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1.1.1 Perché gli eSports rappresentano una così grande opportunità?
Il movimento degli eSports rappresenta uno dei settori più innovativi e con le
maggiori prospettive di crescita. Gli investimenti al suo interno sono motivati da 5
principi di base, estendibili ad ogni circuito della scena e ad ogni attore coinvolto:
1. oggigiorno uno degli obiettivi principali di ogni azienda è migliorare il proprio
livello di internazionalizzazione e digitalizzazione. Investire all’interno di questo
settore permette di confrontarsi e rivolgersi a un pubblico senza confini e, per via
della sua età media, confidente a livello digitale. Il pubblico e i partecipanti di
queste competizioni sono persone che possono collegarsi tra loro in maniera
semplicissima, grazie a piattaforme digitali in grado di garantire in maniera
semplice ed immediata l’internazionalizzazione del settore. Ogni azienda è alla
ricerca di azioni che possano renderla globale e digitale, per questo motivo
attingere e imparare da un settore che di per sé nasce con queste caratteristiche è
un vantaggio competitivo inseguito da moltissime società;
2. i videogiocatori e la fan base all’interno degli eSports sono molto più giovani se
confrontati con quella degli sport tradizionali. Dato che molti sport e le relative
squadre si stanno sforzando in ogni modo per ottenere una audience più giovane,
ogni investimento all’interno di questo settore risulta essere un passo verso le
persone della fascia di età compresa tra i 18 e i 30 anni;
3. analizzando il ciclo di vita del settore, gli eSports si trovano ancora nella fase dello
sviluppo. Le strutture stanno evolvendo e crescendo con il passare del tempo,
nuove aziende entrano nel mercato e le barriere all’entrata e all’uscita risultano
essere ancora molto basse. Moltissime organizzazioni sportive si stanno
muovendo verso gli eSports, basti pensare che alla fine del 2017 circa 50 aziende
stavano investendo all’interno del settore, oggi sono oltre 250 quelle coinvolte;
4. una delle caratteristiche più peculiari di questo settore è la sua differenza dagli
sport tradizionali. Al contrario di essi, gli eSports si definiscono industry-driven.
Sport come il calcio sono stati creati da un gruppo di persone e crescono con il
passare del tempo; per questo motivo anche le loro regole evolvono. Gli eSports
invece sono creati e governati dall’azienda produttrice del videogioco, per questo
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motivo, controllare una di queste aziende può garantire il controllo su una intera
categoria di competizioni videoludiche;
5. il gioco competitivo ha circa 60 anni, gli eSports nella loro attuale forma circa 20;
l’industria ha avuto il tempo di crescere in maniera individuale e di creare le
proprie regole e principi. Inoltre, senza una struttura di governance che le fa capo
e senza pressioni esterne, il settore si è sempre auto-regolato. Questa caratteristica
gli ha concesso la possibilità di essere innovativo e selettivo sulle strutture da
copiare agli altri e implementare come proprie.
Questi fattori mostrano l’interesse potenziale che questo settore ha generato negli
ultimi 4 anni. Esistono inoltre due aspetti che caratterizzano il settore e i suoi attori e che
vanno sempre tenuti in considerazione:
• eSports, come già specificato in precedenza all’interno di questa tesi, rappresenta
un ombrello sotto il quale possono essere raggruppati tutti i circuiti competitivi
appartenenti a diversi videogiochi. All’interno di questo grande cappello esistono
vari circuiti, con specifiche comunità a seconda dei diversi giochi, con
caratteristiche specifiche a seconda di ogni regione e partecipate da stakeholders
che possono essere diversi tra di loro;
• l’industria degli eSports è altamente instabile e imprevedibile, questa
caratteristica è rafforzata dalla alta fluttuazione che delinea il ciclo di vita di un
videogioco. Questa sostanziale differenza porta il settore ad un continuo
cambiamento e a rivoluzioni inaspettate e improvvise (anche ogni 2/4 anni).
