’utilità della rappresentazione spettrale in relazione alle
informazioni che possono essere estratte in maniera rapida e chiara dalla sua interpretazione.
I capitoli 6 e 7 sono capitoli di impostazione più teorica. In questi due capitoli verranno introdotti
dei modelli matematici per la descrizione della dinamica neuronale.
Nel capitolo 6 ci si soffermerà su un particolare modello dinamico formale di singolo neurone, il
modello IF, e verrà mostrata la procedura per ricavare tale modello dal modello di Hodgkin e
Huxley di impostazione fenomenologica introdotto nel capitolo 1. L’IF sarà il modello con cui sarà
rappresentato un singolo neurone: la descrizione della dinamica del neurone verrà quindi a
coincidere con la descrizione della dinamica del modello IF (si parlerà, infatti, per brevità, di
modello IF). Tale neurone IF verrà sottoposto ad un input stocastico (per la precisione, poissoniano)
e se ne studierà l’evoluzione del potenziale di membrana attraverso l’evoluzione della funzione
densità di probabilità del potenziale; tale procedura condurrà, attraverso un’approssimazione di
diffusione, alla equazione di Fokker-Planck della densità di probabilità.
Nel capitolo 7 la trattazione della dinamica verrà estesa ad una popolazione di neuroni; verrà quindi
definito il concetto di popolazione e ridefinito il tasso di emissione per una popolazione. Una
popolazione è intesa come un sistema di neuroni interagenti: verranno individuati i cosiddetti stati
asincroni di un sistema di neuroni e ne verrà discussa la stabilità locale attraverso il calcolo dei poli
(di diffusione e di trasmissione). Verrà poi calcolato lo spettro di potenza dell’attività collettiva e
illustrata qualche applicazione sperimentale della sua interpretazione.
Nel capitolo 9, infine, si mostrerà il punto d’approdo di tutta la trattazione analitica e teorica fatta
finora: i compiti di decisione motoria e, tra questi, in particolare il paradigma del countermanding.
Il capitolo si aprirà con una descrizione dei processi di integrazione visuo-motoria che portano dalla
ricezione di uno stimolo visivo alla esecuzione di un atto motorio. Verrà presentato un resoconto
trasversale dei risultati dei principali lavori sperimentali in cui ha trovato largo impiego lo studio e
l’analisi dei diversi segnali neuronali: si vedrà in particolare come i segnali di popolazione della
corteccia motoria presentino una modulazione direzionale nelle diverse fasi di esecuzione di un
movimento. La seconda parte sarà totalmente incentrata sul countermanding (compito motorio in
cui al soggetto viene chiesto, in “cambio” di una ricompensa, o di eseguire un movimento o di
sopprimerlo, a seconda dell’istruzione) e sui risultati ottenuti: si vedrà, per esempio, che il segnale
MUA è maggiormente associato alla fase di esecuzione, il segnale LFP alla attesa della ricompensa.
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1 CENNI ALL’ATTIVITÀ ELETTRICA DEL
NEURONE
1.1 Introduzione
In questo primo capitolo verrà descritta in dettaglio la cellula che costituisce l’elemento funzionale
del sistema nervoso: il neurone. In particolare verrà fatta una trattazione della sua struttura
anatomica, in cui verranno identificate le parti che consentono ad ogni singola cellula di stabilire
delle connessioni con altre cellule, connessioni che sono alla base della trasmissione dell’impulso
nervoso e, quindi, del funzionamento del sistema nervoso stesso. La trasmissione dell’impulso è
assicurata dal raggiungimento nella cellula di un determinato valore soglia del potenziale di
membrana: si genera in questo caso un potenziale d’azione, anche detto spike.
Le connessioni, chiamate sinapsi, verranno poi distinte in eccitatrici ed inibitrici, a seconda che la
loro funzione sia quella di consentire o impedire il passaggio dell’impulso.
Infine verrà proposta una descrizione della struttura della membrana cellulare e delle proprietà dei
canali in essa presenti che, responsabili dei flussi ionici fra l’ambiente cellulare interno e quello
esterno, determinano l’attività elettrica della cellula.