Studiare e capire fino in fondo i principi che governano questo business è fondamentale
per lo sviluppo e la sopravvivenza dei vari stakeholders e dell’intero settore nel lungo
termine.
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1.2 La storia del settore eSports
Ogni industria si evolve nel tempo e, in particolare nella prima fase del suo ciclo
di vita, questa evoluzione può essere altamente dirompente. Per questo motivo un piano
e delle azioni che siano una risposta a questi cambiamenti devono essere presi dallo
strategic management.
Quando nasce e si crea una nuova organizzazione, tutte le altre subiscono un
cambiamento. All’interno di questo processo si può riprendere la famosa ‘L’origine delle
specie’ di C. Darwin (1859) per affermare che la selezione avviene quando le
organizzazioni più adatte al mercato riescono a sopravvivere, mentre quelle che non lo
sono falliscono o si estinguono. Il processo snellirà l’intero sistema ‘selezionando’ solo
chi è adatto a farne parte; da qui si diffonderà la conoscenza delle organizzazioni
sopravvissute e anche le altre potranno studiarne i metodi per restare all’interno del
mercato. La competizione di mercato porta ad una spietata lotta alle risorse, spingendo
sull’acceleratore della gara per l’evoluzione.5 Il paragone può sembrare forte, ma il punto
rimane: gli eSports stanno subendo un processo di evoluzione che va oltre le stesse
organizzazioni e che porta al trasferimento delle conoscenze di queste alle altre
organizzazioni all’interno dell’ecosistema e viceversa. Per questo motivo risulta
importante esporre in questo trattato il cammino che gli eSports hanno compiuto
storicamente, per analizzare fino in fondo le strategie di management che si sono
susseguite, la selezione e i cambiamenti che sono avvenuti all’interno del settore. Per
descrivere la storia dell’intero movimento si identificheranno 5 macro-fasi:
1.2.1 I primi anni degli eSports (1958 – anni ‘80)
Le origini dei videogiochi competitivi sono altamente interconnesse con le origini
dei videogames: Tennis for Two può essere visto come il punto di partenza per l’industria
del videogioco moderna. A quei tempi creare una società, soprattutto dal punto di vista
del business, non era sostenibile; il costo delle risorse era ancora troppo elevato
(computer, software…) e non esisteva un mercato vero e proprio per i videogiochi. Lo
5 Cfr. Il concetto è proposto in Scholz (2018), pp. 18-19
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scenario cambia completamente negli anni ’80 quando i computer diventano più
economici e nascono le prime piattaforme. Negli anni ’80 avviene il primo tentativo di
monetizzazione dei propri prodotti: Atari nel 1981 annuncia il ‘World Championship di
Space Invaders’ con un montepremi di 50.000 $. Nonostante ci si aspettasse tra i 5000 e
i 10000 sfidanti, se ne presentarono solo 174; le possibili cause? i giocatori avrebbero
dovuto pagarsi di tasche proprie il viaggio e il torneo era mal organizzato: mancavano
arbitri e un regolamento preciso.
1.2.2 eSports pioneristici (anni’90 – primi anni 2000)
La situazione cambia drasticamente con la riduzione dei prezzi dei personal
computer, e quindi dei videogame, all’inizio degli anni ’90. Con la nascita delle prime
console come Playstation, Game Boy e molte altre, i giocatori possono competere l’uno
contro l’altro segnando così il vero turning point per l’intera industria. Questo sviluppo
tecnologico e culturale porta anche a un nuovo modello di business e nuove modalità di
monetizzazione dei videogiochi. Nel 1997 ci fu uno dei primi e più importanti tornei
eSports, “Red Annihilation”, il cui premio finale era una Ferrari 328 GTS di proprietà
dello sviluppatore del gioco, John Cormack. Da quel momento iniziarono a nascere anche
le prime agenzie specializzate nell’organizzazione di questi tornei; inizialmente il profitto
di queste agenzie era ai tempi rappresentato soltanto dagli introiti per le sponsorizzazioni,
dai (pochi) biglietti venduti agli eventi e da quei primi tentativi di vendita di articoli di
merchandising. Negli anni ’90 inoltre, la società Nintendo, fece esperimenti e tentativi
più fortunati, utilizzando i suoi tornei “Nintendo World Championship” soprattutto come
strumento di marketing e non come strumento di profitto.