1.2 Anatomia del neurone
Un neurone è una cellula che ha la stessa struttura biologica delle cellule degli altri tessuti
dell’organismo. Il suo nucleo è contenuto nel corpo della cellula, detto soma (fig. 1.1). Ogni cellula
neuronale comunica con le altre mediante degli impulsi che si propagano lungo prolungamenti
afferenti o efferenti: ogni cellula ha un solo prolungamento efferente, l’assone (o cilindrasse), che
ha la funzione di trasmettere l’impulso fuori da una cellula verso altre cellule (output), e diversi
prolungamenti afferenti, i dendriti, che hanno il compito di condurre l’impulso all’interno della
cellula (input). I dendriti sono organizzati in una configurazione ad albero con molte ramificazioni
detta arborizzazione.
7
Fig. 1.1. Neurone visto al microscopio
elettronico. Il corpo cellulare, o soma, è
delimitato dalla membrana e contiene il
nucleo. Nella figura si notano anche i tratti di
due dendriti e dell’assone [4].
L’assone ha un diametro di pochi micron, ma può raggiungere anche il metro di lunghezza; la sua
parte prossimale è in diretto contatto con il soma del neurone mediante una struttura chiamata cono
(o “hillock”), la parte terminale si articola in molte propaggini; quando una delle terminazione di un
assone raggiunge un dendrite di un altro neurone si forma una sinapsi, che assicura la trasmissione
dell’impulso nervoso tra le cellule. La giunzione tra assone e dendrite è detta bottone sinaptico.
4
Fig. 1.2. Neuroni interconnessi costituiscono una rete neurale. Ogni neurone è impegnato in circa 10 connessioni
diverse. La figura è tratta da un disegno originale di Ramón y Cajal, uno dei primi studiosi di neuroscienze, vissuto nei
primi del ’900. Lo schizzo riproduce ciò che si osserva al microscopio di un campione di tessuto corticale di un
mammifero; le cellule riprodotte sono soltanto quelle che erano state osservate, quelle realmente presenti sono in realtà
molte di più [29].
11
Nel cervello umano si contano circa 10 neuroni e l’albero dendritico di ciascuno di essi può
4
arrivare a costituire più di 10 sinapsi (per avere un’idea delle connessioni tra neuroni v. fig. 1.2).
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La maggior parte degli assoni nei neuroni dei vertebrati è rivestita da una sostanza lipidica
biancastra, detta mielina (fig. 1.3). Tutte le fibre nervose rivestite dalla cosiddetta guaina mielinica
vengono complessivamente chiamate sostanza bianca. Non tutte le fibre, però, presentano questo
rivestimento mielinico; il complesso dei fasci nervosi non ricoperti di mielina prende il nome di
sostanza grigia, proprio per metterne in risalto la differenza rispetto alla controparte bianca.
La guaina è costituita da cellule di Schwann, che sono un particolare tipo di una più ampia categoria
di cellule accessorie note come cellule gliali. Vedremo più avanti la funzione della mielina.
Fig. 1.3. Rappresentazione schematica di un neurone e del
complesso di filamenti e ramificazioni che assicurano la
comunicazione con altri neuroni. Al corpo cellulare affluisce un
gran numero di dendriti (basali e apicali), che costituiscono il
canale attraverso cui le informazioni arrivano alla cellula. Dal
corpo, invece, si diparte un unico assone che consente
all’impulso di lasciare la cellula e raggiungerne altre. La
comunicazione è assicurata dalle sinapsi. È possibile notare i
bottoni sinaptici, in cui le fibre terminali di un assone
confluiscono nei dendriti. Le terminazioni, e quindi i neuroni, si
distinguono in base al loro compito: nello schema sono
indicate in bianco le terminazioni eccitatrici e in nero quelle
inibitrici (in alto a sinistra). L’elemento attraverso cui arriva
l’input alla sinapsi è detto elemento pre-sinaptico (o cellula pre-
sinaptica); l’elemento attraverso cui si allontana l’output dalla
sinapsi è detto elemento post-sinaptico (o cellula post-
sinaptica). L’impulso che esce da una cellula si propaga a salti
lungo la membrana dell’assone: la membrana infatti non è
rivestita con continuità dalla mielina, ma presenta dei tratti
scoperti, detti nodi di Ranvier, in corrispondenza dei quali si
depolarizza. Tale discontinuità fa sì che la velocità di
propagazione dell’impulso, che “salta” da un nodo all’altro,
possa raggiungere anche i 100 m/s (anche se normalmente va
da circa 0.5 a circa 50 m/s) [4].
1.3 Comunicazione tra neuroni: il potenziale d’azione o spike
Il neurone, a differenza delle altre cellule, è una cellula eccitabile: se stimolata da un input
opportuno può emettere in risposta un output.
Le comunicazioni tra neuroni avvengono attraverso una breve (~ 1 ms) fluttuazione del potenziale
di membrana che si propaga lungo l’assone, detta potenziale d’azione o spike (fig. 1.4). Quando un
9
neurone non è eccitato da un impulso nervoso, la sua membrana ha un potenziale di riposo di circa -
70 mV: il valore corrisponde alla differenza di potenziale tra l’interno e l’esterno della membrana.
Quindi, in condizioni di riposo, la membrana è polarizzata (positiva all’esterno, negativa
all’interno). Quando invece il neurone è sede di un impulso nervoso, la polarità si inverte: la
membrana diventa negativa all’esterno e positiva all’interno (cioè si depolarizza), fino a portarsi ad
un valore positivo di soglia di circa +20-40 mV. Definiamo quindi potenziale soglia quel valore del
potenziale raggiunto il quale si ha l’emissione dello spike.
Fig. 1.4. Schema di Ramón y Cajal di un neurone che emette uno spike e dell’assone attraverso cui si propaga. Il
potenziale d’azione ha un’ampiezza di circa 100 mV e una durata di circa 1-2 s [29].
Alla base delle comunicazioni nervose c’è la trasmissione dell’impulso ad altre cellule del cervello.
Un potenziale d’azione si forma nel cono, che è il tratto di giunzione tra il soma e l’assone, e si
propaga poi lungo tutto l’assone.
La membrana dell’assone è avvolta dalla mielina, che ha una funzione isolante. Come si può vedere
in fig. 1.3, il rivestimento mielinico non è continuo, ma presenta delle interruzioni, note come nodi
di Ranvier, che fanno sì che il potenziale si propaghi a salti: il potenziale viaggia lungo l’assone
passando da un’interruzione alla successiva, non spostandosi in maniera continua lungo la
membrana. Questo meccanismo di propagazione a salti assicura una trasmissione degli impulsi
efficiente (cioè con un notevole risparmio energetico) e veloce. La velocità è un requisito
fondamentale nelle comunicazioni a lunga distanza, come sono quelle tra aree distanti della
corteccia: le cellule corticali, infatti, comunicano sia direttamente, sia attraverso il talamo, con altre
cellule corticali remote, che distano anche diversi centimetri. La configurazione discontinua dello
strato lipidico esterno consente di ridurre le scale temporali dei processi neuronali: la resistenza e la
capacità vengono diminuite di un fattore 250, ciò consente di portare la velocità di trasmissione da
circa 1 m/s (assenza di mielina) a valori anche superiori a 50 m/s (presenza di mielina).
Una volta formatosi nel cono dell’assone, il potenziale d’azione si propaga in una sola direzione,
quella prossimale-distale (cioè allontanandosi dal soma della cellula a cui è attaccato il cono);
quando l’impulso “salta” da un nodo di Ranvier al successivo, il segmento di membrana appena
superato rimane in una fase di refrattarietà, non è cioè più in grado di trasmettere un impulso. Ciò fa
sì che l’impulso non possa tornare indietro e ripercorrere a ritroso la membrana, ma possa solo
procedere in avanti. La fase di refrattarietà della cellula viene suddivisa in un periodo di refrattarietà
assoluta della durata di circa 0.7 ms (in cui la cellula non risponde minimamente agli stimoli) e in
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un periodo di refrattarietà relativa della durata di circa 5-20 ms (in cui la cellula, sotto stimolazioni
ad alta intensità, potrebbe essere in grado di emettere spike).
Questa perdita momentanea della eccitabilità contribuisce a definire la massima frequenza di
trasmissione degli spike.