Nel 2000 la compagnia sudcoreana Samsung fondò un evento globale
comparabile alle Olimpiadi: il World Cyber Games, con un montepremi totale di 300.000
$ e 430 giocatori provenienti da 37 diverse nazioni. Sin da quel momento fu evidente che
la Corea del Sud sarebbe stata una delle nazioni chiave nello sviluppo di questa industria;
imprimendo sin da subito un modello di governance top-down, ha permesso al settore di
svilupparsi e crescere liberamente, senza essere eccessivamente vincolato da regole o
norme stringenti.
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Figura 4: World Cyber Games 2004
Fonte: Google Immagini, 2019
Nei primi anni del suo sviluppo il settore, caratterizzato da una industria altamente
volatile, doveva essere conscio che, prima o poi, avrebbe dovuto affrontare un episodio
di crisi; la chiave di volta stava nell’evitare di farsi abbattere dalle prime delusioni e
sfruttare gli errori per apprendere da essi una lezione su come potersi re-inventare al
meglio. L’esempio calzante fu il Cyber X Games a Las Vegas nel 2004, un torneo con un
montepremi di circa 600.000 $ e sponsor come ATI, AMD, Microsoft e Sennheiser;
l’evento in realtà si rivelò essere un grande fiasco, generando il primo vero flop del
settore, soprattutto a livello d’immagine. Questo primo ostacolo aiutò l’intero settore ad
accorgersi che c’era un impellente bisogno di professionalizzazione degli attori
dell’industria, e da qui nacquero i primi contratti tra le organizzazioni e i giocatori, i primi
trasferimenti degli atleti da un team all’altro, la nascita delle prime gaming house (vere e
proprie case dove i membri di un team vivono tutto il giorno insieme e si allenano in vista
dei tornei) e dei primi professionisti a supporto dei cyber atleti (psicologi, dottori,
motivatori, team manager..) nonché dell’intero movimento, come i primi ricercatori
universitari specializzati e i primi corsi di laurea dedicati a questo business.
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Infine, l’ultimo e fondamentale punto di snodo di questa industria fu l’ingresso
nell’ecosistema delle case di sviluppo dei videogames: le più attente e visionarie si
gettarono all’interno del sistema, apportando modifiche ai loro giochi in modo tale da
renderli sempre più competitivi e sempre più cuciti a misura sul circuito eSports che si
era creato intorno a questi. Nonostante questi primi sviluppi del settore aiutassero la
crescita del movimento, dal punto di vista del business non vi erano certezze: la crescita
del mercato non era prevedibile, il modello di business non risultava sostenibile, infatti
solo alcune organizzazioni erano in grado di trarre profitti dal movimento, la maggior
parte di esse rimanevano all’interno del settore per pura passione nei confronti dei
videogiochi, senza realmente badare a guadagni o perdite. La principale, se non unica,
fonte di profitto per i team e le agenzie di organizzazione eventi erano le sponsorizzazioni,
oltre ai montepremi che i team riuscivano a ricavare in maniera sporadica e non
programmabile. Per questi motivi, la maggior parte degli attori dell’ecosistema (giocatori,
squadre, organizzazioni) abbandonarono di anno in anno il circuito.