1.4 Potenziale extracellulare generato dall’assone
1.4.1 Origine del potenziale extracellulare
Quando si genera un gradiente di potenziale tra due porzioni adiacenti della membrana di un
neurone si ha un flusso di corrente all’interno della cellula; questo flusso viene accompagnato, per
la conservazione della corrente, da un flusso di cariche extracellulare in senso opposto
proporzionale al gradiente di potenziale. La misura di questo potenziale richiede il posizionamento
di un elettrodo nelle immediate vicinanze del neurone. In un volume conduttore in cui è immerso un
neurone giungono anche i campi prodotti da altri neuroni; il potenziale di campo complessivo che
può essere misurato da un elettrodo è la somma lineare dei singoli potenziali e costituisce il
potenziale di campo locale (LFP). L’LFP è costituito dai potenziali post-sinaptici IPSP ed EPSP.
Questa combinazione lineare dei potenziali può essere additiva, quando si ha un’attivazione
sincrona di più neuroni, oppure sottrattiva, quando invece si ha un’attività asincrona. Sulla sincronia
o asincronia delle attività influiscono anche fattori quali la geometria e l’orientazione delle singole
unità cellulari.
Uno dei primi modelli in cui il neurone veniva visto come un elemento attivo circondato da un
mezzo extracellulare con funzione di conduttore fu proposto da Lorente de Nó nel 1947.
Durante la propagazione del potenziale d’azione lungo l’assone ogni singolo tratto infinitesimo
diventa, in un istante di tempo, una zona attiva: la corrente fluisce verso questa zona da un’altra
porzione di membrana adiacente. La regione attiva, verso cui fluisce la corrente è denominata
pozzo, la regione inattiva da cui fluisce la corrente è invece chiamata sorgente.
+2+
Le regioni attive sono quelle associate al flusso di corrente (di Na e Ca) dall’esterno all’interno
della cellula (sorgente), che determina una depolarizzazione della membrana; ciò corrisponde ad
una negatività all’esterno. Nel caso inverso, in cui la corrente fluisce verso l’esterno (pozzo), c’è
positività all’esterno. I termini sorgente e pozzo si riferiscono dunque alla membrana vista
dall’ambiente extracellulare quando il flusso è rispettivamente uscente o entrante.
1.4.2 Forma del potenziale extracellulare
Quando un potenziale d’azione parte dal cono e si propaga lungo l’assone determina una serie di
spostamenti di carica nella membrana, e di conseguenza delle variazioni del potenziale. Il
potenziale di membrana intracellulare in occasione di uno spike ha un profilo come quello riportato
in figura 1.5: se la corrente di input supera la soglia, il potenziale raggiunge un picco di circa 40
mV, poi entra in una fase di iper-polarizzazione, per riportarsi infine nello stato di riposo.
11
Fig. 1.5. Potenziale d’azione registrato da un elettrodo intracellulare.
Poniamo adesso un elettrodo extracellulare in prossimità della membrana di un assone che sta
trasmettendo un impulso.
Schematizziamo con un rettangolo il tratto di membrana interessato dal potenziale d’azione.
Fig. 1.6. Propagazione del potenziale d’azione lungo l’assone. Il potenziale V è registrato da un elettrodo extracellulare
posizionato esternamente in corrispondenza del tratto B (pallino bianco). Sopra: schematizzazione di un segmento della
membrana plasmatica dell’assone che riproduce i tre stadi successivi del passaggio di un potenziale d’azione in B; il
rettangolino colorato in giallo identifica la parte attiva del tratto (cioè quella che si depolarizza) in ciascuno dei tre stadi.
Sotto: potenziale del tratto di membrana B nei tre stadi. Si vede chiaramente la forma trifasica del potenziale d’azione in
un tratto: positivo-negativo-positivo. B agisce prima come sorgente di corrente per A (V > 0), poi come pozzo,
ricevendo le correnti da A e C (V < 0), infine come sorgente per C (V > 0). La direzione di propagazione è da sinistra
verso destra.
Il potenziale extracellulare di un assone durante l’emissione di uno spike ha una forma come quella
mostrata in figura 1.6: presa una porzione B, questa funge in un primo momento come sorgente per
il tratto precedente A ed ha un potenziale positivo, poi si depolarizza ricevendo le correnti da A e
dal tratto successivo C, infine torna ad essere positiva ed agisce nuovamente come sorgente, questa
volta per C. Il potenziale di membrana di un assone durante l’attività di emissione di uno spike ha
dunque una forma trifasica [3].