1.2.3 Una fase di stabilità (2005 – 2008)
Gli eSports uscirono dalla fase pioneristica in una buona condizione, ci furono sì
alcuni incidenti, ma il settore sembrava esserne uscito rinforzato e con ulteriori possibilità
di crescita. Nacquero così tantissime organizzazioni eSports, e l’attenzione si spostò su
come e dove trasmettere tutte queste nascenti competizioni:
«C’era una crescente audience per gli eSports ma nessuno sapeva come monetizzarla. I
video online attraverso IPTV sembravano una potenziale soluzione, considerando il
collegamento tra Internet e i videogiochi, ma era un metodo troppo costoso e mai testato
prima, nonché non conosciuto dai pubblicitari. Per questo motivo la televisione sembrava
essere la giusta leva di profitto.»6
Molte organizzazioni iniziarono a muoversi in quella direzione, MTV provò a
creare una emittente televisiva dedicata ai WSVD (World Series Video Games), sostituita
più tardi dall’entrata di CBS Sports Network. In realtà gli eSports non riuscirono mai a
6 Cfr. Lingle (2016)
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riscuotere l’interesse sperato attraverso questo canale. Nel mentre, lo streaming video
attraverso Internet divenne sempre più economico, spostando l’intero ecosistema dalla tv
via cavo al solo internet broadcast. Nonostante i tentativi falliti attraverso il canale
satellitare, il passaggio allo streaming online fu un vero e proprio vantaggio competitivo
per il settore, permettendo un ampiamento del pubblico e una riduzione dei costi di
produzione.
La stabilità che caratterizza questo periodo in realtà non è condivisa per tutti i
contendenti; infatti, mentre in Europa e in Asia la scena eSports ha seguito una crescita
organica, un altro grande episodio ha segnato una forte interruzione nella scena Nord
Americana. Nel 2007 la Championship Gaming Series, una lega sostenuta da DirecTV
un broadcaster satellitare, diede il via ad una delle più grandi leghe eSports mai creata,
basata sul conosciutissimo modello americano delle franchigie (lo stesso utilizzato nella
NBA), grazie a cui ogni città aveva il suo team. La lega riuscì anche a reclutare ottimi
brand, come il team CompLexity; essa era inoltre sostenuta da ingenti fondi ed entrò
all’interno del settore con un grandissimo impatto, rivelandosi però in poco tempo un
grande flop, non essendo in grado di monetizzare i tornei eSports.
Iniziarono in questo periodo anche i primi tentativi di creare specifici organi e
strutture di governo, come ad esempio le prime federazioni (International e-Sports
Federation IeSf), nonostante mancasse una loro reale legittimazione da parte della scena
e da altre federazioni sportive. Nonostante i vari tentativi di creare un ambiente
professionale basato su un approccio di tipo bottom-up, nessuna federazione riuscì ad
imporre regolamenti da rispettare strettamente. Era chiaro che le federazioni e questo
genere di tentativi non erano il giusto approccio da seguire per creare un modello di
business all’interno di questo settore.
1.2.4 La ripresa dell’intero settore (2009 – 2013)
Come qualsiasi altra industria, anche gli eSports e le organizzazioni coinvolte,
vennero colpiti dalla crisi finanziaria che ha contraddistinto questi anni. Montepremi e
sponsorizzazioni si ridussero drasticamente e la scena subì un grande ridimensionamento,
riducendo notevolmente la popolarità dell’intero settore. Questa crisi mostrò come il
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settore eSports stava ancora dipendendo, in maniera troppo sostanziosa, da capitali
esterni, senza generare profitti in grado di garantire una sussistenza autonoma. La crisi
finanziaria portò così a un cambiamento di mentalità all’interno delle organizzazioni
coinvolte: da questo momento solo quelle in grado di creare un modello di business
sostenibile riusciranno a sopravvivere. Per creare questo approccio i giochi alla base
dovevano essere facilmente accessibili, divertenti, facili da capire e soprattutto piacevoli
da guardare. Dopo aver messo da parte la soluzione satellitare, tutto venne portato sul
canale Internet, senza però dimenticare che quest’ultimo è un mercato difficile da
governare. Trasformare o creare un business model all’interno di un ambiente digitale era
ed è una sfida ardua e stimolante, e come dimostrato dal fallimento di molte
organizzazioni tradizionali, non va sottovalutata. Era necessario capire che non si stava
vendendo un prodotto al pubblico eSports. Ciò che gli eventi offrivano erano emozioni,
sentimenti, legami tra i fans e i giocatori, le squadre e il brand, che, se sviluppati e accuditi
nella maniera corretta, potevano garantire una fortissima relazione. In questa fase, tre
importanti eventi segnarono il sostanziale sviluppo degli eSports:
- la pubblicazione di League of Legends nel 2009;
- il lancio di StraCraft II nel 2010;
- la creazione di Twitch nel 2011.