12
sorgentepozzosorgente
1.5 Sinapsi e potenziali sinaptici
Una sinapsi è la giunzione tra la terminazione dell’assone di un neurone e un dendrite di un altro
neurone (fig. 1.7). Il potenziale anterogrado si trasmette dall’assone al dendrite: la parte terminale
dell’assone o, più in generale il neurone di provenienza, prende il nome di elemento (o neurone)
pre-sinaptico; la parte iniziale del dendrite che riceve l’impulso dalla propaggine terminale
dell’assone viene invece definita elemento (o neurone) post-sinaptico. Tra i due elementi vi è una
2+
fessura sinaptica di circa 20 nm contenente liquido interstiziale, in cui sono immersi ioni Ca.
Esistono anche giunzioni tra due assoni dette sinapsi asso-assoniche
Fig. 1.7. A sinistra: immagine al microscopio elettronico di neuroni connessi attraverso sinapsi. Al centro:
rappresentazione schematica di una sinapsi. A destra: immagine al microscopio elettronico che riproduce un
ingrandimento del bottone sinaptico [1].
Le molecole che assicurano la trasmissione dell’impulso da un elemento all’altro sono i
neurotrasmettitori: la trasmissione è quindi di natura chimica. Queste molecole sono contenute in
apposite vescicole di cui è ricco l’elemento pre-sinaptico di un bottone. L’elemento post-sinaptico
dispone invece di un elevato numero di recettori di membrana.
2+
Quando l’impulso raggiunge la parte terminale dell’assone, gli ioni Ca presenti nel liquido
interstiziale entrano per diffusione e inducono le vescicole a rilasciare i neurotrasmettitori nella
fessura. Sulla membrana dell’elemento post-sinaptico sono presenti dei recettori: questi recettori
sono dei canali che si aprono quando si legano ad uno specifico neurotrasmettitore, lasciando fluire
in maniera selettiva gli ioni dalla fessura sinaptica all’elemento post-sinaptico; questo flusso ionico
determina una variazione del potenziale post-sinaptico. I recettori di membrana non sono sensibili
alle variazioni del potenziale, a differenza dei canali di membrana responsabili della generazione
del potenziale d’azione che verranno trattati più avanti.
Le sinapsi, a seconda del tipo di neurotrasmettitore rilasciato dall’elemento pre-sinaptico e del tipo
di recettore di membrana presente nell’elemento post-sinaptico, vengono distinte in sinapsi
eccitatrici e sinapsi inibitrici (teorema di Dale).
La quantità di cui varia il potenziale del neurone post-sinaptico per effetto del rilascio del mediatore
chimico è detta potenziale post-sinaptico (PPS).
Se il neurotrasmettitore rilasciato è l’acido gamma-amminobutirrico (GABA) si ha un effetto di
inibizione e il PPS è negativo e viene definito potenziale post-sinaptico inibitore (PPSI): la
membrana subisce una iper-polarizzazione e non si ha emissione di spike (fig. 1.8). Nella fessura di
una sinapsi inibitrice sono contenuti principalmente ioni Cl.
13
Se il neurotrasmettitore rilasciato è invece il glutammato si ha un effetto di eccitazione
sull’elemento post-sinaptico e il PPS è positivo e viene definito potenziale post-sinaptico eccitatore
(PPSE): la membrana si depolarizza irreversibilmente e si ha un potenziale d’azione (fig. 1.8). Nella
fessura di una sinapsi eccitatrice sono contenuti ioni Na e K (di cui vedremo il ruolo più avanti).
Fig. 1.8. Effetto di un input pre-sinaptico sul neurone post-sinaptico: a seconda del tipo di neurotrasmettitore rilasciato
nella fessura sinaptica si ha la formazione di un potenziale post-sinaptico inibitore (PPSI, variazione negativa del
potenziale rispetto al potenziale di riposo V) o un potenziale post-sinaptico eccitatore (PPSE, variazione positiva del
r
potenziale rispetto a V). Nel caso in cui la sovrapposzizione, e quindi la somma, di diversi PPSE fa salire il potenziale
r
della membrana post-sinaptica fino a un valore di soglia V, si ha la formazione di un potenziale d’azione (picco del
potenziale sulla sinistra).
Esistono due famiglie di recettori del glutammato: i recettori AMPA e i recettori NMDA.
Nel caso dei recettori AMPA, il legame con il neurotrasmettitore e l’apertura del canale sono
processi molto veloci, quindi la rapidità della riposta dipende in larga misura dal distacco del
neurotrasmettitore dal recettore. L’apertura di un canale è un fenomeno di tipo cooperativo, in
quanto occorrono due molecole di glutammato per far aprire un solo canale. Quando la
concentrazione di glutammato è eccessiva, dopo ripetute aperture e chiusure, i canali subiscono una
sensibile riduzione della sensibilità alle molecole. Il periodo di insensibilità e la costante di tempo
del processo di separazione del neurotrasmettitore dal recettore influenzano i tempi delle
trasmissioni sinaptiche.
L’altra famiglia di recettori del glutammato è quella dei recettori NMDA. Come si vede nella fig.
1.9, l’apertura di questi recettori, a differenza degli AMPA, è regolata dalla presenza dello ione Mg:
quando il potenziale è in prossimità della condizione di riposo uno ione magnesio extracellulare
blocca il poro dei canali, a causa dell’attrazione che questo ione subisce dalla membrana post-
sinaptica; quando il voltaggio sale, lo ione tende a distaccarsi dal poro permettendo il passaggio di
corrente. L’effetto è che la variazione di corrente in funzione del voltaggio non è lineare in presenza
di magnesio.
14
Fig. 1.9. In presenza di magnesio la membrana viene attraversata da un corrente che non varia linearmente in funzione
del potenziale; in assenza di magnesio, la membrana si comporta come un conduttore ohmico (la corrente è
praticamente lineare) [4].
L’altra grande differenza tra le due famiglie sta nel fatto che i recettori NMDA, con una costante di
tempo di qualche centinaio di millisecondi, sono molto più lenti dei recettori AMPA (v. fig. 1.10).
La dinamica più lenta dei recettori NMDA è dovuta al fatto che il processo di distacco della
molecola di neurotrasmettitore dal recettore richiede un tempo più lungo che nel caso dei recettori
AMPA. I recettori NMDA, infine, presentano una sensibilità prolungata ad un afflusso continuo di
molecole di glutammato.
Fig. 1.10. A) Corrente post-sinaptica che fluisce attraverso recettori AMPA. B) Corrente post-sinaptica che fluisce
attraverso recettori NMDA. Come si vede dal confronto dei due andamenti nel tempo, la corrente attraverso i recettori
AMPA decade molto più velocemente rispetto alla corrente che attraversa i recettori NMDA, che invece si protrae per
centinaia di millisecondi [4].
Le proprietà intrinseche di queste due tipologie di recettori, e il loro effetto combinato (dato che, tra
l’altro, coesistono su uno stesso tratto di membrana post-sinaptica), determinano le scale temporali
dei potenziali post-sinaptici.
Rispetto al potenziale d’azione il PPSE e il PPSI sono molto più lenti e molto più piccoli in
ampiezza. Facciamo un confronto dimensionale per dare un’idea delle differenze sulle scale di
ampiezza e di tempo tra spike e PSP: un potenziale d’azione ha un’ampiezza di qualche decina di
millivolt e una durata di 1-2 ms; i PPS, invece, hanno una durata di diverse decine di millisecondi e
un’ampiezza diverse volte inferiore allo spike.
Vediamo adesso come la combinazione di input pre-sinaptici può dare come output uno spike.