Questi tre eventi diedero una scossa al settore aiutandolo ad uscire dal letargo
degli anni recenti e a creare un momento fertile che, molte organizzazioni eSports sono
riuscite a tradurre in un modello di business sostenibile, basato sulla crescita, su costanti
flussi in entrata, stabilità e meno rischi. Durante questi anni, Riot Games, una delle più
importanti case di sviluppo e produttrice di League of Legends, supportò la crescita
dell’intero settore rendendo i suoi giochi sempre più “spectator-friendly” e quindi
piacevoli per il consumatore e per lo spettatore. Le case di sviluppo dei videogiochi
cambiarono il loro business model, passando dai ciclici rilasci di nuovi giochi, i cui
profitti erano rappresentati semplicemente dall’acquisto, da parte del pubblico, del gioco,
al modello GaaS (Game as a Service), dove le entrate sono rappresentate da molteplici
micro-transazioni fatte dai consumatori, piuttosto che dalla vendita singola del gioco.
All’interno del gioco è quindi possibile acquistare potenziamenti per i personaggi, oggetti
in grado di personalizzare il proprio avatar, nuove mappe/mondi che fanno da sfondo per
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le partite, ecc…; molti giochi si sono addirittura trasformati in pay-to-win, ossia per
vincere, o quanto meno per avanzare più velocemente all’interno del gioco, è necessario
acquistare determinati potenziamenti. Grazie a questo cambiamento nel modello di
business, molti giochi sono ora scaricabili gratuitamente senza bisogno di versare una
somma per l’acquisto del gioco, ma poi all’interno di esso, le transazioni effettuate dai
giocatori garantiscono alla casa produttrice introiti che sono maggiori rispetto al modello
precedente (il caso del videogioco Fortnite ne è un perfetto esempio). Nacquero le prime
World Championship nel 2011 con la seguente creazione del League of Legends
Championship Series (LCS), una lega basata su tornei online ed offline che portò stabilità
all’intero movimento e alla nascita di organizzazioni professionali.
Il successivo e significativo sviluppo ha portato alla pietra miliare essenziale per
la crescita degli eSports negli anni successivi. Il grande problema che gli eSports stavano
affrontando era quello dell’audience: poche persone partecipavano ai tornei, altri avevano
difficoltà nel seguire i tornei in streaming. Con la nascita di Twitch tutti questi problemi
vennero risolti. Il vantaggio competitivo di questa piattaforma sta nella facilità dello
streaming video: tutti possono guardare e tutti possono avviare una propria stream, e
conseguentemente tutto ciò generò una crescita esponenziale. Il funzionamento della
piattaforma e del suo modello di business è molto semplice: è sufficiente creare un canale,
collegarlo al proprio account Playstation, Xbox o PC, e avviare lo streaming.
Automaticamente tutto ciò che accade all’interno del gioco viene mostrato sulla
piattaforma e a tutte quelle persone che si collegano alla diretta video. Per iniziare a
guadagnare grazie alle proprie dirette bisogna essere un affiliato o un partner della
piattaforma; sulla base di 3 requisiti è possibile diventare un canale “Affiliato”:
1. avere almeno 50 persone iscritte al canale;
2. 8 ore di streaming pubblicate in almeno una settimana;
3. una media di 3 spettatori per ogni trasmissione.
Mentre per essere considerato un canale “Partner” le ore di streaming salgono a 25 in
almeno 12 giorni diversi e con una media di 75 spettatori.