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Prendiamo un neurone i che forma una sinapsi con il neurone pre-sinaptico j = 1. Il potenziale di
membrana in i si trova inizialmente in uno stato di riposo. Gli spike generati da j = 1 raggiungono il
neurone i e inducono un PPS (fig. 1.11).
i1
Fig. 1.11. Un neurone pre-sinaptico j = 1 forma invia uno spike al neurone post-sinaptico i inducendo un potenziale post-
sinaptico [29].
i1
Aggiungiamo adesso un neurone j = 2 che forma una seconda sinapsi con i. Anche
gli spike generati da j = 2 raggiungono il neurone i, inducendo dei PPS (fig. 1.12).
i2
Fig. 1.12. Il neurone pre-sinaptico j = 2 invia uno spike al neurone post-sinaptico i che si somma a quello prodotto da j =
1. Il potenziale di membrana in i è la somma dei PPS indotti dai due spike di input [29].
Quando gli input provenienti da j = 1 e j = 2 sono limitati, il PPS totale può essere scritto come
somma dei singoli PPS generati indotti in i dai due elementi pre-sinaptici: la risposta del potenziale
è lineare.
Se il numero degli spike che raggiunge i in un piccolo intervallo di tempo sale drasticamente il
potenziale inizia ad aumentare senza più seguire un andamento lineare; quando raggiunge un valore
critico di soglia , avviene l’emissione dello spike (fig. 1.13).
Fig. 1.13. Il numero degli spike in arrivo in un breve intervallo di tempo è tale da indurre in i uno spike in output (freccia).
In questo caso il potenziale in i non segue più un andamento lineare ottenuto sommando i singoli PPS, ma sale
rapidamente fino a raggiungere il valore di soglia. Subito dopo la formazione di un potenziale d’azione la membrana
post-sinaptica subisce una iper-polarizzazione. Occorre precisare che la rappresentazione in figura è assolutamente
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schematica: dato che l’ampiezza di un singolo PPS è di circa 1 mV, non sono sufficienti 4 spike per innescare un
potenziale d’azione (ne occorrono almeno 20-40) [29].
1.6 Proprietà passive e potenziali di membrana
Dopo aver delineato le caratteristiche generali anatomiche e funzionali di un neurone analizziamo
più in dettaglio i flussi ionici che attraversano la membrana e i potenziali che vengono generati.
Il comportamento “passivo” della membrana neuronale si riferisce al suo stato in condizioni di
riposo sotto soglia; quindi per il momento ci si disinteressa del fatto che il neurone, se sottoposto a
una corrente di input, possa emettere uno spike in risposta.
In condizioni di riposo la membrana del neurone si trova ad un potenziale di circa -70mV, la
+-2++
concentrazione degli ioni K e Cl è maggiore all’interno della cellula, quella degli ioni Ca e Na è
maggiore all’esterno. I due ioni principalmente coinvolti nei processi elettrochimici della membrana
++
sono lo ione K e lo ione Na.
Se la membrana fosse assolutamente permeabile agli ioni, a causa dei gradienti di concentrazione, il
sodio entrerebbe e il potassio uscirebbe. In condizioni di equilibrio, però, questo non succede. Per
stabilire le condizioni di equilibrio, e quindi i potenziali di equilibrio per ogni specie ionica, si
utilizza l’equazione di Nernst:
dove T è la temperatura, R è la costante universale dei gas (8.31 J/mol K), F è la costante di Faraday
(96500 C/mol), z è la valenza ionica, V e C sono, rispettivamente, il potenziale e la concentrazione
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dello ione all’interno della cellula, V e C sono, invece, rispettivamente il potenziale e la
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concentrazione all’esterno. Il valore 58 mV si ottiene per T = 25°C.
A riposo non c’è nessun flusso netto di corrente, i canali del sodio sono chiusi e l’apertura parziale
dei canali del cloro e del potassio consente di mantenere all’equilibrio un potenziale di riposo di
appunto -70 mV.
Si può schematizzare la membrana cellulare in fase di riposo con una rappresentazione circuitale,
come in fig. 1.14. Il circuito è costituito da una resistenza e da un condensatore ed è governato dalle
leggi di Kirchhoff.
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Fig. 1.14. Schema della membrana plasmatica di una cellula. La membrana è equivalente a tanti circuiti con agli estremi
lo stesso potenziale di membrana V; la corrente iniettata nel circuito è indicata con I, la capacità con C e il potenziale di
m
riposo con V (il generatore). A destra è riportato un circuito elementare ingrandito [4].
r
La corrente che attraversa la resistenza R è, secondo la legge di Ohm:
dove V è il potenziale di membrana e V il potenziale del generatore (potenziale di riposo).
mr
La corrente attraverso il condensatore di capacità C è invece:
Assumiamo che nel sistema venga iniettata una corrente I.
La corrente entrante nel nodo di un singolo circuito è I. Per la legge di Kirchhoff, nel nodo di un
est
circuito la somma delle correnti prese con il loro segno è nulla: Sostituendo le
espressioni di I e I otteniamo un’equazione differenziale al primo ordine che governa l’evoluzione
CR
del potenziale di membrana:
L’equazione rappresenta in maniera semplificata la membrana come un singolo compartimento.
Nella realtà la struttura della membrana è ovviamente più complessa (il soma non può essere visto
come una singola unità indipendente in quanto la sua membrana prosegue nei dendriti e
nell’assone).
Per capire se la membrana andrà incontro ad una depolarizzazione o ad una iper-polarizzazione si
studia la soluzione dell’equazione per gli stati stazionari. Quindi assumendo I = cost, ; la
est
soluzione dell’equazione sarà allora:
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Quando la corrente I è positiva si ha un aumento del potenziale di membrana, cioè una
est
depolarizzazione; quando invece è negativa si ha una diminuzione del potenziale, cioè una iper-
polarizzazione.
1.7 Le proprietà attive e la dinamica dei canali di membrana
Il modello passivo descrive, con buona approssimazione, anche il comportamento dei dendriti più
lontani dal soma.
Lo stato passivo non esaurisce però tutta la descrizione del comportamento di una cellula neuronale.
Definiamo adesso il comportamento “attivo” di una cellula neuronale, che corrisponde alla sua
attività quando è sede di un potenziale d’azione. Le proprietà attive della cellula sono descritte dal
modello Hodgkin-Huxley (HH).
Hodgkin e Huxley realizzarono, nei primi anni Cinquanta del secolo scorso, una serie di esperimenti
sull’assone del calamaro gigante per studiare i processi biochimici alla base delle trasmissioni
elettriche tra i neuroni. Furono tra i primi a notare dei flussi di ioni tra l’ambiente intracellulare e
l’ambiente extracellulare, regolati dall’apertura e chiusura di specifici canali. In una loro opera del
1952 riportarono una descrizione fenomenologica del funzionamento di questi canali di membrana.
Alla base del meccanismo del potenziale d’azione ci sono dei flussi ionici tra l’interno e l’esterno
della cellula. Come abbiamo visto, in condizioni di riposo all’interno della cellula c’è una
+
concentrazione di ioni K superiore rispetto all’esterno, mentre all’esterno c’è una concentrazione
+
di Na superiore rispetto all’interno. Questo assetto mantiene la membrana polarizzata. Quando
arriva uno spike pre-sinaptico i canali ionici si aprono e permettono al sodio di entrare: ciò
determina una depolarizzazione e quindi la trasmissione dell’impulso. Nel frattempo gli ioni
potassio iniziano a fuoriuscire dall’assone, per ripristinare le condizioni iniziali. Gli ioni sodio in
eccesso all’interno della cellula vengono espulsi successivamente attraverso la pompa sodio-
potassio. Il periodo di refrattarietà della cellula in seguito ad un evento di emissione è dovuto ai
processi elettrochimici che tendono a ristabilire le condizioni del potenziale di membrana precedenti
al potenziale d’azione.
Tutti i flussi ionici che determinano le fluttuazioni del potenziale avvengono grazie alla presenza di
canali di membrana, disposti come mostrato in figura 1.15. Ogni canale presenta una selettività
specifica per un dato ione. La probabilità di apertura dei canali dipende dal potenziale della
membrana: per esempio, quando la membrana inizia a depolarizzarsi, un piccolo numero di canali
Na comincia ad aprirsi; quando si è in prossimità della soglia, il numero di canali Na aperti aumenta
+
fino al raggiungimento di una concentrazione interna di Na tale da innescare lo spike.
Immediatamente dopo lo spike i canali Na iniziano a chiudersi e quelli K ad aprirsi.
2+
Anche gli ioni Ca partecipano alla formazione di uno spike. Internamente alla membrana la
2+
concentrazione di Ca è bassa in condizioni di riposo ma varia durante un potenziale d’azione, a
differenza di quanto accade per Na.
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